Cannonau e Sardegna. Il primo vino della storia, una DOC discutibilissima e altre storie

Cannonau e Sardegna. Il primo vino della storia, una DOC discutibilissima e altre storie

di Alessandro Morichetti

Valentina Sanna è una studentessa del Master in Cultura del vino italiano presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Questo articolo è la sua prova d’esame in Enogiornalismo e Wine Blogging

Da quando sono andata via dalla Sardegna, ormai più di 8 anni fa, credo di aver passato in media almeno 1-2 giorni a settimana spiegando a vari amici, colleghi, professori di vari punti del globo (da Malta alla Germania passando per Firenze) che io non parlo il sardo ma il sassarese, che in Sardegna ci sono 4 lingue diverse che possono cambiare ulteriormente da paesino a paesino, che no, da me non si fanno né i culurgiones né le seadas (chiamate anche sebadas, a seconda di dove vi trovate), che non dappertutto ci sono i Mamuthones, e che non tutti i sardi sono pastori o producono formaggio.

La tendenza a raggruppare per luoghi comuni e archetipi è tipica dell’animo umano, perciò mi ha sempre fatto molto piacere spiegare le mille differenze intrinseche della mia terra, di cui vado terribilmente orgogliosa, e che da brava sarda difenderei con le unghie e con i denti come con la mamma: io ne posso parlar male ma voi non azzardatevi. Lo stesso discorso vale per il vino sardo, Cannonau in primis. Torna in mente un’affermazione di Giuseppe Dessì che, nel libro di Veronelli I vini d’Italia (1961), affermava: “E possono essere profani, in fatto di vini sardi, anche coloro che avessero una buona conoscenza dei vini classici”.

Partiamo dall’inizio: la Sardegna, seconda isola del Mediterraneo, ha un’estensione territoriale di 24.090 km quadrati. Una bellissima impronta di terra attorniata da uno dei mari più belli che si possano desiderare, chilometri di coste capaci di accontentare tutti i gusti, colline e montagne, boschi e pianure, ogni ben di Dio in termini di cibo e di vino. Il tutto baciato da un sole che fa difficoltà ad andarsene pure d’inverno. Ogni curva della Sardegna ha probabilmente una storia a sé, che parte dalla preistoria e dai Nuraghi, passa per i Fenici, i Genovesi, gli Spagnoli Aragonesi e così via discorrendo per arrivare ai giorni nostri. All’interno del territorio isolano sono presenti centinaia di altre “isole”, culturali, linguistiche, enogastronomiche o geologiche. Questo si rispecchia nella varietà ben fornita sia di vitigni autoctoni sia di vini, ognuno specchio del territorio da cui proviene, nonostante abbiano magari come padre lo stesso vitigno.

E qui comincia la più annosa delle questioni del vino sardo. Può una DOC regionale come Cannonau di Sardegna, la cui estensione è pari pari quella dell’isola, rappresentare, interpretare, promuovere e valorizzare tutti questi terroir chiaramente differenti fra loro? Se per terroir vogliamo intendere l’unione sinergica del vitigno con il territorio (geologico, clima e microclima) e con la mano dell’uomo (anzi, la mano di tutti gli uomini, i presenti, i passati e i futuri), una DOC regionale così ampia, con addirittura il nome del vitigno al suo interno, tale concetto lo soffoca fino ad annullarlo completamente. Perché un Cannonau di Sardegna DOC prodotto nella zona di Sorso risulterà decisamente diverso da un Cannonau nato nella zona di Oliena.

È vero, all’interno della DOC esistono tre sottozone, Jerzu, Oliena o Nepente di Oliena e Capoferrato, le uniche che possono infatti utilizzare in etichetta sia i toponimi sia la menzione di “classico”, poiché zone storicamente di elezione e particolarmente vocate. Ma è abbastanza per avere in mano degli strumenti adeguati a promuovere appieno un vino così carico di significato per i nostri territori?

Lasciando il fatto che spesso mi viene mossa l’obiezione (tenetevi forte) che il Cannonau sia un vino e non un vitigno, che sia spagnolo e non sardo [NB: a tal proposito, invito a leggere lo studio del Dr. Gianni Lovicu, dove si evince chiaramente la provenienza 100% sarda del vitigno, distruggendo la tesi della sua espansione nell’isola grazie alla Spagna: ripeto, il cannonau NASCE in Sardegna ed è molto probabilmente il vino più antico del mondo. “È il vino sardo il più antico del mondo, prove di una specie di Cannonau di quasi tremila anni fa“], quello che abbiamo di fronte è un forte problema di marketing territoriale, dove una DOC nominata in base a un vitigno dovrebbe portare nel mondo le mille sfaccettature significative del Cannonau.

Perché se c’è una cosa bella e di cui andare davvero orgogliosi del popolo sardo è che siamo allo stesso tempo divisi ma uniti nella diversità, quando si tratta di proteggere e promuovere le nostre culture e tradizioni. Come facevano i nostri nonni e i nostri bisnonni. È curioso vedere come lo stesso Veronelli, nel libro del ’61 sovracitato (e quindi antecedente la nascita della DOC, datata 1972), parli di Cannonau in modi differenti: abbiamo un Ogliastra Rosso (in gran parte Cannonau, poi vitigni come il Monica, il Girò, il Moscatello etc.), il Cannonau di Ierzu (che, precisa, è Cannonau in purezza), il Cannonau di Oliena col Nepente (Cannonau e Monica), l’Anghelu Ruju di Alghero, e persino il Cannonau di Sassari, produzione ormai andata perduta e perpetuata in maniera magistrale da Sorso e Sennori.

E questi sono solo alcuni esempi, atti a dimostrare come l’idea univoca di un solo “Cannonau di Sardegna” sia restrittiva e limitante. A riprova di ciò, è degno di nota il movimento nato a Mamoiada, diventata zona di produzione del Cannonau storicamente “da poco” rispetto alle zone più antiche, ma da subito alla ribalta sia per la qualità dei suoi vini sia per la nascita dell’associazione Mamojà, che tra i suoi obiettivi ha, oltre allo sviluppo e alla valorizzazione del territorio e delle pratiche vitivinicole, la messa in discussione della DOC, che attualmente non permette margini di movimento e la creazione di un’identità chiara e definita per affermarsi e farsi conoscere sui mercati.

Capitanata da Francesco Sedilesu, dell’omonima cantina, si può esser certi che l’associazione farà parlare di sé sempre di più, poiché il momento storico è adatto, vista la necessità di crescere e di far conoscere i vini sardi nel mondo. Una volta modificata la DOC, c’è da sperare che i viticoltori sardi si impegnino per l’ottenimento di una DOCG, magari per le sottozone, visto e considerato che la Sardegna può vantare allo stato dell’arte solo la DOCG Vermentino di Gallura.

E a chi porta come obiezione la paura che denominazioni più piccole disperdano e frammentino l’identità vitivinicola sarda, con un conseguente problema di comunicazione e promozione della stessa, vorrei riportare l’esempio del Piemonte, oggi regione conosciuta e apprezzata ovunque, che deve la sua fama principalmente alla DOCG Barolo, ma dove la luce portata da questa buona stella si riflette su tutto il territorio, ormai esemplare nella produzione di vini di qualità, ma anche nell’accoglienza e nella ristorazione. E perché questa nostra buona stella non potrà essere un giorno un Nepente di Oliena DOCG o un Mamoiada DOCG? Ipotesi, direi.

Il cambiamento non potrà certo avvenire in tempi brevi, e l’impegno da parte di tutti, viticoltori, operatori del settore turistico, politici, dovrà essere enorme, intenso e coerente, ma iniziare a discuterne e porsi delle semplici domande, non per mera polemica, ma per aprire il confronto, non può far altro che portare benefici al mondo della viticoltura sarda, e all’isola in generale. A zent’anni.

Valentina Sanna

[Foto: Sardegna Reporter]

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

16 Commenti

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a

circa 7 anni fa - Link

Eccellente articolo, chiarissimo e che mostra l'animo dolce ma deciso della Sardegna, dei suoi abitanti, e soprattutto della sua tradizione vinicola. Bravi

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Nicola Bonera

circa 7 anni fa - Link

E brava Valentina!!!

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Marco

circa 7 anni fa - Link

Mamoiada ha almeno una decina di produttori eccellenti. Meriterebbe sicuramente una doc specifica, ma il minimo sarebbe sicuramente una sottozona come Jerzu. Tra l'altro al museo dei Mamuthones ero rimasto colpito o da una bottiglia o da una foto di una bottiglia (non ricordo) che riportava in etichetta "Cannonau di Mamoiada 1979". Quindi c'era, poi forse per accedere alla doc si è perso. Ps: bene ha fatto probabilmente Dettori a usare l'igp Romangia

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Raffaele dessì

circa 3 anni fa - Link

la bottiglia di cui parli è "vino da tavola" come dice l'etichetta. creata solo per pubblicizzare il Carnevale di Mamoiada e i mamuthones come riportato nel libro Vini di Sardegna. Dubito che si tratti di una vecchia denominazione

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Raffaele dessì

circa 3 anni fa - Link

il libro è "il vino in Sardegna"

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Stefano

circa 7 anni fa - Link

Complimenti Valentina. Brava

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erique

circa 7 anni fa - Link

interessante, in vacanza in questi giorni in ogliastra, ad esempio, quello che ti colpisce è che la vite la ritrovi ovunque, sia nel paesaggio che nelle tradizioni familiari (qui, chiunque abbia due filari, coltiva e imbottiglia il "suo" cannonau). poi sull'ospitalità delle cantine, come in tante altre zone d'italia, ci si puó lavorare (considerando che stamattina il gentil signore che gestisce lo shop di antichi poderi jerzu non mi fa fatto assaggiare nulla, liquidandomi con un "le degustazioni solo in estate" , ma cmq gli ho preso un cassa, che ripartire a mani vuote mette malinconia).

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maurizio gily

circa 7 anni fa - Link

Brava, Valentina. Ma ho alcune obiezioni. Sulle DOC non bisogna mai dimenticare che sono uno strumento di mercato, che il mercato è tutto il mondo, e che in tutto il mondo Sardegna vuol dire qualcosa di più che Jerzu. Poi però anche l'esigenza di distinzione è giusta, per i mercati più evoluti, ma le due possono convivere in una classica struttura a piramide. Il Nizza in Piemonte mi pare un buon esempio, che ha seguito un percorso previsto dalla normativa. Nasce come sottozona di Barbera d'Asti e poi si rende autonoma, cancellando il nome di vitigno (quasi mai vino "importante" ha il nome di vitigno). Per il resto il Piemonte non mi pare un grande esempio, molte nostre DOC sono in realtà un gran pasticcio. Una pletora di "dolcetto" non servono a nulla, basterebbe un Piemonte e due o tre altri delle zone più importanti, e una Barbera d'Asti DOCG e una Barbera del Monferrato DOC che si sovrappongono sono un abominio, DOC Alba c'è solo a "chi l'ha visto?", per dirne qualcuna. Il vitigno: senza dubbio il Cannonau sta in Sardegna come minimo da molte centinaia di anni. Se sia arrivato dalla Spagna o dalla Francia, oppure sia partito dalla Sardegna ed esportato altrove, cosa possibile, alla fine non mi pare fondamentale. Sta di fatto che il vitigno è lo stesso, ma questo non vuol dire che sia uguale... popolazioni lontane sviluppano caratteri propri attraverso le mutazioni gemmarie. Le similitudini trovate tra viti selvatiche sarde e il cannonau pare che siano frutto di introgressione genica, cioè viti selvatiche fecondate dal Cannonau e non viceversa.

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Rau

circa 7 anni fa - Link

Che poi la doc o la sottozona non può essere data a Mamoiada perche mancano totalmente i requisiti storici (zona giovane rispetto alle altre) e economici (pochi ettolitri). Bisogna fare come dice Gily concentrarsi sulla doc regionale. Poi conta la qualità distintiva e non vedo grandissime differenze tra i cannonau di mamoiada e quelli di Orgosolo o Oliena.

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Marco

circa 7 anni fa - Link

Sono centinaia di ettari vitati, più che una denominazione come il Gattinara, il cannonau si fa a Mamoiada da più di cento anni (mentre in Franciacorta hanno piantato i vigneti francesi dagli anni '60). Ci sono decine di cantine che fanno splendidi vini. Vorrei capire che cosa manca.... Gily tra l'altro non dice di non fare la zona, ma di fare come il Nizza. E su questo credo che si possa concordare anche per dare consapevolezza ai consumatori.

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Rau

circa 7 anni fa - Link

Anche a Mamoiada hanno iniziato a piantare i vigneti alla fine degli anni '60, prima c'erano una decina di ettari di vigneti in tutto. In tantissimi fanno vino buono a Mamoiada come a Lotzorai e Bunei, oppure tra Jerzu e Cardeddu, come in Gallura, come nel Coros, come in Anglona o a Sorso, nell'Oristanese, e via dicendo.

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Tony

circa 7 anni fa - Link

L'unica zona storica del cannonau nel Nuorese è Oliena e neanche da solo ma sempre accompagnato da monica oppure pascale.Gia non serve la sottodenominazione oliena e jerzu figuriamoci delle nuove.

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Marco

circa 7 anni fa - Link

I francesi sono maestri sul tema. E ci hanno insegnato come una struttura gerarchica faccia bene al vino ed al mercato. Una struttura doc generica - doc comunali - mga - vigna è sicuramente quella più efficace. E quindi si protrebbe avere per cominciare cannonau di sardegna e cannonau di sardegna - mamoiada; in un futuro - perchè no - anche qualche cru

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Pierluigi

circa 4 anni fa - Link

Quante cavolate raggruppate in poche parole. Per tirare queste conclusioni bisognerebbe avere dati di fatto

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Francesco Sedilesu

circa 7 anni fa - Link

Francesco Sedilesu Volevo solo ringraziare Valentina per avere bene messo a fuoco, il problema del mondo del vino Sardo. Una Doc generalista non aiuta perché non è un indirizzo preciso ne di gusto ne fisico. Se io voglio bere un vino di un dato territorio , perché è chiaro, scusate la precisazione, ogni territorio ha il suo vino per chi sa distinguere, devo avere il nome del territorio in etichetta. Se ci voglio andare, deve avere un indirizzo che posso inserire nel navigatore e mi ci porta. Se vado in Barolo o a Montalcino o a Montefalco funziona così e appena ci arrivo, lo abbraccio con lo sguardo. Se ci metto "Sardegna" nel navigatore, mi chiede altre informazioni e se dall'aeroporto e dal porto allungo lo sguardo non vedo granchè, seppure, qualcuno dice, siamo un puntino nel mappamondo. Ringrazio anche Maurizio Gily per la lucidità e la chiarezza e con cui concordo riguardo al ruolo del vitigno nel territorio e al mercato strutturato a piramide, in cui i vini territoriali sono la punta qualitativa e aprono il mercato, la base, con Doc e Igt più generali, si accontentano di essere, é definite di qualità inferiore a fronte di fare più grandi fatturati, trainate da una punta ben evidenziata. Si tratta anche di non prendere in giro il consumatore , la chiarezza e l'onestà sono l'arma migliore anche nel mercato che, che, se ne dica. Mamojada, per dare un'informazione corretta aveva nel 1855 sessanta ettari, nel dopo guerra duecento e con la nascita della cantina sociale nel 1954 gli ettari sono diventati nel giro di pochi anni quasi quattrocento. Oggi dopo il fallimento della cantina sociale e gli espianti, gli ettari sono trecento ma, in crescita sulla spinta delle cantine private che sono 12, a una stima ultima. La tradizione c'è, è mancato nella nostra storia passata qualcos'altro. Mamoiada ha il suo agro a 700 metri sul livello del mare e il suo terreno è da disfacimento granitico. Orgosolo ha solo poche vigne a 600 metri il resto sono a 250. Oliena le ha tutte a 250 metri e per buona parte su terreno calcareo. Sono territori completamente differenti. Non migliori o peggiori, differenti.

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Gino

circa 7 anni fa - Link

Concordo con la proposta di una Cannonau Sardegna DOC, specificando sotto e bene la zona di provenienza e magari in contretichetta, tra le molte informazioni (rinunciando a soliti commenti e consigli) una stilizzata cartina dell'isola ( bastano anche 4cmq) con un puntino o una freccia per far capire meglio da dove arriva. Pratico no!

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