Vendere e comprare vino a New York diventa più complicato

Vendere e comprare vino a New York diventa più complicato

di Salvatore Agusta

Alcune interessanti novità legislative si prospettano nel panorama della vendita di sostanze alcoliche nello Stato di New York.
Starete dicendo “e a noi cosa importa?”; in realtà la cosa potrebbe in qualche modo influenzare un po’ tutto il mercato del vino soprattutto se si considera il lato dei produttori e il fatto che New York ad oggi detiene il titolo simbolico di piazza più importante al mondo per la vendita di vino.

Le modifiche riguardano i sistemi di approvvigionamento dei principali canali di scambio, ovvero ristoranti, enoteche e case d’asta. Ad oggi licenze on premise (ossia coloro i quali possono servire alcolici in bicchiere) e le licenze off premise (coloro i quali possono solo vendere confezioni e bottiglie ancora sigillate) possono acquistare vini e superalcolici dai distributori e, potenzialmente, anche da privati o soggetti giuridici in possesso di licenze di pari livello.
Un ristorante, pertanto può comprare dei liquori o dei vini da una enoteca; un privato può mettere all’asta o vendere ad una enoteca una bottiglia rara e pregiata.

Secondo il nuovo progetto di legge (bill 10737 dell’assemblea e bill 5437 del senato) che a breve passerà al senato dopo esser stato approvato dall’assemblea, questo sistema verrà ridotto drasticamente in favore dei soli distributori che saranno gli unici a poter fornire legalmente qualsiasi forma di alcol per la vendita al consumatore finale.
Chiaramente si tratta di una manovra a favore dei colossi della distribuzione che hanno una certa influenza in ambito politico.

Se tutto ciò dovesse accadere, avremmo una situazione e degli equilibri un po’ diversi.
Ad esempio, gli speculatori che intendono collezionare vini per poi metterli all’asta dovranno per forza di cose passare per mezzo di un distributore per usufruire dei servizi delle case d’asta. Molto spesso questi soggetti sono proprio europei che vivendo abbastanza vicino alle zone di produzione di vini di altissima qualità, investono piccoli capitali collezionando vini che rivenderanno dopo qualche decina di anni. Tuttavia non è detto che i distributori vorranno fornire il servizio, piuttosto potrebbero decidere di puntare maggiormente su questo canale richiedendo maggior esclusività ai produttori.

In quel caso, ad esempio le cantine della Borgogna potrebbero decidere di centellinare ulteriormente le quantità di bottiglie vendute durante le visite che ricevono, specie se si tratta di grand cru, sotto la pressione dei distributori che da quel momento in poi avranno maggior potere.
La cosa positiva è che i controlli e soprattutto l’affidabilità di certe operazioni fatte all’asta aumenterà sensibilmente.

Se oggi spesso viene celata la vera origine di una bottiglia messa all’asta, in futuro ci sarà maggior sicurezza sia in tema di origine sia in tema di conservazione del vino durante il lungo processo di maturazione.
Per coloro che acquistano nelle aste online potrebbe essere un passaggio importante, verso una maggior tutela e trasparenza del consumatore finale.

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Salvatore Agusta

Giramondo, Francia, Lituania e poi Argentina per finire oggi a New York. Laureato in legge, sono una sorta di “avvocato per hobby”, rappresento uno studio di diritto internazionale negli Stati Uniti. Poi, quello che prima era il vero hobby, è diventato un lavoro. Inizio come export manager più di 7 anni fa a Palermo con un’azienda vitivinicola, Marchesi de Gregorio; frequento corsi ONAV, Accademia del Vino di Milano e l’International Wine Center di New York dove passo il terzo livello del WSET. Ho coperto per un po’ più di un anno la figura di Italian Wine Specialist presso Acker Merrall & Condit. Attualmente ricopro la posizione di Wine Consultant presso Metrowine, una azienda francese in quel di New York. Avevano bisogno di un italiano ed io passavo giusto di là. Comunque sono astemio.

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