Perché fare vino vegano e non dirlo (con David Foster Wallace)

Perché fare vino vegano e non dirlo (con David Foster Wallace)

di Stefano Senini

Sono vegano, non praticante.
Questa è l’unica ironia che mi permetto nei confronti di un universo che ammiro e rispetto; chiunque voglia commentare qui sotto in modo sprezzante una scelta così coraggiosa, si legga prima gli ultimi paragrafi di Consider the lobster di David Foster Wallace (malamente tradotto in Italiano con “Considera l’aragosta”*): sono le riflessioni scritte per la rivista Gourmet – indubitabilmente onnivora – a margine del suo reportage sul Festival dell’astice (lobster, appunto) nel Maine. Domande profonde sulla sofferenza delle bestie, su come i posteri guarderanno le nostre pratiche alimentari, sulla riluttanza a pensare allo status morale degli animali: una pagina incantevole, lirica, etica. Cos’altro dev’essere, in fondo, la letteratura?

Ora, il problema pratico: ho conosciuto una bravissima consulente per hotel e ristoranti che vogliano sviluppare servizi vegani. Non stiamo parlando di occhieggiare ad una moda ma di locali di alto livello, attenti alla qualità, che intercettano una clientela con enorme capacità di spesa, soprattutto straniera; una nicchia molto promettente. Ho quindi iniziato per lei delle ricerche pro bono, non approdando quasi a nulla e non riuscendo a suggerirle etichette vegane all’altezza. Come mai?

Esistono da anni sul mercato vini realizzati senza impiego di prodotti di origine animale, solo che i principali distributori italiani e le enoteche online sembrano ignorare questa tipologia: è impossibile trovarne sui loro siti tramite filtri di ricerca, mentre interpellati direttamente rispondono quasi tutti di non averne in catalogo (solo un paio mi hanno richiamato incuriositi per cercare di capire che cosa stessi cercando e per quale motivo). Il fatto è che non sanno di averne già nel loro portfolio, anche perché sono le cantine stesse che fanno poca o nessuna pubblicità alla loro scelta. Ci sono bensì eccezioni eclatanti di aziende orgogliose delle loro certificazioni (Avignonesi, Pievalta, una linea di Masi…non esattamente piccole realtà per adepti), ma la maggioranza non riporta in etichetta nessuna menzione.

Per i vini francesi la situazione non cambia, ed è solo incrociando con grande fatica i cataloghi degli importatori con le principali società di certificazione (per esempio questa) che si fanno scoperte interessanti, come Château Dauzac: è un Grand Cru Classé di Margaux che costa circa 50 euro a bottiglia, l’esempio perfetto di quel che sto cercando; la conferma che è un vino vegano si trova ben nascosta nelle pieghe del loro sito, sicché non c’è da meravigliarsi che le enoteche online non sappiano di vendere un prodotto vegano.

È come se le cantine si vergognassero, di fronte al grande pubblico, di aver abbracciato questa scelta; mi ricorda un po’ l’atteggiamento verso il biologico o il biodinamico rispettivamente una trentina e una ventina di anni fa: non pubblicizziamo, non si sa mai che ci prendano per ingenui, hippie, macrobiotici, figli dei fiori, stravaganti… poi, se scoppia la moda, saremo già pronti.
Non sarebbe invece già ora il momento di fare coming out?

[Foto cover: Quattro Calici]

* A ogni modo, al Fam (festival annuale dell’aragosta), mentre si sta vicino alle vasche gorgoglianti accanto alla pentola per aragoste più grande del mondo, a guardare le aragoste appena pescate ammassarsi l’una sull’altra, agitare impotenti le chele bloccate, stringersi insieme negli angoli in fondo o grattare freneticamente il vetro quando ti avvicini, è difficile non percepire che sono infelici, o spaventate, anche se è solo una versione rudimentale di queste emozioni… e, di nuovo, che c’entra poi se è solo rudimentale? Per quale motivo una forma di dolore primitiva, non verbalizzata, dovrebbe essere meno urgente o scabrosa per la persona che se ne rende complice pagando per il cibo in cui essa risulta?

[…]

È possibile che le generazioni future guarderanno alle nostre attuali agroindustrie e pratiche mangerecce in modo del tutto simile a come oggi noi vediamo gli spettacoli di Nerone o gli esperimenti di Mengele? La mia prima reazione è che un paragone del genere è ridicolo, estremo – eppure il motivo per cui mi sembra estremo è che credo che gli animali siano moralmente meno importanti degli esseri umani; e quando mi trovo a difendere tale convinzione, persino con me stesso, devo riconoscere che a) ho un ovvio interesse egoistico in tale convinzione, dato che mi piace mangiare certi tipi di animali e voglio continuare a farlo, e b) non sono riuscito a elaborare nessun tipo di sistema etico personale in cui tale convinzione sia davvero difendibile e non solo egoisticamente vantaggiosa.

[…]

Pensate molto allo status morale (possibile) e alla sofferenza (probabile) degli animali coinvolti? Se sì, quali convinzioni etiche avete trovato che vi permettono non solo di mangiare ma di assaporare e godervi vivande a base di carne (dato che naturalmente è il godimento raffinato, e non la mera ingestione, il punto fondamentale della gastronomia)?

Se, d’altro canto, non volete saperne di essere convinti o confusi e ritenete che ragionamenti come quelli del paragrafo precedente non siano che una futile contemplazione del proprio ombelico, cos’è che vi fa sentire veramente sereni, nel profondo, a liquidare l’intera faccenda? Ovvero, il vostro rifiuto di pensare a tutto questo è il prodotto di un pensiero definito, o è solo che preferite non pensarci? Pensate mai, anche solo tanto per, ai possibili motivi della vostra riluttanza a pensarci?

David Foster Wallace, Consider the lobster and Other Essays, 2005

(tr. it. Considera l’aragosta, 2006)

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Stefano Senini

Laureato in lettere classiche, diplomato sommelier da ormai trent’anni, è stato un critico gastronomico professionista (sì, di quelli seri che girano in incognito), responsabile del Liceo all’interno del carcere di Porto Azzurro sull’Elba e oggi felicemente insegnante in un Liceo nella provincia di Brescia. Non ha uno smartphone né peli sulla lingua ma tanta esperienza.

32 Commenti

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

CITO : " ... Pensate molto allo status morale (possibile) e alla sofferenza (probabile) degli animali coinvolti? Se sì, quali convinzioni etiche avete trovato che vi permettono non solo di mangiare ma di assaporare e godervi vivande a base di carne (dato che naturalmente è il godimento raffinato, e non la mera ingestione, il punto fondamentale della gastronomia)?..." RISPOSTA a) ( poco seria) : mangio solo bistecche e costate di Wagiu , meglio Kobe , che nella vita se la sono spassata serenamente, prima della macellazione e li innaffio con del buon Musigny di Leroy in biodinamica e vegano non dichiarato , oppure con Romanée Conti dalle stesse caratteristiche . OK , non sono il massimo del rapporto qualità/prezzo , ma qualche piccolo sacrificio va fatto per tenere a posto la coscienza . RISPOSTA b) (seria) : da amante della natura e degli animali ( la mia casa è un piccolo zoo) ho sofferenza continua nel perpetrare la mia smisurata passione gastronomica e sempre di più il mio godimento è relativo quando mangio carne sapendo come vengono trattati gli animali negli allevamenti intensivi e prima della macellazione : dovreste frequentare gli allevamenti di polli, suini e bovini per capire . Ma sono golosissimo e le immagini che mi scorrono davanti mentre mangio la carne sono sempre più oggetto di sofferenza personale ... PS: quella però del vino vegano mi sembra una gran scemata , più aderente ad un fondamentalismo di facciata che ad un reale attivismo animalista ...

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Nelle Nuvole

circa 2 anni fa - Link

Sono complice, lo so da me e non c'è bisogno del sopravvalutato D.F. Wallace a ricordarmelo. Non mangio crostacei, non per motivi etici ma perché piuttosto intollerante. Per il resto sono onnivora, preferisco borse di cuoio e scarpe idem, non indosso pellicce da quarantacinque anni e non ne ho mai comprata una, ma aborro il termine "pelliccia ecologica/pelle ecologica" perché lo trovo ipocrita. Detto questo, credo che qualsiasi umano adulto mentalmente si sia almeno una volta interrogato sull'ambiguità morale nel nutrirsi da certi alimenti. La risposta di vinogodi mi trova d'accordo fino a un certo punto. Personalmente non ho sensi di colpa, ma della carne (poca) che mangio voglio sapere la provenienza. Quanto al vino vegano, perché no? Se si può fare assolve i bevitori da crisi di coscienza, basta che sia buono e che "sappia" di vino e non di brodo di pollo. Quindi ben venga il coming out; se ancora non è avvenuto da parte di cantine blasonate vuol dire che non c'era convenienza economica o d'immagine. Ma forse i manager non hanno letto David Foster Wallace.

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marco

circa 1 anno fa - Link

ci mancava solo "sopravvalutato DFW" ... e chi lo avrebbe sopravvalutato, esattamente? Michiko Kakutani?

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marcow

circa 2 anni fa - Link

"Sono vegano, non praticante. Questa è l’unica ironia che mi permetto nei confronti di un universo che ammiro e rispetto; chiunque voglia commentare qui sotto in modo sprezzante una scelta così coraggiosa..."(Dall'articolo) __ Ammirazione e Rispetto. Questo prova l'autore verso i vegani. __ Per me c'è rispetto verso chi ha fatto questa scelta nutrizionale Ammirazione è una parola che va usata con parsimonia... specialmente in questi tempi. E mi spiego meglio. Il fenomeno vegano è stato tumultuoso e, in pochi anni, ha interessato un gran numero di italiani: tutti ormai conoscono di persona dei vegani perché sono molto presenti nella popolazione. Secondo un mio personale parere, non sono un sociologo che ha fatto ricerche mirate, le motivazioni ETICHE, che alle origini(qualche hanno fa) erano le ...prevalenti.... ora sono secondarie. Prevalgono le motivazioni SALUTISTICHE e... di gran lunga ... quelle relative al fenomeno MODA che il MARKETING di questi PRODOTTI ha saputo creare e cavalcare con grande efficacia. ___ Ecco perché parlo di Rispetto e non di Ammirazione. Non c'è da ammirare nulla in .... chi si fa trascinare dalle MODE... eno-gastronomiche ___ Verso, invece, i Vegani Etici (pochi rispetto alla Massa) ho un forte rispetto. Cioè un rispetto maggiore ma senza arrivare alla CD. Ammirazione che, ripeto, va riservata a Persone, Uomini e Donne Eccezionali. PS Cosa significa eccezionale? E qui ognuno può dire la sua.

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Lanegano

circa 2 anni fa - Link

I motivi per eliminare o comunque ridurre notevolmente il consumo di carni sono numerosi e tutti assolutamente sensati. Purtroppo da gaudente e 'carnalmente debole' quale sono, al momento per me eliminare la ciccia è impresa assai difficoltosa. Davanti ad un piatto di buon cavallo pesto o un brasato so molto bene di essere incapace di opporre resistenza. Stessa cosa per i salumi di buona fattura. L'unico atto che pratico per ripulirmi un poco la coscienza e per evitare malanni futuri e limitare il consumo il più possibile.... Se non fossimo persone goderecce e preda di tentazioni non saremmo su questo blog, d'altronde.

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Giuseppe Costantino

circa 2 anni fa - Link

Se può servire, suggerisco CastelBurio di Costigliole per alcuni vini con certificazione vegana che io ho sempre bevuto perché semplicemente buoni. In qualche ristorante mi dicono che hanno proposte alternative anche per vegetariani, vegani e celiaci e regolarmente rispondo che essere vegetariani o vegani è una rispettabile scelta individuale, mentre essere celiaco è una patologia. Non è colpa dei vegani ma c'è parecchia confusione sotto il cielo.

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

... il Marketing , come per qualsivoglia esercizio commerciale, ci hanno insegnato ad avere rispetto per tutte le categorie merceologiche o potenziali tali . Ma non solo vegetariani o vegani , anche "naturali" , biodinamici , minoranze etniche , simpatici , antipatici , brutti e belli , alti e bassi , pallidi o colorati. Tutte. Pecunia non olet ....Il mio concetto democratico me lo obbliga e consente, soprattutto nel rispetto delle scelte altrui...

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omikelet@yahoo.it

circa 2 anni fa - Link

Magari mi sbaglio ma, perlomeno per quello che ho potuto vedere io negli ultimi anni, il veganesimo si associa tipicamente a una scelta di vita salutista in cui il consumo di alcolici è tollerato ma, nei fatti, implicitamente disincentivato.

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Mattia Grazioli

circa 2 anni fa - Link

Teoricamente anche le concimazioni con letame sono incompatibili con il veganesimo certificato… Dalle mie parti certifica Veg Milanesi e, mi pare, Perego

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Stefano Milanesi

circa 2 anni fa - Link

Ho rinunciato all'autocertificazione, perché per me non aveva senso che aziende non bio fossero certificate vegan. Il diserbo uccide più di una fucilata e credo di non dover spiegarne il motivo. Poi oltre a dare 400 euro l'anno, volevano che mettessi il loro logo più grande del mio. Diciamo che c'era un pò di gas vegano nell'aria. Continuo sempre a fare sempre il mio vino bio, vegano, ma come ho sempre dichiarato, per rispetto al vino stesso e non per far piacere a qualcuno o per seguire delle mode. Vedo aziende che aggiungono di tutto e di più al vino e mettono il cartello vino vegan.

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Mattia Grazioli

circa 2 anni fa - Link

Scusa Stefano, sono rimasto un giro indietro! Parole nette è assolutamente condivisibili.

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Marco

circa 2 anni fa - Link

Sarebbe interessante sapere quanto costano alle aziende le varie certificazioni....bio, vegan, biodinamico ecc. Sicuramente bisognerà pagare degli enti certificatori e fare delle analisi immagino. Magari potrebbe essere un motivo per il quale diverse aziende, soprattutto piccole, non si certificano.... evitare burocrazia e costi

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Stefano Milanesi

circa 2 anni fa - Link

400 euro qualche anno fa. Ma è una tua dichiarazione. Nessun controllo

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Capex

circa 2 anni fa - Link

Anche senza essere vegetariani/vegani si possono attuare pratiche molto semplici: evitare carni provenienti da allevamenti intensivi, comprare solo uova da galline allevate all’aperto. Se poi si riesce a sapere eventuale etica sul rispetto dell’animale, ovvero che non abbia subito sofferenze dalla nascita alla morte, meglio ancora.

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daniele

circa 2 anni fa - Link

Vabbuò, io avevo capito che il tema non era vegano sì/vegano no, ma perchè chi ha la certificazione (che senz'altro costa, come ha detto qualcuno) quasi la nasconde. E su questo nessuno ha scritto niente ma pure a me piacerebbe capire

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marcow

circa 2 anni fa - Link

Daniele, il problema riguarda tutti i testi che dobbiamo comprendere. Di cosa parla, di cosa stiamo parlando? Qual è l'argomento in discussione? ___ E penso che quello che lei ha individuato sia uno degli argomenti centrali trattati dall'articolo. Ma il rilievo dato, nel testo, a David Foster Wallace è un dato importante e riguarda l'ETICA che c'è (o ci dovrebbe essere) dietro la scelta del Veganismo. Su quella ho concentrato il mio intervento nel dibattito mettendo in evidenza il CAMBIAMENTO sostanziale tra le Origini del Movimento e l'Oggi(In cui prevale Salutismo&Moda) __ Sul tema specifico da lei giustamente evidenziato la penso come Vinogodi nel suo PS a cui rimando. Condivido, inoltre, i commenti di Omikelet sul consumo di alcolici nei Vegani Salutisti. E quello di Capex che invita chi è onnivoro come me a fare almeno delle scelte in una certa direzione. Ma la "Vecchia", caro Vinogodi, con patate fritte nello STRUTTO la continuo a mangiare e la preferisco a una bistecca Wagyu(che è un concentrato di COLESTEROLO e un Concentrato di Balle ... fatte pagare una follia). Saluti a tutti

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...Daniele, diciamocela paro paro : bisogna vedere la valenza giuridica di una "Terza Parte" che ti certifica Vegan o se sono esclusivamente soggetti privati che si inventano un marchio a cui aderire con uno statuto con valenza uguale alla carta igienica doppio velo e ti permettono un'autocertificazione , demandando al dichiarante la veridicità oppure la conseguenza giuridica in caso di dichiarazione ingannevole. Come chi ti certifica , peggio ancora , "naturale" senza poterlo utilizzare come comunicazione ( se non indiretta , della serie "blaterando") perchè fuorilegge dal punto di vista dell'etichettatura. Fossero costoro enti certificatori accreditati SINCERT ( Sistema Nazionale per l’Accreditamento degli Organismi di Certificazione e Ispezione, legalmente riconosciuta dallo Stato Italiano con Decreto Ministeriale del 16 Giugno 1995) passi . Se è uno dei tanti ciappini che sull'onda del sentore di business , ideologia fondamentalista, scrupolo morale dilagante , maestri della fuffa raccontata ... altro paio di maniche . So per certo che stanno proliferando in maniera esponenziale...

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Sisto

circa 1 anno fa - Link

Sincert non esiste più dal 2009 (fusione con Sit e Sinal, gli altri 2 previgenti EdA). Da allora, per una notissima direttiva UE, ogni stato membro deve avere un unico EdA (per l'Italia Accredia). Tanto dovevo.

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Giuseppe

circa 2 anni fa - Link

Se non ricordo male i vini kosher sono anche vegani e su questa "tipologia" si trovano piu` referenze, ad esempio parecchi motori di ricerca online hanno tale filtro. Rimane il dubbio di Daniele e dell'articolista sul perche' spesso non viene evidenziata l'informazione Saluti

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

... vedo una discreta confusione sul tema : i prodotti Kosher non sono certificati da un ente di terza parte aderente al SINCERT ma vengono direttamente ispezionati con rilascio di certificato di conformità a seguito di un iter di controllo da parte di un ente rabbinico specializzato. L’ente supervisiona la produzione di un alimento, verificando che sia conforme alle regoli alimentari ebraiche , compreso il layout produttivo. Quindi l'ispettore è un Rabbino opportunamente "formato" nelle verifiche ispettive relative al loro standard di riferimento più religioso che igienico sanitario...

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Giuseppe

circa 2 anni fa - Link

Grazie per la precisazione, pero' se confermato che per produrre vini kosher non sia ammesso il ricorso a sostanze di origine animale come ricordo io, allora il risultato non cambia. Sarebbe curioso sapere se anche chi produce vini kosher lo pubblicizza poco come parrebbe succeda per i vini vegan...

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Danilo

circa 2 anni fa - Link

Chiedo scusa per l'ignoranza, il vino non è vegano? Mi state dicendo che ci sono prodotti di origine animale nel vino? C'è qualcuno che può illuminarmi per favore Grazie

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Vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...hai voglia : nelle chiarifiche albumina ( uova) e caseine ( derivati del latte) sono coadiuvanti consentiti e largamente utilizzati ... tremo al pensiero della sofferenza delle uova nell'estrarre albumina e il lamento sconsolato dei formaggi e latte nell'operazione di coagulazione acida ...

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Nic Marsél

circa 2 anni fa - Link

Mi sa che albumina e caseina le usano ormai in pochi (entrambe sostituite dalle argille). Anche perchè allergeni con obbligo di menzione in etichetta (deterrente all'acquisto). Potrei sbagliare ma così, a spanne, se non c'è lo specifico pittogramma del potenziale allergene (uova o latte), automaticamente il vino è anche vegano.

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marcow

circa 2 anni fa - Link

Danilo, non sono un esperto ma in questo articolo del link viene spiegato quali sono i prodotti di origine animale che non devono essere usati per un vino vegano. --- "Vini vegani" https://www.quattrocalici.it/conoscere-il-vino/vini-vegani/ ---- Se vuoi, invece, avere un'IDEA sintetica e veloce(ma sufficiente) basta guardare la foto dell'articolo sotto il titolo che racchiude i principali prodotti di origine animale che non si dovrebbero usare. ---- LE CERTIFICAZIONI Chiaramente con questi vini il discorso CERTIFICAZIONE diventa importante. Chi la fa? Quale attendibilità? Quale serietà? Ecc.... Su questo argomento penso che Vinogodi abbia detto abbastanza, da competente e in modo chiaro. La penso come lui, senza essere un esperto del settore. I VINI VEGANI in COMMERCIO Sul Web si trovano aziende che "dicono" di fare e vedere vini per Vegetariani e Vegani. Danilo, i Vegetariani + i Vegani raggiungono, secondo alcuni articoli del Web, quasi il 10% della popolazione. Quindi il segmento è diventato importante e, infatti, i negozi, i bar, i ristoranti ecc... sono pieni di offerte di PRODOTTI VEGANI. È una MODA che TIRA FORTE. DAL BIOLOGICO Si parte dal Biologico(che è regolamentato dallo stato) e poi si aggiunge qualcosa. i Vini Naturali e i Biodinamici partono sempre dal Biologico. Ora, con questa NUOVA ONDATA di MODA siamo arrivati al vino vegano. Immagina un'ETICHETTA con scritto 1Biologico 2 Naturale o Biodinamico 3 Vegano È molto figo. Ha un grande fascino almeno su alcune fasce di consumatori che vogliono sentirsi al passo con le mode. Poi il vegano "modaiolo" potrà sempre sfoggiare un amore "etico" per gli animali dicendo a una conversazione: " Io bevo solo VINI VEGANI" Un po' assomiglia al bevitore "modaiolo" naturale o biodinamico che dice in una conversazione: "Io bevo soltanto vini senza solforosa e, così, posso permettermi anche un bicchiere in più... perché so... che NON MI FA MALE(ignorando l'alcol)" Il Bevitore Vegano dirà: "Bevendo solo Vini Vegani io NON FACCIO del MALE agli ANIMALI" Saluti

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Vinogodi

circa 2 anni fa - Link

CITO DA MARCOW : ..." Immagina un'ETICHETTA con scritto 1Biologico 2 Naturale o Biodinamico 3 Vegano È molto figo."... RISPONDO SDEGNATO , seppur rassegnato : "... "Biologico si può , se certificato secondo protocollo condiviso e depositato , CERTIFICATO da Ente accreditato di parte terza . Naturale e Biodinamico , nella comunicazione a vista del bene ( etichetta) sono semplicemente vietati per legge : " biodinamico" perchè la componente esoterica fa ridere legislatori e commissioni scientifiche , non avendone autorizzato in nessun modo la dicitura in etichetta in quanto priva di fondamento scientifico ( le dimostrazioni ed "evidenze" empiriche di chi lo pratica è teneramente condivisibile , nel fine , ma ridicolo nell'aderenza fattuale tecnico/scientifica, scusate se mi ripeto) . La seconda , semplicemente perchè è dicitura ingannevole , in quanto "naturale" non ha alcun significato legislativo ed è tendenzioso : implicito il riferimento indiretto a "...chi non aderisce al manifesto "naturale è un sofisticatore" , cosa assolutamente inammissibile in qualsiasi pratica commerciale . Come se io mettessi in etichetta alimentare " Cibo salutare " , oppure " ... che aiuta a vivere sani" . Inoltre , scorrettissima, è la pratica comunicativa implicita che "il vino naturale, in quanto tale , non fa male" ... vabbè che in migliaia si affollavano comprando lo scioglipancia da Wanna Maechi , ma è proprio per tutelare tali incapaci di intendere e volere ( ingenui?) che il legislatore si adopera , per buona pace dei movimenti di liberazione dal giogo degli industriali "convenzionali" del vino ...

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marcow

circa 2 anni fa - Link

Vinogodi, sono stato impreciso sull'etichetta e hai fatto bene ad dire cosa si può mettere in etichetta. Ma, comunque, la commercializzazione e la propaganda di questi vini viene fatta in modo spregiudicato anche se in etichetta non si possono scrivere alcune cose. Lo hai ribadito anche tu nel commento. ---- Aggiungo questa opinione. Come dicevo nel commento tutti questi Nuovi Tipi di Vino partono da Biologico. Fanno Biologico e vengono certificati secondo la legislazione dello stato italiano. Ora, avete seguito i dibattiti sul web degli ultimi 15 anni il BIOLOGICO è stato spessoTRATTATO ed è trattato con sufficienza, con denigrazione... specialmente da chi, poi, dice di essere un fan del vino CD Naturale e del CD Biodinamico. Salve

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Nic Marsél

circa 2 anni fa - Link

Sarebbe tutto più semplice (per il consumatore) se in etichetta fossero riportati ingredienti, additivi, coadiuvanti e conservanti. Si può (la deroga comunitaria consente di ometterli non vieta di indicarli) ma in pochissimi lo fanno. Per il momento sono entrati in obbligo solo gli allergeni. Chissà, magari un giorno ci arriveremo. (ma noi non ci saremo).

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Vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...quoto Nic nella sua ultima affermazione , senza alcuna riserva. Mi sono sempre chiesto perche' nell' alimentare qualsiasi cosa va dichiarata ed esplicitata e nel vino no. Salvo non sia un componente o coadiuvante tecnologico, che pero' sia presente sul prodotto finito in quantita' irrilevante.Sarebbe un deterrente fondamentale per usarne sempre meno. E poter serenamente aderire al manifesto " naturale" ...

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Sisto

circa 1 anno fa - Link

La causa di questa assenza nel mondo del vino è presto detta. Il vino gode di un spiegabile (per quanto deprecabile) status privilegiato, da secoli. Ora, voi parlate (e io concordo) di etichette trasparenti e complete: ma se alla fine del 2022 c'è ancora chi blatera (anche in questo spazio) di: "significanza" di una mostruosità antiscientifica ("il pensiero magico")-buona al più per boccaloni che si curano con l'omeopatia-come la biodinamica (su questo sito fa ho letto, qualche mese fa, contestando immediatamente e chiedendo elementi certi a supporto che "i vini biodinamici mantengono l'acidità" e via di altre puttanate similari), le associazioni di sommelier che insegnano (sic) che gli odori/aromi del vino provengano dalla terra (e gli avvocati e le maestre di asilo ci credono), che un vino (una denominazione) è "superiore" ad un altro senza però dire per quali criteri e con quali argomenti probanti (stile i dogmi di fede), ritenere che la zona segni più di vitigno/processo produttivo/annata (anche qui senza portare qualche prova pubblicata), non riconoscere che l'etanolo è sostanza micidiale (tra gli altri è cancerogeno) a prescindere dalla quantità, e altre decine di mostruosità che l'ignoranza e il marketing amplificano, cosa vi aspettate? Far dichiarare la lista degli ingredienti significherebbe cominciare a smantellare la fuffa ideologica intorno al mondo del vino.

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Nic Marsél

circa 1 anno fa - Link

Ma no, non è un complotto :-) E' per via della nota deroga comunitaria che interessa anche altri alimenti quali l’olio d’oliva, il latte, il formaggio, la birra ecc… Dovere di semplificazione, si dirà e ci può stare, per chi produce (che ha già mille altri problemi) e per chi consuma che (si presuppone) non capirebbe. Eppure gli ingredienti trovano tranquillamente anche sulle confezioni di formaggi e birre industriali al supermercato. E sono sempre presenti sulle confezioni dei bagnoschiuma ... informazioni molto utili e comprensibili soprattutto per chi non ha una laurea in chimica. Che poi il bagnoschiuma manco si beve :-)

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Alessandro Fenino

circa 1 anno fa - Link

Volevo fare una precisazione sulla certificazione vegana: si paga una quota per il diritto d'uso del marchio al proprietario del marchio stesso, però ci si sottopone anche ad un controllo fatto da un organismo di controllo (nel nostro caso CSQA) che ogni anno manda un ispettore in azienda a controllare se abbiamo acquistato prodotti di cantina di origine animale e a prelevare una bottiglia da fare analizzare a un laboratorio terzo per verificare se ci sono tracce di proteine animali (caseina, albumina, gelatina e colla di pesce). Quindi è una certificazione a tutti gli effetti, non è un'autocertificazione. Aggiungo che nel nostro caso è nata per un motivo commerciale (ce la chiese l'importatore UK), ma è stata anche uno stimolo per lavorare meglio per ovviare al mancato utilizzo di certi coadiuvanti. Riportarla in etichetta senza vergognarsene significa semplicemente dare un'informazione in più a chi acquista il nostro vino.

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