Io non so fare il vino naturale

Io non so fare il vino naturale

di Tommaso Ciuffoletti

Abbiamo fatto del vino naturale? Non lo so. So che le uve le abbiamo prese in vigna e io, in natura, una vigna non l’ho mai vista.
Questo è. Se s’accetta quella strana visione del mondo per cui la natura è qualcosa e l’uomo qualcos’altro. In tal caso una vigna è quanto di meno naturale vi possa essere e mi vengono in mente le parole di De André quando, ne Il suonatore Jones, canta che “libertà l’ho vista dormire nei campi coltivati”. La natura non conosce campi e non conosce vigne.

Sono inoltre ragionevolmente certo che le viti che ci hanno dato l’uva, siano tutte innestate su piede americano. È quest’innesto naturale? Non credo. Naturale sarebbe stato che le vigne europee venissero devastate totalmente dalla Fillossera (e mi viene da pensare che se i geni che hanno trattato il caso Xylella fossero vissuti qualche secolo prima, forse l’impresa sarebbe pure riuscita). La natura, senza tirare in ballo Leopardi, non sarà matrigna, ma certo nel corso della propria vicenda conta innumerevoli storie di naturalissima scomparsa di intere specie, per sopravvenuti ed impietosi cambiamenti delle condizioni in cui queste erano nate e si erano sviluppate.

Dunque: trattamenti in vigna non ne abbiamo fatti, per carenza di soldi, mezzi e competenza. Ma questo non cambia di una virgola il fatto che di naturale, in quell’uva che abbiamo portato in cantina, vi fosse ben poco.
Una volta arrivata l’uva davanti alla cantina – un tunnel scavato nel morbido sperone di tufo su cui sorge il cuore antico del paese – abbiamo iniziato a scaricare i bigonci per procedere alla pressatura. Avevamo una pigiatrice elettrica, ma ci siamo accorti solo al momento dell’avvio che la cantina era così naturale che non aveva corrente elettrica. Siamo corsi a prendere un gruppo elettrogeno, non naturalissimo a dire il vero, e quando l’abbiamo fatto partire la nostra gioia è durata assai poco, perché ben presto è saltato (la causa, abbiamo accertato in seguito, stava in una guarnizione della pipetta che porta la miscela).

Abbiamo quindi proceduto ad una pressatura con i nostri piedini santi. Divertente, non c’è che dire. Naturalissimo quindi? Bah, la plastica dei bigonci entro cui affondavamo fino all’inguine credo avesse ben poco di naturale, ma onestamente non ci abbiamo pensato molto. Così come non ci siamo soffermati a considerare se la vetroresina del tino lo fosse o meno.
Ok forse non sarà naturale, ma a qualcuno potrebbe venire almeno in mente che si possa trattare di vino rispettoso della tradizione o per meglio dire – cristosanto – del terroir.

Ebbene, ignoranti come capre lo saremo, ma una cosa socraticamente abbiamo sempre saputo fin dall’inizio: non vogliamo assolutamente fare il vino come lo fanno per tradizione da queste parti. Perché qua, per tradizione, il vino lo si fa cattivo. C’è chi – naturalissimo forse – rivendica con orgoglio di non fare follature. Lo stesso orgoglio con cui poi, quel tradizionalissimo esecutore dello spartito del terroir, si beve dell’ottimo aceto e te lo offre pure, guardandoti sorpreso se gli rispondi “no grazie”. C’è anche chi svina lasciando residuo zuccherino in quantità variabile e chi nemmeno si pone la questione di misurarlo il grado zuccherino. In generale svinano prestissimo e poi procedono col governo. I tini vengono sempre lasciati aperti e anche se la fermentazione riparte, dura poco. Ciò che invece dura è la compagnia dell’ossigeno di cui – al venir meno della protezione offerta dalla CO2 – gode quella roba che da queste parti ci piace chiamare vino.

Noi le follature le abbiamo fatte dal primo giorno (in natura le follature non le ho mai viste, ma per essere onesti noi le facciamo a mano … nel senso di: proprio con le mani, affondando le braccia fino all’ascella nel mosto) e le stiamo ancora facendo. Il grado zuccherino lo misuriamo ogni giorno. I consigli li chiediamo a gente laureata in enologia e che sa, all’incirca, com’è fatta una molecola d’alcool (perché poi il sospetto che dietro i vini naturali ci siano anche tanti che di enologia ne sanno meno di noi beh … ammetto che c’è venuto in mente più di una volta in questi giorni). Ah! E già che c’eravamo, il tino lo abbiamo pulito non senza ricorrere a prodotti chimici che ci garantissero la massima sterilità del contenitore. Poi la cantina è umida e bella ricca di muffe, funghi e spore, ma quello è un altro discorso.

Quindi no, non stiamo facendo del vino naturale e stiamo apertamente vietandoci di rispettare il terroir. Laddove s’abbia a intendere che questa parola faccia riferimento anche agli usi e tradizioni di vinificazione della zona dove il vino viene fatto.
Eppure, se per un attimo torno ad essere la sana persona che abitualmente sono e che legge con una certa impressione i dibattiti sul terroir e la naturalità o meno dei vini, mi pare che non solo stiamo facendo qualcosa che alla natura per tanta parte s’affida, cercando di metterci del nostro – con tutti i nostri limiti – perché ne venga fuori qualcosa di potabile, ma siamo anche gli ultimi e più tenaci resistenti della tradizione del fare il vino in questo piccolissimo e dimenticatissimo lembo di terra.

Trovo assurdo pensare che conservare qualcosa significhi chiuderlo in una scatola e seppellirlo e penso che rimanere immobili sia quanto di più contronatura possa esserci. Perché la natura è viva, così come l’umidità, i funghi, le muffe. E seppellire qualcosa pensando che sia il modo migliore per conservarlo è in realtà il modo migliore per scoprire quanto questo sia falso. Qua ci hanno seppelliti e abbandonati. Naturalissimamente avvinti al nostro terroir. Naturalissimamente destinati a morire in silenzio.
Noi crediamo invece di fare parte della natura. E di fare parte di questa terra. Di appartenergli volenti o nolenti. Per cui anche la natura e il terroir dovranno farci pace con questa cosa.

E alla fine della fiera, la cosa più bella sono stati alcuni vecchi del paese, che mentre ci vedevano alambiccarci caoticamente fra uve e bigonci, c’incoraggiavano al grido di “Bravi! Prendetele e apritele ‘ste cantine! E riempitele … che ormai son tutte vuote e se non ci pensate voi … ”. Certo non potranno pensarci altri. Dato che qua il prete di funerali ne celebra parecchi, di matrimoni pochi e di battesimi ancora meno.

E questo è quanto.

Per il resto, sui vini naturali e sul terroir, per quanto mi riguarda: avete tutti ragione.

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Tommaso Ciuffoletti

Ha fatto la sua prima vendemmia a 8 anni nella vigna di famiglia, ha scritto di mercato agricolo per un quotidiano economico nazionale, fatto l'editorialista per la spalla toscana del Corriere della Sera, curato per anni la comunicazione di un importante gruppo vinicolo, superato il terzo livello del Wset e scritto qualcos'altro qua e là. Oggi è content manager di una società che pianta alberi in giro per il mondo, scrive per alcune riviste, insegna alla Syracuse University e produce vino in una zona bellissima e sperduta della Toscana.

25 Commenti

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Anulu

circa 5 anni fa - Link

uno dei più bei post mai apparsi su Intravino

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landmax

circa 5 anni fa - Link

Davvero notevole.

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Lanegano

circa 5 anni fa - Link

Credo che per gli appassionati con un minimo di cognizione di causa 'vino naturale' sia un termine convenzionale per intendere un vino fatto con maggior rispetto possibile della natura e della salute del consumatore. Diffidando di atteggiamenti talebani e integralismi fanatici. Ritengo che il futuro della vinificazione e soprattutto dell'agricoltura tutta vada ripensato in una direzione il piu' 'naturale' possibile se si vuole che un futuro vero ci sia... Se vedo una vigna (che non esiste in natura) inerbita mi fido molto di più del produttore. Che poi può essere più o meno capace e il suo vino può essere più o meno buono. Per il resto, parafrasando Ciuffoletti, avete (quasi) tutti ragione.

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Stefano

circa 5 anni fa - Link

Si può proporre una moratoria? Potrebbe Intravino sospendere l'uso dell'espressione VINO NATURALE? Basta poco, diciamo un paio di settimane, via!

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Nic Marsél

circa 5 anni fa - Link

E' una convenzione usata da anni in tutto il mondo. Fatevene una ragione. Perchè non vi fate le stesse domande sull'abuso del termine "naturale" su tutti gli altri prodotti in commercio? Perchè non vi fate le stesse domande sull'utilizzo (presumibilmente improprio) del termine "biologico"? Forse perchè vi siete semplicemente abituati?

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Stefano

circa 5 anni fa - Link

Proponevo di evitare post sull'argomento, con i soliti commenti manichei. È stupefacente che qualsiasi post sul dibattito relativo al naturale collezioni più visualizzazioni e commenti di uno con Valentina Nappi!

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Nic Marsél

circa 5 anni fa - Link

Proponi qualcosa sul porno naturale ;-) Magari funziona di più.

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Federico

circa 5 anni fa - Link

Ultimamente anche lì, gran chimica e plastica eh! 😂

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Stenio

circa 5 anni fa - Link

Punto primo: la finissero non ci sarebbe stata senza il trasporto di piante infestate dall’America con i vaporetti, così pure per la peronospera. Secondo: non esiste il vino naturale, in natura neon esiste il vino, come l’olio, ecc... perché tutti hanno bisogno dell’intervento dell’uomo per diventare vino o olio, l’unico prodotto naturale è il miele, perciò lasciamo perdere il discorso naturale, parliamo piuttosto di intervento , più o meno , della chimica.... lasciamo perdere il naturale ...

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Nic Marsél

circa 5 anni fa - Link

Non ci vuole un genio per capire che in natura non esistono giacimenti dai quali estrarre Barolo DOCG. Non ci vuole un genio nemmeno per capire che la locuzione "vino naturale" è ormai di uso comune ed è presente in wikipedia in tutte le lingue del mondo. Con tutte le contraddizioni e le controversie del caso, il vino naturale esiste, per paradosso, in quanto fenomeno culturale, indipendentemente dalla mia e dalle vostre opinioni. E' semplicemente una costatazione o un dato di fatto. Negarlo è anacronistico. I detrattori avrebbero dovuto svegliarsi molti anni fa. Che ci piaccia o no, ormai è tardi.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

Sono d’accordo senza ombra di dubbio alcuno.

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BT

circa 5 anni fa - Link

bellissimo e porca vacca il finale amaro (ma vero) con i tannini non ancora risolti.

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Gian Marco

circa 5 anni fa - Link

Articolo provocatorio ma estremamente stucchevole.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

Sono completamente d’accordo.

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Nicola Micheletti

circa 5 anni fa - Link

Zeno di Monte Dei Ragni avrebbe tanto da dire sul tema. Perché voi di Intravino non gli proponete una bella intervista? Riesce sempre a dire le cose meno banali e più di buon senso sul tema. Esempio di vignaiolo che fa vino eccezionale senza alcun estremismo ma solo tanta semplicità. Peraltro non mi risulta abbia affiliazioni particolari a questa o quella associazione.

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Ocean blues

circa 5 anni fa - Link

Il vino è cultura Naturale è marketing

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Massi

circa 5 anni fa - Link

Secondo me il presupposto è erroneo; si parte dall'idea sbagliata di una dicotomia tra uomo e natura . Sbagliato altresì ragionare per categorie. L'uomo e la sua intelligenza contengono in sé tutti i principi della natura, sono immanenti ad essa ... il problema è se i concetti si contrappongono perché allora si è nel campo dell'artifizio e non si segue più la naturalità dell'essere anche inteso, in generale, come natura. Tale artifizio non è naturale, tutto il resto è nella natura. Rispetto dovrebbe essere la parola d'ordine, prima di tutto dell'uomo e conseguentemente della natura che all'essere uomo trascende. Se posso aggiungere, il campo che genera morte o in cui si muore, cui allude il Poeta, è quello coltivato con il denaro e il filo spinato e non il campo in sé come concetto. Credo che una strofa non possa trovare il vero senso senza leggere le successive

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Sisto

circa 5 anni fa - Link

A quelli che si ostinano a dire che il termine "vino naturale" è di pacifica comprensione. Se il vino fosse un prodotto non regolamentato o poco/per nulla regolamentato (che ne so, lo sviluppo software o la consulenza della wedding planner) allora transeat. Il fatto è che il vino è tra i prodotti più regolamentati, almeno come la contabilità e meno del calcolo del cemento armato per costruzioni. Quindi, in difetto di definizione e protocollo di legge o norma ISO, è doveroso che chi usa questo termine ne dia la definizione e specifichi il relativo protocollo produttivo. Altrimenti è difficile comprendere di cosa parliamo. Risposte filosofiche o ideologiche, o peggio, stile "nel rispetto della natura" o simili, servono solo a far litigare. Anche per quelli che riducono tutto a "mi interessa cosa c'è nel bicchiere": va bene, ma allora perché ci tieni a sbandierare l'etichetta di "naturale"? Se è conforme alla legislazione base, dimmi solo che è vino. Ah: dimmi anche il prezzo, grazie.

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Nic Marsél

circa 5 anni fa - Link

E invece c'è una matrice comune che permette, a chi abbia un minimo desiderio di approfondire, di identificare tutto un mondo con due parole in potenziale contraddizione. Le associazioni di vino naturale rispettano (ovviamente) i normali protocolli di legge e ne aggiungono altri, ben più stringenti e rigorosi di quelli biologici e biodinamici. Questo sì che ha generato faide interne, scissioni, proliferazioni di regolamenti sovrapponibili, una generale cultura del sospetto con addizionali analisi e controanalisi manco fosse il Tour de France. A me piaceva di più quando era tutto più filosofico e magari più naif. Il livello di naturalità potrebbe evincersi semplicemente dalla lista degli ingredienti, additivi e coadiuvanti in etichetta (oggi per il vino c'è la deroga, che però non significa obbligo di omissione) insieme alle certificazioni già esistenti.

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Sisto

circa 5 anni fa - Link

No caro signore, non è bastevole la lista perché, come lei mi insegna, ci sono N tecnologie solo fisiche (dalla filtrazione tangenziale in su), utilizzabili financo per il biologico, che non impatterebbero sulla lista da lei citata, essendo questa di tipo chimico. Epperò ben più incisivi e "artificiali" di un po' di tannini o di acido ascorbico.

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Nic Marsél

circa 5 anni fa - Link

Assolutamente d'accordo.

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Nic Marsél

circa 5 anni fa - Link

PS: Che lo si indichi parimenti in etichetta.

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Salvo

circa 5 anni fa - Link

Che lo si voglia o meno, il concetto di vino naturale è una sorta di legenda e questo articolo ha messo in luce tutti quei punti che sinteticamente provano la mia tesi. Per carità, in Sicilia si dice: il vino può anche esser fatto con l'uva, Io non intendo arrivare a tanto certamente ma ritengo che la mano dell'uomo piuttosto che l'ombra della natura, sia la chiave di ogni creazione vitivinicola. Poi ci sono coloro i quali, snob dell'ultima ora, si ostinano a cantare le lodi del vino naturale. Io mi metto in disparte e intimamente penso che in fondo la maggior parte di loro non ha capito nulla della vinificazione. Articolo molto interessante.

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Capex

circa 5 anni fa - Link

"Poi ci sono coloro i quali, snob dell’ultima ora, si ostinano a cantare le lodi del vino naturale. Io mi metto in disparte e intimamente penso che in fondo la maggior parte di loro non ha capito nulla della vinificazione." Modestia a parte lo vogliamo dire?

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Marco

circa 5 anni fa - Link

'Vino naturale'? Opperbacco quale ossimoro! Mi verrebbe anzi da dire: l'incarnazione naturale (anzi naturista, intercettata etimologicamente dal marketing) dell'ossimoro, che in origine significava appunto 'acuto' ὀξύς e ottuso 'μωρός' insieme. Il designatore è infatti acuto - diciamo furbesco - in quanto sfrutta in modo unilaterale e tendenzioso le risonanze salutiste dell'aggettivo, tacendo invece i rischi sanitari insiti nelle pratiche così definite: le ammine biogene e le micotossine etc. E' anche ottuso 'μωρός', in quanto sofisticazione nomenclatoria di qualcosa che puoi 'dare a bere' una volta sola: alla seconda, se proprio insisti, osannerò la chimica, se non nel vino nella forma dell'antiemetico, o alla lunga, nel peggiore dei casi, dell'antistaminico. Non me ne vogliano i 'palati educati' alla 'naturalezza' dei profumi e dei sapori del vino "naturale": quelli che ho assaggiato, dal primo all'ultimo, mi hanno fatto venire in mente un altro ossimoro: 'piaceri disgustosi'. Che poco ma sicuro non sono affatto naturali, anzi, sono specificamente umani, troppo umani, a volte contro natura. E per questi, ahimè, non sono ancora pronto.

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