Il caso Stella Peach

Il caso Stella Peach

di Michele Antonio Fino

Qualcuno potrebbe pensare che la mia voglia di commentare i comunicati stampa di Coldiretti sia pari solo a quella di assaggiare le aringhe svedesi fermentate in latta, di cui si trovano fantastici video in Internet*. In particolare, la cosa vale per tutte le sparate al sapor di LVI in cui noi siamo i migliori del mondo: tutti vogliono mangiare italiano, tutti ci imitano e bla bla bla. Quanto al tema vino, di solito è proprio impossibile che una riga gialloverde attragga la mia attenzione perché il nazionalismo raggiunge livelli tali che mettersi a discutere richiama immediatamente l’economia del sapone quando si tratti di lavare la testa agli asini.

Un vecchio adagio ricorda come due volte al giorno anche il più fermo degli orologi fermi possa segnare l’ora esatta. È questo il caso del comunicato 235 di Coldiretti Piemonte che ci informa (ovviamente) del fatto che l’export di vino cresce del 21% (fonte “elaborazioni coldiretti su dati Istat”: sorvoliamo), incurante del fatto che il mercato americano ristagni e le vendite di Asti, Moscato d’Asti e Barbera d’Asti siano tutto meno che entusiasmanti (ricordiamo ai langocentrici che le tre denominazioni appena ricordate, da sole, valgono in bottiglie come 12 volte la produzione di Barolo). Ci dice però anche dell’altro.

Ci dice che sul mercato stanno circolando prodotti che vino non sono ma si presentano come vino. Un bell’esempio di queste cose è lo Stella Peach, prodotto da una nota e molto pubblicizzata azienda di Santo Stefano Belbo, etichettato come “cocktail aromatizzato” ma con una serie di magagne mica male. Infatti, nell’etichetta di questo prodotto non troviamo la denominazione di vendita (che dovrebbe essere “bevanda alcolica a base di vino”) e troviamo invece in bella vista l’espressione “wine specialty”. A suggerire insomma che questo sia vino, al massimo vino aromatizzato, mentre dalla lettura dell’elenco ingredienti si comprende bene come non sia così.

Stella Peach

E nella descrizione? “Le uve raccolte nelle nostre belle vigne”, a rafforzare l’immagine di un vino mentre questo vino non è, perché in Europa solo ciò che nasce esclusivamente dall’uva può chiamarsi vino e rivendicare i segni distintivi del vino. Perché no, questo non è un vino rinfrescante combinato con gli aromi delle pesche mature: questa è una bevanda alcolica ottenuta miscelando ingredienti per poi imbottigliarli.

Certo, se lo facessero nel Wisconsin, insieme al Parmesan, sai che manifestazioni Prandini & Co. Invece lo fa l’italiana IVASS SpA a Santo Stefano Belbo e allora ti viene proprio il dubbio che, alla fine, i migliori nemici delle produzioni italiane non siano necessariamente gli stranieri invidiosi del Belpaese.

Impressione rafforzata da una bottiglia da spumante, da un tappo a fungo, da una pagina aziendale in cui questi mix sono presentati come “Our Wines”.

Stella Peach
Ora, magari qualche lettore di Intravino non lo sa, ma se tu in Italia fai un frizzante senza denominazione di origine e ci metti su tappo a fungo e capsulone (lungo oltre 7 cm) la repressione frodi ti obbliga a riconfezionare e ti sanziona. Perché? Perché i consumatori rischiano di essere ingannati, di essere portati a pensare a uno SPUMANTE, mentre il tuo è un FRIZZANTE. Norme sacrosante, sia chiaro, ma norme che si occupano di due VINI, sebbene di categorie diverse. Possibile che non ci siano strumenti per evitare che un paciugo si metta le penne di uno spumante, mentre siamo ferrei nell’evitare che un rifermentato somigli a uno charmat?

Davvero, non avrebbe senso evitare di avere una concorrenza tra prodotti che non essendolo non hanno alcun onere di tracciabilità analogo al vino e soprattutto, non sarebbe bello che aziende produttrici di grandi vini DOCG evitassero di offrire una collaborazione a questa competizione commerciale in cui sembra proprio che solo il più furbo abbia dei vantaggi, non certo il territorio a cui le viti sono inevitabilmente legate?


* Don’t try this at home! (cit.)

5 Commenti

avatar

Vignadelmar

circa 4 mesi fa - Link

A proposito di etichette fuorvianti, per vederne delle belle, aspettiamo il via definitivo agli italici liquami dealcolati....per ora tutto tace, ma mi punge vaghezza che ci sarà da divertirsi !!!!!

Rispondi
avatar

Stefano Senini

circa 4 mesi fa - Link

Appena posso lo provo, in abbinamento alle aringhe fermentate, il pairing perfetto. Comunque l'etichetta è chiara: il mischione è gluten-free!

Rispondi
avatar

marcow

circa 4 mesi fa - Link

Sono molti gli argomenti trattati nell'articolo che stimolano la riflessione e l'approfondimento. Approfondimento perché spesso, negli articoli si da per scontato che tutti i lettori conoscano i termini e i concetti in gioco. Ma questo assolutamente non esiste. ----------- Mi soffermo su uno degli argomenti. Quello dei controlli. Signori, nei discorsi sul vino che io leggo sui wine blog italiani di controlli si parla poco. Anzi sono visti come un fastidioso intralcio burocratico. Nella trasmissione di Report si è parlato anche di controlli. Io non sapevo, ad esempio, che si utilizzano illegalmente uve da tavole quando le annate sono avverse e con scarsa produzione. A dimostrazione che non si tutto. Io sono invece a conoscenza diretta che alcune famose cantine del sud che producono vini DOC acquistano, nelle annate di scarsa produzione, uve della stessa varietà per fare i loro vini ma provenienti da zone che non sono comprese nel disciplinare di produzione. Anche questo è illegale. _____ Si evince da queste poche considerazioni quanto sia importante un SISTEMA DI CONTROLLI SERIO E INDIPENDENTE. Cioè non basta stilare bei disciplinari che si possono ... non applicare ... in diversi modi. Non basta fidarsi sulla parola di quello che raccontano i Vini NATURALI e BIODINAMICI Ma se qualcuno come Report si alza e dice che occorrerebbero controlli più rigorosi si rischia di finire colpiti da un quintale di pomodori san marzano DOC.

Rispondi
avatar

Tommaso Farina

circa 4 mesi fa - Link

Questi cosetti sono divertentissimi, almeno da vedere nei Walmart californiani. Io non li ho provati, in valigia al ritorno da Los Angeles l’estate scorsa ho preferito metterci altro di vinicolo. Comunque già nel settembre 2022 scrissi un approfondimento. Stella Rosa è un marchio della famiglia Riboli (San Antonio Winery) di Paso Robles. Ne hanno una gamma intera, con le più svariate aromatizzazioni. I vinelli poco alcolici e aromatizzati lì hanno tantissimo mercato. Ci sono molti altri marchi, tra cui Roscato (non è un errore. Tra l’altro fanno il Roscato Moscato), che contiene vino fatto da una nota cantina sociale trentina.

Rispondi
avatar

Stefano Cinelli Colombini

circa 4 mesi fa - Link

Condivido la (diciamo) perplessità per le sparate Coldirettiche, ma non riesco a capire il collegamento tra la Coldiretti e il prodotto con etichetta e confezionamento irregolari. Nel loro comunicato citano proprio lo Stella Peach o fanno notare genericamente che esistono prodotti farlocchi? Se non fanno nomi è come rivendicare la scoperta dell'acqua calda.

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.