Giulio Ferrari spiegato bene

Giulio Ferrari spiegato bene

di Alessandro Morichetti

“Io sono spregiudicato”: Ruben Larentis lo dice con una calma serafica che spiazza, così netto il contenuto e così pacata la forma. Contraddizione solo apparente, per quanto singolare, ma non poteva essere altrimenti. Prima però un piccolo passo indietro.

Quando l’enologo e direttore tecnico se ne esce così, sono seduto da ormai tre ore nella sala degustazioni della cantina Ferrari a Trento. Lo “spumante degli italiani” per antonomasia, da una parte – il pensiero va ai 3 milioni di Brut con cui praticamente qualsiasi italiano ha festeggiato qualcosa nella vita – e l’azienda che produce un’autentica icona del vino italico, dall’altra: perché Giulio Ferrari è indiscutibilmente il metodo classico più celebrato della nostra enologia.

Potremmo certo dire che produrre “il Brut” (così lo chiamano confidenzialmente in azienda) sia arte affascinante, tecnicamente encomiabile, aziendalmente $ublime e dalla perizia enologica meritevole di dottorato honoris causa in scienza delle bollicine, tutto verissimo, ma io nasco bevitore gaudente e sono arrivato fin qui per carpire tutti i segreti del Giulio Ferrari.

Doppiamente fortunato perché nelle aziende grandi è proprio il direttore tecnico a riservare le sorprese migliori in quanto vera cinghia di trasmissione tra le bottiglie-da-fare e le bottiglie-da-vendere. In questo caso, poi, il concetto esplode a dismisura e bastano pochi numeri a farlo capire. Se il Trentodoc vale 12 milioni di bottiglie, Ferrari ne produce oltre la metà: a spanne, 3 milioni di Brut, 800.000 di Perlé e 50.000 di Giulio Ferrari, poi tutti gli altri.

Per capire il peso specifico di un altro numero, invece, dovrei zippare 120 anni di storia aziendale (festeggiati poche settimane fa) in dieci righe da leggere in apnea, cosa che farò perché il primo patrimonio del marchio è una storicità non così comune in Italia.

Giulio Ferrari, figlio di vivaisti, viveur e carattere duro-trentino fonda l’azienda nel 1902 a Trento, quando era ancora Austria, produce spumanti e a lui si deve il merito di aver praticamente importato lo chardonnay in Italia. Inizialmente, poche centinaia poi migliaia di bottiglie. Non avendo eredi, negli anni ’50 cede l’azienda a Bruno Lunelli, titolare di un’enoteca in centro città, distante poche centinaia di metri dalla cantina: l’indebitamento pesante vale il rischio e col senno di poi mai scelta fu più azzeccata. Qui i destini della piccola azienda Ferrari si intrecciano inestricabilmente con la grande famiglia Lunelli. A Bruno succedono tre dei suoi cinque figli – Gino (direttore generale), Franco (commerciale) e Mauro (direttore tecnico) – ed è con loro che, tra le altre cose, nascono Ferrari Perlé e Giulio Ferrari Riserva del Fondatore (prima annata 1972).

Gino, Bruno e Mauro Lunelli

Gino, Bruno e Mauro Lunelli

La seconda generazione Lunelli guida l’azienda fino agli anni Duemila, quando inizia a farsi avanti la terza. Anno di svolta: 2011. O forse 2003, quando Matteo (Bruno di secondo nome) Lunelli – figlio di Giorgio, unico dei cinque figli di Bruno rimasto socio senza lavorare in azienda – bocconiano doc con un passato in Goldman Sachs tra gli USA, Zurigo e Londra, riceve una telefonata dello zio Gino: “Devi decidere cosa vuoi fare da grande: vuoi essere imprenditore o manager?”.

Una volta in azienda, Matteo Lunelli diventerà presidente e amministratore delegato del Gruppo Lunelli nel 2011, anno simbolico di ingresso della terza generazione con Marcello Lunelli (figlio di Franco, vicepresidente, responsabile tecnico ed unico enologo tra i cugini, con diploma a San Michele e laurea in scienze agrarie), Camilla (figlia di Mauro, comunicazione e pubbliche relazioni) e il fratello Alessandro (presidente della holding immobiliare di famiglia e amministratore delegato di Tenute Lunelli).

Sì, la quantità di business in cui è impiegata la famiglia Lunelli con relative cariche dirigenziali è decisamente importante – ci sono Bisol, Cedrata Tassoni, acqua Surgiva, il ristorante Locanda Margon e altro – ma possono tornare utili a mo’ di sintesi I numeri del vino di Marco Baccaglio: 133 milioni di euro di fatturato nel 2021 (96 di Ferrari, 22 di Bisol, 10 di Tassoni) con 20 milioni di utile netto e 6,8 milioni di bottiglie Ferrari prodotte.

Alessandro, Camilla, Matteo e Marcello Lunelli

Alessandro, Camilla, Matteo e Marcello Lunelli

Bene, quadro produttivo e familiare effettuato. A questo punto risulterà ben più comprensibile il dato cui accennavo: Ruben Larentis – enologo in Ferrari dal 1986 – è responsabile del 70% delle bottiglie uscite dalla cantina Ferrari in TUTTA la sua storia. Un patrimonio di conoscenza incredibile e semplicemente irreplicabile al cui cospetto mi sono trovato in un piovoso sabato mattina di fine ottobre. Cinque ore con lui a parlare di Ferrari e metodo classico è un po’ come 5 ore con coach Popovich a parlare di basket, 5 ore con Carlo Ancelotti a parlare di calcio, 5 ore con Giorgio Parisi a parlare di fisica o 5 ore con Quentin Tarantino a parlare di cinema.

A dire il vero però, non sapevo che fisionomia Larentis avesse fino a una settimana fa. Per non arrivare proprio ignorante, ho iniziato a visionare in serie tutti i video presenti su YouTube sotto “Ruben Larentis“. Tanto per capirsi, nel 2019, alla prestigiosa competizione internazionale The Champagne & Sparkling Wine World Championships, diretta da Tom Stevenson ed Essi Avellan MW, Larentis ha ricevuto il Lifetime Achievement Award (una specie di premio Oscar alla carriera), unico italiano, e la cantina Ferrari è stata nominata Sparkling Wine Producer of the Year 2019. Champagnisti di ogni ordine e grado inclusi, non esclusi.

Matteo Lunelli, Essi Avellan MW, Camilla Lunelli e Ruben Larentis

Matteo Lunelli, Essi Avellan MW, Camilla Lunelli e Ruben Larentis

Mattinata difficile da sintetizzare perché come si arrivi a produrre Giulio Ferrari è il segreto di un’arte spumantistica che trasforma la materia due volte, laddove il più “tecnico” dei vini è anche quello con più variabili da gestire. A complicare il tutto, qui, un approvvigionamento che comprende 600 famiglie differenti, 4.000 campionamenti per ogni vendemmia (“Non esiste la vendemmia di una parcella senza un precedente campionamento”, dice Larentis) e una progettualità di lungo periodo che nasce già dilatata nel tempo (il primo Giulio Ferrari, concepito nel 1972 da Mauro Lunelli, vide la luce del commercio solo nel 1980) e in cui i conseguenti cambiamenti giocano come nessun altro vino con la variabile temporale.

Basi
L’assaggio delle basi spumante, ad un palato non allenato in quell’esercizio, dice relativamente poco: impossibile cavare considerazioni significative da qualche nota traballante su qualità dei profumi e dinamica del liquido al palato ma è proprio in questo assaggio che 36 anni di esperienza in cantina vanno ad attingere da un database sterminato ed irreplicabile (“questo è da Perlé”, “questo potrebbe essere da Giulio, senti come è profondo e sussurrato, non ampio o troppo diretto”) in cui ogni microsensazione ha un’origine e una possibile destinazione d’uso.

Se i 20 ettari di chardonnay a Maso Pianizza, tra i 500 e i 600 metri di altitudine, e i successivi 10 anni sui lieviti sono la carta d’identità dell’attuale Riserva del Fondatore Giulio Ferrari, è nei segni particolari che si nascondono i segreti del diavolo. Il primo sorriso compiaciuto che vedo sul volto di Ruben Larentis arriva dopo circa un paio d’ore, quando mette il naso nel Giulio Ferrari 2019 che verrà ed esclama (sempre con voce ferma, tono sereno e volume medio-basso):

Arrivo a fare vini così ma se assaggi le basi sembra quasi impossibile. Nel Giulio c’è sempre qualcosa di nascosto. Questo Giulio 2019 è pazzesco, non riesci a dirgli “Fermati!”, il naso rimane incollato al bicchiere perché esce sempre qualcosa di nuovo. Questo per me è fare metodo classico. Qui senti già il grand vin: potrebbe uscire in commercio dopo 15 o 20 anni.

Giulio 2019
Piccola digressione.

Se c’è una cosa che non sempre fa scopa coi grandi tecnici è l’emotività. Chi si trova a gestire produzioni monstre deve per forza di cose razionalizzare passaggi e prevenire problemi, adottare un sobrio distacco dalle creazioni, col rischio di ridurre il luccichio negli occhi degli appassionati a un insieme di formule e schemi. Nell’isolata e quasi timida vena di autocompiacimento di Larentis ho trovato la bellezza del mestiere di un tecnico praticamente unico nel panorama italiano (seguire 7 milioni di bottiglie è già un mestiere per pochi, a Giulio Ferrari però ci arriva solo uno), dalla competenza pari solo a una modestia per forza di cose molto consapevole, per certi versi solitaria e mai doma: “Sono arrivato qui che non sapevo il francese e ho fatto un piccolo corso. Giusto ieri stavo leggendo un articolo di enologia in francese però aiutandomi col traduttore“.

La Riserva del Fondatore di oggi è il risultato di tanti piccoli passaggi intermedi e aggiustamenti di percorso difficili da sintetizzare con pretesa di esaustività perché in fondo la genesi esatta di tutto credo la sappia solo una persona. Nel 1995 si è deciso di fare la fermentazione malolattica (“sempre meglio che filtrare sterile come fanno da qualche parte, oggi ci sono dei batteri che aiutano“), l’uso dell’anidride solforosa è molto limitato e uno dei grandi conseguimenti, a partire dal 2010 ma in special modo coi millesimi 2015/2016, è l’utilizzo di tappi corona con una particolare membrana che permette di rallentare infinitamente l’interscambio con l’esterno, lasciando che sia la lunghissima permanenza sui lieviti a compiere una specie di miracolo. Tutto semplice a parole ma il pensiero di blendare centinaia di basi spumante per arrivare ai tanti vini aziendali compreso il Giulio Ferrari definitivo mi mette un gran mal di testa: “Ho un gruppo di 4-5 persone fidate con cui assaggio i vini per avere un feedback. Spesso faccio di testa mia, altre volte invece ascolto, prendo nota e poi cambio in corsa.”

Con questo bagaglio, mettere in fila quattro annate di Giulio Ferrari insieme al suo creatore è stata la conclusione di un viaggio privilegiato e a tratti assai privato dietro alle quinte di una delle etichette italiane più prestigiose (elemento oggettivo) e per la quale nutro una sincera passione (elemento soggettivo).

Giulio Ferrari

Retroetichette

Sboccature rispettivamente nel 2021 (2010), 2019 (2007), 2016 (2004) e 2016 (1997, retroetichetta postuma: non era ancora Extra Brut), tutti 12,5% vol.

Giulio Ferrari 2010 è di prossima uscita quindi non ancora sul mercato. Dodici anni, ancora non ha visto la luce, ancora non del tutto pronto ed espressivo ma già leggibile. Quasi timido, crosta di pane, tanta frutta gialla e zafferano, uno dei quattro che mi viene da cercare con maggior frequenza proprio per quell’intuizione del “più lo annusi e più non smette di far uscire cose”. Mantenere tanta delicatezza con una maturazione così lunga è una roba che giustamente lascia di stucco.

Giulio Ferrari 2007è più buono di quando è uscito” e lo avrei messo nella mia coppia dei preferiti. Ci trovo ampiezza ma anche un mix di esuberanza e lentezza. Il sorso è compiuto e risolto, come avesse appena trovato la sua maturazione espressiva. Meno timido del 2010, più articolato dei due che seguiranno. Un paio di volte me lo sono versato per capirlo meglio.

Giulio Ferrari 2004 già appena versato aveva un microtono di colore più evoluto rispetto al precedente ma in misura forse superiore ai tre anni di differenza. Prima annata uscita come Extra Brut quindi con dosaggio di circa 3 g/l, è quello della batteria con cui non riesco ad entrare in confidenza e non serve ricordare che nel caso di etichette con vari anni sulle spalle sia necessario parlare di singola bottiglia piuttosto che in generale. Leggo cosa ne scrisse Andrea Gori e apprendo varie cose: “Vendemmia tra il 20 e il 25 settembre, tirage giugno 2005, sboccatura ottobre 2015, dosaggio 2,5 gr/lt. Un’estate nella media, mai troppo calda, temporali frequenti e settembre stabile e fresco. Bella acidità delle uve e semmai note aromatiche non del tutto svolte, vini rigidi e quindi in vinificazione Ruben sceglie di pressare di più le uve, con meno fiore del solito per togliere note erbacee. Più permanenza sul lievito, più batonnage frequenti e lunghi, SO2 sempre molto basso per aiutare la maturazione del vino base, assemblaggio con parte del vino affinata in legno, dosaggio bassissimo ever. Naso dolce, floreale: mughetto, anice, timo, biancospino e tiglio quasi stucchevole ma che avvolge e seduce, mandarino e vaniglia, pasticceria. Bocca soffice, cremosa e femminile, avvolge e accarezza per poi pungere e punire la lingua che rischia di adagiarsi, piccantezza e suadenza ben dosata con sapidità ed erbe aromatiche che chiudono il sorso, insieme ad una bella mandorla. Scontroso ma espressivo, ora ha sua continuità notevole al palato, deve limare parte finale che sembra quasi tannica. Completezza bellissima e cangiante, manca poco ad essere perfetto, con bocca più quieta forse tra qualche anno ancora. 94+

Giulio Ferrari 1997 ha intensità e avvolgenza da età adulta che gli altri non hanno. Risolto e persistente, ha una mela cotogna molto marcante, cannella, quasi un fungo, che se da una parte regalano espansione dall’altra tolgono dinamismo e contrappunti. “All’epoca dosavo in maniera molto diversa, questo dovrebbe avere sui 9 g/l” dice Ruben, quasi a rimarcare ulteriormente come l’identità di un progetto sia continuamente in fieri, figlia di microaggiustamenti di percorso, tentativi ed esplorazione dell’ignoto: “Capisci il risultato definitivo solo dopo tanti anni” è una delle considerazioni finali post-assaggio e fa risuonare in me una delle prime frasi di giornata, all’inizio così apparentemente imprevedibile visto il contesto: “Non voglio decidere tutto“.

Generoso dispensatore di consigli per altri produttori ed appassionato ciclista sono meriti extracurriculari che ho scoperto solo a tavola al ristorante di casa Lunelli, quella Locanda Margon che è sia bistro sia cucina stellata e dove ho potuto assaggiare per la prima volta il Riso Oro e Zafferano “In sostegno della Fondazione Gualtiero Marchesi” cucinato dallo chef Edoardo Fumagalli, che di Marchesi è stato allievo. Uno dei piatti più famosi del Maestro e della grande cucina italiana. Buonissimo e iconograficamente unico grazie all’oro, che è del tutto insapore. Altro mito italiano proprio come il Giulio.

Riso oro e zafferano
Viaggiare nella storia di Giulio Ferrari accanto all’artefice attuale è stato un privilegio con l’unica guida possibile, in un gioco sottilissimo di contrasti e chiaroscuri che ho trovato tanto nel vino quanto nel suo corredo genetico. Tanto Giulio Ferrari è la ricerca di un equilibrio tra dolce, salato e acido, senza che nessuna delle parti prevalga sfacciatamente sulle altre, alla ricerca continua di rimandi, quanto la storia dell’etichetta racconta di uomini solitari e grandi famiglie, maison dal marchio prestigioso e winemaker non flying come Ruben Larentis. Nato per mano di Mauro Lunelli senza che i fratelli ne sapessero nulla, il Giulio concepito in segreto con l’assistenza tecnica dell’allora enologo aziendale – Giancarlo Ciurletti, per Larentis un secondo padre – è diventato ancor più grande proprio grazie ad un uomo dalla ritualità spregiudicata e segreta anch’essa, quasi insondabile. Impossibile non sottoscrivere cosa disse Andrea Gori qualche anno fa, in occasione di una verticale di Giulio Ferrari per AIS Verona:

Uno degli uomini chiave del vino italiano, il meno conosciuto in assoluto, è probabilmente Ruben Larentisun vero chef de cave che sfugge ai riflettori e lavora nella sua Trento in maniera continua e discreta, inanellando capolavori di cesellatura e studio.

Ce ne fossero di Ruben Larentis, lo spregiudicato.

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

47 Commenti

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Veritas

circa 2 anni fa - Link

Spiace dirlo ma il Giulio è a mio avviso sopravvalutato, soprattutto se si valuta il rapporto qualità prezzo. Gode del vantaggio dell’essere il più interessante vino italiano della categoria. Ci sono centinaia di champagne molto più interessanti e di certo meno cari (inutile scomodare nomi di piccoli produttori indipendenti o anche di più blasonate maison che fanno anche champagne base dignitosissimi, visto che scrivo su un sito di appassionati che sanno di cosa parlo). Ma posso dire per esperienza che è anche poi con gli anni che si vede tutta la differenza con i grandi champagne, che assumono una complessità che il Giulio non raggiunge mai. Insomma bravi ai Lunelli, bel prodotto, ma il Giulio è pur sempre una copia dell’originale., e non vedo il motivo francamente, al di là del campanilismo, di spendere più soldi rispetto a uno champagne. E noi in Italia continuiamo a dire… e si, i francesi sanno vendere … e poi vai di fiumi di Prosecco…

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Alessandro Morichetti

circa 2 anni fa - Link

Ci sono anche centinaia di Champagne meno interessanti ma sarebbero considerazioni già fatte che non serve ripetere: https://www.intravino.com/grande-notizia/judgment-of-verona-annamaria-clementi-2004-batte-dom-perignon-cristal-e-grande-annee-bollinger/

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...se non fossi nazionalista convinto sempre pronto a decantare i capolavori enoici dell'italico stivale ... darei ragione a Veritas ...( risatina) . Purtroppo faccio parte della categoria "spocchiosi" come da successivo articolo di Zuin , "Era preistotca" ormai terminata grazie al "sommo sommelier" dell'articolo , quindi animale ormai estinto ( ho un mio personale scheletro nel " museo spocchiosi " di Parma)

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andrea

circa 2 anni fa - Link

Forse qualche anno fa poteva essere vero ma oggi i veri metodi classico più sopravvalutati al mondo sono proprio gli Champagne! Gente che ha mezzo ettaro nella Valle della Marne che al terzo imbottigliamento esce a 200€ a bottiglia o giù di lì… qualche dubbio in me spesso nasce sulla Riserva del Fondatore ma sul Giulio proprio no..si tratta di un vino forse troppo a lungo sottovalutato che oggi ha il prezzo che si merita già da qualche anno (fermo restando che anche per le mie tasche non è più raggiungibile da un po’…). Se metti insieme tecnico territorio e rarità non puoi parlare di sopravvalutazione dai

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...a me il Giulio "mi" piace...

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franco

circa 2 anni fa - Link

Dai non scherziamo, sotto le 100€ si trovano champagne eccezionali che manco ti fanno pensare al Giulio, ma al massimo ad altri champagne... siamo onesti, aldilà di una degustazione cieca con qualche top cuvée franciacortina, fatta una volta e da persona sulla cui esperienza di assaggio e conoscenza profonda di quelle cuvée non si può mettere la mano sul fuoco. Con tutto il rispetto parlando.

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Giorgio

circa 2 anni fa - Link

È passato 70 euro a 150 in 4 anni. Alcune bottiglie andrebbero snobbate invece viene ancora alimentato il "falso mito", no comment. Se chi lo compra (e lo beve!) è contento, buon per lui...

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Giuseppe Fazari

circa 2 anni fa - Link

Hai ragione, ormai lo comprano solo per fare le foto e postarle sui social. Le ultime annate che ho comprato sono state la 2000 e la 2004, poi hanno raddoppiato i prezzi e non li vale più.

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John

circa 1 anno fa - Link

Il prezzo è raddoppiato per scelta aziendale, dato che mancheranno presto un paio di annate (ovvio, c'è una quota di inflazione che ha colpito tutti). La scelta è stata quella da un lato di ritardare ogni anno l'uscita di qualche mese, e dall'altro di aumentarne il prezzo, proprio per evitare di rimanere due anni senza scorte di Giulio sul mercato. Forse quello che non si aspettavano nemmeno i Lunelli era di riuscire a vendere tutto anche al doppio. Ma se così è stato, gliene si può fare una colpa?

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franco

circa 1 anno fa - Link

No, non gliene si può fare una colpa, ma a questo punto non c'è neanche bisogno di "correre in soccorso" ai lunelli e al giulio ogni qual volta qualcuno afferma che esistano champagne da 40€ migliori. Sta cosa di difendere i forti o chi ha già le spalle larghe e la coperta lunga... boooh...

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

..franco , parafrasando il vecchio detto ( " ... chi sa ... fa . Chi non sa ... insegna...) e adattandolo alla realta spumantistica : "... chi sa ... beve Champagne , chi non sa ... insegna ai corsi AIS ...(risatona ...)

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Littlewood

circa 2 anni fa - Link

Non sono certo ne' un giornalista ne' un degustatore professionista ma in una serata alla cieca organizzata a casa mia tra apassionati di un confronto fr mc italiani e champagne dove l' unica regola era che gli italiani avessero un prezzo franco cantina piu' alto degli champagne fallet prevostat extra brut ha battuto il Giulio 9 a 0! Fin che costava 50€ ok ora.....

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Littlewood

circa 2 anni fa - Link

In particolare il cofronto fu riserva hausmannhof 06 hadenburg vs alexandre filaine cuvee speciale.riserva nefertiti vezzoli vs le val cornet nathalie falmet. Giulio ferrari ris 02 vs fallet prevostat extra brut. Inutile dire come son finite le sfide....

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Giuseppe Fazari

circa 2 anni fa - Link

Un falso mito, semplicemente perché Ferrari produce ottimi spumanti, la linea Perlé ad un prezzo più ragionevole, dunque perché spendere 150€? E per favore smettetela di paragonarlo allo champagne. Lo champagne è altro, un altro pianeta, sia nella qualità che nel prezzo ( fortunatamente)

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Vinoltre

circa 2 anni fa - Link

@franco ..Se ne trovano svariati sotto i € 60/70 che tranquillamente fanno dimemticare Giulio e non parlo della Franciacorta dove i casi di VERA eccellenza si possono contare in due tre dita di una mano ....per non parlare poi delle peculiarità del territorio/suolo/terroir in Champagne che in Franciacorta e in Trentino si sognano....quindi Giulio ottimo prodotto ma assolutamente sopravalutato ....Amen

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Ivan

circa 2 anni fa - Link

I confronti vanno fatti coi numeri, e non con i pareri o le opinioni personali o per sentito dire !!!! La guida vini mondiale più autorevole è Wine Spectator ! Su questo penso siamo tutti d'accordo. Il ferrari perle' ha raggiunto in qualche annata 91 - 92 punti. Anche questo è documentabile. Una bottiglia di perle' costa mediamente 24 euro, mentre una bottiglia di champagne con punteggio Wine Spectator 91-92 costa 35 - 40. Stiamo parlando di vino con lo stesso metodo di produzione e talvolta le stesse uve, quindi il confronto è perfettamente corretto. A mio modesto parere è giusto bere la stessa qualità (attenzione parlo di STESSA QUALITÀ..... ..... non di gusto personale !!!!) ad un prezzo inferiore........se poi è nazionale ancora meglio.

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Giorgio

circa 2 anni fa - Link

Sono un semplice appassionato, i punteggi non li prendo proprio in considerazione, li lascio a chi il vino lo compra per rivenderlo. Per me l'unica cosa che conta è quanto spendo e come bevo. Per questo superati i 25 euro se voglio bere Metodo Classico, Chardonnay, tagli bordolesi ecc... li compro in Francia e mi arrivano comodamente a casa. A parità di prezzo ho più scelta e li preferisco. Quando decido di bere italiano bevo i nostri autoctoni. Gusto personale, opinione personale...

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Stefano Zannier

circa 2 anni fa - Link

Per me Perlè tutta la vita , Ne ho venduto in Italia ed e n BRASILE e bevuto molto. Giulio non riesco a comprarlo più non me lo vendono, i rappresentanti ,mi dicono che non lo hanno, pazienza si può vivere senza, qualche grande champagne di piccoli e bravi produttori …sempre.

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marcow

circa 2 anni fa - Link

Un bel dibattito. Con opinioni diverse su un concetto spesso trascurato dalle recensioni italiane. Il Rapporto Qualità/Prezzo. Il confronto con lo champagne aiuta a capire meglio le opinioni dei commentatori. Tutti interessanti. In particolare, Ivan cerca di distinguere tra valutazione obiettiva della qualità e gusto personale. E Littlewood racconta di una degustazione alla cieca che potrebbe, forse, contribuire a valutare meglio i vini a confronto. Complimenti a tutti.

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Vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...io bevo esclusivamente Krug Collection da solo, stagnolato , quindi cieca assoluta, e vince sempre e sempre lo riconosco... Solo una volta ha perso , sempre alla cieca ...ma aveva di fianco il Prosecco Corda di Mionetto, mica pizza e fichi ( che ho scambiato per un Selosse ...ma la cieca non perdona...)

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Damiano

circa 2 anni fa - Link

Premessa...amo i prodotti nazionali, amo gli spumanti trentini, amo le lunellate...amo tutto e tutti. Però ad oltre 110 zucche la battaglia si fa dura eh... impossibile prescindere dal prezzo. Tutto deve essere "obbligatoriamente" incasellato in un rapporto qualità/prezzo...e il campione di Ferrari ahimè qui non eccelle. Facciamo che ho avuto una settimana pesantissima, facciamo che mi sono andati bene comunque gli affari, facciamo che mio figlio il sabato pomeriggio ha marcato bene un attaccante (trentino) molto forte...mi avvicino allo scaffale degli over cento...ma la mia mano piglia una boccia dei galletti.

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Veritas

circa 2 anni fa - Link

Grazie a tutti dei contributi. Sull’autorevolezza di Wine spectator preferisco non turbare le certezze di Ivan. Quanto al judgment di Verona, a parte che il panel non mi pareva francamente composto di molti veri esperti di vini della categoria, la stessa estrema variabilità dei giudizi espressi la dice lunga sull’affidabilita’ di questo tipo di manifestazioni (e comunque a parte un caso hanno prevalso i francesi). Ovvio poi che ci siano anche Champagne per nulla interessanti e magari pure cari, ma io parlavo a livello generale e di rapporto Q\P e il confronto con l’Italia temo oggi sia paragonabile ad un Francia Italia calcistico, 3 a zero a tavolino (la Francia potrebbe schierare due squadre di calcio diverse tutte competitive, noi fatichiamo a metterne una). In ogni caso ci tengo a sottolineare che rispetto l’opinione di tutti, compresa quella di chi spende tutti quei soldi per un Giulio…

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marcow

circa 2 anni fa - Link

Il PREZZO è in relazione con la QUALITÀ di qualsiasi MERCE. Il Prezzo dipende dalla Qualità: più è alta la qualità e più è alto il prezzo. _____ 2 considerazioni sull'Obiettività e sulla Comunicazione. __ 1 Ma stabilire quando il Rapporto Q/P di un prodotto è buono, è ottimo o è pessimo ... dipende, secondo me, anche da... elementi soggettivi... della persona che valuta il Q/P Secondo me non esiste un Criterio Universale e Obiettivo. _____ 2 Il Prezzo di un prodotto non è determinato soltanto dalla sua Qualità. Ma, nella Società Contemporanea, dell'Informazione e della Comunicazione, il Prezzo spesso è correlato a QUANTO la Comunicazione è riuscita Costruire ed Aggiungere alla Qualità Merceologica. Insomma, la Comunicazione, con le sue Narrazioni, con la sua Retorica, con lo Storytelling, le Leggende ecc ... contribuisce in maniera notevole ad aumentare il valore di un prodotto, e quindi il suo prezzo allontanandolo da quella che è la sua Qualità Reale. __ Quindi, nella valutazione del Rapporto Q/P, non può essere esclusa la Componente Comunicazione. Il Fascino, il Sogno, che la Comunicazione ha costruito su un prodotto, un pullover o un vino. ___ Uno dei meriti della degustazione alla cieca è che elimina dalla valutazione critica la "suggestione" del fascino del LUXURY BRAND che la Comunicazione Aziendale è riuscita a creare su una merce.

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Giorgio

circa 2 anni fa - Link

Marcow, infatti una bottiglia di Dom Perignon Vintage ha un costo di produzione di circa 25 euro e prezzo a scaffale di oltre 200 (fonte Revue du Vin de France). Per me valelo stesso discorso del Giulio, se chi lo compra (e lo beve!) è contento, buon per lui.

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Sisto

circa 2 anni fa - Link

Marcow, ti stimo perché, a diffenza di me, continui a rimarcare i classici elementi che condividiamo. Io desisto per la gran parte. Io penso, semplicemente, che coloro i quali discettano di "degustazione" e di confronti ma con etichette ben in vista, non abbiano mai ricevuti (o scaricati) e quindi letti i report con i risultati della loro prestazione (assoluta rispetto al campione testimone e relativa rispetto al panel) di un test condotto secondo le note metodiche di cui mi occupo e di cui scrivo. Quando succede circa 8-10 volte/anno posso garantire che un assaggiatore con ordinaria capacità di assaggio o abbandona (e si rimette a "sognare" cioè a bere sapendo cosa sta bevendo e a cosa lo sta confrontando: nobile attività, s'intende!) o va avanti a studiare ma con tantissima sicumera in meno. Qui siamo ancora al livello di confondere qualità (valutata in condizioni ripetibili e riproducibili) con emozione... Poi, atteso che si sta parlando di spumante: se esistono dei vini i più lontani dal dipendere in maniera significativa dalla zona di produzione, questi sono i vini speciali. Fatto stra-noto e stra-dimostrato (basta però non dipendere dalle solite sudditanze pelose, create ad arte dal marketing, di cui le masse a-tecniche sono notoriamente afflitte).

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Cla

circa 1 anno fa - Link

Non vorrei togliere tutta la poesia, ma il prezzo non lo fa la qualità ma il rapporto fra domanda e offerta. Dopodiché se sono al ristorante e indipendentemente dal prezzo voglio fare bella figura scegliendo un vino dalla carta, scegliendo un nome "altisonante" vado sul sicuro. Se scelgo etichette meno "famose" per fare bella figura devo avere una gran conoscenza enologica, sia di cantine che delle annate, in quanto spesso in questi casi la qualità è più altalenante. Infine per chi confronta sempre i Champagne con i Trento Doc piuttosto che i Franciacorta: sono vini MOLTO diversi. Per esempio: in Champagne si fa largo uso di vino vecchio nella cuvee, mentre nei Trentodoc molto meno, è quasi sempre o per la maggior parte vino d'annata. Anche le liqueur usate sono in genere molto diverse. Per non parlare delle varietà impiegate, del clima, del terreno...

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vicky

circa 2 anni fa - Link

Montellori blanc de blancs pas dosè prodotto a Fucecchio (FI). Sui 25 euro allo scaffale, ma solo per chi cerca il meglio del meglio e non ha quattrini da buttar via.

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Sisto

circa 2 anni fa - Link

Eh, bravo lei: ma non costa 200 €, il produttore non ha un nome altisonante (soprattutto è italiano), le guide non lo contemplano, e i guru non hanno pronta una filastrocca da recitare a memoria... Non so perché ma a me già piace!

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Littlewood

circa 2 anni fa - Link

Di cosa stiamo parlando scusate? In cantina fallet prevostat costa 28€ filaine costa 18€ le val cornet di falmet 22 € il brut di faniel filaine 17€ il hugues del colmet di pierre moncuit 22€..il millesime di coutier nn supera i 25€..devo continuare? Vogliamo metterli a confronto alla cieca con montellori che e' si discreto ma sta' su un' altra galassia con tutto il rispetto...

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Damiano

circa 2 anni fa - Link

PiccoloLegno ha ragione da vendere....ma di che stiamo parlando? Poi...ci sta difendere i confini, ci sta difendere i prodotti nazionali (ed abbiamo delle buoNNe roBBe eh), ci sta essere sordi nel naso... però ragazzi sulle bolle gli amici di Chamonix ci fanno vedere solo gli spogliatoi, in campo ci vanno loro. Sempre parlando di q/p e sempre salvo eccezioni.

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Andrea

circa 1 anno fa - Link

Hugues de Colmet di Moncuit a 22 ....una volta

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John

circa 1 anno fa - Link

Leggendo tutti i commenti, di lettori e "contributors" molto esperti, mi sorge una riflessione. Come mai quando si parla di MC si è portati immediatamente a confrontare tutto con lo Champagne? Non vedo gli stessi confronti con Loira o Alsazia quando Intravino parla dei bianchi altoatesini, o con Bordeaux quando si parla di Bolgheri. È forse, come dice Sisto, la natura dello spumante, che in quanto vino speciale, esula in parte dalla propria zona di produzione, che porta a confrontare vini dai terreni diversi, dai climi diversi, dalle altitudini e latitudini diverse, talvolta persino dai vitigni diversi? Perché se no, non basterebbe accettare il fatto che si tratti, effettivamente e semplicemente, di vini diversi e che un confronto diretto abbia poco senso?

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Giorgio

circa 1 anno fa - Link

Rileggi bene i commenti, forse ti è sfuggito qualcosa...

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marcow

circa 1 anno fa - Link

John, lei ha contemporaneamente, in un commento in alto, ha scritto: "Il prezzo è raddoppiato per scelta aziendale, dato che mancheranno presto un paio di annate (ovvio, c’è una quota di inflazione che ha colpito tutti). [...] Ma se così è stato, gliene si può fare una colpa?" ____ Lei, in quel 1⁰ commento, sembra un componente della Comunicazione Commerciale di Ferrari che viene a spiegarci e a "giustificare" l'aumento del prezzo del Giulio. ____ A lei non frega nulla del prezzo e ... del Rapporto Q/P ... su cui si è sviluppato il dibattito per merito di Veritas che, per primo, ha introdotto nella discussione il CONFRONTO con lo Champagne. ____ Confronto che lei, in questo secondo commento, non considera opportuno adducendo argomentazioni deboli. Le ricordo che nel dibattito sono calati gli assi di Alessandro Morichetti e di Andrea Gori a favore di Giulio ma in un confronto(che contiene interessanti opinioni) con lo champagne sul tema del PREZZO e del Rapporto Q/P. Saluti

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vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...molte volte il posizionamento del prezzo non è legato esclusivamente a fattori produttivi , ma proprio a quelli comunicativi. Poi è il mercato che comanda, brutto dirlo ma è così . Ricordo il prezzo assurdo dei Vins de Garage di Bordeaux a cavallo del millennio sull'onda di emozione data da punteggi stratosferici della critica e dalla presunta rarità . Bolla completamente sgonfiata causa ... che il mercato non ha l'anello al naso e il vino , alla fine , lo beve e capisce la scala dei valori assoluti in questo settore. Per ragioni inverse , la Borgogna , ai vertici sia per qualità che per quantità irrisorie , va alle stelle e il mercato glielo riconosce (vedi il bell'articolo di Andrea Gori su Mugnier e i suoi punteggi, senza scrivere che un suo Musigny oggi costa 3000 Euro e un suo Les Amoureuses quasi 2000 . Ma peggio il fatto che i suoi villages viaggino a cifre a 2 zeri , con un numerino davanti non sempre = 1 , anzi ... e stiamo parlando di un grande rapporto qualità/prezzo , ormai girano cifre assai più scandalose da quelle parti ) . Quindi il non relativizzare il discorso spumanti e Giulio in particolare , è una operazione sul filo del rasoio, ma commercialmente sta dando ragione alla nota maison di Trento , perchè sta vendendo tutto ( da mie notizie) e , anzi , si sta divertendo con le "Collections" strapagate e strarichieste . Rimane lo spumante più buono e iconico d'Italia , quindi hanno fatto la giusta analisi di mercato . L'enoignoranza è ancora diffusa , per cui anche l'incidenza del nazionalismo da battersi il petto ha il suo perchè . .. nonostante il confronto sia penalizzante , con i pari livello di costo dello Champagne . Facciamocene una ragione...

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Giorgio

circa 1 anno fa - Link

Vinogodi, comprendo l'enoignoranza e comprendo le leggi di mercato, quello che non comprendo è la risposta dell'autore dell'articolo al primo commento. Si può difendere il made in Italy ma non si deve distorcere la realtà.

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Sisto

circa 1 anno fa - Link

Ah la verità! Che emozione quando leggo che qualcuno, con una certa disinvoltura, la tira fuori dopo che circa 2600 anni di storia del pensiero occidentale non sono riusciti non dico a determinarla ma neppure definirla. Quindi: la verità di chi? Con quale metodo esperita? Validato da chi? Pubblicata su quale testo? Con quale IF? La verità ottenuta tramite: i giudizi soggettivi/monocratici? Le guide? Il mercato? E la correlazione tra "verità" e "qualità"? Quando si parla di prodotti materiali specie quelle di stampo agronomico sarebbe meglio parlare di "fatti" (nel senso di evidenze oggettive) perché la verità è un concetto metafisico, cioè nichilista.

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Giorgio

circa 1 anno fa - Link

Sisto se si riferisce al mio commento ho scritto realtà e non verità, sono due cose differenti. La differenza tra lo champagne e gli altri vini spumante è una realtà consolidata che tutti gli appassionati di vino conoscono, non credo serva elencare né numeri né testi. La risposta dell'autore : " Ci sono anche centinaia di champagne meno interessanti" è una realtà distorta a difesa del prodotto italiano. Quelli più interessanti non si prendono in considerazione?

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Giuseppe

circa 1 anno fa - Link

Giorgio, chi continua a parlare del Giulio Ferrari come un grande prodotto e spumante italiano, ha ragione. 150€ però non li vale, semplicemente perché spendendo meno si beve altrettanto bene. Vuoi sapere se mi riferisco allo champagne, si, viva lo champagne 🥂🍾!!!

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Sisto

circa 1 anno fa - Link

@Giorgio Ha ragione, ha scritto realtà, rettifico. Direi financo peggio di "verità". almeno questa è un costrutto filosofico. Abbiamo due punti di vista, metodologici, completamente all'opposto: se uno parla di "realtà" la deve dimostrare con solidi criteri e dati oggettivi. Magari sarei pure d'accordo (nel merito) ma è del metodo che parlo. Quindi non conoscendo né criteri né dati oggettivi, rimane un'opinione come tante altre. Altrimenti, non si capisce perché (a puro titolo di esempio) se si legge "il prosecco (in realtà 3 DOP, ndr) è il più grande vino italiano" taluni contestino l'affermazione che pure è "realtà" secondo N criteri (che ora non cito).

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salaparutra

circa 1 anno fa - Link

92 minuti di applausi...

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Andrea

circa 1 anno fa - Link

Ad Andrea: invidia. Agli altri: Trento è la miglior bolla italiana? Alta Langa , Franciacorta e un paio in Friuli non saranno d' accordo ma solo Annamaria si fa sedurre da Giulio? Per me si. Sui mercati che abbisognano di numeri. Poi per quel che ho provato gualcosa c'è.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Bellissimo pezzo. Chapeau Ale.

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BT

circa 1 anno fa - Link

a me dà più soddisfazione il perlè. fu una scoperta e il 2008 in particolare è stato il più buon Ferrari che io abbia bevuto. mi ricordo ancora lo pagai 22 euro. di qui la soddisfazione. il giulio può collocarsi sui 70 euro ma poi diventa un filino eccessivo, per me.

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vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...BT ... anche per tanti , ma tanti altri. Eppure...

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vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...eppure il Collection 2001 del Giulio è stravenduto a 800 Euro la boccia , manco il Clos Saint Ilayre costa così ...

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Damiano

circa 1 anno fa - Link

... eppure alla metà dei soldi circa ci sono dei bdb favolosi (ad esempio mi sono innamorato del Pol Roger 2013, sembra di bere una ciotola di crema della nonna) oppure a pari soldi c'è da litigare con dei mostri tipo Amour De Deutz (auguri). Julio...ti voglio bene, sei bello e bravo...ma mi fanno più sesso i tuoi amici con la erre moscia.

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