Dietro le quinte di un press tour del vino (spoiler: casi umani a volontà)

Dietro le quinte di un press tour del vino (spoiler: casi umani a volontà)

di Jacopo Manni

Per chi bazzica più o meno professionalmente il mondo del vino, il press tour è croce e delizia.

Una specie di Paradiso per giornalisti, blogger, influencer o improvvisati vari. Partecipare a un press tour è un po’ come avercela fatta e sentirsi arrivati: la dolce vita di andare a zonzo aggratisse nei ristoranti stellati con i migliori chef che cucinano per i pranzi dedicati alla stampa, location meravigliose che vengono aperte solo per quel ristretto (vabbè) mondo dei giornalisti ma soprattutto quella meravigliosa e decadente sensazione da grandeur anni ’80 nello stare tra la gente “che conta”, quelli che un tempo decidevano le sorti delle cantine.

Adesso che non stampiamo più i soldi, con qualche crisi sulle spalle e una casta sempre più traballante, i press tour si sono arricchiti di una fauna assai variegata nani, ballerine e compagnia cantante con cui non ci si annoia mai. E se ne vedono delle belle!

Ecco che quindi vi presentiamo in anteprima mondiale e anonima la vera anima dei tour dedicati alla stampa. Le situazioni più comuni che l’esercito dei comunicatori genera e affronta in ogni safari dedicato al vino. Sbirciate pure dalla serratura, ce n’è per tutti i gusti.

E sia chiaro, nessun Ufficio Stampa è stato molestato per questo bestiario.
Si comincia!

  • Il classico dei classici, l’evergreen per eccellenza, il pilastro di qualsiasi press tour e cioè la famosa domanda che tutti i the giornalisti si fanno tra loro: “Ok bello tutto ma tu che lavoro fai davvero per pagare le bollette?”.
  • La tensione da stallo messicano quando c’è da mettersi a tavola con tutti che cercano di mettersi vicino ad un amico per evitare la rottura di coglioni di stare tre ore accanto al nerd di turno della denominazione che ti spara numeri e voti o accanto a uno dei responsabili dell’ufficio stampa e non potersi rilassare né lamentare di tutto.
  • La prima domanda che si fa al povero addetto stampa prima ancora dei saluti e delle presentazioni: “si ok ma la piscina dov’è?”.
  • La sfida epica e tipica di ogni giornalista in un press tour: la gara a non tirar fuori manco un centesimo fino al ritorno a casa.
  • L’influencer che per la cena di gala si veste con tacco a spillo e scollatura ombelicale e si ritrova seduta accanto al tipico montanaro alpino coi sandali della Teva e le guance rosse tipo Cicciobello invecchiato malissimo… e addio selfoni.
  • L’immancabile fan del grandissimo Gianni Giudici, il vate del video girato nel paddock di Formula Uno, ancora viralissimo, che si aggira all’aperitivo gridando smargiasso e testosteronico: “Uè ma un pò di figa qua?”.
    Ok, parlo di questo video qui sotto.

  • La domanda tipo Sacro Graal che nessuno pubblicamente fa all’addetto stampa ma che tutti in realtà si pongono sin dall’inizio del tour: “va bene la gita al santuario della santa locale, le 46 visite in cantina e i 234 vini da assaggiare… ma quando ho del tempo libero per farmi un po’ i cazzi miei?”.
  • Le scene epiche dei degustatori stramazzati al suolo con la lingua felpata tipo Fantozzi alla Coppa Cobram dopo le degustazioni per il consorzio X di un vino rosso da 18 gradi organizzato a luglio in centro città, conca umida, temperature subsahariane vista cammelli e beduini tra le strade. Condizioni ideali per degustare vini, insomma.
  • La super mega serata di gala organizzata in pompa magna con la prima dell’Aida e obbligo di black tie ma col teutonico e inflessibile giornalista tedesco di turno che non sente ragioni ed entra in bermuda rosa e Birkenstock (è successo davvero).
  • Al presso tour Leoni e poi gli articoli… “Giornalisti” che dopo tre giorni di lamentazioni feroci alla Geremia nell’Antico Testamento hanno avuto l’ardore e il coraggio di criticare pure il colore non appropriato delle pareti dei bagni fanno uscire poi solo articoli che fioccano lodi sperticate… elogiando anche il meraviglioso colore dei bagni.
  • Le tipiche sveglie all’alba per salire sul pullman aziendale che in sole tre ore e mezza ti porta a destinazione nella cantina di turno perché l’albergo meno caro trovato dall’organizzazione è… in pieno deserto.
  • Il parvenu di turno che si sente la Ferragni e sciorina alla platea intera che ha già pubblicato e postato tutto l’evento sul suo profilo da ben 150 follower facendo intendere che con la sola imposizione dei suoi social farà decollare la denominazione.
  • La temutissima masterclass del solone di turno tenuto evidentemente in naftalina con obbligo del silenzio e museruola tipo Hannibal Lecter per le tre settimane antecedenti al tour che si sfoga sui poveri astanti parlando per 15 ore consecutive della malolattica o della importantissima mappatura dei suoli del terroir evidenziando ogni metro quadrato che Masnaghetti scansate.
  • Le cene finali dove ogni giornalista, blogger o semplice passante è obbligato a bere, non assaggiare attenzione, tutti i 678 vini proposti perché i produttori nascosti dietro le tende o dietro le piante o con telecamere a infrarossi monitorano scrupolosamente se tutti assaggiano i loro vini pena una maledizione a tutta la discendenza per almeno 3 generazioni e l’esclusione dai prossimi 134 press tour.

 

[Foto: Scuola Holden]

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Jacopo Manni

Nasce a Roma ma si incastella a Frascati dove cresce a porchetta e vino sfuso. L’educazione adolescenziale scorre via in malo modo, unica nota di merito è aver visto dal vivo gli ultimi concerti romani dei Ramones e dei Nirvana. Viaggiatore seriale e campeggiatore folle, scrive un libro di ricette da campeggio e altri libri di cucina che lo portano all’apice della carriera da Licia Colo’. Laureato in storia medievale nel portafoglio ha il santino di Alessandro Barbero. Diploma Ais e Master Alma-Ais, millantando di conoscere il vino riesce ad entrare ad Intravino dalla porta sul retro.

9 Commenti

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Stefano Cinelli Colombini

circa 2 anni fa - Link

Eh, eh, parole sante! Ma (per dura esperienza) ti garantisco che è impossibile convincere i colleghi produttori della inutilità della masterclass, dei troppi dati (al massimo se ne può dare uno o due significativi, ma proprio al massimo) e, soprattutto, della tristissima, costosissima e del tutto inutile cena di gala. E vogliamo parlare dei discorsi ufficiali? Urge un formato di comunicazione diverso, non pretendo che sia futuristico ma almeno datato 2022.

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Alberto

circa 2 anni fa - Link

Io segnalerei anche l'inutilità dei press tour, che sono ridotti ad un circo piuttosto ridicolo, con effetti perfino controproducenti sulla clientela reale... anche perché di press, a questi tour, ce n'è pochissima e per la maggior parte di qualità scadentuccia... i giornalisti veri e veramente influenti ricevono attenzioni dedicate...

Speriamo che - prima o poi - negli uffici commerciali qualcuno se ne accorga, dando una sonora sveglia agli uffici marketing...

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AG

circa 2 anni fa - Link

A quando un post sull altrettanto tristemente variopinta genia dei committenti?

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Tommaso Ciuffoletti

circa 2 anni fa - Link

Confesso pubblicamente di non aver mai partecipato ad un press tour. Ma di averne accolti in cantina quando lavoravo tra Toscana e Sicilia e devo dire che il racconto di Jacopo mi è parso molto azzeccato e anzi, per certi versi persino generoso! ;) bravo Jacopo!

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Giacomo

circa 2 anni fa - Link

Vendere fuffa, oggi, è sempre più difficile. Una volta la ricerca di visibiltà era più mirata e razionale; invitavano Scaramouche, che assegnava gli ambiti tre portauovo o cinque quadrifogli nelle pubblicazioni di settore, spesso con seguito di mogli ed amici. Degustazione privata, gli ficcavano in auto un paio di cartoni, abbrancavano la carta di credito e portavano tutta la ciurma a cena. Intendiamoci, spazio per la fuffa ce ne sarà sempre, ma oggi, come ci ha spiegato un premio Oscar in fuffologia, si fa come Flaiano con l'arte astratta; si cerca di farsela da soli.

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Mattia Grazioli

circa 2 anni fa - Link

Quando si fanno le cose per dovere, si percepisce e molto. Sono stato ospite di un presstour e si percepiva moltissimo il camminare sul filo del rasoio.

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Francesco Fabbretti

circa 2 anni fa - Link

Tutto molto divertente ma la realtà è che chi voglia parlare di vino in un modo vagemente onesto si tiene lontano dai Press tour che sono diventati un baraccone composto sempre da quella 50ina di volti (non) noti che ti sanno solo dire che "è stata un'esperienza emozionante che mi ha permesso di crescere e di incontrare persone che condividono la mia stessa passione, amicizie vere con cui ci siamo ripromesse/i di dar vita a progetti comuni perciò stay tuned". Gente che non sa nemmeno scrivere un post indicizzato ma che conosce la sacra tecnica di Hokuto del selfie con la bocca culogallinica (sia maschi che femmine). Di fronte a questo indegno spettacolo io mi chiedo solo: conviene alle cantine alimentare questo basso chiacchiericcio? E conviene a chi voglia parlare di vino con un minimo di preparazione prenderne parte?

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Roberta zennaro

circa 2 anni fa - Link

Severo ma non sempre giusto. Quando io partecipo nel mio piccolo mi faccio notare e i committenti dicono che sono contenti. Poi ci sono tanti metodi per misurare il successo dei PT che non andrebbero ridotti cosi

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Paolo Cianferoni

circa 2 anni fa - Link

Le leggende, i miti, le esagerazioni e le parole buttate lì fanno parte di questo mondo enoico: uno specchio del modo di vivere attuale. Tanta apparenza, poca sostanza. Io mi sono rotto le palle, da tempo.

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