C’è vita oltre i soliti 10 sommelier: Melania Battiston del Medlar a Londra, per esempio

C’è vita oltre i soliti 10 sommelier: Melania Battiston del Medlar a Londra, per esempio

di Massimiliano Ferrari

Complice Intrawine, ho scoperto un nome che, mea culpa, non avevo mai sentito nominare tra i professionisti di sala italiani (in questo caso fuori dall’Italia) e quindi mi sono messo sulle tracce della Melania Battiston intervista su Drinks Business. Non c’è che dire, uscendo dal circuito dei 10 nomi in croce che siamo soliti leggere sull’argomento si fanno delle bellissime scoperte. Ecco quindi l’intervista fresca fresca a Melania Battiston.

Ciao Melania, qual è stato il percorso che ti ha portata a Londra?
Ho 25 anni e vengo da un paesino in Lombardia chiamato Mede, in provincia di Pavia.  Finite le superiori, dove ho studiato turismo, ero completamente confusa e insicura sul mio futuro, non sapendo che strada prendere. L’unica convinzione che ho sempre avuto è che ci fosse qualcosa in più in serbo per me rispetto ad una quotidianità limitata di paese.  Dopo quello che doveva essere un viaggio di 5 giorni a Londra, ho deciso di seguire il mio istinto, rimanere in UK ed iscrivermi all’Università. La mia prima scelta è stata (randomly) Marketing all’Università di Bath, dove sono stata accettata. Nel frattempo, la lingua era uno dei miei limiti più grandi così, per imparare, iniziai a lavorare come barista (grazie all’esperienza in Italia) in questo Wine bar nella City of London chiamatosi 28-50. Lì, ho incontrato il mio mentore, Clement Robert, che mi prese sotto la sua ala e cominciò ad insegnarmi di vino con tanta passione. Tutto venne così naturale, mi sembrava come se l’avessi fatto per anni. Dopo 6 mesi mi diede la possibilità di diventare Assistant Head Sommelier in un ristorante affiliato, così lasciai stare l’idea dell’Università e colsi al volo l’opportunità. Così cominció la mia carriera come Sommelier. Adesso sono Head Sommelier e Wine Buyer a Medlar, in Chelsea, e intanto ho ripreso l’università e studio leadership e coaching a Cambridge.

Vivendo all’estero qual è la tua percezione sul mondo della ristorazione in Italia?
Se devo essere sincera, ogni volta che torno in Italia sono stupita dal livello di ristorazione in modo positivo, semplicemente perché in Italia chi lavora nella ristorazione lo fa con grande passione, non solo per pagarsi le bollette. Di conseguenza, tende a crearsi un rapporto più d’amicizia e familiarità con lo staff di un ristorante. In città grandi come Londra trovi un servizio molto più distaccato e inesperto avendo un turnover cosi grande e, per la mancanza di staff, ultimamente i ristoranti si accontentano di quello che trovano. La sala ha bisogno di identità fornite di passione, social e emotional intelligence per spiccare, magari neanche esperienza (che può essere appresa con il tempo) ma sicuramente capacità di relazione.

Pensi che se fossi rimasta qui in Italia avresti avuto le stesse possibilità che hai trovato a Londra?
Assolutamente no. Se fossi rimasta in Italia sarei stata comodamente nella mia piccola realtà lombarda, probabilmente studiando un corso universitario casuale e mai trovando la mia passione. L’estero è capace di aprirti gli occhi e liberare il tuo potenziale innato. Consiglio sempre di seguire quello che dice il cuore, ma anche l’intuito. Inoltre, l’Italia non è meritocratica come l’estero e questo è un vero peccato. Se la scalata verso il successo in Italia è lunga una vita, all’estero è come se si dimezzasse.

Come si costruisce una carta vini per un ristorante londinese come il Medlar?
Prima di tutto, la chiave per costruire una wine list importante è capire la propria clientela e le tendenze del consumatore medio, focalizzandosi su quei vini/stile. Medlar è molto classico quindi regioni come Bordeaux e Borgogna sono dei must-have. Secondo, bisogna assicurare un buon price range, che si adatti a tutti i portafogli, con stili simili ma budget differenti. Terzo, è il tuo tocco personale. Una volta che crei un rapporto con i tuoi clienti e conosci il loro palato, si fideranno di te e sarai tu a guidarli verso nuove scoperte e condividere il vino che ami con loro. Siamo fortunati al Medlar; per quanto classici, i nostri clienti sono molto avventurosi e piace essere trasportati dalla conoscenza del sommelier.

C’è qualcosa che non ami nel mondo della ristorazione?
Non amo la fretta. Quando mangio fuori, voglio godermi ogni momento, prendere il mio tempo e assaporare i piatti e il vino, scoprendo sapori nuovi e discutendo su essi.  Di conseguenza, odio mettere fretta ai miei clienti. La sala è un lavoro duro, si inizia presto e si finisce tardi, ma l’esperienza di sedersi a tavola e godersi ogni momento e impagabile.

Quale pensi sia il peso della sala nel successo di un ristorante?Penso che la sala stia diventando sempre più importante nell’ambito della ristorazione, ormai buon cibo lo troviamo quasi ovunque, sia in Italia sia all’estero, perciò l’elemento che fa la differenza diventa proprio il rapporto umano che si crea in sala.Personalmente, sarà anche per il mio background in coaching, ma cerco sempre di creare una relazione con i miei clienti, che va oltre il parlare di vino. Ovviamente bisogna sapere “leggere” il cliente, il linguaggio del corpo e di conseguenza comportarsi seguendo il proprio intuito. Quando ho l’opportunità, mostro il mio lato più curioso, pongo domande sulla loro vita e sulle loro dining e wine experiences, ascolto attivamente, memorizzo, e così creo un rapporto più profondo, dove ottengo la fiducia da parte del cliente cliente e di conseguenza si crea un senso di rassicurazione in cui il cliente sa che con me, troverà sempre affetto, una faccia familiare e sorridente.

Quali sono i tuoi vini quotidiani, quelli che vorresti sempre avere a portata di mano?Il mio vino quotidiano, anche a costo di sembrare snob (che non sono assolutamente) è un buon bicchiere di bollicine, preferibilmente un buon Champagne. Adoro scoprire nuovi piccoli produttori e tendenzialmente mi piace una bolla più rotonda, profonda e cremosa, con struttura.

Dimmi un po’, qual è stata la bottiglia che ti ha fatto battere il cuore, quel vino o quei vini che ti hanno fatto dire ok, questo è il lavoro, la strada che voglio seguire?
Non ho mai avuto una bottiglia che mi ha fatto chiaramente capire che questa fosse la mia strada, ma ricordo il primo tasting comparativo che ho fatto tra uno Chardonnay base del vecchio mondo e uno del nuovo mondo e sono riuscita ad identificare differenze e sapori. Lì ho capito quanto il vino sia profondo, interessante, curioso e vasto. E quanto sia piacevole ma, allo stesso tempo, accademico.

La bottiglia più importante che hai aperto? Ti ricordi che situazione era e il cliente che te l’ha chiesta?
Senza dubbio è stata un Richebourg 1961 del Domaine de la Romanée-Conti, lo scorso 8 Dicembre: era il 60esimo compleanno di un mio cliente importantissimo, collezionista. Ho finalmente capito quanto il pinot nero possa fare magie.

1961

Quali sono le cose che non sopporti in un cliente? 
Quando il cliente chiede un sommelier uomo al tavolo e giudica il mio livello di competenza basandosi sulla mia età o sull’aspetto fisico, senza darmi la possibilità di mettermi in gioco.

Mi consigli tre ristoranti londinesi in cui sei stata, che conosci, che apprezzi e i motivi per cui ti senti di suggerirli ad occhi chiusi?
Te ne suggerisco tre:
10 Cases: wine list dall’ottimo rapporto qualità-prezzo, cibo di gusto e porzioni adeguate.
Noble Rot, ancora per una carta dei vini da urlo con prezzi fenomenali e cibo da condividere, nibbles buonissime.
Last but not least, The Sea a Pavillon Road, Chelsea. In primavera/estate, buonissimo per il pesce fresco (loro sono un negozio di pesce) e ricette semplici e innovativi. Menù minimo ma delizioso, ancora molto sharing concept.

Progetti per il futuro? Vorrei diventare la prima Master Sommelier italiana e trasferirmi negli Stati Uniti per almeno un anno. Vorrei lavorare lì per una cantina, organizzare eventi e occuparmi dell’hospitality, nel frattempo imparare più da vicino come “fare il vino” dalla vigna alla cantina, quindi assistere un cantiniere nel tempo libero. Part-time, vorrei concentrarmi nella mia Coaching practice, per cui adesso sto studiando a Cambridge.

avatar

Massimiliano Ferrari

Diviso fra pianura padana e alpi trentine, il vino per troppo tempo è quello che macchia le tovaglie alla domenica. Studi in editoria e comunicazione a Parma e poi Urbino. Bevo per anni senza arte né parte, poi la bottiglia giusta e la folgorazione. Da lì corsi AIS, ALMA e ora WSET. Imbrattacarte per quotidiani di provincia e piccoli editori prima, poi rappresentante e libero professionista. Domani chissà. Ah, ho fatto anche il sommelier in un ristorante stellato giusto il tempo per capire che preferivo berli i vini piuttosto che servirli.

4 Commenti

avatar

vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...qualcuno può chiederLe se usa solo pantaloni o anche la gonna , sul lavoro? Solo per valutare se FIS è all'avanguardia oppure no...

Rispondi
avatar

marcow

circa 2 anni fa - Link

Mi è piaciuta l'intervista.
Alcuni passaggi mi hanno colpito.
Il calore, addirittura parla di affetto, e la forte empatia nel relazionarsi con i suoi clienti.

25 anni. Studia a Cambridge.
Complimenti, Melania Battiston.
PS
"dall’ottimo rapporto qualità-prezzo, cibo di gusto e porzioni adeguate"
C'è sintetizzata la mia concezione della soddisfazione di un cliente di un ristorante.
Senza dimenticare il servizio ampiamente trattato nell'intervista.

Rapporto Qualità/Prezzo
e
Porzioni Adeguate.

Spesso le recensioni italiane sono carenti su questi due punti.

Rispondi
avatar

Stefano

circa 2 anni fa - Link

Molto bella la carta dei vini, con incredibilmente più Borgogna che Bordeaux; si vede anche che sei Italiana! (e Pavese...). E questo post sprizza freschezza ad ogni riga, davvero una bella scoperta trovare dei giovani così entusiasti e competenti. Nota dolente: trovarli all'estero...

Rispondi
avatar

BT

circa 2 anni fa - Link

ecco quel che si dice una donna con le palle.
coraggiosa.
bisogna dire che la frase più vera è "l’Italia non è meritocratica come l’estero e questo è un vero peccato. Se la scalata verso il successo in Italia è lunga una vita, all’estero è come se si dimezzasse."
Quindi complimenti a Clement Robert che ha creduto in lei (investendo) e a lei che si è dimostrata degna della fiducia ed ha ripagato l'investimento. Anche perché dai 21 ai 25 anni di energie se ne hanno tante.

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.