20 cose che ho portato a casa dopo quattro serate sul Rodano con Stefano Amerighi

20 cose che ho portato a casa dopo quattro serate sul Rodano con Stefano Amerighi

di Simone Di Vito

Sul Rodano non sono ferratissimo ma mi ero ripromesso di approfondire e il caso ha voluto che cascassero a fagiolo quattro serate a tema organizzate da Claudio Celio presso il Collettivo Gastronomico Testaccio.

Cicerone d’eccezione è stato Stefano Amerighi, produttore di syrah a Cortona che immaginavo essere un fine conoscitore della zona ma non così tanto, a tratti maniacalmente dettagliato, al punto che — specie per Cornas, di cui è follemente innamorato — potrebbe raccontare ogni centimetro di terra lì presente. Un docente mancato e senza alcun timore di smentita uno dei maggiori esperti di Rodano che abbiamo in Italia.

La mappa, anzitutto.


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Ovviamente non bastano 4 appuntamenti e 39 bottiglie (in copertina) per diventare esperti di una zona, ma per invaghirsene assolutamente sì. Quello che segue è un elenco di 20 punti che ho fissato nella memoria, tra cose imparate serata dopo serata e bottiglie che mi hanno colpito, non necessariamente in positivo.

1. Condrieu
Piccola AOC incentrata sul viogner, vitigno che non ho mai avuto in simpatia per via di alcune anonime versioni italiane ma che qui però si esprime al meglio, pur necessitando di un po’ di tempo in bottiglia. Ed è proprio l’evoluzione a rendere interessanti questi vini, come il 2007 di Marie et Pierre Benetiere, un valzer di profumi tra agrumi, miele, frutta disidratata e camomilla su uno sfondo ossidativo che oltre a integrarsi alla perfezione accompagnava un sorso grasso, goloso e quasi salato.

2. Condrieu 2019, François Dumas 
Qui l’eccezione che non conferma la regola dell’attesa. Giallo acido non filtrato, limone e lievi note ossidative, serratissimo, immediato, lascia la bocca sapida, vogliosa, si beve da solo già ora, senza bisogno di attendere.

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3. Fermentazione a grappolo intero: la tradizione dei rossi del Rodano
Essendo un produttore, Stefano dedica molta più attenzione alle scelte aziendali nella realizzazione di un vino, in molte delle bottiglie assaggiate infatti si contrapponevano strade enologiche differenti, come quelle legate alla fermentazione: grappolo intero, diraspatura o percentuali diverse di ambedue, dove poi la prima rappresenta la vera tradizione di gran parte delle AOC del Rodano (come anche in Borgogna), abbandonata da molti in favore del diraspamento completo, atto a inseguire trend e gusti dei mercati, che ha però tolto genuinità, in molti casi coerenza col territorio, quel carattere che invece si intuisce nei vini di chi ancora oggi segue la tradizione.

4. Saint-Joseph 2018, Pierre Gonon (80% di grappolo intero)
Violaceo e quasi impenetrabile, è una slot machine di profumi: tiri la leva e spara sentori a raffica, tutti nitidi e decifrabili, come lavanda, violetta, cannella, olive nere, pepe in grani, mirtillo nero, cenere, ecc, ecc… Agilissimo con un’acidità elettrizzante, un inchiostro che ti macchia la bocca, la graffia, la seduce, persiste e ti conquista. Sontuoso e particolarissimo.

5. Saint-Joseph 2015, Jean-Louis Chave (100% diraspato)
La fama precede ogni vino di Chave e mette una certa curiosità. All’inizio è chiuso, ridotto, in sala si vocifera bottiglia non appostissimo, ma poi si apre. Buono, equilibrato e completo ma manca di carattere, insomma c’è ordine ma poca anima, e visti i prezzi…

6. Côte Rotie e il 2017 di Jamet
L’AOC più soggetta a speculazioni, che Stefano ci ha descritto come quella che più di tutte ha subito le influenze dei mercati esteri in termini enologici. In sala non ricordo persone rimaste colpite dal Côte Rotie di Jamet (uno dei must della denominazione), anzi da quelle due mezze bottiglie (foto sopra). Inizialmente mostrava concentrazione e tecnicismi in eccesso, eppure sono riuscito a tenerlo nel calice fino a fine serata e lui mi ha ripagato con un manto di frutta scura in primo piano, pepe e tostature, carnosità ma anche dinamicità di beva e finezza. Lo riproverei volentieri.

7. La serine nel Côte Rotie Côteaux de Bassenon 2018 di Jean Michel Stephan
Vino ricavato da un’alta percentuale di serine, il più antico e raro clone di syrah, che tra tutti ha subito meno mutazioni e che Stefano utilizza proprio nel suo Serine. Naso particolarissimo di dado Knorr® e carbone, succoso e agile, si stampa su lingua e gengive con frutta croccante e tannini ruvidi e un po’ maleducati, non pronto ma in prospettiva molto interessante.

8. La syrah e quel tostato-affumicato che credevo fosse dato dal legno
Vitigno presente in gran parte dei vini assaggiati, dove specie in quelli in purezza percepivo una marea di tostato e affumicato, su cui ero dubbioso, perplesso, ma è stato Stefano a svelarmi l’arcano: quei sentori fumé e tostati che spesso ho ricondotto al legno in realtà sono tipici di una syrah che si esprime in annate e climi freddi. In millesimi e/o territori più caldi virano invece verso un frutto scuro, toni olivastri, ferrosi, pepati, mentre nella parte intermedia del Rodano più verso il floreale.

9. Ha senso produrre syrah in Italia?
Lo sospettavo ma dopo queste serate me lo chiedo ancora di più. Dalla Val d’Aosta alla Sicilia ne ho assaggiate diverse di syrah nazionali, ma in rarissimi casi (che si contano sulle dita di una mano) ho sentito l’espressività, il carattere e la piacevolezza riscontrati in molti dei vini del Rodano.

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10. Cosa serve a un grande bianco per invecchiare bene?
Gerard Chave
, padre nonché predecessore di Jean-Louis nella storica cantina, sostiene che un grande bianco per invecchiare bene non abbia bisogno di acidità ma di glicerina. Questo mi porta direttamente al punto successivo.

11. Vuoi godere del mitico Hermitage di Chave? Stappalo almeno a 20 anni dalla vendemmia, altrimenti…
Conobbi il mito dei loro Hermitage grazie al film Somm: into the Bottle: da lì in poi mai avrei pensato di sfiorarne uno, mai avrei pensato di assaggiarlo bianco. Tante seghe mentali e aspettative ma poi… Un 2008 grosso, fruttoso, burroso, imballato, ricco di alcol e glicerina, caratteristiche non proprio inclini alla magnificenza. Meglio provarlo immaturo o non assaggiarlo per niente? Sembrerà incredibile ma visto il risultato, ripensandoci, penderei più per la seconda. Pronto ad essere smentito.

12. Crozes-Hermitage batte Hermitage 3-0
Uno dei motivi per cui ho partecipato al corso era proprio per l’Hermitage e il mito che gli gira intorno ma è stata una delusione di tre bottiglie su tre (Chave bianco 2008, Dard & Ribo 2010 e un 2011 Pavillon completamente sopraffatto dal legno di Chapoutier). Di riflesso, invece, sono rimasto piacevolmente colpito dai Crozes-Hermitage: tutti e tre molto più espressivi, riusciti, coerenti. Buoni e pulitissimi ma giovani e apparsi un po’ tecnici il bianco 2020 e il rosso 2019 di Graillot, mentre Dard & Ribo 2020, da un’idea naturale e abbastanza avanguardista del vino (per loro qualsiasi bottiglia va bevuta subito e non attesa) è stato quello che ho preferito: agile, graffiante e dal frutto scuro bello e in prima fila, ha nettamente surclassato un esile, timido e a tratti evanescente fratellone aziendale.

13. Quel difficile ricambio generazionale
Forti pendenze, terreni difficili, esorbitanti costi di successione delle cantine (come in tutta la Francia). Alcuni dei motivi che portano i vignaioli a ritirarsi a sessant’anni e certo non spingono le nuove generazioni a intraprendere la via della viticoltura. Il tutto a vantaggio di grandi marchi locali (es. Chapotieur, Colombo) che approfittano del momento accaparrandosi terreni ed espandendo il proprio “dominio” sui territori del Rodano. Certo, se poi i vini sono quelli…

14. Le AOC Rasteau e Brézème-Côtes du Rhône sono l’esempio che nel Rodano si può bere bene anche a costi più che contenuti
Elodie Balme
col suo Rasteau (Sud) e Eric Texier col Brézème (Nord) dimostrano che in zone dal costo medio abbastanza alto si trovano anche vini coerenti col territorio  senza costare un occhio della testa. Entrambe 2019, produzioni bio e di stampo artigianale, per il primo grenache 80% e 20% syrah, frutto scuro e tanta speziatura, più croccante al palato ma dal tannino ancora un po’ impertinente (15); il secondo, syrah in purezza, con un fruttato di mirtilli, olive nere, sorso facile, agile e dal tannino felpato (±20).

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15.
 Ci sono i vini del Rodano del sud e poi quelli di Reynaud
Nella serata dedicata al sud, oltre agli interessanti Brézème e Gigondas, c’erano Tavel e un paio di Chateauneuf-du-Pape carini, poi però sono scesi in campo i vini di Emmanuel Reynaud e hanno oscurato tutto e tutti. Siamo stati sfortunati con una bottiglia di Pignan ’09 non a posto, ma sono bastati Château Fonsalette 2010 e il Vacqueyras 2009 a restituirci il sorriso. Vini splendidi e purtroppo abbastanza inaccessibili per costo e reperibilità, di cui ho preferito il secondo – credo fossi l’unico in sala – un vino che come dice l’amico Vincenzo Le Voci “dal rapporto felicità/prezzo davvero notevole“, cangiante, raffinato, espressivo, mi ha letteralmente trafitto il cuore.

16. Bourg, Clape e Voge
Non è un terzetto francese in testa al Tour de France ma un trittico di Cornas da paura assaggiati e goduti durante la serata. Poca reperibilità per tutti e tre, costi dal serio al proibitivo (specialmente gli ultimi due), stili e modus operandi diversi, ma in tutti e tre trovi classe e la stoffa del grande vino. A naso scelgo il 2016 di Mickaël Bourg, costi più abbordabili (se disponibile ±€50), più crudo, diretto e imprevedibile, e personalmente poi c’è il fatto che era un ex meccanico. Come lo capisco…

17. Giocare a nascondino col Cornas Reynard 2018 di Thierry Allemand
Me lo versano e già al naso è distaccato, chiuso, pietrificato. Così attendo, lo accarezzo, lo faccio respirare 20 minuti, ci rimetto il naso e stavolta fuochi d’artificio: pennella fiori, terriccio bagnato, funghi e tartufo, more e mirtilli, con una bocca quasi tridimensionale per come gira al palato, vivace e incisiva ma con una certa grazia. Mi fermo e decido di lasciarne un po’ per il gran finale. La serata finisce, saluti, baci, abbracci, io ho ancora il mio mezzo calice di Reynard, vado al riassaggio e… di nuovo chiuso, ermeticamente, l’ossigeno serve a poco, neanche un defibrillatore potrebbe rianimarlo. Un piccolo assaggio di grandezza e puff!, è svanito.

18. Guillaume Gilles: una rising star di Cornas
Allievo di Robert Michel (storico vignaiolo della zona), e uno dei pochi ma buoni volti nuovi di Cornas, che oltretutto segue la tradizione. Vinificazioni a grappolo intero, legno usato, poca solforosa, no filtrazioni e un approccio naturale in vigna. Due i suoi Cornas 2018 assaggiati: il precoce, rustico e rampante Nouvelle R da viti giovani, l’altro invece ottenuto dal grande lieu-dit Chaillot (preso in affitto proprio da Michel) con più forza, maggior carattere, avvolgenza e dinamicità di beva. Da prendere ambedue e schiaffare in cantina.

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19. Cornas 2012, Couchet-Beliando
Non il re della serata ma sicuramente il più pronto di tutti. Anche questo ricavato da una parte del lieu-dit Chaillot come il suddetto Cornas di Gilles. Immediato, espressivo, oserei dire femminile. Un bel frutto scuro e croccante, rose appassite e resina, pepe e affumicature, sapido, vivace e incalzante, dal tannino stretto e ricamato, chiude lunghissimo e ti lascia un bel ricordo in bocca per parecchi secondi.

20. Distanza, poca reperibilità, speculazione: se ti piace il Rodano l’unico modo per comprarlo bene è andarci
Non immaginavo fino a questo punto, ma come altre zone francesi anche il Rodano è fonte di forte speculazione, per cui forse, come nel caso di altre zone francesi, l’unico modo per acquistare vino a prezzi umani è andarci. Il mio problema non sarà il come, ma piuttosto il quando, e quella, ahimé, è un altra storia che non so quando potrò scrivere.

 

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Simone Di Vito

Cresciuto a pane e corse automobilistiche (per via del papà pilota), sceglie la sostenibilità di bacchette, tamburi e corde grosse, tra batteria e basso elettrico. Si approccia al vino grazie a una breve carriera da scaffalista al supermercato, decidendo dopo anni di iscriversi ad un corso AIS. Enostrippato a tempo pieno, operaio a tempo perso. Entra in Intravino dalla porta di servizio ma si ritrova quasi per sbaglio nella stanza dei bottoni. Coltiva il sogno di parcellizzare tutto quel che lo circonda, quartieri di Roma compresi.

23 Commenti

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Nic Marsél

circa 1 anno fa - Link

Molto interessante (anche se, immagino, più interessante esserci di persona - invidia). Per quel poco che conosco, condivido il gradimento per Eric Texier.

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Nic Marsél

circa 1 anno fa - Link

PS Ma qualcosina di più sui vitigni? Syrah a parte?

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Simone Di Vito

circa 1 anno fa - Link

Ciao Nic, la syrah ovviamente era il vitigno più presente, qualcosina del viognier l'ho scritta, per il resto granache e altri come cinsault solo sfiorati attraverso le cuvee del sud. Adesso che ci penso spiace di aver dimenticato di nominare i bianchi marsanne e roussanne (incontrati nei Saint Peray, negli unici Crozes e Hermitage bianchi), dove uno dovrebbe donare materia e forme, l'altro invece finezza e leggiadra, ma visto che, Crozes di Graillot a parte, in quei vini tutto ci ho trovato tranne che finezza e piacere non ho ritenuto riportarli. Comunque prendilo come il 21° punto mancante dai 😅😉 Saluti

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vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...personalmente , Stefano Amerighi mi è cresciuto di parecchio dopo questo articolo ... un produttore ( già bravo) che ha riferimenti così precisi e conoscenza della realtà dell'area presa come riferimento , è di grande rilevanza e giù il cappello...e basta...

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vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...mi è scappato il tastino , intendevo aggiungere "...non dico altro"...

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marcow

circa 1 anno fa - Link

In questo articolo di Millevigne si parla di un convegno sullo Syrah che si è tenuto a Cortona nel 2022 e organizzato da Stefano Amerighi. _______ "Cortona si candida a capitale della Syrah - Millevigne - Il periodico dei viticoltori italiani" https://www.millevigne.it/cortona-si-candida-a-capitale-italiana-della-syrah/ ________ Sono sinteticamente riportate alcune delle relazioni. Interessante quella sul Rotundone. Dall'articolo: "Quello che più incide sulla sua presenza (ROTUNDONE) nei vini pertanto è la concentrazione di partenza nelle uve e in vigneto l’aroma di pepe caratteristico dei vini di Syrah e di altre cultivar come la Vespolina, lo Schioppettino o l’austriaca Gruner Veltliner a bacca bianca, dipende molto dalla stagione, le temperature, la disponibilità idrica, l’esposizione dei filari e il suolo. A parità di ambiente sono le annate più fresche e piovose quelle di maggiore espressione; avrebbero un effetto positivo le ore di illuminazione, alcune fattori biotici come la presenza dell’oidio, mentre sembrano essere correlati negativamente la Botritys e gli indici bioclimatici legati alla temperatura come quello di Huglin. Le possibilità di intervento in vigneto di conseguenza sono quelle che riducono lo stress termico e idrico, come l’irrigazione, l’ombreggiamento (l’assenza di sfogliatura), oltre che la definizione della data di vendemmia e le vendemmie selettive” (Dall'articolo) Segnalo infine un passaggio molto sintetico che va approfondito sulla: "tecnica di vinificazione e in modo particolare della presenza di acini e grappoli interi nel corso della vinificazione con macerazione carbonica" che incide sulla qualità del vino. _______ Lo Syrah è coltivato in tutto il mondo. Quello che mi premeva dire è che l'uomo può sempre intervenire, in vari modi, in vigna e in cantina, anche in ambienti pedoclimatici diversi, per ottenere il meglio dalle caratteristiche genetiche di un vitigno.

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Patrick Jane

circa 1 anno fa - Link

Hermitage rappresentato molto male, però.

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Simone Di Vito

circa 1 anno fa - Link

Ciao, di Hermitage ho parlato per quei tre vini non in assoluto; poi vabbè male nel dettaglio sicuramente ma sulla carta insomma... Chave e Chapoutier mica Totò e Peppino eh

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marcow

circa 1 anno fa - Link

In questo articolo si parla di 7 degustazioni alla cieca del famoso syrah prodotto nella Valle del Rodano. Dall'articolo: "Jeudi soir dernier, nous avons organisé la soirée dégustation mensuelle de V comme Vin. L’occasion de déguster 7 vins sur la thématique de la syrah, à l’aveugle. Ce choix de dégustation à l’aveugle permet d’éviter les à priori, nombreux dans la dégustation. Les bouteilles étaient réparties de manières suivantes : 4 vins du Sud et 3 du Nord. A noter que les vins du Sud étaient à forte dominante de syrah, mais pas à 100 %. Et une bouteille pirate, à base de grenache, counoise et carignan, qui s’est retrouvée par hasard en fin de dégustation, donc plus facile à identifier. L’ordre de la dégustation était aléatoire et les vins ouverts 3 heures avant" (Dall'articolo sulla... dégustation à l’aveugle... del mitico syrah della Valle del Rodano(4 del Sud e 3 del Nord) vcommevin.com https://www.vcommevin.com › blo... Dégustation : la syrah dans tous ses états… - VcommeVin https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&url=https://www.vcommevin.com/blog-des-vins/%3Fp%3D759&ved=2ahUKEwiv_crcqfn8AhXL_rsIHSNmDQwQFnoECAkQAQ&usg=AOvVaw0qVfrqkY1Twc_dt146ya_9 PS Ho scritto lo syrah. E, invece, nel web vengono usati soltanto IL shirah e LA shirah. (E non mi interessa chi ha ragione) PSS I vini Syrah della famosa collina della valle del Rodano(Hermitage) sono spesso usati come argomento per dimostrare l'esistenza del mitico concetto di Terroir. Su questo concetto, attenzione, non c'è accordo(da quello che ho capito) tra gli ESPERTI (che possono essere anche docenti universitari). Quindi è interessante parlarne a proposito dei vini prodotti all'Hermitage. E, di conseguenza, parlare di degustazione alla cieca: come hanno fatto in Francia nell'articolo che ho proposto alla lettura. Non ho mai capito perché gli Esperti Italiani odiano la... dégustation à l’aveugle. Forse sono poco convinti dell'esistenza del Terroir? Perché se ... il territorio c'è... ed è forte la sua influenza ... poi ... anche nella degustazione alla cieca... tutto ciò dovrebbe essere facilmente rilevabile.

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Francesco della king

circa 1 anno fa - Link

Gran bella passeggiata.... Sono curioso di ....Eric di domaine l'anglore a Tavel. Magari c'è qualche appunto a disposizione? Grazieee

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Nic Marsél

circa 1 anno fa - Link

Anch'io!!!

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Simone Di Vito

circa 1 anno fa - Link

Ciao, avevamo due Tavel di l'Anglore, uno era il base 2017 e l'altro il Vintage 2014. Che dire? Al di là dei gusti personali, è stato interessante testare due vini rosa con qualche anno sulle spalle. Il Vintage 14 (annata non proprio da ricordare), fa passaggio in legno (a mio avviso non così integrato), era un vino abbastanza integro, ricercato, non leggerissimo eh ma fresco e con una lieve sensazione tannica, forse un po' corto di profondità di bocca. Personalmente ho preferito il base 2017, floreale e fruttato, morbidezza e tanta agilità data da una spiccata acidità che quasi piccava sulla lingua, vino con 5 anni sulle spalle ma ancora decisamente giovane.

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Francesco della king

circa 1 anno fa - Link

Grazie mille gentilissimo!

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Nic Marsél

circa 1 anno fa - Link

Grazie Simone !!! Questo è il 22mo punto :-)

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Paolo mik

circa 1 anno fa - Link

Se posso dare un contributo del tutto personale, ho assaggiato più volte l'anglore e lo trovo sempre estremamente elegante , il mio abbonamento preferito è riso allo zafferano ;). Nel dettaglio , la mia preferita tichetta preferita di quest'azienda è Nizon. Fortemente sottovalutato, e consigliatissimo per un'esperienza di alto livello. 14° di eleganza da abbinare a rayas alla cieca per divertirsi ;)

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Paolo mik

circa 1 anno fa - Link

Pardon ...non abbonamento , ( che ci starebbe volentieri) ma abbinamento

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Tommy hell

circa 1 anno fa - Link

Spendendo qualcosina in più consiglio Pierre Chaude 2008 ( a trovarlooooo..) anche qui mitologico blend di uve rosse e bianche , tanto ( quasi tutto ) grappolo intero rese bassissime 25hl/ha . Un sogno ...raro e relativamente abbordabile...

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Massimo

circa 1 anno fa - Link

Come intercettare eventi come questi? Su che canali vengono pubbicizzati? Grazie

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Shiro ken

circa 1 anno fa - Link

Leggermente off-topic , ma tutto sommato ci può stare ....tempo fa ho assaggiato San Lorenzo rosso 2004 ( syrah marchigiano abbastanza raro) , ma non ho mai avuto occasione di fare paragoni ecc... Vorrei indicazioni ...rispetto amerighi ...finché non posso ripetere l'assaggio... ;) Grazieee

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Marco

circa 1 anno fa - Link

Ciao e grazie per l'articolo moooolto interessante. A parte Amerighi, quali altri Syrah italiani. secondo te, stanno nelle dita della sola mano che citi nell'articolo?

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Simone Di Vito

circa 1 anno fa - Link

Ciao Marco e grazie, così su due piedi mi vengono in mente quello di Rosset in Val d'Aosta e alcune vecchie annate assaggiate di Fattoria Varramista (per es. 2004 e 2005 bellissime). Saluti

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Fabio

circa 1 anno fa - Link

Sbaglio o non ho visto alcun commento sui Brett? Vini tutti puliti?

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Simone Di Vito

circa 1 anno fa - Link

Ciao, dei 17 su 39 vini di cui ho scritto nel post, nel calice a disposizione, salvo riduzioni (che ho poi riportato, ad es. vedi il Saint-Joseph di Chave), non ho avvertito Brett, che ho riscontrato invece in qualcuno dei restanti. Saluti

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