Ricardo Barbeito, il culto del Madeira e il futuro del vino che sfida i secoli

di Andrea Gori

Il Madeira, da sempre l’altro vino liquoroso portoghese oltre al Porto, ha una storia fortuita e avventurosa. Nasce in un’isola in mezzo all’Atlantico che già produceva vino, soprattutto bianco, almeno dal 1420, anno in cui furono importate le prime barbatelle di Malvasia (oggi Malmsey) e di canna da zucchero. La fortuna del Madeira nasce quando l’isola divenne punto di sosta obbligato per le navi inglesi che, dirette verso le coste americane tra i vari rifornimenti, usavano riempire la stiva di botti di vino prodotto in loco. Questo si dimostrava straordinariamente resistente ai viaggi e capace di invecchiare per molti anni.

Soprattutto il vino, imbarcato a Madeira e poi riassaggiato al termine di viaggi transoceanici in India o in Australia, appariva migliorato e dotato di sfumature non presenti al momento della partenza. Il passaggio da regioni con anche 45° di temperatura, e le forti escursioni termiche dei lunghi viaggi, arricchivano il vino di sentori e sensazioni che i produttori di Madeira cominciarono a conoscere solo dopo il ritorno dei primi carichi invenduti.
Si pensò allora di simulare l’effetto dell’attraversamento dell’equatore e dei tropici mediante la “cottura” del vino in apposite estufas, dei forni costruiti appositamente sull’isola. Anche oggi il Madeira subisce questo trattamento che ne fa il vino più longevo al mondo, il solo capace di resistere per secoli e migliorare continuamente se stesso, con la differenza che le estufas sono usate solo per il Madeira di bassa qualità (il 95% del totale purtroppo), ma per quello più importante (il restante 5%) si preferisce una “cottura” lenta in botti poste in capannoni in cui la temperatura sale fino ai 40 gradi per qualche mese l’anno.

La viticoltura a Madeira è sempre stata eroica: è un’isola prevalentemente montuosa e che addirittura era un unico grande bosco, quando fu scoperta, tanto che fu necessario dare fuoco alla foresta per poter approdare. I vigneti oggi si sviluppano su un’impressionante serie di terrazzamenti su substrato vulcanico, con un clima subtropicale e una folta vegetazione dove, sfruttando ogni possibile metro quadro, si coltivano le varietà principali che danno nome ai diversi tipi di Madeira ovvero Sercial, Bual, Malvasia e Verdelho (pronunciato “-elu” alla sarda). Una viticoltura che appare inizialmente da incubo, con un clima appunto terribile, caldo umido, con coltivazione a pergola e uva all’ombra perenne, tanto che ti viene da pensare come facciano a fare vino, figuriamoci di qualità. Questo perché le uve si vendemmiano acerbe, non maturano mai in pratica: vigne basse poco al sole, tanto che c’è voluta una legge per imporre un minimo 9% di alcol potenziale. Ma il basso alcol non è un problema perché appunto interviene la fortificazione mentre l’acidità è fondamentale per la freschezza nel vino che altrimenti sarebbe troppo dolce.

Ma oggi Madeira è anche una sfida ai nuovi consumatori e un ripensamento profondo del prodotto senza stravolgerlo perché la crisi di vendite qui ha morso davvero duro. Ricardo Barbeito, di scena al Merano Wine Festival,  è forse l’alfiere più in vista del nuovo Madeira con uno stile chiaro e fresco che si oppone a secoli di oscurantismo di vini caramello e acidità e poco altro. Partiamo dal Sercial (uva tipica anche del Dao) che si chiama “strangola cani” per la grande acidità.

Sercial Reserva Velha 10 anni. (19% 48 gl zucchero, 3,1 ph). Non è veramente affinato 10 anni, ma assemblato come una cuvée in maniera che abbia le caratteristiche di un Madeira di 10 anni di età: è pallido e trasparente (per la tipologia, perché in genere sono più dorati). E’ elegante e raffinato, moderno come stile, in cui si sente il Sercial vino di base verde e quasi tannico con agrumi e pompelmo, poi il resto che viene da lavorazione: nocciola menta caramello e resine con tocco fumé, prugna verde portoghese (la nostra regina Claudia) sotto spirito, bocca fresca e sapida, finale ampio e ancora nella freschezza e bevibilità. 85

Verdelho Reserva Velha 10 yo (68 gr l zucchero, 3,4 acido, 19 %). Un’uva le cui origini sono piuttosto oscure: forse proprio autoctono di Madeira o dal Portogallo, comunque niente a che vedere con resto dell’Europa. Il verdelho fa vini buoni anche non fortificati, il che lo rende difficilmente adatto per il Madeira. Simile all’albarinho, di moda. E’ dorato e resinoso, ha crema vaniglia pinolo e olio essenziale di geranio, toffee, gomma, zucchero non raffinato, rum caraibico, bocca di caramella agli agrumi, caffè e menta, finale veloce con zucchero percepibile. 83

Boal Colheita 1997 single cask (85grl zucchero, 3,2 acidità 18,6 %). Per legge il “vintage” Madeira deve affinare per 20 anni prima di uscire, ed è stata quindi creata la categoria “Colheita” cui bastano 5 anni per essere messo in vendita. Ambra molto intenso con nota stupenda di mallo di noce, mango e tropicale, albicocca e nocelle. Bocca secca leggera e dissetante, sullo stile di un Marsala secco, un vino potenzialmente da tavola con le dovute accortezze. 86

Malvasia Colheita 2002 Single cask (105 grl 9 gr acidità 3,3 ph  18,3%). A Madeira si trovano due Malvasie, una simile alla nostra Malvasia di Candia, e quella di St. George, più recente come introduzione. Questo vino è un raro esempio di 100% Malvasia St. George. Naso etereo da smalto per unghie, floreale di malvasia classico, scorza d’arancio e menta, nocelle e pinoli; bocca di nuovo equilibrata con acidità che chiude il sorso quasi troppo presto, ma che lo spinge molto in alto per piacevolezza. 88

Verdelho 1992 Frasqueira (cioè “Vintage”, 3,2 acidità zucchero 78 gr l). Nota di toffee, susina verde, caramello; verdelho molto presente e il naso infatti è più cupo, con sottobosco e fungo, bocca dolce e pastosa, equilibrio molto diverso ma anche qui il finale è fresco tutto sommato, con agrumi che tornano. 89

Boal 1992 Frasqueira Single Cask. Annata con molta pioggia e quindi acidità alta, nella retro scrivono anche in che edificio viene invecchiato. Nota carnosa e cupa, ha 19,5% 92 zuccheri, 3,5 ph e 8,8 di acidità quindi più dolce; comunque è vino vigoroso e potente, ricco e complesso: mandorle agrumi, caramello, salino, cioccolato al latte, iodio, zenzero, pepe, macis, legno di nave, smalto, castagno; un vero viaggio nei tropici. 92

Malvasia 20 anni (3,4 ph 104 zucchero). Non ha veramente vent’anni ma è in “stile” 20 anni e Ricardo sceglie malvasie da varie botti, le assembla, quindi dentro ci sono Malvasie di 80 anni e altre di 10 più altre particolari: colore molto giovane, agrumi e rafano, sedano rapa e zenzero, caramello e senape, bocca dolce e coccolosa di un equilibrio fantastico e sublime, si sente la mano di assemblaggio e la passione. Un cesello quasi irripetibile ma davvero eccezionale e quasi commovente. 94

Boal 1912. Un vero regalo da parte di Ricardo Barbeito, ovviamente non in commercio; nasce da una riserva del nonno, in damigiana, spillato per l’occasione. Sa di pepe nero in grani, carne, miele di castagno e resine, ambra fossile e mirra, cardamomo e mirtillo sotto spirito, bocca complessa all’inverosimile con note di toffee, cacao, caffè, salsedine e vernice. Perdonatemi l’amarcord ma ha l’odore di una vecchia cabina in Versilia, quando a fine settembre entri per cambiarti e senti il mare ma anche l’odore di un sigaro abbandonato in un angolo, della crema solare lasciata aperta e delle bucce di un’arancia del Martini che hai appena bevuto, e siccome è l’ultimo bagno della stagione e l’ultima volta che rivedi lei, ti si stampa tutto nella memoria e rimane lì a tormentarti e coccolarti per tutto l’inverno. Ecco, giusto per avere un’idea di dove ti può portare un vino come questo. 96

In finale, il bravissimo Charles Metcalfe che ha condotto la verticale insieme a Ian d’Agata ci regala qualche bella idea per l’abbinamento, che riesce a farci venire davvero voglia di sperimentare associazioni oltre le solite banali dopo pasto. Per esempio per il Sercial: zuppa di cipolle francese, insalata di pollo, ostriche, funghi aglio e olive; per il verdelho del salmone affumicato, prosciutto, spaghetti vongole e arancio. Per i Madeira più dolci e giovani dessert su note tropicali, con canditi e frutta secca. In ogni caso, esperienza da provare e da approfondire, a tavola e dopo.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

2 Commenti

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gianpaolo

circa 10 anni fa - Link

questa e' una degustazione che non avrei voluto perdere. Ci sono tante cose interessanti su Madeira, anche il fatto che almeno due varieta' sono "italiane", il Verdelho, o Verdello, che si trova anche a Pitigliano, in Umbria, e in Sicilia, e la Malvasia di Candia, che e' il Malmsey. Sono vini straordinari, con un rapporto qualita', storia e prezzo imbattibile, ancora pochissimo utilizzati in Italia. In piu' sono praticamente eterni, una bottiglia aperta la si puo' bere nel corso di un anno o piu'.

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

Bello, molto bello. Ecco, Andrea oppure - visto che cita il rapporto q-p - Gianpaolo: l'unica cosa che chiederei a complemento di quest'articolo interessantissimo sono dei riferimenti, se li avete, a prezzi e reperibilità dei vini descritti. Grazie!

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