Cinque modi per riconoscere un autentico NON appassionato di vino tra i tuoi amici
di Alessandro MorichettiÈ un problema che affligge l’enomondo più dell’oidio, quello dei NON appassionati di vino (NA) che si ritengono autentici appassionati, magari esperti. In realtà, l’etichetta è per certi versi impropria e scopriremo il perché: molti appassionati lo sono davvero ma pigrizia, pregiudizio e altri fattori interferiscono con un pieno e rigoglioso sviluppo dell’amore per il vino.
La ricerca è stata approfondita e non esente da rischi perché l’osservazione partecipante (sì, ho studiato Goffman, Garfinkel e fatto la tesi su Bourdieu, ma non per questo tratto da demente il lettore usando incomprensibili parole del cazzo) coinvolge nel contesto, a volte sin troppo.
Però sono arrivato al dunque e la conclusione è un risultato che illuminerà la conoscenza nei decenni a seguire (anche se non sono stato allievi, amico, fratello, biografo, tirapiedi o schiavo di Veronelli). Pigliate nota:
1) Beve – anzi, dichiara di bere – SOLO Champagne, nebbiolo e pinot nero. Crede di aver scoperto il top e non sente il bisogno di spostarsi. Se ne distinguono 3 tipologie: quello ingenuo, quindi in buona fede, quello di mezzo, solo un po’ snob, e quello convinto, quindi proprio ignorante patentato ma inconsapevole di esserlo, anzi certo del contrario. Il mondo è pieno di roba buonissima, bollata, bianca, rosata, rossa, dolce, aspra.
Rimedio: quando incontro il patologico 1 metto mano alla fondina pronto allo sterminio. La cura è troppo lunga e costosa. Che poi magari a casa beve merda ma non lo dice, tra l’altro.
2) Il bevietichette classico. Beve solo roba firmata, griffata, socialmente accettata e riconoscibile nel contesto di fruizione.
ATTENZIONE: bevietichette non è solo chi beve Gaja, Monfortino, Voerzio, Cristal, Dom Perignon ecc. Nell’ambito naturista, ad esempio, ci sono feticci non discutibili: provate a criticare Semplicemente Vino di Stefano Bellotti poi ditemi se tornate a casa vivi :-). Ma anche: il Pinot Grigio di Santa Margherita, in certi contesti, è una certezza. Il bevietichettismo è trasversale, ha cause tra loro diversissime al pari solo degli esiti. Trattasi però della stessa patologia.
Rimedio: malattia autoimmune tipica della vastissima tribù dei “senzapalle”, difficilissima da debellare. Cambiate tavolo prima che sia troppo tardi, di solito lo sfrangimento di maroni arriva alla veloce.
3) Taliban. Sottocultura di recente definizione sociale: sono in mezzo a noi e in molti casi siamo noi. Per un taliban il vino è, deve essere e non può non essere prodotto da uva e null’altro: i gradi di libertà dall’assunto di partenza sono limitatissimi altrimenti casca tutta la costruzione del mondo perfetto. Il “vino”, in alternativa alle “bevanda a base di uva”, diventa qui un progetto di affermazione e sovversione sociale, psicologica, politica e culturale al limite del religioso (Leggere qui lo studio approfondito del prof. De Cristofaro: FINE ‘400, QUASI 1.500: IL VINO ITALIANO TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA).
Rimedi: piazzargli alla cieca un vino che rientra negli infiniti gradi di libertà tra solouva e resto del mondo, registrare cosa dice, svelare l’arcano poi fissarlo negli occhi senza parlare.
4) Vade retro, Satana! Il sano NA ha dei vini in lista nera e non gli farà cambiare idea nemmeno Charlize Theron che glieli servisse in tacchi a spillo, e basta. Essi sono, più o meno sempre: Prosecco, Lambruschi, rosati vari, gewurztraminer e aromatici in genere, vini col fondo. Più o meno tutti i vini che adoro stanno in questa categoria, ma questo è un altro discorso.
Rimedio: somministrazione costante, incessante, duratura. Trattasi di bottiglie che puoi finire comodamente da solo quindi il rischio è azzerato. Nel medio-lungo periodo cedono anche i più capoccioni, il potere della Verità vince come l’Amore.
5) Quelli che bevono vino solo a fiere, cene-degustazione, master class, verticali comandate ed eventi mondani in genere. Per loro il vino è aggregazione attorno al feticccio, status-symbol, serbatoio di status su Facebook, occasione di conversazione e poco altro. A casa non bevono, si nascondono dietro parenti che non bevono, il solo pensiero di stappare in solitudine li turba ma mai quanto il pensiero di sverginare una grande bottiglia che dorme – prossima al sonno eterno – in cantina. Non la smuoveranno mai quindi, nel caso, non fatevi illusioni. Dal punto di vista conviviale sono una delle compagnie più rompicoglioni che possa immaginare l’appassionato vero.
Rimedio: chi lo trova ce lo dica perché di cantine da scassinare ce n’è un’infinità!
Adesso però basta: identifichiamo chirurgicamente lui, il vero appassionato (VA).
Il VA beve anzitutto per il piacere (di bere) e non per piacere, è curioso, fa domande e ha certezze ma pure ottimi margini di dubbio e curiosità, assorbe nozioni ma non necessariamente trita i maroni facendolo sapere (a domanda, risponde; senza domanda, beve), pianifica alcune bevute ma spesso gode anche lontano dalle telecamere della socialità. E quando gli chiedi cosa sia il vino, risponde con riflessi felini: godimento multi-livello.
Se passate ai raggi I(intravino) le vostre amicizie finite per farne carne di porco.
Un consiglio spassionato: non fatelo.
Corollario: il VA legge Intravino.
21 Commenti
Marco De Tomasi
circa 9 anni fa - LinkDa mettere su marmo ! Ci sono passato in mezzo a tutte queste patologie. Ora leggo Intravino. E domani potrei scoprire che anche questo è patologico !
Rispondisergio
circa 9 anni fa - LinkL'appassionato di cinema, di musica, di poesia (ed anche di altri settori) può percorrere due vie: 1 si legge tutte le critiche possibili sull'argomento e poi decide 2 non legge nulla ( o soltanto brevissime presentazioni) di ciò che hanno scritto i critici e legge direttamente le poesie, va a cinema e si vede il film, ascolta i brani musicali.Dopo, se vuole, può vedere cosa hanno scritto i critici. Si può fare lo stesso con i vini? O il vino è così difficile da comprendere che c'è bisogno di un esperto, critico, sommelier ecc... che te lo spieghi prima di decidere? . Il vino è una bevanda semplice e magnifica trasformata dall'uomo in qualcosa di complicato. Più di un brano musicale, più di una poesia? Da questa "complicazione" "voluta" deriva tutta la fenomenologia contemporanea del vino.
RispondiAlessandro Morichetti
circa 9 anni fa - LinkDissento abbastanza totalmente con la visione per cui o si legge tutto o non si legge niente. E dove starebbe scritto? Leggere QUALCOSA di selezionato PUO' aiutare a capire, scegliere, incuriosire e cento altre cose. La critica può servire sia prima che dopo, con funzioni affini ma non necessariamente coincidenti. La critica fatta bene è un valore, un di più, non un di meno: ridurla a "complicazione voluta" non solo è riduttivo ma fuorviante. Questo, ovviamente, non significa che tanta parte della cosiddetta critica non sia fuorviante, inutile, spesso elegantemente prezzolata e, insomma, funzionale a tutto ciò che critica non deve essere.
Rispondivinogodi
circa 9 anni fa - Link... il mio quotidiano , nel bere , è costituito principalmente da Lambrusco, Prosecco e rosato... tra l'altro mi piacciono, quando fatti bene...Dio mio, ho studiato tanto per nulla...
RispondiLuca
circa 9 anni fa - LinkL'ultima categoria, a mio modo di vedere, è anche la più diffusa (assieme ai nu-natural, qua forse non menzionati), quelli che fanno 100 corsi, vanno a qualche degustazione e poi se chiedi, no, non lo hanno mai sentito né assaggiato il Carignano, ma è quello toscano?
RispondiMassi
circa 9 anni fa - LinkUna sola domanda: ma se il Taliban riconosce come non consono al suo piacere il vino propinatogli alla cieca che rientra negli infiniti gradi di libertà tra solouva e resto del mondo poi dopo gli viene concesso il diritto di non essere preso più per il c..o perlomeno di parlare male liberamente di quel vino?
RispondiAlessandro Morichetti
circa 9 anni fa - LinkIn realtà è molto frequente che succeda perché il gusto taliban predilige prodotti molto riconoscibili ed originali quindi tutto ciò che non rientra nella parte diciamo "media" dello spettro non va bene per un qualche motivo. In quel caso, la soluzione è cercare i prodotti più pettinati dei nomi intoccabili e vedere come si muove di fronte alla nuova difficoltà. Riporta, per certi versi, alla casistica indicata per Semplicemente Vino di Bellotti :-D
RispondiGianluca
circa 9 anni fa - LinkSono un eno-asinaccio, lo ammetto, ma voglio scoprire senza freni. L'approccio etnografico di questo articolo merita la standing-ovation! Illuminante e divertente!
RispondiMatteo
circa 9 anni fa - LinkCi sono anche i fashion-victim: sono quelli che bevono solo quando escono per la coesione sociale che crea il vino o meglio, l'immagine che si da' di se stessi tenendo in mano un bicchiere di vino ( in funzione dei socialnetwork). Si "purgano" con bicchieri da 6€ (che con 6€ il barista ci compra 5 bottiglie di quello sturalavandini che gli propina), ma se gli dici di "investire" 10€ per prendere una bottiglia decente e bertela a casa senza musica violenta e discorsi da imprenditori di 'sto gran c***o ti guardano come se gli stessi rubando l'anima.
RispondiAlessandro Morichetti
circa 9 anni fa - LinkPotrebbero essere in qualche modo riconducibili alla quinta categoria ma solo con un minor livello di coinvolgimento, che ne pensi? Vino come occasione sociale ma stop :D
Rispondiwine princess
circa 9 anni fa - LinkRitengo che i migliori vini, al pari degli esercizi masturbatori più appaganti, debbano essere gustati e goduti in solitario. Altre presenze non rafforzano la percezione organolettica ed il benessere intrinseco che derivano dal bere un vino di grande qualità. Quando ci si trova in compagnia l'acume sensoriale tende a regredire ed a lasciare spazio a varie sensazioni di diversa natura. Lo stesso vale per le derrate alimentari di particolare pregio. Poi, l'aspetto della convivialità è tutta'altra cosa e riveste ovviamente grande importanza, ma i migliori vini li ho sempre apprezzati maggiormente da sola. Massima comprensione, in ogni caso, per chi la pensa in maniera opposta.
RispondiGianluca Zucco
circa 9 anni fa - LinkPartendo dalla premessa (questionabile, se fossi un bevietichette Bellotti, inquestionabile, se fossi un bevietichette Monfortino) che, ahimè, una buona parte dei migliori vini sono anche cari, sono d'accordissimo sulla degustazione in solitaria a beneficio delle nostre capacità sensoriali, nonché della capacità di registrarla. Anche se nelle degustazioni ufficiali fatte come dio comanda la premessa è garantita, col vantaggio, per lo meno nel mio caso, di poter avere accesso a bottiglie che magari da solo non potrei permettermi facilmente. Un'alternativa potrebbero essere anche gli assaggi comunitari di bella roba acquisita assieme a “complici”, col deterrente della capacità analitica parzialmente compromessa, compensato dalla goduria di poter condividere piaceri, ricordi e situazioni, che l’onanismo ti nega.
RispondiAlessandro Morichetti
circa 9 anni fa - LinkMi piace molto bere da solo, mi rilassa, ma bere in due, massimo tre fidati, aiuta la comprensione, perché non tutti becchiamo le stesse cose e le percezioni altrui, incastrate alle nostre, permettono di raggiungere i migliori esiti. Buona parte dei migliori vini sono anche cari? Palo. Alcuni dei migliori vini sono anche cari, ci sono emerite mmerde molto care, poi ci sono anche vini strepitosi che non costano una ceppa: però l'essere accessibili li tiene un po' fuori dall'empireo, e anche questo è un fatto.
RispondiGianluca Zucco
circa 9 anni fa - LinkHai ragione Alessandro, ma la mia opinione è sicuramente condizionata dal fatto che qui in Terra Brasilis dove vivo, qualunque vino è un privilegio eventuale per la gente normale o assiduo per matti (come me, che "verso" risorse ingenti per coltivare tale vizietto), per il semplice fatto che costa in media una ceppa x 5-6. Saluti,
Rispondicapex
circa 9 anni fa - LinkConosco alcuni, tre o quattro, che non si perdono un cantine aperte, che parlano solo di Tignanello, al ristorante ordinano sistematicamente Il Bruciato ma se chiedi loro qualche etichetta di Antinori ti rispondono: Boh!...e a casa bevono solo acqua.
RispondiAlessandro Morichetti
circa 9 anni fa - LinkHai presente la peste? Ecco :)
Rispondipasquina fracassi
circa 9 anni fa - Linkmi ritrovo un pò in tutte le tipologie che trova una descrizione simpatica e riflessiva pur se ritengo che il piacere di un vino (senza etichetta) sia il migliore in assoluto della serie de gustibus non est disputandum
Rispondialdo
circa 9 anni fa - LinkQuelli che 15 anni fa non sapevano bere, hanno fatto i corsi di degustazione e ora grazie alle loro capacità adesso vi fanno scoprire le chicche dal rapporto qualità/prezzo incredibile (di solito vino ad 1 euro la cui cosa veramente incredibile è che non si rimanga intossicati). C'è di buono che dopo quelle cene non rischio la patente visto che vado ad acqua.
RispondiGiacomo Badiani
circa 9 anni fa - LinkAl punto 5 posso annoverare tantissimi sommelier di mia conoscenza, persone che affollano ogni singola manifestazione e si mettono alla prova in cene-degustazione in cui bevono vini trofeo introvabili, imperdibili, del secolo, una mano al bicchiere l'altra al cellulare... relax!
RispondiTommaso
circa 9 anni fa - LinkA me è piaciuta soprattutto la definizione dell'appassionato di vino.
RispondiAndrea'S
circa 9 anni fa - LinkIl profilo n.5 si riconosce dal roteare vorticoso del bicchiere: in caso di rosso, bianco, rose' e nelle forme piu' gravi pure con le bollicine.
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