Perché parliamo solo dei vini che ci sono piaciuti?

Perché parliamo solo dei vini che ci sono piaciuti?

di Gianluca Rossetti

Ho un bugigattolo di cantina che avrebbe fatto bella figura come casello autostradale sul set di Bullit: bottiglie in transito rapidissimo con poco in comune, se non la breve aspettativa di vita.

La trazione posteriore che diventa propulsione a curvatura sulla rotta di un cavatappi.

Detto questo, non sempre l’entusiasmo con cui le avevo riposte, quelle bottiglie, è sopravvissuto all’assaggio. Smacco proporzionale all’esborso e, più in generale, alle aspettative. Ho dato alternativamente la colpa alla bottiglia, all’enoteca, al corriere, allo shock altimetrico, al frigo vino, al “ma tu guarda quello che m’ha consigliato”. Per poi trovare una consolazione nella routine tecnica: “L’annata. Su quel crinale esposto a nord-ovest, poi. E senza irrigazione di soccorso. Col maestrale a trenta nodi tutti i giorni. Pure la domenica”.

Già, pure la domenica.

Il fatto è che le delusioni non si spiegano sempre, a volte tocca viverle e basta. Tanto l’analisi non porterebbe molto più in là del proprio pianerottolo. Perché accade che un vino semplicemente non sia il nostro. A prescindere dall’incontro con bottiglie malandate – non parlo di quelle – può essere che proprio non piaccia. Quel vino, fatto con criterio, custodito bene fino all’acquisto, una bottiglia immacolata e senza problemi di sorta, semplicemente non ci piace.

La mia domanda, abbastanza infantile, è: perché di questo inciampo, che bene o male è capitato a tutti, non si parla spesso nel mondo della critica enoica? Perché si tende a raccontare solo dei vini che sono piaciuti? Dico infantile perché una ragione ci deve essere; sfugge a me la soluzione del busillis ma una risposta ci sarà.

Provo a ragionare sulle difficoltà che incontrerei io, scrivendo una recensione negativa: tralasciando il caso di bottiglie con problemi, se un vino non mi piace, non trovo le parole giuste per spiegarlo. E non parlo di chiacchiere tra amici a cena: lì, tra un’imprecazione e un pugno sul tavolo, il senso di ciò che si prova passa, anche perché è un codice che si riesce a decifrare in fretta, che non va spiegato.

Ovviamente mi riferivo a una critica argomentata.

Ecco, se dovessi scrivere o parlare di un vino che non mi è piaciuto, mi troverei in ambasce. Anche solo per inesperienza specifica: non l’ho mai fatto, non penso di saperlo fare al di fuori del perimetro di una scheda analitico-descrittiva o di quello, ancora meno problematico, di una cena informale. Ma questo è il mio perché, ce ne sono altri?

Il lavoro va rispettato sempre e comunque. In questo caso quello del vignaiolo, dei suoi collaboratori, del commerciate di vini, della filiera tutta. Certo.

Come rispetto si deve al regista teatrale, all’autore cinematografico, al romanziere, allo stilista di moda, allo chef e al cantante. Eppure non mi pare che questi signori sfuggano per diritto di nascita alle recensioni severe.

Immagino paghino le bollette e abbiano un mutuo pure loro e aspirino a riuscire nella professione che praticano, come tutti.

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Gianluca Rossetti

Nato in Germania da papà leccese e mamma nissena. Vissuto tra Nord Reno westfalia, Galatina (Le) e Siena dove ho fatto finta di studiare legge per un lustro buono, ostinandomi senza motivo a passare esami con profitto. Intorno ai venti ho deciso di smettere. Sai com'è, alla fine si cresce. Sommelier Ais dal 2012, scrivo abbastanza regolarmente sul sito di Ais Sardegna. Sardegna dove vivo e lavoro da diciotto anni. Sono impiegato nella PA. Tralascerei i dettagli. Poi la musica. Più che suonare maltratto le mie numerose chitarre. E amo senza riserve rock prog blues jazz pur non venendo ricambiato. Dimenticavo, ho un sacco di amici importanti ma non mi si filano di pezza.

23 Commenti

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Tommaso Ciuffoletti

circa 5 anni fa - Link

Ci voleva un articolo così!

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Lisa Foletti

circa 5 anni fa - Link

Caro Gianluca, personalmente non svolgo il mestiere di critico enogastronomico, dunque mi limito a raccontare ciò che, per qualche motivo, mi ha colpito o impressionato o entusiasmato: raccontare le brutte esperienze non giova a me, in primis, e non offre un buon servizio ad altri. Se si parla di problemi o difetti, poi, trovo sia sempre meglio confrontarsi con i diretti interessati. A richiesta, mi capita di esprimere dubbi o perplessità su qualche assaggio, ma difficilmente ne scaturisce una criica. Lascio la Critica ai Critici. A noi professionisti del vino, e agli appassionati, riservo il piacere di raccontare le cose belle ed emozionanti. Spero non si legga questo mio commento con la lente del "buonismo" o della "paraculaggine": gli interessi personali e/o professionali, per quanto mi riguarda, sono ben poca cosa.

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Alessandro Morichetti

circa 5 anni fa - Link

Imparare a farlo (cioè argomentare la critica di un vino) è NECESSARIO per poter parlare bene di un vino secondo me. Poi per motivi di varia natura si può anche scegliere di non farlo, ma saperlo fare è parte integrante - e non accessoria - del ruolo di chi fa una qualche informazione.

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mariazzo

circa 5 anni fa - Link

E' difficile parlare male di un vino semplicemente perchè il vino, se non presenta difetti, è un prodotto creato dalle mani di un vignaiolo (esperto), che ha deciso che il suo vino deve essere così. Per cui quello che non ci piace, in fin dei conti è un opinione soggettiva e non un giudizio oggettivo. Faccio un esempio: ho bevuto un vino anforato georgiano. l'ho stappato e sapeva di impepata di cozze , che per quanto l'adori, questo sentore su un vino non mi invoglia a berlo. lo assaggio e l'acidità era violentissima. bocciato. Gli amici con cui l'ho bevuto, erano invece entusiasti e si sono scolati la bottiglia...

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Alessandro Morichetti

circa 5 anni fa - Link

PS: la retorica del vignaiolo che fatica quindi non si può criticare un vino ha definitivamente sfranto i maroni! Tutti faticano nel loro lavoro, dal magazziniere all'operaio edile all'impiegato di banca, tutti rischiano qualcosa, tutti devono rendere conto a qualcuno. E in agricoltura i vignaioli sono potenzialmente la categoria privilegiata. Il lavoro va rispettato, sempre, il che non significa assolutamente che un vino non possa essere criticato. Chi lo dice o è male informato, o non ha capito nulla o, peggio, è in malafede.

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Littlewood

circa 5 anni fa - Link

A dire la verita' io qualche post fa avevo criticato i vini di una tal produttrice...mi e' stato detto che per quelli avrei dovuto avere un' altro parametro di misura qualitativa.... Allora vale tutto!!!!

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Max stregatto

circa 5 anni fa - Link

Non capisco davvero , scusami tanto, il senso di tutto il ragionamento.
Voglio dire , se la critica parla solo di ciò che piace automaticamente ciò che non viene menzionato significa che non piace. È già di per sè un messaggio abbastanza chiaro al produttore.
Se diversamente il messaggio fosse rivolto al consumatore (in questo caso) sarebbe di fatto una sorta di vendetta, di punizione con ripercussioni anche economiche verso il produttore per essere uscito con una bottiglia non conforme al gusto di chi scrive. E per fare questo bisogna sentirsi Dio in terra. Che è una cosa un po' diversa dall' essere un critico.
Ovviamente lo stesso meccanismo lo si dovrebbe applicare anche alle altre professioni elencate.

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Gianluca

circa 5 anni fa - Link

In realtà, Max, non è che vada cercando chissà quale soluzione. Osservo soltanto che tutte le tue remore in altri ambiti non è dato vederle. Libri, canzoni, ricette, quadri, film sono costantemente sottoposti a critica, più o meno severamente. E anche in quei campi c'è indotto, ci sono famiglie, c'è lavoro, economia. Peraltro, dire che tutto ciò di cui non si parla è da intendersi automaticamente bocciato o poco rilevante, mi pare soluzione peggiore del male.

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Armando Castagno

circa 5 anni fa - Link

Mi permetto di far notare un altro dato, di ordine numerico. Nel 2017 in Italia sono usciti 554 nuovi film al cinema. La media è 46 film al mese. Logico che un critico cinematografico, o il team di tre o quattro critici di una redazione, possa agilmente coprire tutta la produzione, e quindi sia sollecitato e solleticato a dire la sua su ciascun film, ed esprimere quindi un parere anche molto negativo su alcuni; il che, concordo, è l'essenza del mestiere. Ma il mondo del vino è totalmente diverso. Se uscissero 554 vini in un anno in Italia, le stroncature ci sarebbero eccome, perché si sarebbe "costretti" a trattare l'intero tema. Ma ne escono invece almeno 2.000 ogni anno, se non 2.500, nel solo Chianti Classico. Il numero di recensioni che un critico può fornire sulla produzione di vino in un anno in una qualunque regione italiana è una goccia nell'oceano, e inoltre sulle guide, il cui lavoro è in effetti diviso tra molti redattori, lo spazio per ciascuna regione è contingentato. Non è che Molise o Valle d'Aosta siano trattate per intero, insomma. Non esiste quindi alcuna possibile indagine omnicomprensiva su alcuna estensione significativa di territorio, ma al massimo su singole denominazioni o tipologie e in pubblicazioni come le riviste di settore, peraltro estinte come il dodo o quasi. La tendenza sarà sempre e comunque quella a parlare del meglio, e un "meglio" già figlio di una scrematura draconiana. Poi ci sono altre ragioni per fare questo, ad esempio quella commerciale (un'azienda si predispone bene verso una recensione positiva, e i buoni rapporti con un'azienda possono essere e di fatto sono importanti o findamentali per alcune pubblicazioni, quelle che accanto all'attività di critica ne affiancano di sostegno alla produzione, sotto forma di gite di gruppo pubblicitarie, organizzazione di eventi di promozione, eccetera), Però di fondo resta una materia ribollente e oggettivamente impossibile da racchiudere nella sua interezza ad opera della critica. Per la critica gastronomica è lo stesso: i ristoranti in Italia sono 367.000. Ecco perché un'idea insidiosa ma geniale come tripAdvisor ha il successo che ha. Nel vino, nemmeno questa si può fare, perché mentre chiunque pensa di poter esprimere un parere su come ha mangiato, un numero minimo di persone (peraltro crescente) ritiene di poter dire la sua su un vino in modo attendibile. Questo il mio pensiero, per lo meno.

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Gianluca

circa 5 anni fa - Link

Ho fatto bene a chiedere: qualche risposta c'è. Anche se, a proposito di gastronomia, io pensavo più a Visintin. Vero che, concentrando il suo raggio d'azione, può analizzare in maniera ponderata l'offerta di una specifica zona. Ma, ecco, pensa a tante voci così (non proprio e non sempre così, certo), innamorate perse del vino di ciascuna città, rintanate in quella città in cima ad un faro. Sì, lo so, impossibile e pure folle. Ma pensa cosa sarebbe.

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Nelle Nuvole

circa 5 anni fa - Link

Odddiodiodiodddio!!! Già non facciamo pari a leggere giudizi entusiasti, punteggi stratosferici, recensioni elogiative, ci manca solo di dover star dietro a tutti i cestinamenti e lavandimenti di vini! Personalmente preferisco essere risparmiata dalla negatività. A parte ciò, chi sa scrivere di vino non si tira indietro a criticare, più che un singolo prodotto di un singolo produttore, un'annata od uno stile produttivo non proprio adatto ad un vitigno o ad una denominazione. E siccome chi lo fa SA scrivere di vino, spiega anche il perché della sua critica. Noi dilettanti possiamo anche pronunciarci a sfavore , ma restiamo dei dilettanti e quindi i nostri giudizi valgono poco o niente. Ora però non apriamo l'ennesimo dibattito sul valore , passato, presente e futuro, della critica enologica italica, se no fàmo notte.

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Me

circa 5 anni fa - Link

Non sono affatto d'accordo ed argomento, al netto del fatto che rispetto comunque la tua opinione. Parlo ovviamente da consumatore, e simili critiche le ho fatte su altri siti dove si recensiscono ristoranti a fronte di articoli simili a questo.

Il povero vignaiolo, come il povero ristoratore, il povero kebabbaro e così via, lavora duramente, ed in cambio del suo duro lavoro ottiene in cambio da chi usufruisce dei suoi prodotti di che vivere. Come lui, lavorano duramente tanti altri professionisti. Quando ti posizioni sul mercato vendendo la tua professionalità, qualunque essa sia, ti esponi al giudizio, positivo e negativo, ed è giusto così, perché i soldi che il consumatore ha sono limitati, ed un modo per discernere tra l'enorme offerta in qualunque campo è indispensabile.

È così che nascono i vari Tripadvisor, comparatori di medici, aggregatori di prestazioni alla Pronto Pro e similia, perché prima di spendere i suoi soldi, la ggente vuole sapere se li sta buttando. E, dato che sui siti di "critica" si leggono ormai solo cose belle per tutta una serie di motivi, dal timore di querele al "tengono tutti famiglia", la ggente non si fida e preferisce l'immediatezza delle stelline al racconto livellato delle sole esperienze positive.

Questo è un bene? Ovvio che no, perché la ggente non ha obiettivamente i mezzi per giudicare e sarebbe meglio avere il giudizio di una persona preparata sull'argomento. Ma questo non riesco a considerarlo altro che un fallimento dei critici, che si sono nascosti da anni in questo castello fatato fatto di vini tutti buoni, cibi tutti deliziosi, gente sempre preparata ed all'avanguardia. Questa non è la realtà, ed il significato stesso di critica è l'interpretazione della realtà altrimenti non ha senso di esistere, ed allora le stelline diventano un modo buono come un altro.

Fine del pippotto, andate in pace.

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Liliana Savioli

circa 5 anni fa - Link

Personalmente non scrivo mai recensioni negative. Se ci son problemi ne parlo con il produttore. Essendo coordinatore di una guida in realtà le recensioni negative si espletano non inserendo in guida l'azienda. Però lo sa solo l'azienda ed è questo l'importante. La critica, anche se negativa, serve per far capire all'azienda che sta andando per una strada sbagliata, che deve correggere il tiro. Poi ci sono aziende che capiscono, altre che non capiscono, ma questo è un altro problema

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Drino

circa 5 anni fa - Link

Premessa: parlo da sommelier dilettante.
Personalmente troverei molto utile e istruttivo leggere una recensione di un vino in cui l'autore descrive obbiettivamente le carateristiche di un vino, lo giudica con un punteggio adeguato alla descrizione e alla fine, candidamente, ammette che "non gli è piaciuto" motivandone il perchè.
Mi è capitato di degustare vini anche molto apprezzati da giude e/o riviste e, nonostante ne abbia riconosciuto l'indubbia qualità, alla fine non li ho trovati di mio gusto per i motivi più disparati.
Quando decido di dilettarmi nello scrivere una recensione (che poi non pubblico, in quanto non mi ritengo ancora pronto a farlo), prendo una bottiglia a caso tra quelle che ho al momento in casa e una volta stappata, qualunque sia l'esito della degustazione, esprimo le mie valutazioni su carta cercando il più possibile di essere fedele a ciò che ho sentito, nel bene e nel male.
Ritengo che, nei canali giusti quali questo sito, o altri, esporre le proprie perplessità si di un prodotto potrebbe essere di aiuto a tutti, produttori, operatori del settore e appassionati. Amplierebbe il modo in cui si degusta e aiuterebbe forse molti appassionati a togliersi dei dubbi.

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Marco Prato – il Fummelier®

circa 5 anni fa - Link

Perché parliamo solo dei vini che ci sono piaciuti?

Perché i complimenti sono SEMPRE ben accetti, le critiche quasi mai.
Se io - o qualcun altro - scrivessimo di quali vini - o anche di quali intere categorie di vini - non ci son piaciuti/e si scatenerebbe una “tempesta di m....” da parte dei produttori di tali vini, di appassionati, di professionisti o meno del settore tutti al grido di: “chi diavolo sei tu per giudicare”, “non capisci un c...tubo, di vini”, quali titoli e quali esperienze puoi vantare per poter affermare questo” etc etc.
A chiunque è permesso fare un complimento od esprimere un parere positivo; invece dire “non mi piace” è riservato a pochi, o a contesti privati in cui poter esprimere liberamente il proprio pensiero senza preoccupazioni e senza doversi difendere.

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Antonio C.

circa 5 anni fa - Link

Condivido il commento di Marco Prato, in era social una critica negativa esporrebbe il malaugurato ad un linciaggio mediatico senza precedenti. In particolare modo quando si parla di vini"naturali" gli appassionati sono piuttosto aggressivi nel difendere: le "volatili accettabili" , le "leggere rifermentazioni" piuttosto che il "Brett territoriale"!!! Si fa per ridere ovviamente

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Marco Prato – il Fummelier®

circa 5 anni fa - Link

Vero Antonio, ma ritengo che quanto paventa lei - ed io in parte nel precedente commento - possa succedere solo in determinati casi. Se io dico “le birre acide non mi piacciono” nessuno può dirmi alcunché. Ma se mi chiedono di argomentare e quindi dico che “le birre acide non mi piacciono perché annusare odore di calzini sporchi rimasti nella borsa del tennis da una settimana [citaz. “Michele l’intenditore - Broncoviz, la tv delle ragazze 1988/1989] e mi fa schifo annusare qualcosa che puzza di vomito, figuriamoci berlo” ...pone il mio fianco - libero e senza protezioni - all’attacco di chiunque non sia d’accordo con me, di chi tali caratteristiche le ritenga dei pregi, o di chi, per qualunque motivo, si sia sentito offeso o punto nel vivo. Alla fine, per la serenità nostra e degli altri...”ci facciamo i fatti nostri” e non esprimiamo giudizi.

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Giovanni Arpaia

circa 5 anni fa - Link

Complimenti per l’articolo!
Visto l’oceano di vini e di lavoratori della terra suscettibili, si potrebbe almeno partire da una critica dei vini prestigiosi/carissimi che non valgono quel prezzo, o almeno di quelle aziende che nel prezzo della bottiglia ti ci fanno pagare il mutuo che hanno acceso per investire in vigna. Ma poi gli spazi pubblicitari chi li acquista?

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Michela Cruciani

circa 5 anni fa - Link

Buonasera a tutti Non sapete quanto bene mi fa questo articolo oggi, dopo essere uscita dal corso sul vino, secondo livello in inglese, tra l altro. Mi fa bene questo articolo, perché dopo svariati assaggi, un vino non mi è proprio piaciuto e avrei voluto battere i pugni sul tavolo, non mi è bastata la risposta " il tuo è un giudizio soggettivo", magari sì, ma riusciamo a parlarne ugualmente? Non parlo di voler aver ragione, parlo comunque di un confronto sul non mi piace, per fare un passo avanti.

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Marco Prato – il Fummelier®

circa 5 anni fa - Link

È esattamente questo il problema cui accennavo: “il tuo è un giudizio soggettivo”... è vero! Ma lo sarebbe stato anche nel caso le fosse piaciuto. Ed è stato sbagliato - a mio avviso - che le sia stata data una risposta del genere; perché colui/colei che l’ha “zittita” in quel modo cosa intendeva? Che se invece le fosse piaciuto allora il suo giudizio era oggettivo e non soggettivo? Mi piacerebbe poter dire di esprimere il mio mi piace/non mi piace solo quando posso e solo dopo aver valutato attentamente contesto e presenti...in realtà quel che penso riesce ad uscire dalla bocca ed essere palese come espressione sul mio volto assai prima del “freno di circostanza” e quindi commetto spesso gaffes, ma nella maggior parte dei casi - per fortuna - comprendono il mio essere persona schietta e sincera; ogni tanto però mi piacerebbe riuscire ad essere più...diplomatico.

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Luca N.

circa 5 anni fa - Link

Bravo Gianluca! Hai proprio rgione, forse bisognerebbe cominciare a ragionare così anche sul vino!

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Grazia

circa 5 anni fa - Link

Un articolo molto interessante che la dice lunga sul metodo di classificazione della "bontà" dei vini. Tuttavia dovremmo davvero iniziare a parlare anche dei vini cattivi, speriamo presto

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Ettore

circa 5 anni fa - Link

Bere vino cattivo è una fatica tremenda, figurarsi parlarne. Ci si appunta magari il nome e lo si evita. A volte poi si cade nel dubbio: sarà colpa mia? È davvero così male o non riesco a capirlo? È il momento sbagliato? Una fase? È spento o forse solo troppo giovane? E' neutrale o forse è il mio naso? Così, per sicurezza, spesso si preferisce sorvolare.

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