La globalizzazione ha fatto disastri. E io da qualche tempo non sono più sulle carte dei vini ma su quelle nautiche
di Emanuele GiannoneL’autore sopravvive da un mese a qualche migliaio di crocieristi, a bordo di una nave griffata Dumbo. Vaga così tra Florida, Messico, Grand Cayman, Giamaica e Bahamas; paesi, questi, universalmente noti per l’eccellenza della produzione vitivinicola. Per non parlare di quel che si beve a bordo…
C’era una volta un tale Bauman che raccontava la società liquido-moderna. La raccontava bene in tanti bei saggi all’insegna della liquidità. Diceva, in sintesi brutale, che nel mondo moderno le condizioni di vita dell’essere umano cambiano prima che questi possa sperare di comprenderle, fissarle e agirle in un sistema di abitudini e processi. Per questo parlava di vita liquida, qualificandola tra l’altro per vita di consumi.
Here we go. Dalla palestra di un quartier generale in Florida, brandendo la centrifuga post-massaggio linfodrenante, l’F&B Superintendent sorride. Ricalcola i ricarichi su calici e bottiglie di giallini urinari, rubini masticabili, badiali prosecchismi, sciampagnismi da bordo piscina, tutti quelli che a ettolitri ogni giorno, come ombrinali l’acqua, le gole da crociera ingurgitano sulle navi della flotta. Tutti uguali, non importa se è Soave o Sonoma, Mendoza o Mendocino, Barossa o Barsac, Marlborough o Sant’Angelo Scalo, Moet o Chandon (argomento circolare). Tutti uguali. Spacci trionfanti del Gusto Unico. Poste di bilancio.
Dubito che Bauman abbia pensato alla fascinazione dell’idea di vita liquida sulla comunità di beoni, mezzi imbriaghi, etilisti estetici, estetiste etiliche, maratoneti da fiera, dive del muto – il cinema e il mosto, le Norma Desmond del vino – eno-qualcosa e O.P. Io ci ho pensato eccome. Per giunta, mi trovo inscritto nell’intersezione di quest’insieme e di quello stridulo e strambo dei crocieristi. I liquido-residenti. Su una nave che va col Dumbo in poppa. E li osservo. Sarà forse la mancanza di occupazioni e conversazioni edificanti, o l’inveterata propensione a scansarle a colpi di mouse, Wii, hamburger e salsa barbecue, ma i liquido-residenti bevono molto e mangiano l’inverosimile. La vita liquida è una vita di consumi: qui si naviga a una velocità di pressappoco sei litri a miglio marino, ingoiando successioni aberranti di birre ghiacciate e leggerissime, Captain’s Mai Tai e frappuccini e bourbon seguiti da cose isotoniche e caffellatte caramellati e tisane e Vodkatini e finalmente, perbacco, anche di vini.
C’era una volta un altro tale chiamato Han che raccontava dell’Uguale, del Globale e della sua violenza. La violenza, diceva in estrema sintesi, risiede nella positività, nella bontà dell’Uguale, quella che ci regala connessioni privandoci di relazioni, ci ingozza di quel che ci piace e satolla di mipiace e mai ci sazia. Han dice che ai consumatori vengono offerti di continuo prodotti di loro gradimento, dei quali loro si rimpinzano come bestie da consumo con il sempre nuovo Uguale. Il nonno di Han, l’arcigno Nonno Martin, aveva detto in precedenza che l’uguale disperde nell’insipida unità dell’uno unicamente informe. Veniamo al punto: da imbarcato bevo vini diversi che sono sempre lo stesso vino unicamente informe, ugualmente uguale, globalmente globale. A salvarmi da questo mare tutto uguale non poteva essere che l’approdo a un Porto. A parte il Porto, i vini di bordo servono a rinsaldare la nostalgia dei vini di terra, che invero potreste munificamente aiutarmi a lenire con versamento di dollari ventimila per uno Cheval Blanc 1961.
Altrimenti va così.
Prosecco Santa Elvira. Popsicle! Popsicle! È stato il primo pensiero al primo sorso e anche l’ultimo (pensiero e sorso). Stop. In persistenza una nostalgia infinita di arangelo, lemongelo, arcobaleno e dalek, cento lire l’uno e molto più buoni. Trasalisco e sogno di chiedere alla bartender giamaicana Casa Coste Piane, Frozza, Silvano Follador. Nel sogno mi squadra male e risponde kiss mi back side. Nella realtà le chiederei un ghiacciolo ma, già al vedermi rimuginante, mi squadra male.
Valdadige Pinot Grigio 2016 Santa Margherita. Pino, oggi ti interrogo: esiste in natura il citrato di ammonio? Cos’è il Pìnot Silvestre? Si possono vinificare le pagliette saponate? Sai cos’è la liscivia? E il Ronco Pitotti? Individua sulla cartina le seguenti località: San Floriano, Medana, Oslavia e Turckheim. Niente? E un riconoscimento a piacere? Neanche. Da bravo, vai alla lavagna e scrivi trenta volte: Sialis – Clos Windsbuhl – Prinčič – Gardelin. N.C.
Chianti Classico Riserva Banfi. Oggi oramai si utilizza l’elettrobisturi. Tuttavia, questo strumento a incandescenza era datato addirittura 2006 e quindi più propriamente classificabile come cauterio. Efficace per l’eliminazione di verruche e altre escrescenze cutanee, non ne consiglierei l’uso per via orale a meno che il vostro stomatologo di fiducia non si chiami Eternit.
Marlborough Sauvignon Cloudy Bay 2016. Ricordi Carosello e il Calinda Clorat che spaccava lo sporco? Quel detergente in polvere, così brutalmente grumoso e polveroso, cloridrico e limonoso. Ho chiuso gli occhi bevendo e ho sentito il morso di piscina e lime, riveduto Carosello in Telefunken bianchi e neri, evocato i quattro prodi moschettieri: Bain, Cotat, Dagueneau e Vatan – ne ho aggiunto un quinto, Chidaine. Non è bastato. Se vi capitasse di incontrarlo, il Baiafosca, guardate l’orologio, fingetevi assorti, accendetevi una Marlborough e cambiate marciapiede.
Fumé Blanc Ferrari-Carano 2015. Noncuranti dei vagiti identitari e terroiristi delle province imperiali, gli americani hanno continuato ad amare l’oaky e le fruit-bombs, con buona pace dei fermentini in acciaio, dell’Invenzione della Gioia e della geo-sensorialità. In verità questo Sauvignon Blanc from Sonoma County è un esercizio divertente, animato, disneyano. Se abolissero le soglie d’età, andrebbe tranquillo su Cartoonito. A me ha creato qualche problema: oltre una certa intensità di frutto della passione, pompelmo, melone, albicocca candita, guava, robinia e lettiera felina, il mio naso va in user overstack e mi abbandona. Bocca siccome suole, tutti frutti e acidità citrina, il limone sulla la macedonia. Aggiungere panna montata.
Red 2014 Conundrum. Etichetta ad effetto feromonico, bella, invitante. Ti avvicini e sei fottuto: se scivoli in questo denso, caldo amalgama di cioccolata, prugne e lamponi disidratati, fumo di pipa, coppale e pneumatico, non hai speranza. Tannini oversize e morbidissimi, effetto-tappeto, ma pesante come un finto persiano.
Sonoma County Pinot Noir 2014 Head High. Era una serata di partecipazione melanconica e distale agli eventi di casa; in specie, al giubilo social per il lancio dell’Opus Magnum Castanearium. Mi risolvevo di toccare baglionianamente il fondo, bestemmiando Saint-André e Saint-Vincent, incocciando nel Pino Nero dopo essermi già leso col Pino Grigio. A sorpresa, si è comportato bene. Tanta frutta matura ma non caricaturale, buono il rimando alla terra, buone le spezie e il tabacco. Agile al sorso, simpatico, educato e di buona compagnia
Merlot 2015 Murphy-Goode. Mai nome fu più inappropriato. Good(e) un corno. Una badilata di malta in bocca. Il dentista vi forza nel cavo orale un grumo di alginato per impronte dentali, aggiungete mallo di noce e alcol q.b.
Toscana IGT Tignanello 2013 Marchesi Antinori. Ancora tu, ma non dovevamo vederci più. Ignorato per anni, incrociato con curiosità e un po’ di nostalgia – in gioventù fu a lungo tra i miei totem. E come sta? Domanda inutile. Deve ancora stondare i tannini, ammanierare il legno, riequilibrare con l’età il rapporto peso-potenza, evolvere nel bouquet oltre il frutto che è solista e il resto che è corista, insomma uscire dall’atelier e mettersi a suo agio. Eppure gli ho condonato tutto, l’irruenza e la possanza, il metro sartoriale cui rimanda la fattura, l’impostazione. Mi ha restituito una prossimità al senso del vino. Già solo per questo: pollice retto. È stato bello, grazie.
Porto Tawny 20 Years Quinta do Noval. Finalmente ci siamo. Portami in Europa, quella scalcinata e periferica, fuori dal giro. La Vecchia Europa che sa il gusto dell’attesa, quella che ozia e solo dopo negozia. Portami al suo Occidente. Limone candito, oliva, noce, foglia di mirto e il sano calore dei fortificati. Bevuto alla sera di un giorno di caldo tremendo, che strinava e svaporava, mi ha fatto bene. Corroborante, lungo e progressivo, pungente in attacco e cremoso in allungo, pieno di frutta secca e note floreali, di mare e sale.
PS – La degustazione di Rum. La bartender di Trinidad & Tobago ha tarato la selezione su esigenze e abitudini di chi guarda al Rum come catalizzatore per vernici spacciate per succhi di frutta. Oltre a me, per questo guardato come ubriacone, nessuno si è astenuto dal riversare il contenuto dei calici nei bicchieroni di ginger ale, club soda, succo di mango o arancia o guava. Inizio devastante: a 13 anni mi innamorai di una Batida de Coco, nella quale bagnai avidamente le labbra – berla no, ero ancora giovane e inesperto. 35 anni dopo arriva Malibù, un rum al cocco, un trionfo obeso della stucchevolezza più pesa e molesta.
Segue lo Zacapa d’ordinanza, il ventitreenne, che sciorina miele, spezie dolci, caramello, vaniglia, cera e fiori secchi nonché una mossa alcolica da guappa. È formoso, si beve facilmente, un bel rum pomicione. “It has the bite”, dice Carolyn la bartender. Ma ha pure una coda caramellata che non mi piace. Tocca invece al Blackwell Black Gold, subito simpatico in quanto giamaicano e in quanto creatura del patron della Island Records. Lento ad aprirsi, profuma di terra, vaniglia, cacao, cenere. Ha tanto corpo quanto alcol, dinamica gustativa coerente e non esaurita nella pungenza alcolica, o nella scontata appendice morbida-caramellata. Dicono che costi pure poco. “A good sipping rum, more than a mixing one”, chiosa Carolyn. Che chiude con la gloria del suo paese, il Kraken, ma è un altro spiced e io resto più volentieri al Blackwell.
PPS – Nostalgia canaglia. Nostalgia dell’Italia: suona molto Carrisi. Da un mese convivo con la prossemica, la cinesica, i gusti, i decibel e le maniere di una nazione globale di taglia XXL, inglobata in un luna park di lusso. Da un mese invidio voi laggiù, soprattutto perché siete vicini ai vostri amori. In subordine, perché potete uscire di casa quando volete per andare a comprare un Brunello. O precipitarvi in libreria a comprare History, il nuovo libro di Giuseppe Genna.
17 Commenti
amadio ruggeri
circa 7 anni fa - LinkTra Arbasino e Paolo Conte, un racconto frizzantello e spiritoso, ideale per affrontare un fine settimana della sempiterna e malinconica ottobrata romana. Efkaristo poli Mr Eleutherius.
RispondiEmanuele
circa 7 anni fa - LinkParakalò, sono contento che ti sia divertito.
Rispondimichelangelo
circa 7 anni fa - LinkEmanuele ti voglio bene :)
RispondiEmanuele
circa 7 anni fa - LinkLo so, sei ricambiato, il nostro è un long-distance love affair.
RispondiMarco
circa 7 anni fa - LinkBravo bel racconto di vino (ed altro)
RispondiEmanuele
circa 7 anni fa - LinkMolte grazie.
RispondiMotown
circa 7 anni fa - LinkVery entertaining. Il pezzo mi è piaciuto molto tanto nella forma quanto nella sostanza. Bravo, complimenti!
RispondiEmanuele
circa 7 anni fa - LinkGrazie. L'aria da entertainment condizionato che si respira a bordo deve avermi favorito.
RispondiCarolain cats
circa 7 anni fa - Linkok ma a gin come stavano messi? perchè solo per quelli potrei salire su una nave io che ho la fobia dell'acqua... che ho capito che a vino stanno messi male...
RispondiEmanuele
circa 7 anni fa - LinkSe faccio in tempo, indago!
RispondiVinicio
circa 7 anni fa - LinkBellissimo, da sbellicarsi dalle risate. "Naso in user overstasck" su tutto! Quanto a noi quaggiù... tra cronaca politica, femminicidi quotidiani e tv spazzatura semmai io invidio lei lassù!
RispondiEmanuele
circa 7 anni fa - LinkLei inizia la sua giornata con cappuccino e brioche. Io vedo gente a colazione coi piatti stracolmi di grits e, sì, persino chi si fa la morning steak. I grits. Se sa di che cosa si tratta, mi capirà. Se non lo sa, è meglio che non cerchi informazioni.
RispondiArmando Castagno
circa 7 anni fa - LinkScrivi da Dio, Emanuele.
RispondiEmanuele
circa 7 anni fa - LinkTu intendi Efesto, nevvero?
Rispondidaniele
circa 7 anni fa - Linkdi solito si dice "ti piace vincere facile"... qui invece lo potremmo tradurre con "ti piace perdere facile"... cosa mai ti dovresti aspettare da una zattera galleggiante in mezzo alla salsedine? vini di qualità? E' come pensare di bere bene in aereo, i sensi sono falsati e il mezzo è il meno adatto possibile....
RispondiEmanuele
circa 7 anni fa - LinkSai, io amo i vinhos da roda, la foce del Douro, le Albarizas, i bagli e tutte le mutizzazioni e fortificazioni possibili; quindi, in punto di principio, guardo ad aria e acqua salse, nonché a beccheggio e rollio come contingenze tutt'altro che pregiudizievoli. In aereo bevo come i felici beoni volanti della Fennoscandia, ma in dosi assai ridotte: gin+tonic, succo di pomodoro.
RispondiMichele
circa 4 anni fa - LinkComplimenti ancora Emanuele è sempre importante leggere e scoprire cose nuove
Rispondi