Cirò Classico Superiore ‘A Vita 2010: Dioniso esiste e vive in Calabria

Cirò Classico Superiore ‘A Vita 2010: Dioniso esiste e vive in Calabria

di Nicola Cereda

Il vino è cosa viva e come tale, anche in assenza di data di scadenza, è destinato a tirare le cuoia. Una volta imbottigliato, sempre che non abbia subito ingiurie chimico-fisiche, assomiglia a quel micro ecosistema autosufficiente racchiuso in una sfera di vetro con acqua, qualche minuscolo gamberetto, batteri e alghe. Dio solo sa quanto possa reggere un siffatto equilibrio.

La bizzarra commedia “Dio esiste e vive a Bruxelles” non è certo classificata tra i capolavori del cinema contemporaneo ma contiene sprazzi esilaranti di genialità surreale. Qualche sera fa stavo immaginando una personale, strampalata versione calabrese del tipo “Dioniso esiste e vive a Cirò”. Trama: la figlia di Bacco, inviperita dall’atteggiamento prepotente del padre, decide per vendetta di far apparire sulle etichette di tutte le bottiglie del pianeta la data di fine vita. Non un’ipotetica data di scadenza bensì quella di morte effettiva del micro-ecosistema-vino contenuto in ognuna di esse. Sai che smacco per i collezionisti rendersi conto di conservare in cantina bottiglie di Petrus o La Tâche già bell’e andate? Sai che danno d’immagine per il tanto venerato Dio del vino? Comunque sia, nella mia bislacca sceneggiatura cirotana, quell’impunita dell’erede di Bacco desiste dal suo proposito quando è ancora alla lettera “A” perchè incapace di attribuire una data di fine vita al Cirò Classico Superiore ‘A Vita 2010. E ora il ritorno alla realtà.

Fisso la bottiglia ormai vuota, stregato. Senza nulla togliere a un marchio storico come Librandi, cui va probabilmente il merito di aver salvato il Cirò dall’oblio in decenni di oscurantismo, credo che i prodotti della ben più giovane azienda ‘A Vita abbiano toccato vertici qualitativi mai raggiunti prima nella regione. In particolare, la Riserva 2008 (prima annata in commercio) ha rappresentato una sorta di spartiacque: non solo un vino eccellente ma anche il cavallo di Troia che il suo creatore Francesco Maria De Franco è riuscito a portare sui tavoli di degustazione più influenti, svelando al mondo il vero potenziale del gaglioppo. Personalmente nutro qualche riserva proprio per la riserva per via dell’utilizzo del legno. La relazione del gaglioppo con la botte può valere una fugace avventura ma la vita matrimoniale lo appesantisce. Posso dirlo? Preferisco il Cirò Classico Superiore a patto di poterlo attendere qualche anno in bottiglia, quel periodo indefinibile che consente ad acidità e tannini (tipici del gaglioppo) di trovare la migliore armonia nella materia liquida.

Francesco spiega: “la 2010 è stata un’annata molto acida e per questo il vino è risultato molto difficile appena uscito, ma ero sicuro che con il tempo sarebbe riuscito a trovare un suo equilibrio”.

Sono passati 10 anni dalla vendemmia e il vino s’è fatto adulto in tutto il suo splendore.

Ottomila bottiglie da gaglioppo in purezza, frutto di un assemblaggio da diverse particelle di proprietà (Santa Anastasia, Muzzunetto, Fego) con vendemmia scalare effettuata nella prima metà di ottobre. Le viti non superano i cinquant’anni di età e la resa per ettaro si attesta attorno ai 70 quintali. Certificazione biologica, fermentazione spontanea senza aggiunta di lieviti selezionati né altri ingredienti o coadiuvanti enologici ad eccezione della solforosa (40 mg/L totale), affinamento in acciaio per 18 mesi, nessuna chiarifica e solo una filtrazione sgrossante pre-imbottigliamento.

Nel bicchiere è di colore rubino scarico con unghia aranciata. Al naso si avvertono cioccolato, liquirizia, profumi di macchia mediterranea, prugna, amarena. In bocca il tannino sembra inizialmente ruvido, in realtà chiede soltanto la compagnia di un buon piatto. Lo assecondo con una pasta al forno dal sapore deciso con pomodoro, melanzane, cipolla, aglio, capperi, olive, peperoncino, timo, parmigiano e una bella innaffiata d’olio evo a crudo. In abbinamento il vino abbandona ogni asperità e si accomoda con eleganza, nobile, balsamico, profondo. La freschezza acida bilancia un estratto secco sopra le righe (35 g/L). Un Cirò complesso, mai complicato, di impressionante persistenza. Un piccolo capolavoro.

 

Un aneddoto per chiudere. Festa di compleanno con buffet. Nessun enofanatico presente. In tavola una decina di bottiglie della più varia tipologia e della medesima provenienza (GDO scaffale promozione) con un’eccezione, quella che ho portato io. Qualcuno stappa il “mio” vino per ultimo, nel bel mezzo di un’accesa discussione politica, e lo versa nei bicchieri senza troppe cerimonie. Al primo sorso una signora gradevolmente alticcia interrompe la disputa alzandosi in piedi e lanciando un sonoro: “STOOOOP! QUESTO VINO E’ STRAAAANO”. Approvazione generale. Per un attimo mi illudo. La signora legge l’etichetta e, palesemente delusa, osserva: “Ah, ma è Cirò… RIDATEMI QUELLO DI PRIMA!”. Tutti d’accordo, tranne un tipo che preferisce la Menabrea “perchè devi sapere che questa birra ha il vinto il campionato del mondo…

Quel vino era proprio il Cirò Classico Superiore 2010 ‘A Vita e non aveva assolutamente nulla di strano se non il fatto di essere fuori dall’ordinario. E pensare che in contemporanea a quella vendemmia il Consorzio dei vini di Cirò introduceva nel disciplinare la masochistica possibilità di utilizzare vitigni internazionali! In pochi anni molto è cambiato e grazie ad aziende virtuose come ‘A Vita, Cataldo Calabretta, Sergio Arcuri, Tenuta del Conte, Cote di Franze, molte più bottiglie di Cirò extra-ordinario sono comparse sulle tavole di italiani ordinari. L’onda calabra della Cirò Revolution è destinata ad arrivare lontano.

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Nicola Cereda

Brianzolo. Cantante e chitarrista dei Circo Fantasma col blues nell'anima, il jazz nel cervello, il rock'n'roll nel cuore, il folk nella memoria e il punk nelle mani. Co-fondatore di Ex-New Centro di arte contemporanea. Project Manager presso una multinazionale di telecomunicazioni. Runner per non morire. Bevo vino con la passione dell’autodidatta e senza un preciso scopo. Ne scrivo per non dimenticare e per liberarmi dai fantasmi delle bottiglie vuote.

1 Commento

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BT

circa 4 anni fa - Link

“STOOOOP! QUESTO VINO E’ STRAAAANO”. sai quante volte e con quanti vitigni autoctoni? di solito dicono che sa di tappo...

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