Un imputato sul banco: le note di degustazione (troppo?) poetiche

di Alessandro Morichetti

Dacché scribacchio di vino cerco di trovare il modo migliore per descrivere un prodotto. Ci sono diversi stili: quello analitico-sintetico, che è asciutto e focalizzato ad enucleare gli elementi con essenzialità e precisione, quello porthosiano, dettagliato, quasi intimo, con descrittori spesso originali (ma il melograno sui grandi Cerasuolo d’Abruzzo non è poi così diffuso tra le note a giro), quello maroniano, una prosa ridondante e turgida al limite del porno ma sempre un passo prima, e quello spectatoriano, in cui “colore intenso, frutta scura, tannini levigati” va bene all’incirca per 18,4 milioni di etichette nel mondo, quindi se non sai di che vino si parla lascia perdere: anche perché poi conta solo il centesimo a seguire. Le descrizioni che preferisco io sono una via di mezzo da porthosiane e analitico-sintetiche, ad esempio.

C’è poi un ulteriore strada delle note di degustazione ed è quella poetica: ricca di suggestioni e rimandi, la nota poetica è immaginifica, sfumata da citazioni colte, ardita negli accostamenti e sinestetica. Attinge a mondi altri per intarsiare i concetti e questo può avere due effetti di forza uguale e contraria: catturano gli uni e provocano repulsione agli altri. Vediamo qualche esempio. L’ho rubato dall’agendina di una amica assaggiatrice molto preparata. Per affinità metereologica la chiameremo Biancaneve.

DOMAINE DE L’ECU – GRANITE 2011
Come un tuffo e poi la fase della riemersione. Su e giù e ritorno. Da frutta di ogni stadio di maturazione a note citrine. Così, avanti e indietro, ad ogni assaggio, ad ogni falcata d’altalena arricchendosi di un piccolo particolare appena percettibile: la nota salmastra, un fiore bianco secco, note gessose. Muscadet 100%

PUZELAT- BONHOMME – TOURAINE- LA TESNIèRE 2010
Ferro e burro. Leggera nota acrilica. Grassezza equilibrata da acuta vena acida. Naso e bocca interscambiabili, spremuta di erbe aromatiche, fieno secco, cosmetico, finale pennellato di note salmastre. Menu Pineau 75%, Chenin Blanc 25%

NATHALIE GAUBICHER ET CHRISTIAN CHAUSSARD – KHARAKTER 2011
Tutte le “kappa” facevano presagire altro. Invece.
Sapone di Marsiglia e bolle di sapone. Naso quasi da passito. Circolare, più che rotondo, ad ogni assaggio ripropone un bagaglio delicato ma presente di rose secche, pompelmo rosa, sassi bianchi. Facile finirne una bottiglia. Chenin Blanc 100%

PUZELAT – BONHOMME VOUVRAY 2010
Un 45 giri. Uva e vinile. E benzina insieme a frutta matura esotica. Misterioso. Uno spogliarello lento. Ad ogni assaggio viene via una copertura e il finale è sinfonia di biancospino e ginestra, di lychees e cedro, di burro e di sale. Chenin 100%

HENRI BOURGEOIS “LE MD DE BOURGEOIS” SANCERRE 2009
« Se non è un sauvignon questo, rifaccio il corso base. Anzi, più d’uno.”
Svetta su tutto il resto la foglia di pomodoro, il pomodoro concentrato, l’origano, il rosmarino, la salvia. Il sauvignon “didattico”, quello che alla cieca non si può sbagliare. Un po’ monotono nel riproporre gli stessi argomenti ad ogni assaggio. Al secondo, comunque, a me ha già stancato. Sauvignon 100%

SILEX 2008
Subito: ma questo è il Silex! Però forse no, gli manca qualcosa. Ostrica, sale, il ricordo di un brodetto all’anconetana. Gli manca la dinamicità, il movimento che contraddistingue il Silex. Gli manca il grido minerale. E’ la 2008. Più di questo non può.

SEBASTIEN RIFFAULT – SKEVELDRA SANCERRE 2009
Naso timido, da cercare. Timo e miele. Bocca corale in cui si sentono chiare e squillanti le erbe secche, il miele di acacia, radici, ginseng in gelatina. Finale acido e salato in cui, inaspettati, appaiono cespugli di rose selvatiche. Pepe rosa e bianco. Nota di cioccolato bianco e foglie di tè. After Eitgh. Dialoga intensamente, a voce bassa.

VATAN – CLOS LA NéORE 2011
Ferro, metalli, erbe aromatiche, salvia e rosmarino. Note mediterranee con fiori bianchi. Bacche. Erba cipollina. Finocchio. Bello e dinamico. Si fa ammirare e se la ride.

YANNICK AMIRAULT BOURGUEIL LA PETITE CAVE 2006
Frutta scura e succosa con prevalenza di amarena. Argilla. Bocca a scatti. Parte, si ferma. Riparte, si riferma. Elegante nel suo incedere nervoso. Tannini signorili ma con ancora lunga strada davanti. Cabernet Franc 100%.

CLOS ROUGEARD LES POYEUX SAUMUR CHAMPIGNY 2007
Noci, frutta secca, mallo di noce, castagna. Bocca di rosmarino e alloro, setosa. Cangiante ad ogni assaggio, conferma un carattere sicuro e chiarezza espressiva. Non si nasconde. Da verde militare a verde smeraldo in pochi secondi. Splendido. Cabernet Franc 100%.

CLOS ROUGEARD – LE BOURG 2008
Note brumose e fumose. Bacche nere. Poi gesso bagnato nel succo di ciliegia. E spezie, tante, ed erbe secche a piccoli mazzi. Tannini eleganti dalla trama sottile. Parte in sordina, poi sboccia nel bicchiere in un tripudio di colori. Un’esperienza, un fiore espressivo del territorio da cui proviene: quel “Giardino di Francia” che è la Valle della Loira. Cabernet Franc 100%.
Chiusura in bellezza e in compostezza, con il MOELLEUX VOUVRAY 2005 di Francois Pinon. Semplicemente punta di metallo in oro liquido. Bottiglia terminata davvero troppo presto.

Volete il mio giudizio? Sono ammirato e al contempo frastornato, leggo ma non sono mica tanto sicuro di capire. Però colgo scintille di genialità che mi illuminano e stendono. Insomma, in 4 settimane ancora non mi sono fatto una idea compiuta. Non so voi.

[Foto: Era Superba]

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

49 Commenti

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Francesco Annibali

circa 10 anni fa - Link

al netto dello stile personale, 2 princìpi. 1 tenere la degustazione sempre ancorata all'analisi organolettica; 2 informare, che è diverso da specchiarsi

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

Francesco, giacché il tuo commento pare serio, rispondo seriamente. Dissento categoricamente. Dissento perché la tua considerazione: a) trascura il dato storico di una modalità di degustazione alternativa a quella tecnico-analitica: l'esercizio del giudizio estetico (e il vino come oggetto estetico). A meno che, da epigoni kantiani, si sostenga la non attitudine dei sensi c.d. minori al giudizio estetico. Sul punto e sulla sua lucidissima confutazione consiglio ancora una volta (e se servisse ancora millanta) la lettura di Perullo et al. sul numero monografico della Rivista di Estetica. Parliamo di livelli alternativi ma paritetici. b) deprime l'aspetto conviviale, che è parimenti degno rispetto a quello informativo. Chi ha scritto, oltretutto, non si proponeva evidentemente di concorrere a un posto per assaggiatore, né di scrivere una guida. Insomma, non parliamo d'un redattore di manuali, editoriali, redazionali. E' opportuno evitare, oltretutto, di malintendere la convivialità, quasi fosse leggerezza o sciatteria d'ebbri. Vedasi, per chi ne ha tempo, l'argomentazione di Illich su convivialità e austerità, dove fa esplicito riferimento a un certo pezzo grosso che vergò un certo libello chiamato Summa Theologiae (e in quella II - II, Q.168); c) trascura, oltretutto, la considerazione dell'ambito conviviale e del processo discorsivo quali strumenti di educazione ed evoluzione del gusto; ciò ché invece, a mio modo di vedere, vale almeno quanto i manuali; d) propone un'idea di informazione anodina, analoga a referto medico, quindi poco... informativa! Io sto con Aldo Nove quando sostiene che non è mai il contenuto a determinare l'efficacia di uno scritto. Ne discende che l'efficacia dello stesso vada misurata anche e soprattutto sulla scorta della forma adottata. Chi possiede la capacità dell'evocazione metaforica ha una marcia in più. E non esiste un aut-aut tra procedimento eidetico e descrittore scolastico. Chi scrive bene fa ricorso a entrambi, sa fonderli in un giudizio coerente, informativo e suggestivo. Un nome? Il primo che mi sovviene è Giampaolo Gravina. e) Questa versione trascura del tutto l'ipotesi di eterogenesi dei fini. Io mi pongo sovente di fronte a un calice in modalità-pseudo-Léglise, ma a parte il fatto che lui fu inarrivabile e noi stiamo qui a cantarcela, fu proprio lui e in più passi a equiparare la degustazione degli acribici esercizi e dei riconoscimenti (la scuola degli odori e i riconoscimenti "obiettivi" quali elementi fondanti il giudizio) a quella evocativa. Per non parlare di Chauvet. E non stiamo parlando di decadentisti, bensì di tecnici; f) sull'ancoraggio da te difeso, il limite della degustazione ancorata all'analisi organolettica è Parker. Il quale, tuttavia, più che a fare informazione ha badato a informare il gusto di migliaia di haustores ed emptores alle coordinate bancarie del conto della sua casa editrice. Insomma, Francesco: a questo giro sono proprio su un'altra giostra e corro in senso contrario.

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Francesco Annibali

circa 10 anni fa - Link

Emanuele, mi riferivo a chi scrive con intento informativo. Se Bettane scrive che lo Chambertin di tal dei tali gli ricorda l'odore di quella tipa quella sera che [bip], ti sta informando di qualcosa? Non credo. Chiaro, ha tutto il diritto di scriverlo. Ma l'informazione è altra cosa, è un tipo (uno solo: son mica talmente scemo da pensar che sia l'unico) ben preciso di comunicazione. Ma qui mi fermo sennò tra linguistica semiotica ed estetica facciamo il Cluedo e oggi non ho tempo, sorry

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

Francesco, grazie. Ho raccolto l'invito di Alessandro e risposto in parte in altro loco, cioè dove me lo ha consentito l'invio da telefono... Per la parte ancora inevasa: Bettane scrive bene sia quando fa stenotipia, sia quando si dà al flusso di coscienza. E come lui scrivono bene gli altri 9 dell'equipe. Se pure identifica in un fugace passaggio femminile, soggiungendo un essenziale compendio di organolessìe, lo Chambertin di turno, per me può farlo e ne son lieto: perché, sì, certo che informa! Voglio sperare che l'informazione sul vino non sia tarata su un pubblico di riceventi che si accontenta di un breve resoconto sensoriale. Anche perché, in questo caso e a titolo d'esempio, potremmo arrivare a piane descrizioni di uno Chambertin estremamente simili a quelle di vini assai meno nobili.

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Alessandro Morichetti

circa 10 anni fa - Link

Mi hanno intasato la mail perché c'è gente col pc piantato che non ha capito una "h". Adesso me lo ripeti come se fossi un bambino di 4 anni, ok? Voglio capire! ;-)

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andrea federici

circa 10 anni fa - Link

Ho cominciato a leggere Biancaneve e associavo istintivamente le descrizioni ad un'amica che conosco bene. Poi ho riletto meglio quali erano bottiglie e ho avuto conferma di chi è Biancaneve, visto che era con me mentre bevevamo quei vini qualche giorno fa. Mi piace da morire leggerla! E' geniale e a volte io non arrivo a capirla. Brava !

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Andrea Petrini

circa 10 anni fa - Link

Però se è arrivata fino a Morichetti è anche raccomandata :))

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Andrea Petrini

circa 10 anni fa - Link

C'ero anche io a quella degustazione :) E, se posso dire, trovo le note molto personali e per questo uniche. Mi piacciono

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antonio f.

circa 10 anni fa - Link

ed io che mi preoccupavo per aver sentito i carciofini sottaceto nel Vouvray 2010 di Puzelat...

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L'agendina@wordpress

circa 10 anni fa - Link

Anche a me piace.

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

Avete ragione. Secondo me la lingua del vino non coincide con quella dei corsi sul vino, non con quella delle schede tecniche, né con quella delle commissioni. Quelli sono cablogrammi. Oppure lessemi propedeutici, o ancora di rincalzo. Se l'intento va oltre la radiografia, serve una lingua diversa. La possiedono tutti e chi sente di dominarla ne ha perso di vista il significato. Si racconta del vino perché il vino è e ispira un racconto. E se veramente dice così poco da potersi riassumere in una scheda, forse allora è un vino del quale non servirebbe raccontare.

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Alessandro Morichetti

circa 10 anni fa - Link

Questo post è una interrogazione seria. C'è chi dice (copincollo non so chi da non so dove): "Poeticamente molto belle e di grande suggestione ma sicuramente non rendono riconoscibili i vini ne' nella tipologia ne' nel vitigno. Comunque una grande scrittrice." Ci sono tanti fili che si intrecciano in queste nostre considerazioni.

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Giovanni Solaroli

circa 10 anni fa - Link

Ocio che spesso i fili si attorcigliano dove meno te l'aspetti!

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Giovanni Solaroli

circa 10 anni fa - Link

Tutto ok, ma il gessetto bagnato nel succo di ciliegia.....eddai!

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Max C

circa 10 anni fa - Link

Premetto che io sono per la descrizione analitico-sintetico, con qualche deriva porthosiana e quindi ideologicamente lontana da quanto Biancaneve ha scritto. Detto ciò trovo che questo modo di descrivere, pur con qualche deriva un filo troppo poetica per me, piacevole perchè nonostante tutto mi fa capire il vino e si fa leggere volentieri nel complesso. Se posso vorrei dire la mia (e mi piacerebbe che anche altri la dicessero giusto per capire se l'UFO sono io) sul primo commento di Emanuele. Fino al suo secondo ed esplicativo intervento credevo di essere in una scena di Amici Miei (supercaxxola dice niente?) e invece era tutto reale. E allora io che non sono nessuno e quindi come tale mi approccio al vino perchè non ho la cultura per andare oltre mi chiedo: Ma c'era bisogno di un intervento con tutti quei riferimenti colti che all'uomo della strada creano solo repulsione perchè non capisce? mi è sembrato un inutile sfoggio di saccenza, a voi no? Spero di non aver offeso nessuno ma questo è quello che ho avvertito e volevo condividerlo.

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

No, nessun timore. Non hai offeso me, quanto meno. Messa sinteticamente: leggo molto di/sul vino. Anzi, ancor più che leggerne, ne studio con particolare diletto e applicazione alcuni ambiti. Sono solito approfondire i temi che mi appassionano; anche per questo gradisco molto i riferimenti bibliografici. Ne ho inseriti alcuni, selettivamente, ad uso di chi volesse approfondire. Ve ne sarebbero stati un numero enorme, ma una bibliografia corposa, quella sì, sarebbe stata in questa sede inutile e molesta.

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gianpaolo

circa 10 anni fa - Link

mi sembra pero' che ti sei dimenticato la cosa piu' importante: lo scopo della degustazione, a chi e' rivolta. Se devi spiegare il vino ad un buyer, il linguaggio sara' necessario diverso che se scrivi per cosmopolitan. E' un linguaggio, e come tutti i linguaggi l' importante e' che comunichi in modo esatto quello che vuole comunicare alla persona alla quale e' rivolto. Certo, in alcuni casi si ha l'impressione che l'unica cosa che veramente si vuol comunicare e' quanto uno e' bravo e la sa lunga.

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Max C

circa 10 anni fa - Link

Vero Gianpaolo, giusta osservazione queela del "a chi", ma la tua ultima frase racchiude ciò che intendevo ;)

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

Gianpaolo, faccio un distinguo del tuo distinguo: più su si è citato Bettane. Ma lo stesso varrebbe per almeno due tra i migliori scrittori italiani del vino. Loro sanno (sapevano) di essere bravi a esprimere anche per metafore felici, analogie, sinestesie ed altre figure retoriche le impressioni e persino le storie del vino. Siamo liberi di credere che scrivano (scrivessero) volendo comunicare, oltre a impressioni e storie, il loro tot di autocompiacimento. Ma è un'ipotesi ininfluente: la loro è una comunicazione efficace perché è efficace la forma. E per fortuna non scrivono (scrissero) né per buyers, né per Cosmopolitan.

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gianpaolo

circa 10 anni fa - Link

direi che non c'e' nulla di male in ogni caso nello scrivere per cosmopolitan o per un buyer, l'importante e' capirsi e capire. Detto questo, a me quelle note di degustazione non dispiacciono alla fin fine.

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Giacomo

circa 10 anni fa - Link

Io sono d'accordissimo con Gianpaolo, dipende tutto dal contesto e dall'audience del messaggio! Ciò che veramente non sopporto sono le autocelebrazioni dei vari laureati in lettere e filosofia che non trovando lavoro si mettono a scrivere di vino o peggio ancora i critici gastronomici che non hanno mai preso in mano una padella.

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Luca

circa 10 anni fa - Link

Parliamo di cose pratiche, ad esempio tannini signorili che significa?

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Fiorenzo Sartore

circa 10 anni fa - Link

Secondo me è il contrario di "tannini buzzurri".

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Federico

circa 10 anni fa - Link

....quelli classici del vino da bifolchi? ;-) Bhè, in questo caso rende l'idea.

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Faro I.

circa 10 anni fa - Link

Stimolante. Direi: viva la libertà espressiva! Un interessante riscontro ora nel sito degli Alterati, dove si riportano alcune evocative descrizioni vinose del grande Maestro Sardelli. Tra le quali "lievi sentori di pianerottolo e note di piastrellato monocottura, rimandi fruttati in cui si distingueva la mammola frusona, il taràssaco lupigno e, squadrato sul mezzodietro, il solenne crespìgnolo allapposo della Syla" e soprattutto "timido ma gorgoglione di rimandi esotici speziati, come la forfora del Galles".

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

Giuro che welsh dandruff (insieme alla sua variante "celtic scurf") sarà da oggi uno dei miei massimi riferimenti.

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Manilo

circa 10 anni fa - Link

In quella serata c'ero anch'io e Biancaneve mi ha regalato la mia prima agendina di degustazioni. Perché nelle nostre serate su dodici/ tredici persone, sette otto prendono appunti di cui tre quattro blogger affermati, sinceramente anch'io provo ogni tanto rimango molto sull'essenziale, del tipo bono non bono/ bono er prezzo ammazza quanto costa. Io la trovo molto scorrevole e mi complimento, brava. PS: tannini signorili, conoscendola penso che siano tannini giovani che scalpitano, senza essere scontrosi, che aspettandoli negli anni diventeranno setosi ed eleganti.

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Andrea Petrini

circa 10 anni fa - Link

Manì....affermati? Magari affamati!! :)

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graziano

circa 10 anni fa - Link

è dal giornalismo seguito a ruota da un blogherismo più o meno settoriale che parte la corsa all'esasperazione linguistica, forse dalla ricerca personale non la parola che più si avvicini alla comprensione dell'oggetto ma la parola che più dia la parvenza maggiore del ns. sapere. d'altronde anche tu nel tuo post usi parole che danno mille sensi o valori, es. enucleare, sinestetica e così andando ma va bene così quando non capirò chiederò spiegazioni.

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

a seconda dei punti di vista e delle circostanze, può essere esasperazione o evoluzione.

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francesco vettori

circa 10 anni fa - Link

"Lo stesso Sergio Manetti, quando dirà d'aver pensato questi vini per insoddisfazione verso ciò che beveva, esprimeva un tipico postulato letterario che vede lo scrittore assai spesso ossessivamente insoddisfatto prima di tutto come lettore e la necessità di dare allora forma, costruire nuove pagine ed un "tono", una lingua, dialoghi e visi che altrimenti senza la sua persona non sarebbero mai esistiti". Luciani Di Lello, Il sentimento estetico e i nuovi vini, L'etichetta, 1990, Num. 27, Direttore Luigi Veronelli P.S.: nello stesso numero, un articolo "Professione Wine Makers", a firma di Luca Maroni

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Marilena

circa 10 anni fa - Link

Concordo con Gianpaolo... senza destinatario e senza intento non si va da nessuna parte e accettare, ammirare o criticare le note di degustazione poetiche è puramente soggettivo. Magari Biancaneve riesce a parlare di vino solo così oppure ha voluto lanciarsi in un semplice esercizio di virtuosismo ai danni di chi spiava le note di degustazione... e noi che stiamo qui a cantarcela e a suonarcela! ;-)

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

non saprei, bisognerebbe chiederlo a lei. Io, tuttavia, opterei per la prima ipotesi, dando inoltre per certo che B. non sappia parlare di vino "solo" così (un solo che sembra volutamente riduttivo, peccato). Per me traspare che lei ne parli così perché sa parlarne anche in altri modi, a seconda degli interlocutori. Per gli esercizi di virtuosismo andrei a cercare altrove, il mondo del vino abbonda di baccalaureati, giudici sedicenti imparziali, dinosauri iattanti, arrivisti lattanti, pseudo-Gautier etc.

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carolain cats

circa 10 anni fa - Link

fortuna che biancaneve scrive così... se vedeste le mie di agendine di appunti vi spaventereste... :)

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

Alessandro pagherebbe oro per averle.

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Adriano Aiello

circa 10 anni fa - Link

Il discorso sul vino è ufficialmente la nuova critica cinematografica. Troppe pippe sul linguaggio

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

Essendo adulti, possiamo serenamente ammettere le rispettive dedizioni alle rispettive masturbazioni. A ciascuno la sua. Tuttavia, nel caso da te icasticamente descritto, prima di ridurre la metalinguistica enoica a pippa sarebbe meglio leggerne di più. Altrimenti si rischia sul serio di non capire di cosa si parla, e sarebbe un peccato, e insistendo su quella china si diventa ciechi.

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Adriano Aiello

circa 10 anni fa - Link

A parte che io di pippe, di vari settori, ne leggo molte e ne produco io stesso in abbondanza, però dalla tua risposta deduco che mi sono spiegato male:) Non sto censurando il linguaggio enoico e definendolo masturbatorio, ma la metariflessione su questo. Tracciavo solo una similitudine con la critica cinematografica dove un articolo su 2 si interroga sempre sul proprio linguaggio, arendandosi su un'idea della ricezione decisamente sfuggente.

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

No no, avevo inteso. Per ignoranza mia in fatto di cinematografia non sono in grado di far parallelismi, quindi alzo le mani. Sul linguaggio enoico sono di parere diverso: secondo me ci si interroga molto poco e anche per questo gli articoli scritti molto male non si contano. PS - saluti ai pupi!

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Adriano Aiello

circa 10 anni fa - Link

Si scrive male perchè, come in tutti i campi, la gente tira via, è sciatta, non si aggiorna, non ha talento, non gli interessa quello che fa e accumula situazione di pontenziale vantaggio e non di "valore" giornalistico-critico-informativo, non perchè non si interroga sul linguaggio. È sempre una nicchia che si interroga sul linguaggio; la stessa riflessione sul proprio oggetto d'indagine manifesta una posizione intellettuale. Ovviamente non sto dando un'accezione negativa alla cosa, ma secondo me è un punto di vista che si nasconde la realtà, il valore della divulgazione, le necessità della comprensione

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Cristiana Lauro

circa 10 anni fa - Link

Leggermente fuori centro ma non credo di deragliare se dico che la 2008 di Silex è l'unica annata di cui non parlerei e non per via del millesimo che non era dei migliori un po' per tutti. Purtroppo proprio a settembre venne a mancare Didier Dagueneau.

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Manilo

circa 10 anni fa - Link

C'è anche chi la pensava così: Loira, le sue correnti. Et voilà ! Il primo appuntamento dell’anno presso il buen retiro del Salotto Culinario prevede un blind tasting di vini della Loira, una carrellata di 8 bianchi e 3 rossi introdotti da una bollicina e salutati da un intrigante Vouvray Moelleux 2005 di Francois Pinon. Come i salmoni, quindi, risaliamo controcorrente il corso del fiume partendo dai Pays Nantais, passando dalla Touraine fino alla sua estremità orientale. Lo start è acceso da un Muscadet, aka Melon de Bourgogne, Sevre et Maine, Granite 2011 del Domaine de l'ECU. Esordio olfattivo con mela e pera, cedro e fiori bianchi, uva spina, anice e talco in polvere. Il sorso, sapido e iodato, non particolarmente entusiasmante, ma delicato e di media lunghezza, vira su toni agrumati bilanciati dalla leggera acidità che non contrasta con un corpo medio e pacatamente avvolgente. Pur accompagnata dalla nota acida di ritorno, la chiusura non è vibrante in quanto al palato perde i sentori floreali; il corpo è esile e diritto. E' ragione e spontaneità, tipici tratti dell'illuminismo. Il secondo campione, un Touraine Blanc "La Tesnière" 2010 di PUZELAT-BONHOMME è un inedito blend con 75% di Menu Pineau e saldo di Chenin Blanc. Vino evidentemente non filtrato con nota ossidativa ben controllata ed integrata, complesso e rotondo. Olfazione suadente di nocciola e miele di corbezzolo, foglia di the e vaniglia. In bocca entra con una bella acidità che equilibra la nota grassa ed apre a frutta gialla, persino disidratata, come mango e albicocca. Il finale, quasi amaro e pungente, con rimandi di liquirizia e pepe bianco, è abbastanza importante. Lussurioso. E’ diversità ed estraneità, simboli del decadentismo. La seconda batteria parte con uno Chenin blanc di Jasnières del Domaine LE BRISEAU, Kharakter 2010, anch’esso non filtrato e in assenza di solforosa. Esprime al meglio la mineralità tipica del suo terroir, accompagnata da aromi di lime e da un non gradevolissimo sentore di colle industriali. Diretto e durevole nel sapore, croccante e caratteristico, magro e citrico, forse con un filo di volatile, comunque cancellata quasi subito dall'alcol che giunge in soccorso a riscaldare il palato e a riportare equilibrio. E’ disordinato e anticonformista, come in piena scapigliatura. Ancora Chenin, ancora PUZELAT-BONHOMME con un Vouvray 2010, palesemente figlio di dettami biodinamici e con zero solforosa aggiunta. Si sale di livello, il naso è da maison de parfum, con un sentore di muschio molto particolare. Poi rimandi di cedro, erba fresca, funghi e bosco umido. Intenso e originale con l’imprinting di mineralità ma anche massa, frutto e opulenza. Il sorso, gessoso, vive su un equilibrio fatto di densità e scosse elettriche, che si alternano continuamente. Persistente e affascinante. E’ sperimentale e naturalista, degno del verismo. La batteria si chiude nell’est della Loira, sulla scoscesa collina “Monts Damnes” di Chavignol, patria della famosa marna di Kimmeridge, dove Henri BOURGEOIS produce il Sancerre Le MD. L’annata 2009 è molto varietale, al naso si alternano profumi “taglienti” di pompelmo, uva spina e mela verde con sentori, molto tipici, di foxy e bosso. In bocca è grasso e maturo, accompagnato da una notevole freschezza ed un finale lungo. E’ logico e simmetrico, in un movimento: neoclassicismo. Fil rouge dell’ultima batteria è il Sauvignon ai suoi massimi livelli. Si inizia con il Silex 2008, Pouilly Fumè di DAGUENEAU, prima annata senza il manico di Didier, il visionario, il pazzo venuto a mancare proprio agli albori della vendemmia 2008. Da terreni argillosi e calcarei ma soprattutto ricchi di silicio, il Silex si presenta al naso con sublime eleganza e grande intensità aromatica, anteponendo sentori erbacei di fieno, fiori di campo e foglia di pomodoro alle note minerali e caratteristiche di pietra focaia e grafite. Susseguono, impetuosi, sbuffi di fiori di sambuco, peperone verde e mela golden. Il sorso, mozzafiato, sottile e tagliente, delicato ed equilibrato, si esprime in progressione conquistando il palato prima con un’elegante morbidezza, con acidità sempre ben presente e poi con sapidità che termina in un lunghissimo e persistente minerale. Alcool mai invadente sul frutto, sempre ben maturo e presente. E’ ricercato ed aulico, puro Dolce Stil Novo! Di nuovo Sancerre, la roccia del biodinamico Sebastien RIFFAULT, “Skeveldra”, in onore della moglie lituana. Il 2009, raccolto tardivamente, con zero solforosa aggiunta, leggermente ossidato, si presenta con un ampio ventaglio di sentori all’olfatto, di mela cotogna, creme caramel, pera e cera d’api, ma anche vaniglia e albicocca. La bocca, dallo spiccato carattere, regala un crescendo di sapori, dal quarzo al pane di segale, dal caprifoglio al gelsomino. Una scintillante verve di acidità e tessitura minerale donano struttura e conducono ad un finale lunghissimo con rimandi di agrumi e fiori bianchi. Grande sapidità per un vino senza compromessi. E’ stravaganza, estro e bizzarria, in evidente stile barocco L’ultimo dei bianchi della Loira proviene da Clos la Néore, un’altra parcella di Les Monts Damnés, per il Sancerre del Domaine VATAN. Questo 2011 sviluppa al naso sublimi aromi di fiori di campo freschissimi, polline, poi tiglio e camomilla. Poi, improvvisamente vira e diventa affilato con una mineralità tra il metallico e la polvere pirica, vivaci note agrumate di pompelmo rosa, intessute con melone ed una selvatico accenno di liquirizia e propoli. Il sorso è una spada, freddo e minerale, tra la Dolomia e il ghiaccio; salmastro, intenso e rabbioso, sembra chiudere con una sensazione burrosa, persistente ma non invadente. E’ aggressività e velocità, manifesto del futurismo. Apriamo l’ultima batteria, quella dedicata ai rossi, 100% cabernet franc. Si parte dalla Touraine con un sorprendente Bourgueil La Petite Cave 2006 di Yannick AMIRAULT. Già l’olfazione impressiona per la complessità degli aromi, intensissima, quasi da pinot nero, ricca di more di gelso e lamponi neri e poi anice e note speziate. E ancora tabacco, mammola e cassis. Il sorso è sospinto da un’importante acidità che gli consente un ottimo allungo, croccante, rotondo e carezzevole. Molto equilibrato e con un tannino fine e setoso, si fa apprezzare anche per la lunga persistenza e la grande morbidezza. Venti di trasformazione e cambiamento: rinascimento! Via nel Saumurois! La noblesse del Saumur Champigny e di CLOS ROUGEARD. La maturità e la struttura tannica di Les Poyeux 2007, un grandissimo vino a cui manca qualcosa in termini di finezza. Una componente materica ed aromatica enorme con frutti di sottobosco, lamponi e ribes, poi viola e cacao. Ciononostante la bocca è comunque reattiva, veloce, marcatamente tannica, setosa; la grande balsamicità ed una pronta acidità rendono la beva piena e rigorosa, austera e portentosa! Una riscoperta delle arti, come nell’umanesimo. Si chiude rimanendo a CLOS ROUGEARD dai Foucault, con l’inarrivabile eleganza di Le Bourg. Il giovanissimo 2008 è un vino che evolve nel bicchiere in maniera sensazionale: parte ridotto e timido, con sensazioni di pneumatico bruciato ed anche note ematiche, arriva cangiante e sfavillante, donando finissimi aromi speziati di sandalo e cumino. Il sorso è perfetto sul piano tannico, oltre che dell’equilibrio tra le componenti dolci e acide, con sbuffi balsamici continui. Bocca molto complessa, ampia, intensa, con una speziatura decisa, un cuoio conciato molto Cote Rotie, un’energia stupenda ed un finale eterno. E’ emotività ed immaginazione, è romanticismo.

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Sisto

circa 10 anni fa - Link

Mi considero un assaggiatore di media competenza. Questo articolo e il suo contenuto mi permettono di dire qualcosa che vado pensando da un po', quando, da un lato leggo guide, blog, dall'altro, assaggio vino o parlo con gente comune che beve vino. Il pensiero è questo. 1) nella stragrande maggioranza dei casi, vini e relativi commenti appartengono ad una fascia praticamente neppure immaginata dal 95% della popolazione che beve vino. Questo 95% della popolazione considera la bottiglia di vino da 5 € qualcosa di speciale, per le grandi occasioni. Ma ha senso continuare a scrivere e a parlare di vini conosciuti e bevuti dal 5% (forse) della popolazione che beve vino? 2) ogni tanto provo, per diletto, a sottoporre a enormi esperti (non sono particolarmente ironico), dotati di prosa enologica tipo quella dell'articolo, i vini bevuti dal 95% della popolazione (per la quale, un IGT, è già segno di distinzione). Orbene: sembrano i partecipanti alle prime 2 lezioni dei corsi ONAV o AIS (intendo quelli completamente a digiuno di vino): silenzi, banalità, errori pazzeschi (non sentire il feccino oppure alla domanda: che livello di tannicità ha, risposta, boh?). Ma è solo una mia esperienza o un po' è così?

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Federico

circa 10 anni fa - Link

Ha senso nel mondo della letteratura scrivere e parlare di poesia? Ha senso nella mondo della musica scrivere e parlare di classica o lirica? Ha senso nel mondo della pittura contemporanea scrivere e parlare di affreschi? Io in queste domande trovo la mia risposta, e tu?

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Sisto

circa 10 anni fa - Link

Ah, dimenticavo. Esiste anche la controprova "al contrario" di quanto vado osservando a proposito di queste esperienze di vita. Recentemente ho chiesto di assaggiare ad un "maestro" (che si esprime, ridicolmente, come la tizia di cui sopra) un sassicaia. Peccato che dentro ci avevo ficcato il vino sfuso da cantina sociale che mio padre va al sabato a prendere con le damigiane (0,95 €/l). Ho detto che me era rimasto un po' e gradivo un parere illustre. L'esperto è partito, come un disco, a recitare il sermone imparato a memoria. Se a me succedesse una roba del genere, mi suiciderei. E' per questo che preferisco volare basso e parlare di vino in maniera tecnica e scolastica: non si fanno brutte figure né in un senso né in un altro. Infatti, considero le degustazioni eseguite dagli enologi, con linguaggio da scheda OIV, le migliori, in tutti i sensi.

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Divino Scrivere

circa 10 anni fa - Link

Per quanto mi riguarda, trovo queste note di degustazione un esercizio di stile. Non tanto per ciò che scrive o per i termini che utilizza ma per tutta la concettualizzazione che ci sta dietro. A mio modesto parere, scrivere delle note, degli appunti che dovrebbero essere dettati dal sentire immediato, mal si abbina a termini così ricercati. Allora le ipotesi possono essere due: o una persona è così cervellotica e mentale da non percepire l'esperienza, oppure non sta facendo l'esperienza e scrive per nutrire il proprio ego. L'assaggio del vino è un'esperienza sensoriale, tradurla in scrittura non è mai facile, è necessario, prima di tutto, essere liberi come individui. Noi percepiamo i segnali del vino attraverso il corpo e i sensi, questo è esperenziale. Tradurli e scriverne è concettuale, include cioè il filtro della ragione e del sapere che spesso cambia la percezione iniziale. In queste note che sopra citi, io ci leggo tanta intelligenza...bello sì, ma non mi affascina per nulla perchè non lo sento vero.

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Luca

circa 10 anni fa - Link

Come non essere d'accordo, ego sempre lui...

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Angelo D.

circa 10 anni fa - Link

Uno stile inappuntabile, alto egogastronomico mi verrebbe da dire. E là fuori la vita corre veloce...

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Cristiana Lauro

circa 10 anni fa - Link

Concordo con Gianpaolo. Dipende a chi si rivolge la comunicazione. Aggiungo che nella maggior parte dei casi chi racconta il vino vuol parlare di sé purtroppo, mette se stesso al centro della scena, anziché il vino. Vuole emergere, distinguersi. Sono racconti autobiografici pesanti come macigni prodotti da vanità e narcisismo sedimentati, stanchi, inutili per tutti gli altri. E il discorso sul vino in molti casi diviene da poco chiaro a inintelligibile e allontana i consumatori principali (ovvero quelli che vogliono sapere cosa bevono ma senza privarsi del piacere e della levità di una bevuta) relegando sempre più il consumo a una nicchia di quattro sfigati che se la cantano e se la suonano. Più se ne parla in questi termini e meno se ne beve, infatti i consumi sono in calo costante e drammatico dalle nostre parti. Ma non è che le persone bevano meno vino perché bere fa male, le vendite di spiriti e il bere miscelato sono in crescita.

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