Giuliano Noè, i migranti, le prime barrique con Giacomo Bologna e l’uomo dietro l’enologo (video)
di Fiorenzo SartoreTutto inizia leggendo un post di Alfonso Cevola. Sul suo blog, On the Wine Trail in Italy, Alfonso narra di un incontro con la barbera astigiana, merita la lettura – e incrocia questo distinto gentiluomo. Io lì per lì nemmeno lo riconosco nella foto, Giuliano Noè. Mai avuto il piacere di incontrarlo, del resto. Ma di link in link arrivo a questo lungo filmato dove il nostro si racconta: è parte del progetto Granai della Memoria. Il filmato, dicevo, è lungo, quindi prendetevi il tempo di vederlo.
Devo dire che l’elemento di maggior interesse, per me, è conoscere una figura che, nel bene e (purtroppo) nel male è al centro di dibattiti a volte controversi, e sì, a volte eccessivi: l’enologo. Per questo trovo che conoscere la persona dietro la figura sia utile – forse, anche, a riportare i toni del dibattito su termini umani. Qui, adesso, estraggo qualche passaggio, a mo’ di teaser.
Mio fratello, la guerra, la “conquista” della Francia, e la resistenza
«Mio fratello è stato capo dei partigiani, un nome storico, si chiamava “Musco”. Ed è andato nei partigiani costretto da una situazione che lui non ha voluto creare. Perché quando lui era tenente degli alpini ha fatto la guerra contro la Francia: l’unica cosa importante di cui mi ha ricordato è che ha piantato le patate nelle aiuole di Mentone. E poi sono andati via! (Ride) hanno conquistato la Francia! Adesso fa ridere, che uno dice “andiamo a conquistare…”, però abbiamo fatto una cosa utile per la popolazione, perché abbiam messo le patate in tutte le aiuole di Mentone: allora si moriva di fame. Quando è tornato a casa è stato ricercato dalla Repubblica di Salò, si chiamavano repubblichini. Lui è riuscito a sfuggire, nottetempo, da casa, e si è rifugiato dai parenti su in collina. Per cui, non avendo trovato lui a casa e nessun altro, perché eravamo fuggiti tutti, i tedeschi hanno distrutto la casa, assieme a quella di Poli, di Balbo, di altri. Ho un ricordo direi molto, molto sgradevole, molto brutto, del periodo lì».
La mia famiglia, mia mamma. E i migranti
«Mia madre è sempre stata una buona mamma. E ha avuto una famiglia numerosa: allora in famiglia erano tanti, io sentivo raccontare perché, essendo l’ultimo, le cose le sentivo raccontare dai miei fratelli – ha avuto dieci figli. Di cui cinque vivi e cinque, purtroppo… (abbassa la voce) non sono allevati. Erano tempi così. Tragici. Adesso pensare a queste cose fa un po’ ridere, perché noi pensiamo alle famiglie di adesso e ci stupiamo, quando arrivano gli immigrati che hanno sette-otto figli siamo meravigliati, “ma questi qui sono degli incivili”! No. Noi eravamo così. Negli anni ’30, ’40, ’50, perciò non è un secolo fa, e queste cose che ci vengono in mente ci dovrebbero far capire che il benessere che abbiamo raggiunto, è una cosa che dura da poco».
C’è un certo Giacomo Bologna al telefono
«Io lo conoscevo: ero, direi, un amico, di Giacomo. Erano i primi anni che m’ero messo a lavorare, e lui aveva delle idee straordinarie. Un giorno m’ha detto: “io sono stato in Francia, ho visto che in Francia i vini importanti… li mettono tutti dentro questi recipienti piccoli, questi legni piccoli. Quasi quasi, mi piacerebbe provare”. Poi, a un certo punto, mi chiama: “ho comprato sei barrique. E cosa ne facciamo, adesso?” – poi, logicamente, ci siamo informati su come si adoperano, ché le prime volte siamo alla fine degli anni ’80. Siamo dei precursori».
È solo una piccola selezione. Per il resto, buona visione, e oltre che un augurio è anche una constatazione.
1 Commento
Raffaele
circa 6 anni fa - LinkBellissimo racconto. Mette a tacere tutte le discussioni spesso superfluee su vini naurali, chimica ecc...
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