Cronache dal caos climatico | Gianluca Morino di Cascina Garitina

Cronache dal caos climatico | Gianluca Morino di Cascina Garitina

di Jacopo Cossater

Negli ultimi 15 anni la crisi climatica è passata da essere un problema delle generazioni future a un’urgenza di quelle presenti. Eppure, nonostante il mondo in cui viviamo sia cambiato in maniera inequivocabile da una parte continuiamo a percepire questa emergenza come lontana, distante, dall’altra abbiamo la percezione, almeno nel nostro piccolo, di poter fare ben poco per contrastarla.

In questo contesto, il lavoro delle istituzioni del vino, private e pubbliche, sembra costantemente concentrato su tematiche del tutto diverse, soprattutto legate alla promozione (se non addirittura alla propaganda, si guardi al recente dibattito intorno alla presunta salubrità del vino all’interno della dieta mediterranea). Temi che raramente contribuiscono a dare centralità mediatica a questo argomento così vasto e quindi di non immediata interpretazione. Per questo ho pensato a una serie di brevi interviste a produttrici e produttori che vivono la quotidianità di questa emergenza per capire come è cambiato sia il clima intorno a loro sia il loro modo di lavorare, in campagna e in cantina.

La prima persona che ho contattato è Gianluca Morino di Cascina Garitina (qui un lungo post sulla cantina e sui suoi vini che abbiamo pubblicato nel 2012). In questi anni soprattutto attraverso il suo account Instagram ha dimostrato di essere uno dei vignaioli più attenti al tema, oltre al fatto di trovarsi in una delle zone italiane – il Piemonte meridionale, la sua cantina si trova nell’Alto Monferrato – che questo fenomeno sembrano purtroppo viverlo con maggior intensità.

La siccità in Italia nel 2022-2

Un recente studio ha evidenziato come la persistente siccità nel Nord Italia sembri legata proprio al cambiamento climatico, in che modo tu te ne sei accorto? Ripensando alle ultime 10/15 annate come ti sembra sia cambiato il clima?
Beh non è stato difficile accorgersene, in 15/20 anni è cambiato praticamente tutto, dalla conduzione del suolo, del vigneto, dell’epoca di maturazione, etc.
Le mie prime annate da produttore in autonomia furono le fredde e piovosissime, per il Piemonte, 1992, 1993 e 1994 (ci fu l’alluvione di Genova durante la vendemmia). Il cambiamento più forte si è avvertito negli ultimi 10/15 anni con un innalzamento delle temperature medie sia notturne che diurne e con un sostanziale cambiamento della circolazione delle masse d’aria sopra di noi. Di solito qui pioveva molto, con correnti di Scirocco che negli ultimi anni sono diventate rarissime o nulle; con tutte le altre correnti siamo protetti dalle Alpi con una notevole area d’ombra pluviometrica.
Tradotto in dati la piovosità media del Sud Piemonte fino alla fine degli anni ’90 era di circa 950-1000 mm anno. Dal 2000 si è innescato un calo deciso delle precipitazioni che ha portato nel 2019 a 430 mm, nel 2020 a 380 mm, nel 2021 a 350 mm e nel 2022 appena a 301 mm. Ovviamente questi sono semplici dati ricavati dagli accumuli totali: rispetto al passato è cambiato anche il periodo delle piogge che si stanno allontanando dal periodo vegetativo della vite. Poi possono anche venire 80 mm con un temporale ma servono solo ai fini statistici perchè magari nel terreno rimane meno del 10 per cento di quella precipitazione.

Cambiamenti che, immagino, hanno per forza di cose influito in maniera anche decisiva sul tuo lavoro, e non mi riferisco solo all’epoca di vendemmia. Come è cambiato il tuo modo di lavorare in campagna?
Abbiamo molti più stress di calore e idrici, per cui le piante sono più sollecitate (è forse per questo che sta aumentando l’incidenza della flavescenza e del mal dell’esca) e quindi dobbiamo avere un approccio tipo biodinamico nel vigneto andando a stimolare le naturali difese delle viti.
Il cambio del clima ha portato l’oidio a essere il nemico numero uno mentre la peronospora l’abbiamo quasi dimenticata: nel 2022 zero interventi antiperonosporici. Sono diminuite drasticamente le ore di lavoro a ettaro perché un tempo si passava più volte per pulire la pianta, per sfogliare e per cimare. Ora interventi in verde ridotti al minimo o annullati e anzi dobbiamo stimolare le piante a produrre più foglie per proteggere i grappoli dall’azione del sole.
Epoca di vendemmia anticipata di quasi un mese.

Crisi idrica Piemonte

E in cantina? Come coniuga il vignaiolo il fatto che da una parte le temperature medie aumentano sempre di più e dall’altra il mercato chiede vini sempre più freschi e leggeri?
Faccio ancora una considerazione: con il cambiamento climatico abbiamo rese più basse (certe annate neanche si dirada), acini più piccoli con un diverso rapporto tra polpa e buccia. La barbera tradizionalmente ha un acino medio grande, ellissoidale con buccia fine. La barbera ha anche un metabolismo dell’acido tartarico molto diverso da altre cultivar e cioè, quando va in stress, conserva molto acido tartarico mentre il malico tende, ovviamente, a diminuire. In cantina le barbera di un tempo erano più annacquate, gli acini contenevano più acqua, le temperature erano più basse e avevamo:

  • concentrazione più alta di malico, ricordo persino un 5.5 grammi che è una cifra assurda (che però dopo veniva demolito in lattico)
  • concentrazione più bassa di acido tartarico perché era diluito nell’acino

Il risultato finale erano vini meno acidi e con PH notevolmente più alti. Talvolta era impossibile riconoscere la verve della Barbera. In cantina una volta bisognava procedere con estrema attenzione a causa delle bucce sottilissime e molte volte non perfettamente sane. Ora la Barbera assomiglia molto di più al Merlot o al Cabernet Sauvignon, per cui si possono osare macerazioni più lunghe. Sul mercato un produttore di Barbera non può farsi delle seghe mentali perché è IMPOSSIBILE (senza magheggi) fare vini leggeri e poco alcolici. È la caratteristica del vitigno, non piacerà a tutti, rimarrà una nicchia e forse sarà un bene. La mia azienda ora ha 85% di barbera che in 5/6 anni arriverà al 95 per cento perché è un vitigno che sta rispondendo bene al cambiamento. Si sa, ama il caldo.

Ti chiedi mai se l’attuale modello del tuo lavoro sia sostenibile sul lungo termine? E in caso, quale possibili strade da intraprendere?
Purtroppo so che il mio modello di impresa a breve non sarà più sostenibile se non interverrà la Regione Piemonte con grossi investimenti per rendere irrigui i vigneti. Sappiamo anche che la corsa ai pozzi artesiani è un temporaneo palliativo altrimenti esploderebbe una guerra contro le città, servono quantità enormi di acqua per irrigare un vigneto.
In Italia siamo a +1,5 gradi negli ultimi 20 anni. Ci sarà un +2 gradi entro il 2050 che renderà impossibile la viticoltura qui in Piemonte. Ci sono stime anche di +5 gradi entro il 2050 e in questo caso sarebbe un deserto. Come cerco di tamponare? Proverò a diversificare impiantando ulivi che già popolavano il Piemonte prima dell’ultima piccola glaciazione.

[Immagini: Cascina GaritinaToday.itRe Soil Foundation]

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

7 Commenti

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Nic Marsél

circa 1 anno fa - Link

Molto molto interessante. Complimenti!

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marcow

circa 1 anno fa - Link

Ottimo articolo su un argomento mondiale su cui ancora non si fa molto e non si hanno soluzioni condivise da tutti: ognuno guarda il problema secondo il proprio punto di vista. Elon Musk, ad esempio, spinge verso le AUTO ELETTRICHE (e, attenzione, sta per lanciare "Neuralink, il chip di Elon Musk nel cervello di un essere umano entro 6 mesi"(dal web) (Nel frattempo ha acquistato Twitter e ha licenziato migliaia di dipendenti: forse li sostituirà con Truth-Gpt) __ In questo articolo, invece, si parla di altre soluzioni alla grave crisi idrica di alcuni stati USA che coinvolge uno dei più grandi fiumi del mondo, il Colorado, e l'agricoltura di quelle zone. Penso che il discorso sviluppato nell'articolo potrebbe, in qualche modo, essere valido anche per la crisi idrica del più grande fiume italiano. Tra le varie soluzioni accennate nell'articolo, c'è il cambiamento dei consumi alimentari. Meno carne. Meno carne da allevamenti tradizionali che consumano molta acqua. https://www.vox.com/the-highlight/23655640/colorado-river-water-alfalfa-dairy-beef-meat __ CARNE SINTETICA. Ma ... più carne sintetica. Saranno aperte macellerie per carne sintetica e trattorie dove serviranno esclusivamente carne sintetica. Ci saranno classifiche di carne sintetica e guide ai ristoranti di carne sintetica. VINO SINTETICO È molto probabile che parallelamente si sviluppi un mercato di vino sintetico per sopperire alla diminuzione dell'offerta dovuta alla siccità (e anche perché aumenteranno le masse di consumatori che non possono permettersi il prezzo del vino "naturale"(in questo caso va inteso come vino non sintetico, non artificiale) I vini sintetici raggiungeranno un buon livello di qualità organolettica per cui saranno organizzate delle sfide tra Intelligenza Artificiale e Umani Esperti, in degustazioni alla cieca, per distinguere i vini sintetici dai vini non sintetici. Nel frattempo ... l'uomo ... sarà diventato... BIONICO (cioè, in alcune parti del corpo, artificiale-sintetico)

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Nic Marsél

circa 1 anno fa - Link

Unica cosa che mi pare strana, ma che prendo per valida data la fonte, è che le barbere di una volta fossero meno acide. Avrei pensato l'esatto contrario: più caldo, meno acido malico, pH più elevato e maggiore morbidezza.

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Mattia Grazioli

circa 1 anno fa - Link

Rese basse, grappoli più spargoli e vigne che invecchiano con conseguente allungamento dell’apparato radicale portano a quel risultato su ogni varietà. Oggi le rese sulla Barbera di qualità sono di circa 1/3 rispetto a quelle di 30 anni fa per Barbera ordinari…

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Francesco Annibali

circa 1 anno fa - Link

Grazie Jacopo molto istruttiva

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Stefano Cinelli Colombini

circa 1 anno fa - Link

Articolo interessante, certo che (come si vede nella mappa) l'Italia ha situazioni estremamente differenziate. Ad esempio Montalcino nel 2022 ha avuto 1.020 mm di piogge contro una media degli ultimi 100 anni di 850 mm. Ma il rischio c'è, e da anni sto cercando (senza risultati) di convincere i miei colleghi e il Comune a realizzare un programma di territorio di recupero delle acque piovane. Però nessuno pare capire che il problema sarà l'acqua; molti stanno comprando terreni più in alto per spostare le vigne, ma nessuno pare capire che se non piove anche in alto andrà male e serve comunque accumulare l'acqua. E anche la Regione ci mette del suo, la legge Toscana sui bacini in pratica li rendeva non fattibili ma recentemente è stata rinnovata e molto peggiorata.

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Veritas

circa 1 anno fa - Link

Interessante davvero. Aggiungo come contributo quello che ho sentito ripetere da vari produttori, Francia inclusa. Le piante si stanno adattando - anche discretamente bene - al cambiamento climatico. Tutti ricordano gli effetti nefasti della canicule del 2003. Oggi, talvolta quasi a parità di condizioni, le piante sono state in grado di reagire molto meglio, questo proprio grazie al continuo adattamento. Ovvio che il discorso vale in modo diverso per alcuni vitigni e che si impongono riflessioni a livello generale soprattutto in prospettiva futura (mi risulta che in Sicilia ormai si coltivino con grande soddisfazione mango e avocado), ma di certo la natura vince sempre.

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