Riti estivi inconfessabili | Il Limoncino

di Fiorenzo Sartore

11/08/2010 - 10:45 5 commenti

Ci vergogniamo come ladri ogni volta che un amico accetta il limoncino a fine pasto, nelle cene conviviali vietate ai veri gastrofanatici. Non lo beviamo mai, facciamo finta che non esista, quella cosa alcolica, dolce oltre l’immaginabile, spesso intrugliosa – ma che ci mettono dentro? Però. Ogni estate che ho trascorso qui, a Marina di Campo, Isola d’Elba, io l’ho fatto.

Ho comprato la bottiglia di Limoncino di Smania (sui 17 euri), nel formato da 70 cl, bottiglia zigrinata, e l’ho infilato nel congelatore. Sì, l’ho fatto, e l’ho bevuto, senza vergogna. Dopo la giornata alla spiaggia, dopo le cene svaccate di grigliate improbabili, come veri gastro-rinnegati, ho sorseggiato il limoncino.

Ha sensazioni olfattive quasi iodate, è saldo nonostante la svenevolezza, e comunque non uccide. Io lo abbino al fumo dell’Antico Toscano, sigaraccio irruento e amaricante, che trova qualche sollievo palatale alternando il puff alla dolcezza smaccata del liquore. Nessuno mi vede, ora, e io lo faccio. Poi, come dice la home aziendale, sarebbe pure bio. Poi sarebbe a chilometro zero (zerissimo, direi). Questo basta a giustificare il mio inconfessabile vizio? Non lo so, ma verso un ultimo bicchierino. Che Bacco mi perdoni.