Il vino richiede lentezza quindi è poco contemporaneo. Per fortuna
di Gianluca RossettiDi tempo non ce n’è mai abbastanza. Lo spazio tra quanto facciamo e quanto avevamo pensato di fare copre distanze siderali. Non sono gli anni dell’attesa, questi. In nulla. Tantomeno nei frammenti di giornata che occasionalmente dedichiamo al vino. La bottiglia ideale al consumo quotidiano pare debba avere prontezza di riflessi e scatto felino. Se vuol dire qualcosa, che lo faccia subito; altrimenti si levi pure di torno.
Non siamo più abituati a star fermi, aspettando che qualcosa accada. Dentro o fuori il calice. E la smania di risposte, accrocchiate in tempo zero, toglie, svuota, azzoppa. Per quanto riguarda il vino – perché sul resto sono peccatore come gli altri – il mantra dell’attesa me l’hanno insegnato alcuni, pigri, lentissimi, estenuanti bicchieri. Che ho dovuto rincorrere per ore e a volte giorni, buttandoli in frigo, facendoli arieggiare fino allo sfinimento, rianimandoli col calore, scaraffandoli, nella speranza di avvertirne i battiti. In alcuni casi non accade nulla. In altri sì. E io vivo per quei sì, disposto a passare sopra le inevitabili ma occasionali delusioni senza troppi rimpianti.
Ne indico due: esempi di lentezza andati a buon fine. Entrambi Terre siciliane IGT, provenienti dal distretto di Vittoria sul versante sud-est dell’isola.
SP68 rosso 2015 – Occhipinti (euro 15)
Parole chiave: frappato 70%, nero d’avola 30%. Triple A. Solo acciaio.
Appena stappato: carne, ferro, pellame.
Aspettando con pazienza: mora di gelso, corteccia, fumo, terra smossa, alloro secco.
Pithos Bianco 2014 – COS (euro 17,50)
Parole chiave: grecanico 100%. Orange wine biologico. Anfora.
Appena stappato: alici, salamoia, capperi.
Aspettando con pazienza: melacotogna, fiori di camomilla, confettura di pesche, salgemma, canfora.
Ma questa è solo parte del dato strettamente tecnico. Che poco dice del ritmo che alcuni vino sanno importi, costringendoti a riscrivere la tabella di marcia, a dilatare il tempo dell’attenzione e dell’ascolto, a godere non solo delle note ma anche delle pause. Ogni vino tende a evolvere nel calice. Quello che sorprende, a volte, è la metamorfosi che alcuni subiscono, passando dalla totale ostilità verso i tuoi sensi alla loro piena sottomissione.
2 Commenti
igino brutti
circa 7 anni fa - LinkConfermo, ho notato la stessa cosa nello SP68 2015 che ho stappato qualche giorno fa. La stessa cosa succede ai miei vini e ad altri che mi capita di aprire in particolare se sono ancora relativamente giovani. Li chiamo i vini del giorno dopo.
Rispondierique
circa 7 anni fa - Linkidem con l'ultimo saryricon di tecce (aglianico, 2013). la riduzione ha impiegato 48 ore a svanire, poi si è aperto un mondo...
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