Barolo e bicchiere da osteria. Impressioni e riflessioni animate da un’amica scostumata
di Fabrizio PagliardiSono nato quando il vino si versava in un bicchiere che normalmente era lo stesso dell’acqua, unico per ognuno sulla tavola apparecchiata. I bicchieri diversi erano per le feste e per le famiglie borghesi, che erano o erano state ricche, mentre il vino era per tutti i giorni ed era per tutti, forse più di adesso. Il vino era quotidiano e il bicchiere era quotidiano. Arriva papà fra poco, bottiglia di vino rosso sotto l’acqua del rubinetto a rinfrescare un po’ e tavola apparecchiata, piatti bianchi e bicchieri infrangibili scanalati possibilmente Duralex.
Ancora non bevevo. Ho iniziato a bere consapevolmente e studiato il vino quando si insegnava che ogni vino doveva avere il suo bicchiere diverso per forma e dimensione e che il bicchiere doveva essere di cristallo, per la trasparenza. Ho partecipato a cene con otto, dieci diversi bicchieri davanti e con i sommelier con la piantina per non sbagliare. Ho seguito corsi in cui uno stesso vino cambiava magicamente nel passare da un bicchiere all’altro, strumenti e non contenitori, attori nel bere come le caratteristiche del vino e il gusto di chi beve, con la capacità vera o presunta, ma comunque comunicata e percepita, di poter cambiare l’esperienza. Le lezioni di televendita dell’associazione italiana sonofico. Non vendevano sogni ma solide irrealtà costruite su una idea di vino buono universalmente applicabile con le sue regole schematizzate in slogan da agenda automotivazionale, il bicchiere era status e parte di status, saperlo scegliere una nuova competenza da vendere in formato corso sponsorizzato.
A casa mia posso invitare a cena sei persone massimo per mancanza piatti ma non avrei problemi a far bere una sessantina di persone, forse di più. Non chiedetevi perché ho cosi tanti bicchieri perché non lo so neanche io, non so dove metterli, sono anche in camera da letto, alcuni sono neri e si nascondono nelle ombre dentro gli scaffali e quando li vorrei usare, non li trovo. In realtà uso sempre gli stessi, i meno fragili, e di rado i più belli esteticamente. I meno fragili, o i più belli a seconda della situazione, non hanno nessun legame con il vino che berrò. Sciatteria o consapevolezza?
Bevendo, parlando, degustando, girando sono arrivato alla conclusione che se voglio giudicare un vino dandogli un numero, mi devo concentrare e devo schematizzare tutto in un quadro che deve necessariamente avere degli strumenti e delle regole e il bicchiere fa parte degli strumenti. Usarne uno invece di un altro fa parte delle regole. Ma se voglio dare un giudizio più ampio il vino lo devo bere e non lo devo assolutamente degustare, alla fine non avrò un voto, non avrò un giudizio, ma qualcosa più simile a un ricordo, una descrizione libera del vino che prescinde del tutto da strumenti come il bicchiere che ho utilizzato, il bicchiere è solo il contenitore.
Quindi quel Barolo e quel bicchiere da osteria, si beve non si degusta. Non tutti i vini riescono a dire la loro in quei bicchieri, quel Barolo sì, vince in tutti i bicchieri e in tutti i campionati.
(foto: Carbone e Gentilini)
22 Commenti
Simone Di Vito
circa 4 anni fa - LinkCondivido pienamente... Splendido articolo,che fa riflettere su una passione che ormai è diventata finzione tecnica, fatta di soli numeri e gare tra vini
RispondiNicola
circa 4 anni fa - LinkBellissimo articolo, condivido pienamente. Degustazione e consumo conviviale di vino a mio parere sono momenti diversi e con regole diverse. In linea di massima credo però che la degustazione sia in funzione del consumo, non il contrario .
Rispondimarcow
circa 4 anni fa - LinkMagari ci fossero più amiche "scostumate"! Che stimolano così il cervello. Viviamo nell'epoca del politicamente corretto. E anche una bevuta è intrappolata in un reticolo di sovrastrutture, anche nevrotiche. Come per Nicola Perullo, anche le parole profonde di Fabrizio Pagliardi non cambieranno la direzione su cui corre il mondo contemporaneo.
RispondiNelle Nuvole
circa 4 anni fa - LinkPazienza se un testo così non sposterà di un millimetro la percezione del giusto e del vero. Ci ricorda solo che esistono il bello e il buono, trovarli è semplice, basta allenarsi anche con letture come questa.
RispondiSir P.
circa 4 anni fa - Linkbellissimo!
RispondiVINOLTRE
circa 4 anni fa - LinkBravissimo Fabrizio
RispondiSancho P
circa 4 anni fa - Link"Tu sei giovane.. e non sai che tre nasi son quel che ci vuole per bere il Barolo" Cesare Pavese "Il compagno" 1947 Bello l'articolo e il sentimento che lo muove, ma se c'e un vino al mondo incompatibile col bicchiere da osteria, quello è il Barolo. La complessità, l'incredibile espressività territoriale che questo grande vino può trasmettere, ha bisogno del contenitore adatto a veicolarla. Saluti e viva il Barolo.
RispondiMarco
circa 4 anni fa - Link100% d'accordo. Ed in ogni caso un bel bicchiere é un piacere anche se lo si beve il vino e non solo se lo si degusta
RispondiAntonio Speranza
circa 4 anni fa - LinkCaro Sancho P concordo con l'elogio del Barolo e del bicchiere adatto. Il sig. Pagliardi mi sembra come quei politici demagoghi che, pur di raccogliere voti, sono capaci di rinnegare sé stessi, la propria cultura e la buona educazione ricevuta, ma .....sanno rendersi graditi alle masse. Ho 73 primavere sulle spalle e non sono un professionista del vino, ma sono convinto da moltissimi anni che occorre saper gustare e saper apprezzare le cose belle e buone, come il vino, il cibo, la musica, la pittura, etc. Quindi per fare ciò dobbiamo cercare di educare il pubblico e non piuttosto di volgarizzare le cose belle per raccoglie il massimo consenso da parte di chi non è educato a saper gustare ed apprezzare; mentre al contrario sa semplicemente tracannare senza neppur distinguere un colore da un altro, oppure un sapore o un profumo da un altro. Forse ho reso l'idea che avevo in mente, oppure no! Va bene lo stesso: chi ha orecchie per intendere intenda....degli altri poco importa.
RispondiFabriziopagliardi
circa 4 anni fa - LinkHai reso l’idea. È Sbagliata ma l’hai resa. la mia domanda è: “Hai capito che io bevo nei calici ? Se rileggi c’è scritto. Come c’è scritto che ho più bicchieri che posate. 36+12 spigelau 24 riedle 18 Zalto 12 chef&sommelier 11 (purtroppo) darsonville. E vivo da solo.
RispondiFabriziopagliardi
circa 4 anni fa - Link“La poesia è l’arte di far entrare il mare in un bicchiere” Italo Calvino
Rispondivinogodi
circa 4 anni fa - Link...stavo pensando se un La Tache in un bicchiere da osteria possa sembrare , ai sensi, un La Tache ... PS: ho "bevuto" una rimanenza di Monfortino 2001 in un bicchiere da acqua per non berlo a collo , non avevo altro fra le mani prima di gettare il vetro ... no , non era Monfortino 2001 ...
RispondiGurit
circa 4 anni fa - LinkBere Barolo con il bicchiere da osteria è come curare il corona con l'aspirina.
RispondiDiego
circa 4 anni fa - LinkAnche se ho solo 32 primavere alle spalle penso che tutti hanno ragione e tutti hanno torto, dipende dalle solo dalle proprie convinzioni. Secondo me: il Barolo o il re dei vini e un vino veramente strepitoso e lo è grazie alla gente che ha lottato per avere disciplinari ferrei, per avere calici in grado di esaltare le proprietà organolettiche e per la grande passione che c'è dietro. Non è più un grande vino quando ce gente che te lo vende solo per il fatto di venderlo dicendo frasi e termini imparate a memoria da un libro. Non lo è più quando si beve solo perché si chiama Barolo e solo perché perché si sente più grandi pubblicando una foto. Io personalmente lo berrei anche in un bicchiere d'acqua...... pensando che un peccato per un grande vino.
Rispondimarcow
circa 4 anni fa - LinkSe un "bicchiere" ha un'influenza così forte sulla degustazione, come alcuni commenti lasciano intendere, bisognerebbe riflettere, forse, su cosa è un vino e cosa è la degustazione del vino.
Rispondimarcow
circa 4 anni fa - LinkE meno male che oggi non c'era Nicola Perullo. Ma non agitatevi il mondo corre nella vostra direzione. Fermatelo, voglio scendere alla prossima.
Rispondimarcow
circa 4 anni fa - LinkDiego: "... penso che tutti hanno ragione e tutti hanno torto, dipende dalle solo dalle proprie convinzioni" C'è una gran verità in queste parole. Un testo(quello, in questo caso, di Fabrizio Pagliardi) è come un bicchiere di vino: si può "interpretare" in più modi.(Attenzione "bicchiere" di vino sta per vino e non per il "contenitore") Certo, un lettore onesto intellettualmente, dovrebbe fare uno sforzo per "comprendere" il senso di un testo e le "intenzioni", lo "scopo" per cui un testo è scritto. Poi ci può mettere del suo. Se alcuni si sono "fermati" al "contenitore", cioè ad una lettura di "superficie", c'è il rischio di non aver capito bene il senso del testo di Pagliardi. Comunque, le critiche a Fabrizio Pagliardi mi hanno convinto: devo rinnovare i bicchieri.
Rispondivinogodi
circa 4 anni fa - Link...nessuno rinnega la poesia che vuole il vino un universo autosufficiente , che bevuto in un bicchiere o nell'altro (o a collo) non deve cambiare il senso e valore di quel vino . Focalizzo l'attenzione sulla sfumatura ed il particolare . Sono contro la divinizzazione del bicchiere, pratica ormai , per certuni , elevata a forma di feticismo "degustandi" , associandone i contenuti griffati ad un piacere profondo . Vengo quindi al sodo , alla prova del bicchiere , che sta diventando una mania fra gli amici delle bicchierate : molte volte , stesso vino versato in più bicchieri di varia natura e foggia. Chi ha senso del reale , capisce che la grandezza del vino c'è in ogni contenitore si utilizzi , anche perché sempre di bicchieri professionali si tratta. L'esaltazione della sfumatura no , l'esaltazione del particolare , la frammentazione delle componenti sensoriali su certi bicchieri è magicamente esaltata o evidenziata . Paradossalmente , più il palato è educato e più il piacere della scomposizione aumenta con il bicchiere adatto , molte volte studiato in maniera profonda per esaltare le proprietà di quel vino . Ribadisco : non è il bicchiere a fare la qualità di un vino ma è il bicchiere che ne può esaltare le caratteristiche amplificandone l'intellegibilità ...
Rispondimarcow
circa 4 anni fa - LinkVinogodi, apprezzo questa replica. Il problema di fondo, secondo me(è un'opinione tra le tante), è questo: che ci possono essere modi "diversi" d'intendere il vino e la degustazione del vino. Non credo alla DITTATURA che vuole imporre un PENSIERO UNICO sul vino E, si badi, questa dittatura c'è, eccome Poi, aggiungo, che dietro a questa dittatura del pensiero unico sul vino ci sono spesso... i prosaici e venali interessi... del Marketing. Dimenticare questo concetto significa non capire fino in fondo cosa si muove nel mondo del food, e nel vino in particolare di cui ci occupiamo, nell'epoca in cui siamo immersi. Io ho già detto che condivido la proposta del prof. Nicola Perullo: significa essere in una minoranza. Il mio modo di degustare il vino non è di tipo analitico... anche se la mia forma mentis(nel senso proprio di mente, di cervello) predilige il pensiero analitico. Questo non significa che critico chi ha una modalità di degustazione diversa. Come disse un redattore di Intravino, dopo aver imparato il modo di gustare il vino nei vari e innumerevoli corsi bisogna metterli in sordina, non farne delle gabbie mentali, e cercare di arrivare a una propria originale e personale modalità di degustazione. Invece vedo molta omologazione. Anche nella degustazione del vino.
Rispondivinogodi
circa 4 anni fa - Link...personalmente , il problema dell'omologazione non sussiste , per DNA personale , anche se cosciente che esista . Perché il giudizio autonomo di degustazione è un processo difficile e che richiede tempo e propensione personale , altrimenti si cercano, inevitabilmente , punti di riferimento assoluti, che sono causa di massificazione del giudizio ( leggi guide o guru della degustazione mediatica) . Personalmente, l'approccio edonistico prevale , per questo non voglio amplificare in nessun modo la valenza del contenitore rispetto al contenuto. Dove, però , diventa strumento di interpretazione migliore, perché mai non usufruirne ? Anche come amplificatore del piacere , perché il vino più lo godi sensorialmente e più ti fa godere , anche cerebralmente ...
Rispondimarcow
circa 4 anni fa - LinkCondivido. Assolutamente non escludo e ognuno deve ricercare la sua personale interpretazione. Cordiali saluti.
RispondiC.A.
circa 4 anni fa - LinkIl calice è solo un mezzo, uno strumento neutro che per i motivi che conoscete tutti, consente al patrimonio aromatico del vino di manifestarsi al meglio, consente di percepire bene le sfumature. Niente di più. Perché fare un torto al Barolo, e ingabbiarlo dentro un bicchiere che va bene per l'acqua, che non ha odore? Qui non c'entra niente la degustazione o il modo alla moda di bere. Si tratterebbe soltanto di una forzatura, fatta in nome di non ho capito bene cosa.
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