Riuscite a commentare l’ultimo editoriale di Riccardo Cotarella senza beccare una querela?
di Antonio TomacelliNon trovo le parole perché le parole sono esaurite: le abbiamo già usate dieci anni fa. Commentare l’editoriale del duo Cotarella-Martelli pubblicato sulla rivista dell’Assoenologi non è solo difficile, probabilmente è inutile. La vicenda di Giordano Bruno, a confronto, è una storia di illuminati progressisti e la Santa Inquisizione diventa una compagnia d’avanspettacolo ma tant’è: al peggio non c’è fine. Non resta che copiancollare quello che, più che un editoriale, somiglia alla famosa lettera di Totò e Peppino sulla morìa delle vacche.
Verba volant, scripta anche. Nell’era di internet e del villaggio globale il mondo della comunicazione è in piena rivoluzione e la più classica delle locuzioni latine va corretta perché non funziona più. Ognuno di noi è seguito, raggiunto, bersagliato dalla parola scritta sotto forma di e-mail, sms, newsletter, chat, social network. Un assordante rumore di fondo fatto di notizie, avvisi, pareri, opinioni che dicono tutto e il contrario di tutto, anche sul vino.
E se l’informazione diventa un bene di consumo individuale (ognuno con il suo telefonino o con il suo tablet), il vino, prodotto sociale per definizione, non può che soffrire. Tanto che il suo consumo è in calo in tutti i Paesi produttori.
Ok, rifiatiamo un attimo. Stando a quel che dicono Cotarella e Martelli, il vino non si vende più come una volta e la colpa è della troppa informazione che viaggia su Internet.
Domanda d’obbligo: cos’hanno da nascondere gli enologi? C’è qualcosa che noi consumatori non dovremmo sapere? E perché tutta questa paura dell’informazione orizzontale? Forse la risposta è nel prossimo passaggio, nel quale i due si esibiscono in uno dei migliori pezzi del loro repertorio: “Il vino naturale non esiste”.
Quanto di questo calo è legato alla cattiva informazione sul suo valore, sul suo gusto, sul suo prezzo, sul suo effetto sulla salute, sul metodo di produzione? Il paradosso dell’era dell’information technology è che il vino, frutto di una sapienza millenaria, ma anche di una costante innovazione tecnica, viene presentato come prodotto del tutto naturale, il suo legame con il territorio viene ritenuto spontaneo, e gli eventuali difetti presentati come caratteri virtuosi e distintivi.
Davvero dovremmo credere al duo Cotarella-Martelli quando dice che il calo dei consumi sarebbe legato alla “cattiva” informazione? Sarebbe cattiva informazione il sacrosanto diritto di critica esercitato da migliaia di giornalisti, blogger e consumatori?
La verità è che mancano i fondamentali: il citizen journalism, il 2.0, il social networking, tutta roba di cui solo a parlarne viene da sbadigliare e che ovviamente questi non maneggiano nemmeno per errore: gente che innova una testata e rilascia un Pdf. Sono cose che fanno ridere i bambini che smanettano con Nintendo, ma che lasciano senza parole gli adulti che la rivoluzione digitale la fanno, modestamente. È il caso di dire: ma andate a studiare. La risposta, forse, sta tutta in quest’ultimo passaggio:
Oggi la figura dell’Enologo moderno è rivolta a 360° al mondo del vino: non lo produce solo, lo vende, lo racconta, lo difende sui mercati di tutto il mondo. Si occupa di tecnologia, in cantina e anche in vigneto, di mercato e, appunto, anche di comunicazione.
Ecco, già che ci siete, bevetevelo anche. Hai visto mai che risalgono i consumi?
[Via Internet Gourmet]
28 Commenti
Davide G.
circa 10 anni fa - Linked io che credevo che il calo fosse dovuto alla crisi economica ...
Rispondicarolain cats
circa 10 anni fa - Linkchiedetevi perchè pur essendo enologo non mi sono mai iscritta all'associazione....
RispondiAngelo D.
circa 10 anni fa - LinkIn effetti un grande limite di molti enologi (fatte le dovute eccezioni) è che bevono poco i vini degli altri. Così, giusto per capire. :-)
RispondiGianluca
circa 10 anni fa - LinkQuoto in toto!!
RispondiLorenzo
circa 10 anni fa - LinkLa cattiva informazione sugli effetti sulla salute non è certo colpa dei social network & tablet, ma delle normative che non obbligano l'apposizione delle etichette sulla bottiglia con ciò che vi è contenuto, proprio come accade delle normalissime gomme da masticare. Per il discorso del vino naturale, al posto di parlare... gli enologi dovrebbero richiedere una normativa, proprio come esiste sul biologico e/o sul biodinamico.
RispondiTommaso Farina
circa 10 anni fa - LinkAppoggio pienamente Cotarella
RispondiRossano Ferrazzano
circa 10 anni fa - Linkstai attento a non appoggiarti troppo che lo schiacci :-D
RispondiTommaso Farina
circa 10 anni fa - LinkMe so' pure messo a dieta...
RispondiNelle Nuvole
circa 10 anni fa - LinkContinuiamo a sparare sulla Croce Rossa. Ci deve essere un'Associazione segreta composta da i due qui sopra, più Guru Maroni, più Frankie Emme Curls, che si riunisce settimanalmente per decidere come creare una notizia succosa per far sbrodolare di piacere Tomax, Moricchia & C. In fondo, è sempre un problema di linguaggio. Nel caso di questo editoriale, è un linguaggio confuso. Si capisce che i due lì su ce l'hanno con quelli che spippolano in rete senza chiedergli il permesso. Per motivare la loro irritazione tirano in ballo il calo di consumo vinoso. Magari fosse così! Basterebbe gambizzare lo staff intravinoso e qualche altro blogghista pirata, incerottargli le boccacce e legargli le zampe e i nostri fatturati aumenterebbero vistosamente. Il fatto è che la professione di enologo (minuscolo) merita più rispetto, attenzione e stima di quanto avvenga. Un tempo era il tecnico specializzato che evitava di sputtanare il vino in cantina. Un professionista preparato per le avversità, capace di tirare fuori il meglio anche da vendemmie difficili, in grado di interpretare un vitigno e la sua zona di provenienza. E' ancora così, sissignori, anche se qualche esponente di punta si è, purtroppo, esposto ed ha cominciato a fare anche il commerciante, il diffusore, il comunicatore . E' ancora così, una figura chiave nel mondo del vino. Questo anche se c'è chi ne fa a meno, ma solo perché è in grado di sostituirlo. Avrei preferito leggere questo, con un linguaggio più semplice ed immediato, meno contraddittorio. Un pochino più "ggiovane" suvvia!
Rispondidaniele
circa 10 anni fa - LinkI <3 Solfiti.... I vini naturali beveteli voi!!! Ho sempre odiato le mode...
RispondiIl chiaro
circa 10 anni fa - LinkIl calo dei consumi esiste per le cantine che seguono Cotarella e enologi omologanti simili. Ed è vero che è colpa/merito di internet: se bevi un vino che trovi interessante lo puoi dire a tutto il mondo su un blog vinoso. Invece, una volta, al massimo lo dicevi al tuo collega di lavoro mentre la stampa specializzata dava spazio solo ai soliti noti che, guarda caso, seguivano gli omologatori di cui sopra.
RispondiEnodreams.it
circa 10 anni fa - LinkIo pensavo che si vendeva meno vino per colpa della crisi, perchè ci sono meno soldi in tasca, per leggi che abbassano il limite alcolico ecc ecc, invece mi devo ricredere è colpa del web che scopre nuove etichette, mette in confusione il consumatore che, alla fine, preferisce non comprare nulla!!! :-)
Rispondigabriele succi
circa 10 anni fa - LinkCit. "Oggi la figura dell’Enologo moderno è rivolta a 360° al mondo del vino: non lo produce solo, lo vende, lo racconta, lo difende sui mercati di tutto il mondo. Si occupa di tecnologia, in cantina e anche in vigneto, di mercato e, appunto, anche di comunicazione." E poi? Cosa vorrebe fare sta gente? Dare la benedizione la domenica alla messa al posto del prete? In vigna al massimo ci devono andare gli agronomi, se un enologo è anche agronomo ok, altrimenti ciccia. Sarebbe comunque meglio che in vigna ci andassero i vignaioli, perchè quando lo hanno fatto gli enologi (parlo della mia zona) i risultati non sono stati esaltanti (vedi fare gli impianti fitti tipo campi di mais, per non parlare del resto)... ad ognuno il proprio mestiere... Spesso (e lo sottolineo spesso, non sempre) i proprietari sono persone prestate all'agricoltura che non ne hanno mezza e allora chiamano il consulente che va dalle alpi alla sicilia con la stessa ricetta... Non sono d'accordo, se non si era capito.
Rispondigp
circa 10 anni fa - LinkMa infatti quella frase è un evidente delirio di onnipotenza. Chi produce il vino, avvalendosi eventualmente di una serie di collaboratori più o meno specializzati, è quello che sta scritto in etichetta dopo "prodotto da". Non certo l'enologo (si scrive con la minuscola, per favore!), a meno che il proprietario non sia il solito personaggio impaccato di soldi che si affida chiavi in mano al(l'enologo-)factotum. Beh certo, se il produttore si chiama Falesco (una delle pochissime aziende che quest'anno ha ricevuto un doppio premio dalla guida del Gambero Rosso, a proposito di "comunicazione" ovvero di lobbismo) allora in quel caso si può dire che l'enologo Cotarella, che è anche comproprietario, il vino lo produce. In tutti gli altri casi sarebbe opportuno abbassare la cresta.
RispondiEmanuele
circa 10 anni fa - LinkNon siate maligni, anche perché il nocciolo della questione è proprio la malignità. E' evidente che il nostro ha iniziato una cammino devozionale e di redenzione dal Maligno: e degli attributi del Maligno si sta via via spogliando. Ha cominciato autoimponendosi l'astensione da solfi e solfiti. La prossima mossa sarà il vino fatto senza l'utilizzo del forcone in vigna. Di certo non sarà mai biodinamico, essendo tanto il corno, quanto il letame due chiari attributi del diàbolon.
RispondiLorenzo Biscontin
circa 10 anni fa - LinkTutti le volte che mi è capitato sentire enologi di grido a convegni e seminari, il loro intervento era centrato su mercato/consumi/comunicazione. Io ho un diploma di peruto agrario ed una laurea in scienze delle produzioni animali che mi permettono di conoscere di conoscere i principali aspetti chimico-fisico-biologici-tecnologici della viticoltura e dell'enologia. Però non mi sognerei mai di centrare un mio intervento su questi aspetti, invece che su quelli economico-gestionali-strategici di marketing di cui mi occupo in azienda (e su cui ho 5 anni di studi post laurea). Allora ho due domande: - sulla base di quali competenze teorico-pratiche gli enologici si occupano di strategie di mercato? - soprattutto, se gli enologi si occupanno di mercato, chi si occupa dello sviluppo dell'enologia?
Rispondigianpaolo
circa 10 anni fa - Linkquando ho iniziato a fare il vino io, 15 anni fa, esisteva un metodo abbastanza collaudato per introdurre certi vini sul mercato, particolarmente il mercato USA. Si era formato un triangolo ai vertici del quale vi erano tre figure: enologo, stampa (molto ristretta ma influente), importatore. In questa configurazione, come si nota, manca il produttore, perchè la figura dell'enologo di fama si faceva da garante della qualità, intesa come un certo stile di vini che erano coerenti con una certa visione della stampa, la quale assicurava al distributore (sopratutto USA) un ritorno positivo dal punto di vista commerciale. La stampa, per dire, era solita farsi mandare i campioni dagli enologi, e faceva degustazioni "tematiche", non per zone o per denominazioni o per varietà, ma per "enologo". Naturalmente al di sopra e al di sotto di questo sistema viveva e vive tutto il resto del pianeta vino, nel bene e nel male, ma si può senz'altro dire che per un periodo di una decade, un certo numero di enologi di "prima fascia", garantivano a certe aziende un apertura commerciale concreta. Personalmente non do giudizi, mi sembrerebbe sgarbato.
Rispondivinologo
circa 10 anni fa - Link@Lorenzo Biscontin : Le assicuro dott. Biscontin che ci sono molti enologi-commerciali-marketing manager - che lavorano in Italia , ma credo lei ne sia a conoscenza vista la sua ventennale esperienza con aziende vitivinicole di assoluta importanza. Potrei fare anche dei nomi ma sarebbe superfluo. Le aziende si affidano a queste persone perché credono e pensano di risparmiare su figure commerciali anche con anni di esperienza sulle spalle. Ritengo che l'enologo deve fare il vino , l'agronomo deve seguire "la campagna" e il commerciale deve fare il lavoro "peggiore":VENDERE e DIFENDERE il vino nei mercati interni ed internazionali. Ognuno di questi incarichi deve essere ben definito ma nello stesso tempo ci deve essere continuo confronto e scambio tra le diverse esperienze e conoscenze che ciascuna di queste figure possiede. cotarella ( con la c minuscola ) e C. possono pensare, dire o fare ciò che vogliono.
Rispondigabriele succi
circa 10 anni fa - LinkI vari cotarella & c. possono pensare, dire o fare ciò che vogliono... ma se pensano, fanno o dicono delle puttanate atomiche lo si può dire...ecccome se lo si può dire... E questa uscita descritta nel post è una di quelle boiate che sarebbero da podio ogni epoca su quanto scritto sul vino... e se ne scrivono di cretinate eh...
RispondiAndrea
circa 10 anni fa - LinkBasterebbe che i produttori facessero i produttori !!!!!!!!!!
Rispondilorenzo
circa 10 anni fa - Linkgente che sta rincorrendo il mercato, anno per anno, perchè non hanno mai sposato l'idea di un territorio ed ora non sanno più che pesci pigliare
Rispondisinbad
circa 10 anni fa - LinkVa bene, ma tanto L'Enologo lo ricevono solo gli iscritti ad assoenologi e, normalmente, non lo leggono. Vivono spensieratamente senza conoscere i risultati dell'eno-campionato di sci, la continua melensa autocelebrazione della categoria, i pipponi pre e post congresso degli enologi, il relativo programma per gli accompagnatori, la rassegna stampa dei giornali che parlano di assoenologi, le previsioni di vendemmia regolarmente smentite dai fatti e, last not least, questi vieti editoriali. Insomma, l'Enologo è quel che si dice uno strong influencer
Rispondivittorio cavaliere
circa 10 anni fa - LinkPurtroppo continuo a non cambiare idea, per me esistono solo due grandi categorie di vini, quelli buoni e quelli cattivi. Nel dubbio mi lascio consigliare solo da me stesso, quando mi piace lo inserisco tra i buoni al contrario tra i cattivi. La mia grande ignoranza però viene enfatizzata dal fatto che più il vino viene raccontato e meno mi interessa, se poi addirittura viene sbandierato come imperdibile sicuramente lo perderò.
RispondiPaolo Cianferoni
circa 10 anni fa - LinkUn velo pietoso occorre calare, su chi non vuol capire. Alcuni enologi, giornalisti, produttori, tecnici, facciano quel che vogliono, ma non devono interferire su chi pensa, a mio avviso giustamente, che non tutto è vero ció che il sistema economicofinanziariotecnico vuol far credere. I sogni esistono e loro non li possono cancellare con quelle affabulazioni.
RispondiMarco
circa 10 anni fa - LinkCotarella grande professionista, lo ammiro anche perché non ha peli sulla lingua vorrei che qualche volta vi rispondesse ma forse non ha tempo...... ed è meglio così.
RispondiEmanuele
circa 10 anni fa - LinkVa benissimo così, Marco, e con vicendevole beneficio: il nostro tempo senza la sua risposta è guadagnato, mentre il suo senza risponderci è tempo in cui non può, né vorrebbe rinunciare a guadagnare. Il tempo, se mi permette, va qualificato o quantificato. Vi è chi lo misura in pensieri, studi o attività manuali e per questo non ha i minuti contati; vi è poi chi lo misura più drasticamente in dobloni, e per ciò stesso ha i minuti contati. O contanti.
RispondiGiovanni Solaroli
circa 10 anni fa - LinkSe, e sottolineo se, qualcuno deve essere messo all'indice, costui non può essere certo Cotarella, al massimo coloro che gli affidano compiti a 360 gradi e lo pagano di conseguenza cifre lievitate. Da oggi anche con gli "indigeni".
RispondiValentino Ciarla
circa 10 anni fa - LinkQuoto in tutto le posizioni di @NelleNuvole e @Vinologo, i ruoli ci sono sempre stati ed erano chiari fino a un po' di tempo fa. Da enolgo infatti non credo di avere le capacità, né il tempo o la voglia, di vendere il vino ma so che la mia professionalità, la mia formazione, il mio lavoro sono fondamentali per fare un buon vino. Sulla comunicazione la mia idea è che il rapporto non deve essere di astensione e critica ma, piuttosto, di partecipazione e condivisione. Insomma l'enologo di oggi non deve comunicare solo con gli esperti o con i giornalisti delle guide, ma DEVE andare anche in rete, farsi conoscere e capire. Io, nel mio piccolo, ci provo. Non vado oltre ma se qualcuno volesse approfondire il discorso rimando al post che ho dedicato alla questione sul mio sito: http://www.valentinociarla.com/it/enologi-e-informazione-online--la-soluzione-e-partecipare-di-piu.htm
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