Non chiamatemi Cava: scoppia la guerra tra bollicine catalane

di Davide Tenconi

C’è aria di novità tra le colline del Penedès, il polmone verde a soli 40 km da Barcellona, patria dello champagne catalano, il Cava. Qui, nel 1872, fu prodotta la prima bollicina locale grazie al ritorno in patria di Josep Raventós dalla Francia. Partiamo proprio da questo cognome per raccontarvi la sfida diplomatica a fioretto tra la potente cantina Codorníu e la più piccola Raventós i Blanc. Bodegas confinanti e, come è facile intuire dai cognomi prima citati, imparentati sull’albero genealogico.

Tutto si svolge nel Comune di Sant Sadurní d’Anoia, piccolo borgo sulle rive del fiume. Nell’anno dell’editto di Napoleone III vennero prodotte le prime 3.000 bottiglie del vino espumoso con metodo tradizionale. Fu una vera novità per l’alta società di Barcellona.

Presto molte cantine della zona decisero di convertirsi alla bollicina, abbandonando il vino tranquilo che non trovava una vera e propria fisionomia con il territorio. Nel 1920, a poca distanza dalla cantina Codorníu, Pedro Ferrer concentra la sua produzione in un’unica marca: Freixenet. I due giganti del Penedès sono oggi i protagonisti indiscussi del mercato. Quasi la metà delle 240 milioni di bottiglie a “marchio Cava” escono dalle loro cantine. Il 90% delle persone che vengono interpellate alla domanda: “Conosci una cantina che produce Cava? Rispondono Codorníu e Freixenet”. Un po’ come chiedere alla gente di dire due nomi di città australiane: Sydney e Melbourne. Povero il sindaco di Perth, non lo conosce nessuno.

Prima di raccontarvi il “sogno” della nuova denominazione d’origine, come amano chiamarlo tra i vigneti di Raventós i Blanc, è opportuno fare ancora un piccolo passo indietro e descrivervi come il territorio e la sua tipicità siano alla base della fortuna del Cava. Il triumvirato che permette l’elaborazione dello spumoso è composto da vitigni, a bacca bianca, che ben si sviluppano con i terreni non lontani dal mar Mediterraneo: xarel·lo, macabeo e parellada. Il primo apporta forza e corpo, il secondo un tocco di fragranza e note fruttate, l’ultimo l’eleganza. Tutti sono protetti – metaforicamente e fisicamente – dal massiccio del Montserrat, un’alta collina che non permette l’entrata dei venti freddi dal Nord. Le temperature medie per i territori del Penedès si avvicinano ai 15 gradi, con picchi di oltre 30 gradi in estate. Le altitudini dei vigneti sono di 100mt s.l.m. con limitate gelate nei periodi invernali. I disciplinari permettono anche l’incorporazione di vitigni internazionali e lo chardonnay, vista la tipologia di vino di cui stiamo parlando, non poteva che essere l’invitato d’onore.

Torniamo a Raventós i Blanc. La famiglia sta facendo autenticare una targa del 1497 che certifica la produzione di vino appena 5 anni dopo la scoperta dell’America da parte di Colombo (o Colón, come amano chiamarlo a Barcellona, rivendicando anche l’origine catalana e non genovese del conquistatore. Lotte infinite per il Nuovo Mondo). Oggi, Pepe Raventós, 21simo erede della famiglia, è convinto a dissociarsi dalla produzione di Cava per formare la DO Conca del Riu Anoia. Come si diceva all’inizio è una scelta curiosa. Se arrivate in macchina alla cantina parcheggerete da Codorníu, il padrone del Cava.

Come fare bollicine diverse confinando con il colosso delle bollicine made in Catalunya? Come competere sul mercato con una denominazione tanto lontana dal commerciale contro la DO Cava?

Ecco la strategia: territorio molto ristretto, 100% di vinificazione propria e varietà autoctone, passaggio graduale al biodinamico. Cava è oggi sinonimo tanto di bollicina come di quantità: le 253 bodegas registrate, su una superficie di oltre 32.000 ettari, imbottigliano 243 milioni di esemplari, con una produzione in costante crescita. Raventós i Blanc vuole uscire dal mercato dei numeri per entrare in quello della qualità.

Non sappiamo ancora se la scelta (o il sogno) troverà una concreta vittoria. È necessario il benestare di Madrid per la nuova DO oltre all’appoggio di altre cantine. Per molti vende più il nome Cava che il prodotto in sé. Abbandonare questo traino potrebbe essere rischioso.

Con molta diplomazia ci siamo avvicinati all’assaggio dei prodotti, chiudendo per pochi minuti l’agenda dei sogni. Nel bicchiere abbiamo trovato il De Nit 2011 e il La Finca 2009.

Il primo è uno spumante rosé, con una percentuale maggioritaria di Macabeo, da vigne di età superiore ai 40 anni. Al bicchiere il perlage è risultato molto elegante e fine. Una nota fruttata presente ma non ingombrante. Ideale da bere senza cibo e con un colore molto invitante per il genere femminile.

La Finca è invece un prodotto più maturo, con una percentuale del 40% di Xarel·lo, con una bollicina più marcata e presente. Una seconda fermentazione in bottiglia di almeno tre anni. È il prodotto su cui punta la cantina anche se, al momento, è quello che si discosta meno dai tradizionali Cava, vuoi per la struttura ed anche per la scelta dell’etichetta (particolare per nulla marginale se si vuole distinguere il prodotto).

Prodotti buoni, nome di prestigio, territorio in espansione. Raventos i Blanc saprà sfruttare questi elementi per presentarsi sul mercato in forma distinta? È ancora prematuro rispondere ma le basi sono ottime.

4 Commenti

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Zakk

circa 11 anni fa - Link

Un bel parcheggio e risolviamo questo problema. O davvero dobbiamo palare di Cava?

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Flachi10

circa 11 anni fa - Link

a) come minkia si può anche solo pensare di essere biodinamico se quello vicino non lo è (non lo è giusto?) ed impesta il terreno? b) "un colore molto invitante per il genere femminile." è forse la frase più brutta mai letta c) Colon?! Colon!? Colon?!!

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Andrea Gori

circa 11 anni fa - Link

Sapevo che in realtà la DO Cava la vogliono abbandonare anche altri perchè è troppo deprezzante... Davide hai saputo di altre cantine "ribelli"?

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Angelo D.

circa 11 anni fa - Link

Oh, non ci resta che un sospiro: speriamo che se la cavano... :-)

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