Se oltre alla doggy bag (ri)cominciassimo a parlare anche di wine bag?

Se oltre alla doggy bag (ri)cominciassimo a parlare anche di wine bag?

di Stefano Senini

Si è acceso in questi giorni il confronto sulla proposta di legge appena presentata alla Camera dei Deputati sulla obbligatorietà della doggy bag nei locali. Siti e giornali, generalisti e specializzati, hanno censito le reazioni più eclatanti degli chef e degli addetti ali lavori, che vanno dall’entusiastica approvazione (“finalmente anche in Italia, all’estero c’è da anni”), al fermo rifiuto (“no a qualsiasi obbligo”), passando per puntigliosi distinguo (“non è certo così che si combattono gli sprechi alimentari”).

Sarebbe interessante spostare il focus anche verso il vino e provare a lanciare seriamente la discussione sulla wine bag, perché se ogni tanto riemerge il dibattito sul diritto di tappo, vale a dire la possibilità di portarsi da casa le bottiglie da bere al ristorante, poco si è parlato del contrario, cioè la possibilità di portare via dal ristorante il vino avanzato per finire di gustarselo a casa, il che per altro presenta problemi logistici e igienici ben più facili da superare rispetto a quelli dati dal cibo avanzato.

Mi limito a citare un paio di progetti ben organizzati di questo tipo; il primo di cui sono a conoscenza risale all’ormai lontano anno 2000 e si chiamava Buta Stupa, che in piemontese significa “bottiglia tappata”. Fu promosso da Sabrina Mossetto, graphic designer astigiana: «Ci abbiamo creduto moltissimo – racconta – e consideriamo un successo aver coinvolto circa 400 ristoranti, fino in Campania e Sicilia, nonostante il nome fosse così marcatamente regionale». Agli aderenti venivano distribuiti 50 sacchetti, espositori, volantini e adesivi per attuare la pratica; il costo di 50 euro davvero appariva economico e facilmente ammortizzabile. Il sito web, nato per segnalare i locali aderenti, è ancora attivo, ma si è trasformato in un blog orientato al vivere green; «Abbiamo segnalato locali fino a una decina di anni fa, ora speriamo che la pratica si sia diffusa», chiosa Sabrina.

Buta Stupa

L’ultima iniziativa di questo tipo in ordina di tempo, che anticipa in un certo senso la proposta di legge, è invece dell’estate 2022. Portami con te è il nome dell’iniziativa (risulta peraltro identico ad una analoga del 2003, proposta dall’allora Ente Vini Bresciani), ed è frutto di un accordo tra Amministrazione Comunale di Montepulciano, Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano e gli esercenti del territorio, per utilizzare particolari doggy e wine bag, realizzate con materiale riciclato. Troppo recente forse per avere riscontri completi, ma le ambizioni sono notevoli, se si pensa che sono stati distribuiti circa 4 mila kit contenitori a quasi tutti gli esercizi di ristorazione-enoteca-bar con somministrazione di cibo; quasi 200 strutture in totale.

Portami con te

Nella mia lunga esperienza di avventore però non ho mai trovato traccia di wine bag: è vero che da parte mia non ho mai chiesto se fosse possibile portarmi a casa la bottiglia avanzata, ma vedendomi solo o scoprendomi accompagnato da chi non beveva, mai nessun ristoratore me lo ha proposto, limitandosi alla comune offerta di vino al calice o – più raramente – di mezze bottiglie. Mi chiedo il motivo: viene considerata pratica poco elegante? È poco redditizia? Sarebbe solo una scocciatura in più?

Rimane da capire cosa facciano i ristoratori quando ai tavoli il vino avanza; scarto a priori l’idea maliziosa di chi sostiene che lo riutilizzino in qualche modo, ma ricordo bene quel che mi raccontò lo chef-sommelier di un tre stelle parigino (e potete immaginare il livello delle etichette): mi disse che lo faceva bere il più possibile al personale di sala per far accumulare esperienza, e che anche lui del resto aveva imparato così.

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Stefano Senini

Laureato in lettere classiche, diplomato sommelier da ormai trent’anni, è stato un critico gastronomico professionista (sì, di quelli seri che girano in incognito), responsabile del Liceo all’interno del carcere di Porto Azzurro sull’Elba e oggi felicemente insegnante in un Liceo nella provincia di Brescia. Non ha uno smartphone né peli sulla lingua ma tanta esperienza.

10 Commenti

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andrea celant

circa 3 mesi fa - Link

quando m'è successo, ho chiesto un tappo e sono uscito con la bottiglia in mano: sempre meglio che guidare dopo aver bevuto troppo!

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Nuovo corso Friulano

circa 3 mesi fa - Link

Servizio che offro da almeno 10 anni, considerando che chi non apprezza la mia selezione al calice, che comprende: 3 bollicine, tre bianchi, tre rossi più 4 calici di vini dolci, consiglio l'acquisto della bottiglia e il conseguente asporto nel caso la bottiglia non sia terminata. Ho a disposizione borse e tappi appositi, personalmente non mi reputo così all' avanguardia, anzi adeguato ai tempi.

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Riccardo Passoni

circa 3 mesi fa - Link

Fatto molte volte, mai avuto problemi. E si quando avanza vino ad un tavolo si assaggia e fa assaggiare

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elle

circa 3 mesi fa - Link

mi è capitato di non finire la bottiglia. in quel caso ho sempre chiesto che mi fosse ritappata e generalmente mi è sempre stato fornito un adeguato sacchetto. non mi è mai sembrato di fare cosa poco elegante. questo apre, a mio avviso, un altro tema - forse esclusivamente mio - sull'offerta al calice. al netto dell'interesse o meno dell'offerta (in termini di etichette, annate ecc...) io trovo frustrante il quantitativo normalmente servito. 125 ml (quando va bene, direi...) sono fastidiosamente pochi, tristanzuoli (e costringono a chiedere, sorridendo, "un abbondante calice"...). sul punto onore a Burde e ai pochi altri che servono ancora quartini e mezzi litri (di vini bevibili, non di vinacci della casa di origine incerta). quindi spesso (se solo a bere) finisco per prendere una bottiglia e portamela a casa se non la finisco.

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Nuovo corso Friulano

circa 3 mesi fa - Link

Io nello specifico verso 150 ml, con una bottiglia faccio 5 calici.

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Alessandro Morichetti

circa 3 mesi fa - Link

Qualche volta mi è capitato, soprattutto in passato, di portare a casa il vino non ancora terminato ma ammetto che mi è anche capitato di chiedere cortesemente di terminare il vino ancora sul tavolo di ospiti ormai usciti dal ristorante :-)

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Elle

circa 3 mesi fa - Link

E poi si finisce a fare il dryjanuary… ;-)

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Nic Marsél

circa 3 mesi fa - Link

Non oso immaginare cosa tu possa fare in un posto come l'Ostu di Djun 😀

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Gabriele

circa 3 mesi fa - Link

Non conoscevo l'esistenza di questa pratica; davvero si può avanzare il vino al ristorante? :-))))

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Stefano Cinelli Colombini

circa 3 mesi fa - Link

Quando ero studente universitario giravamo a tarda ora i ristoranti, e sgocciolavamo le bottiglie abbandonate. Quelle bone, s'intende, quelle che a quei tempi non potevamo permetterci. Era tutta res nullius, per cui disponibile per definizione. Il plasticotto mi sembra tristo, meglio la sgocciolatura a beneficio della cultura dei giovani discenti erranti.

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