Perché è opportuno stappare la bottiglia al tavolo davanti al cliente. Per evitare giochetti di prestigio, anche

di Fiorenzo Sartore

Al produttore fa sempre piacere veder girare le sue etichette ai tavoli di un ristorante. Fa un po’ meno piacere constatare che il vino contenuto nella bottiglia non è il suo, ma lo sfuso del ristoratore. Pare sia successo a Gregory Perrucci, titolare dell’azienda Accademia dei Racemi di Manduria, Taranto. A pranzo presso una trattoria di Ceglie Messapica ha notato un rosato, contenuto nella bottiglia aziendale, dal colore troppo carico, e ha così scoperto l’inganno.

Assai divertente (con rispetto parlando per la seccatura del signor Perrucci) la scusa presentata dall’esercente, che avrebbe affermato: «È una bottiglia che avevi aperto tu stesso qui a pranzo e siccome è molto bella la riempio sempre con un vino sfuso che faccio io, migliore del tuo, e la metto sul tavolo dei clienti, così ti faccio anche pubblicità». Le buone regole del servizio del vino prevedono che la bottiglia si apra in presenza del cliente. Al di là della liturgia, un altro motivo è questo: evitare equivoci (diciamo).

Storia triste. Se invece è una boutade virale, è perfetta.

[Crediti: Corriere del Mezzogiorno, OlioOfficina, Racemi]

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

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