Benvenuto in Brianza, mantenere la distanza!
di Nicola CeredaC’erano state delle incomprensioni con un vecchio amico. Un malinteso nato a distanza e per la distanza. Non so chi avesse torto o ragione, ma la cosa stava prendendo una brutta piega. Ci siamo incontrati e, senza dire nulla, ci siamo abbracciati. Un istante. Una cosa da nulla direte voi, estranei a una certa cultura. Roba da nulla ‘sta cippa!
Noi uomini della Brianza non ci abbracciamo mai. Non ci sfioriamo nemmeno. Ci salutiamo con distacco e un cenno impercettibile del capo.
Alle volte i più evoluti emettono un frequenza (inavvertibile per gli altri esseri umani) che gli scienziati, utilizzando specifici sonar, hanno decodificato in “uei”. Ho un ricordo sfuocato della mia nascita, un’ostetrica dallo sguardo torvo che mi mostra un cartello con l’ammonimento: “Benvenuto in Brianza, mantenere la distanza!”.
Neanche facile da leggere, a testa in giù, preso a sculacciate, con i peggio liquidi organici impiastricciati sugli occhi. L’imprinting per la vita intera. A margine di tutto questo e molto più prosaicamente mi è capitato spesso di trovarmi in dissonanza col Cabernet Sauvignon, il classico tipo che non sa mantenere la distanza. Uno che adora fare il simpaticone invadendo subito la tua sfera privata. Uno che lo aggiungi alla più scorbutica tra le uve autoctone e per incanto scatta la festa. Del resto piace a tutti e questo l’ha reso ancora più antipatico alle mie papille che per anni l’hanno deliberatamente discriminato: bevetelo voi, massa di ignoranti globalizzati dal palato irrimediabilmente compromesso.
Oggi però ho aperto il “Bricco Appiani” 2005 di Flavio Roddolo e ho fatto pace anche col Cabernet Sauvignon. Un vino che scardina gli stereotipi perché è la terra di Monforte d’Alba che si impone sul vitigno integrandolo perfettamente. Colore scurissimo e impenetrabile, con unghia aranciata a suggerire i 14 anni di età. Al naso è austero e poco comunicativo, terroso con accenni di grafite e cioccolato, il ricordo di un peperone abbrustolito, una presa di tabacco e una leggera nota di ginepro sullo sfondo. In bocca è morbido e profondo con la freschezza che non ti aspetti, la confettura di more e mirtilli neri, il tannino fitto e il finale che regala sensazioni amaricanti e affumicate.
Nessuna traccia di ruffianeria in questo vino langarolo che dopo l’iniziale ritrosia si abbandona al caldo abbraccio di una lasagna casereccia. Non è certo il vino della vita ma mi aiuta a capire che non esistono vitigni buoni o vitigni cattivi, che non c’è torto o ragione. A volte basta scostarsi di poco in direzione divergente rispetto ai nostri schemi consolidati per vedere le cose in una prospettiva diversa e scoprire che, scevri da pregiudizi, si può semplicemente goderne.
Però la pace è labile, la pace è ciclica, la pace è una tregua senza data di scadenza. Aiutatemi a fare in modo che continui. Suggerimenti? La pace ha un prezzo, lo so. Fate in modo che non sia eccessivo.
8 Commenti
Sancho P. (giá Simone)
circa 5 anni fa - LinkCaro Nicola, Non esistono vitigni buoni o cattivi, hai ragione. Con il vino bisognerebbe tenere la mente aperta ed assaggiare liberi da preconcetti. Troppi atteggiamenti da espertofighetti del genere "bevo solo nebbiolo, pinot noir e al massimo qualche Brunello" Grande Roddolo, per me produce il miglior Dolcetto di Langa (assieme al Boschi di berri di Marcarini). Ogni tanto qualche "naso sporco" (nebbiolo 2010), ma ricordo uno strepitoso Ravera 2010 ed un nebbiolo 2009 che baroleggiava. Purtroppo difficile reperire le bottiglie.
RispondiSancho P
circa 5 anni fa - LinkRavera 2006
RispondiNic Marsél
circa 5 anni fa - LinkAll'osannato Dolcetto d'Alba Superiore preferisco il suo più beverino "base", ma è solo una questione di attitudine personale. Cerco di tenere sempre qualche Nebbiolo in cantina perchè è vero che anche andando da lui in cantina non è detto si riesca a trovare tutto.
RispondiAurora N
circa 5 anni fa - LinkI vini di Flavio lasciano sempre il segno. Con la classicitá del suo Barolo ha dimostrato che la guerra di religione in Langa "legno grande o barrique" puó essere un esagerazione.Entrambi i Dolcetto sono buonissimi, il Superiore ha una capacitá di evoluzione straordinaria. C'è una parte di Monforte d'Alba che non rientra nella zona di produzione del Barolo. Ogni tanto, qualcuno come Flavio Roddolo, tira fuori dei Nebbiolo D'Alba che spesso non hanno niente da invidiare a tanti baroli di alcune zone di La morra (la frazione di Santa Maria)per esempio.
RispondiC.A.
circa 5 anni fa - LinkE della Barbera superiore ne vogliamo parlare? Un'acidità tagliente, vero tratto distintivo del vitigno, dei richiami diffusi ad una mineralitá ferrosa che rimanda dritta al territorio. I suoi vini hanno l'eleganza rustica del vecchio signorotto di campagna.
RispondiValerio Rosati
circa 5 anni fa - LinkIo ho fatto pace col Merlot grazie al Merlo Nero di Collecapretta. E poi la pace è stata mantenuta col Merlot di Cotar ;-)
RispondiNic Marsél
circa 5 anni fa - LinkDel Merlot si era già parlato di recente su queste stesse pagine http://www.intravino.com/primo-piano/ce-qualche-merlot-per-cui-valga-la-pena-vivere/ ma la ripetizione aiuta e il Merlo Nero di Collecapretta mi manca. Grazie!
RispondiGiuseppe
circa 5 anni fa - LinkTriste esistenza la nostra... Anche per divertirsi come si deve ricordo che si usava andare "fuori provincia". Pero` non ce n'e` come il vino per annullare distanze e divisioni, pure si dovesse trattare di un internazionale cresciuto in zona patrimonio Unesco! Niente male come esordio, Nicola aspettiamo tue nuove dalle brume Brianzole... Prosit Giuseppe
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