Sulle presunte molestie e abusi sessuali di Sébastien Riffault

Sulle presunte molestie e abusi sessuali di Sébastien Riffault

di Jacopo Cossater

Qualche giorno fa la vignaiola del Beaujolais Isabelle Perraud è stata condannata da un tribunale francese a pagare quasi 29.000 euro a un suo collega della Loira, Sébastien Riffault, per diffamazione.

È questo uno degli ultimi sviluppi di una vicenda che si trascina da ormai più di un anno. Una storia che soprattutto in Francia ha avuto grande eco non solo all’interno del movimento del vino naturale, cui entrambi i protagonisti fanno parte, ma anche per la sua rilevanza in un contesto più ampio, legato alle grandi difficoltà mediatiche e giudiziarie cui vanno incontro le donne vittime di molestie e abusi sessuali.

Isabelle Perraud

Isabelle Perraud (in foto) oltre a essere una vignaiola è anche presidente di Paye ton pinard, una piccola associazione nata per denunciare il sessismo, l’omofobia, il razzismo e in generale ogni forma di discriminazione nel mondo del vino. È per le parole accusatorie lanciate sui suoi social e su quelli dell’associazione che è stata denunciata per diffamazione da Sébastien Riffault: nella primavera dell’anno scorso fu lei a rilanciare alcune delle accuse di molestie sessuali provenienti dalla Danimarca riguardanti proprio il produttore della Loira.

Un po’ di contesto: il Domaine Étienne et Sébastien Riffault “nasce nel 1900 nella regione della Loira, all’interno dell’AOC Sancerre; Sury-en-Vau è il paesino dove oggi Sébastien e la moglie Juraté lavorano 12 ettari vitati producendo un vino che è pura espressione di uno dei terroir più interessanti di Francia, dove è il sauvignon blanc a trovare il luogo di elezione per crescere” (descrizione tratta dal sito dell’importatore italiano, Velier attraverso la selezione Triple A). Come molti altri suoi colleghi non solo francesi Sébastien Riffault è abituato a trascorrere molto tempo all’estero, per promuovere i suoi vini. Dagli Stati Uniti all’Australia, dal Giappone alla Scandinavia.

Scandinavia, appunto. Tutto ha avuto inizio con le testimonianze di Lisa Lind Dunbar sul suo profilo Instagram a proposito di un ambiente, quello della ristorazione e del vino danese, a suo avviso «tossico», in cui molestie di ogni tipo sarebbero talmente all’ordine del giorno da essere diventate parte del panorama: non ci si farebbe neanche più caso. Una serie di storie che poi l’autrice ha trasformato in un lungo pezzo autobiografico pubblicato sul magazine Atlas il 20 gennaio 2022. Una sorta di diario che ripercorre la sua lunga esperienza e che denuncia condizioni di lavoro violente, sfruttamento, atteggiamenti sessisti in contesti anche molto diversi tra loro.

Un pezzo nel quale racconta inoltre «di una serie di aggressioni, molestie, stupri da parte di un vignaiolo naturale di straordinario successo», il cui comportamento sarebbe stato noto senza che questo avesse mai provocato particolari conseguenze. Tutti i più importanti operatori del vino naturale cittadino avrebbero infatti «continuato a lavorare con lui come niente fosse». Paragrafo che si chiude con un laconico «no sulphites, but full of abuse».

Un paio di settimane dopo la testata Frihedsbrevet ha raccontato di quello che stava succedendo soprattutto a Copenaghen dopo le vicende sollevate da Lisa Lind Dunbar e dopo la pubblicazione della sua testimonianza. Alcuni ristoranti, tra cui il famoso Noma, avevano deciso di rimuovere dalle proprie carte i vini di quel produttore al centro di molte voci su molestie e abusi, nella maggior parte dei casi in attesa che venisse fatta chiarezza sulla vicenda. Un vignaiolo di cui nel pezzo non si fa il nome ma che nell’ambiente sarebbe stato noto a tutti, tanto da portare mesi dopo il suo importatore a rimuoverlo dal catalogo. Sébastien Riffault, appunto.

È a questo punto che entra in scena Isabelle Perraud, prima persona a prendere pubblicamente le distanze dalla persona e dal vignaiolo, indicandolo come protagonista di quelle circostanze emerse sui media danesi, vicende che nelle settimane successive si erano nel frattempo arricchite di altre testimonianze fatte di telefonate non richieste, messaggi notturni, molestie verbali oltre a un caso in cui il vignaiolo avrebbe seguito di notte una cameriera fino a casa dove si sarebbe presentato, non invitato, la mattina seguente. La denuncia a Isabelle Perraud da parte di Sébastien Riffault per diffamazione arriva poche settimane dopo, durante l’estate del 2022.

Sostegno Riffault

Al netto di mesi di discussioni su tutti i social media con poche conseguenze pratiche e di una cinquantina di firme per esprimere solidarietà al vignaiolo della Loira da parte di alcuni suoi colleghi e colleghe (immagine sopra) non molto è successo fino alla primavera di quest’anno. La prima udienza del processo si è tenuta il 6 aprile 2023. Nello stesso giorno il quotidiano francese Libération ha pubblicato una lunga inchiesta che ripercorre le varie tappe della vicenda rendendo la posizione di Sébastien Riffault ancora più difficile, almeno a livello mediatico: nessuna delle presunte vittime, tutte residenti in altri paesi, aveva fino a quel momento mai sporto denuncia nei suoi confronti. Nessuna si era mai rivolta alle forze dell’ordine, in Danimarca o altrove.

Nell’articolo della giornalista Maïté Darnault si sostiene che il vignaiolo avrebbe molestato e abusato di un numero ben maggiore di donne rispetto a quello emerso nel corso del 2022: almeno 13 tra il 2019 e il 2022, non solo in Scandinavia. Cameriere, sommelier, in generale giovani ragazze che lavorano nel mondo del vino naturale e che quindi avevano a che fare con Sébastien Riffault in occasione dei suoi frequenti viaggi all’estero. Tutte persone che hanno raccontato alla giornalista le loro esperienze, con particolare attenzione a dettagli e date.

Quello che ne è emerso è un racconto condito da una quantità di particolari tale che risulta difficile pensare si tratti di un complotto nei sui confronti, come dall’inizio ha sempre sostenuto il vignaiolo: «nessuna di queste voci è mai stata provata, da nessuna parte, sono solo pettegolezzi nati per screditarmi», ha dichiarato a Libération.

Sébastien Riffault vini

Venerdì 2 giugno il tribunale di Bourges ha stabilito che tutto quanto pubblicato sui social media da Isabelle Perraud a proposito di Sébastien Riffault tra maggio e giugno 2022 costituiva diffamazione. Il giudice ha detto che le intenzioni di Isabelle Perraud erano certamente motivate dall’interesse generale, senza alcuna animosità personale. Tuttavia, le ha rimproverato poca prudenza, soprattutto il fatto di non aver mai richiamato in quello che scriveva il principio della presunzione di innocenza.

Una sentenza di cui si sta discutendo molto, il timore è infatti che testimoniare pubblicamente sui temi della violenza sessuale e di genere stia diventando sempre più difficile oltre che rischioso. La preoccupazione è che le potenziali vittime possano andare incontro a una doppia “punizione”: non solo convivere con il ricordo delle molestie o degli abusi subiti ma anche correre il rischio di essere condannate a pesanti risarcimenti se decidessero di rendere pubblica la loro testimonianza.

Se da una parte non sono certo i social media i luoghi in cui fare giustizia dall’altra questi possono rappresentare per alcune persone spazi in cui sentirsi libere di esprimersi. Come riporta Libération commentando la sentenza, sono luoghi virtuali che danno “un’opportunità alle vittime per respirare, per essere ascoltate e talvolta per mettere in guardia il prossimo contro possibili nuovi episodi di violenza”.

Sulla scia di questa sentenza sono a oggi oltre 550 le persone, produttori e produttrici, giornalisti e giornaliste, in generale persone che lavorano nel mondo del vino francese che hanno firmato un documento in cui sostengono il lavoro di Isabelle Perraud con la sua Paye ton pinard: “consapevoli del peso della solitudine che troppo spesso sentono le vittime di molestie e violenze sessuali e in misura minore coloro che le difendono, ribadiamo il nostro sostegno totale e incondizionato a Isabelle Perraud e invitiamo tutte le persone sensibili a queste cause a fare lo stesso”.

La storia però continua: la settimana scorsa una sommelier svedese che aveva testimoniato al processo ha annunciato sul suo profilo Instagram, come consigliatole dal giudice, di aver denunciato in Francia Sébastien Riffault per molestie sessuali.

[immagini: Libération, Rue89Lyon, Instagram]

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

11 Commenti

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marcow

circa 11 mesi fa - Link

La materia è delicata e complessa. E, come potete immaginare, ognuno può interpretare i singoli argomenti contenuti nell'ottimo articolo in modo diverso. ____ Se non sbaglio, ma correggetemi, abbiamo già parlato di questo vignaiolo Sébastien Riffault: è quello che usa un cavallo? ____ Conoscendo bene il mondo agricolo posso dire questo. Se un agricoltore è una persona perbene(nel senso più ampio e nobile del termine e non come perbenista) non si verificano MAI questi squallidi fatti. Se un agricoltore(ma, attenzione, vale per tutte le tipologie di imprenditori: ristoratori, negozianti, pizzaioli, albergatori, artigiano, industriali del cinema, ecc...) non è una persona perbene .... questi fatti ... POSSONO succedere... e succedono. Chi è del posto, chi conosce bene le persone(imprenditori agricoltori in questo caso) della piccola realtà in cui l'agricoltore vive... generalmente... potrebbe avere le idee più chiare per capire se, in questo caso, Riffault potrebbe essere la "persona" che ha effettivamente approfittato della sua posizione ... per fare i comodacci suoi. Per un lettore che segue da lontano la vicenda soltanto attraverso le notizie diffuse dai media è molto più difficile farsi un'idea che corrisponda alla verità(?). Ma ognuno... anche se potrebbe essere sbagliata... un'idea approssimativa se la fa. Anche se non la esprime.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 11 mesi fa - Link

Giusto fare attenzione a non scivolare nella diffamazione, perché questo - come altri - è uno di quei casi in cui i social diventano uno strumento delicato da maneggiare. È vero che sono uno strumento per sentirsi ascoltat*, ma va usato con attenzione. Allora meglio usare canali privati di comunicazione e parlare con amici e persone fidate. Perché anche sotto il profilo del dare pubblicità ad una vicenda, rivolgersi ad un avvocato e procedere - se lo si ritiene opportuno - per le vie legali è la cosa più opportuna. Tuttavia questa storia - e grazie Jacopo per averla raccontata così bene - è importante ed è importante che sia letta. Perché serve a tutti, anche a ricordare ad ognuno di noi che su queste cose bisogna avere attenzione. Infine ... credo si possa dire, che questo mondo - quello della ristorazione e del vino - sia estremamente ossequioso nei confronti di personaggi in vista e molto indulgente nei confronti dei loro atteggiamenti (e sto usando un eufemismo). Anche quando si tratta di atteggiamenti che non meritano alcuna indulgenza. In Italia abbiamo avuto un caso eclatante, di cui abbiamo scritto proprio qui su Intravino. Dispiace dirlo, ma è stato come tirare un sasso contro un muro di gomma. E questa cosa non è bella.

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Mattia Grazioli

circa 11 mesi fa - Link

All’estero hanno un concetto di garantismo molto spinto; da noi sei colpevole appena incriminato e poi si risolve a tarallucci e vino, da altre parti si è molto più duri sulla tutela dei diritti. Vignaiolo, commercialista o imbianchino, nessuno dovrebbe abusare delle libertà altrui. E se fai vini buoni ma non aiuti il prossimo, quantomeno rispettandolo, non sei mio amico.

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Paolo

circa 11 mesi fa - Link

Non concordo con questa differenza, Mattia. All'estero il garantismo è tale e quale in Italia: spinto in sede giudiziaria, nullo in sede social. Perché ti ricordo che quanto viene narrato è (fatte le debite proporzioni) tal quale quello che avviene quotidianamente in Italia: il tribunale dei social come scorciatoia utile a condannare seduta stante il reo. Evitando tutti gli orpelli di quelle preistoriche procedure chiamate "garantismo", "diritto alla difesa", ecc. Non vedo il rischio della doppia beffa, come scritto nell'articolo: chi è condannato non è la vittima, ma chi con poca prudenza ha ripreso le denunce altrui sulle proprie pagine social. Di vittime che vengono condannate per diffamazione, se ho letto l'articolo, non riesco a trovarne. Il problema è un altro: i tempi della giustizia, della verifica davanti al giudice, sono oggi profondamente, totalmente incompatibili copn la nostra ansia, necessità di individuare un colpevole. E allora la pagina social, l'instagram di giornata diventa la clava con cui il colpevole viene individuato, condannato, e dopo 48 ore dimenticato, in favore del prossimo giro di colpevoli da condannare.

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Michele A. Fino

circa 11 mesi fa - Link

Decine, centinaia di donne molestate, in paesi con una morale pubblica vivaddio molto più avanzata che in Italia e solo ora la prima denuncia? Persone che parlano a una giornalista di stupro senza avere mai denunciato la cosa? Campagne di raccolte firme pro o contro? Ma stiamo parlando di un vignaiolo o di un guru protetto dall'aura del mistico stupore dinanzi al divino? Una vicenda francamente aberrante nel senso proprio del termine. Solidarietà a chi un tribunale individuerà come una vittima. Lo stupore e l'apparente dispiacere per il fatto che ad ora l'unica vittima dichiarata da una sentenza sia il signor Riffault fa parte del problema. Pensare che in Danimarca sia difficile denunciare gli abusi sessuali, francamente, richiede quasi più sforzo che ritenere improbabile che uomini di varia estrazione e posizione li commettano abitualmente e se ne cantino pure nei propri cerchi più o meno magici. Dare pubblicamente a uno dello stupratore prima di ogni processo (nemmeno condanna!) a suo carico, francamente, non si può difendere perche altrimenti vorrebbe dire che Mani pulite non ci ha proprio insegnato nulla.

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Andrea

circa 11 mesi fa - Link

Ma a voi se vi accusassero di aver stuprato quella statua in cima al Duomo farebbe piacere sapere che che siete nelle mani di un giudice che applica la legge e si attiene ai fatti o della masnada all' assalto del Forno del Cordusio?

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Jacopo Cossater

circa 11 mesi fa - Link

Al volo, a margine. Ho scritto per la prima volta di questa vicenda alla fine di aprile sull'allegato Cibo del quotidiano Domani. In quel pezzo facevo capire, relativamente a questa causa per diffamazione, quanto fosse probabile che Riffault la spuntasse: già allora tanti i commenti letti su diverse piattaforme che davano questo esito per scontato o quasi.

Le firme a sostegno di Isabelle Perraud e del suo lavoro attraverso l'associazione, tra cui anche la mia, non sono firme che invitano a diffamare liberamente sui social media ma che la spronano a portare avanti il suo lavoro con lo stesso approccio di prima. Capisco perfettamente le osservazioni del Prof. Fino ma, in casi come questi, credo esistano diverse scale di grigio da tenere in considerazione, specie quanto non parliamo di abusi ma di molestie. Sono difficili da provare, denunciarle ha un costo di tempo, di denaro, di esposizione mediatica che la grandissima maggioranza delle vittime non ha semplicemente voglia di affrontare. In Italia abbiamo almeno un caso eclatante, noto alla grande maggioranza delle persone che lavorano in questo mondo, che -semplicemente e quasi completamente- viene ignorato. Un atteggiamento, "come niente fosse", identico a quello denunciato l'anno scorso da quella sommelier danese.

Io non avevo un'idea chiara della vicenda e anche adesso continuo a essere possibilista. Certo il pezzo uscito su Libération contiene una quantità tale di testimonianze, fatti, circostanze difficili da ignorare.

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Mattia Grazioli

circa 11 mesi fa - Link

Michele parte da un presupposto di rispetto totale della dignità umana, non togliendo la possibilità di colpa, io invece noto una colpevolizzazione di base che non riesco ad accettare. Ma sono io che non tollero il generalizzare. Chi molesta, violenta, stupra, plagia, è un animale e mai sarà tollerabile, ma servono dati certi.

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Michele Antonio

circa 11 mesi fa - Link

Grazie dell'attenzione Jacopo. Il mio non era nemmeno un commento alla vicenda. Solo una constatazione aggrovigliata di una pastoia da cui sembra impossibile venire fuori.

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marcow

circa 11 mesi fa - Link

"Gli atti esistono se esiste un testimone. Senza un testimone, chi ne può parlare? In ultima analisi si potrebbe perfino dire che l'atto non è nulla e che il testimone è l'unica cosa che conta" dal libro "Meridiano di sangue" di Cormac McCarthy (Uno dei più grandi scrittori contemporanei 1933-2023) __ Condivido il commento di Jacopo Cossater.

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Nuovo corso Friulano

circa 11 mesi fa - Link

Condivido il commento di Mattia Grazioli.

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