Social Intravino | La scuola-cantina di campagna in Albania voluta da don Gianfranco Cadenelli

Social Intravino | La scuola-cantina di campagna in Albania voluta da don Gianfranco Cadenelli

di Stefano Senini

Che strano rapporto abbiamo con l’Albania: periodicamente emerge agli onori delle cronache da più di 30 anni, dall’immagine choc del mercantile Vlora strapieno di emigranti che nell’agosto del 1991 approdò al porto di Bari. In seguito lunghi silenzi, interrotti da notizie di vacanza di qualche Presidente del Consiglio, di turisti italiani che non pagano i conti al ristorante, di accordi per la detenzione di migranti…

Poi c’è il turismo: una costa che doveva diventare il nuovo Salento ma che sembra sempre alla metà del guado, come riferisce chi ha provato una vacanza sull’altra sponda dell’Adriatico (tra cui su Intravino Lisa Foletti nel 2019).

Questa storia invece riguarda un’altra Albania, quella rurale, quella per cui una manciata di chilometri nell’interno rappresenta un viaggio nel tempo di decine di anni: campagne in via di spopolamento, mancanza totale di infrastrutture, povertà diffusa. È in una di queste zone nel distretto di Mat, a Klos, una cinquantina di chilometri a nordest di Tirana, che a don Gianfranco Cadenelli, missionario di origine bresciana, viene in mente di avviare una piccola scuola-cantina, per insegnare ai contadini locali le tecniche di vinificazione. Il progetto si chiama proprio Scuola Cantina ed è operativo dalla scorsa vendemmia, in forma certamente embrionale ma ben avviato.

Don Gianfranco
Esistono già dal 2020 alcuni ettari vitati, grazie ad un progetto finanziato in parte dai fondi della Conferenza Episcopale Italiana in collaborazione con l’ONG No One Out; si è pensato alla vite perché c’è grande mancanza di acqua (anche se 3 anni fa è stato scavato a mano un acquedotto di 8 chilometri) e questa coltura poteva essere ideale anche per la natura dei terreni argillosi, collinari e ottimamente esposti; conta inoltre la tradizione che, prima dell’arrivo nel XIV secolo della dominazione ottomana, ha certamente visto anche il mondo balcanico dedicarsi alle colture tipiche del bacino mediterraneo, vite e ulivo.

cantina

«Non è mai scomparsa in realtà la viticoltura», mi racconta Ezio Almici, uno dei volontari che supportano dall’Italia don Gianfranco, organizzando raccolte fondi con incontri e degustazioni; «Non sanno poi bene cosa fare del vino però: una volta abbiamo trovato là un contadino che teneva in casa 5000 bottiglie di raki, il loro distillato; le avrebbe, secondo lui, vendute poco a poco». Ecco allora che seminare un po’ di cultura (e di competenze) legate al vino può essere un’idea vincente per fornire reddito alle poche famiglie di contadini rimasti; dotata di botti in acciaio e vetroresina e di alcune attrezzature indispensabili – torchio e pigiadiraspatrice – la scuola-cantina è seguita tecnicamente da Mauro Lorenzi (della cantina Castello di Gussago la Santissima), da Marco Lazzarini (della cantina La Pergola di Moniga) e da Luca Facciano, agronomo e ricercatore dell’università di Brescia: hanno accettato di partecipare gratuitamente al progetto in ricordo di un loro amico enologo, Antonio Crescini, scomparso lo scorso anno (lavorava per un’altra azienda gardesana, la Famiglia Olivini). Stabilmente sul campo si trova invece Gentjan Gjini, un collaboratore che lavora per la missione sin dai primi anni 2000, vera mente e braccio operativo di tutto il progetto.

Don Giancarlo e Gentjan Gjini

Don Giancarlo e Gentjan Gjini

Stanno fermentando le prime 1200 bottiglie sperimentali, da uve cerujia, kallmet e cabernet Jura: vinificazione classica, tini di acciaio, ricerca dell’espressione del terreno. Il sogno, ambizioso, ma non irrealizzabile, è quello di costruire locali adeguati (oggi invece le attrezzature sono all’interno degli spazi della missione) e creare una sorta di cantina sociale coinvolgendo altri contadini della zona. Ezio mi dice che, a fronte di una manodopera che ha costi minimi, le bottiglie troverebbero anche un buon mercato: «Nelle altre zone di produzione alcune cantine esistenti vendono a pochi euro, nei ristoranti di Tirana arrivano anche a 28-30 euro».

campagna

Attendo curioso di assaggiare i vini di prova, ma mi piacerebbe davvero accettare l’invito di andare a visitare la parrocchia, un territorio enorme, vasto quanto una grande provincia italiana, magari approfittando del piccolo camping legato alla missione, che nelle ambizioni potrebbe essere il nucleo di un futuro agriturismo; sarebbe istruttivo toccare con mano questa periferia d’Europa, forse non molto dissimile da certe zone del nostro Paese nell’immediato dopoguerra.

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Stefano Senini

Laureato in lettere classiche, diplomato sommelier da ormai trent’anni, è stato un critico gastronomico professionista (sì, di quelli seri che girano in incognito), responsabile del Liceo all’interno del carcere di Porto Azzurro sull’Elba e oggi felicemente insegnante in un Liceo nella provincia di Brescia. Non ha uno smartphone né peli sulla lingua ma tanta esperienza.

4 Commenti

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Gabriele

circa 5 mesi fa - Link

Oh, ma scovate sempre storie bellissime! questa è originale, sarei curioso di assaggiare i vini

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Nic Marsél

circa 5 mesi fa - Link

Abbiamo anche un rapporto più profondo e diretto con quell'Albania che è ormai stabilmente parte integrante della società italiana. Senza fare riferimento alle comunità arbereshe frutto delle migrazioni del 1400, coi più recenti spostamenti, oggi ci sono migliaia di famiglie trasferitesi nel nostro paese. In molti hanno acquisito la cittadinanza italiana. Tutti mantengono un legame con la loro terra d'origine sebbene perfettamente integrati nella nuova situazione. Abbiamo mariti, mogli, compagni, compagne, figli di genitori misti, amici, colleghi, lavoratori di ogni settore. Tornando al tema in oggetto, ho spesso assaggiato vini prodotti nel paese delle aquile senza mai rimanere folgrato nè dalla qualità nè dall'originalità della produzione. Essendo stato un paese per decenni isolato, mi sarei aspettato di trovare molte produzioni naturali e incontaminate per definizione ma nella mia piccola esperienza non ho avuto modo (ancora) di scoprire gemme nascoste. Manco da un po' e quindi spero che nel frattempo le cose siano migliorate. Il nord col Kallmet mi sembrava il territorio più avanti e più interessante. Curioso di capire come evolveranno progetti come questo anche se il vino nel bicchiere è evidentemente soltanto uno degli aspetti.

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Francesca

circa 5 mesi fa - Link

Possibile avere l'indirizzo? Vorrei andarlo a trovare e comprare qualcosa visto che sono vicina.

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Lisa Foletti

circa 5 mesi fa - Link

Che bel racconto, Stefano. Mi rammarico di non essere andata alla ricerca di qualche realtà vitivinicola durante il viaggio che feci in Albania nel 2019. La mia esperienza lungo la costa fu desolante, dal punto di vista enogastronomico. Ma ripongo qualche speranza nello sviluppo vitivinicolo dell'Albania. E mi sono ripromessa di tornarci.

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