L’importanza di chiamarsi col nome giusto. Ovvero perché scegliamo un vino in base al nome. E tanti saluti al resto
di Fiorenzo SartoreQuanti indizi servono per fare una prova? Tempo fa chattavo con un amico sulle denominazioni di certi vini che, da sole, ne determinano l’appeal. Si diceva che un vino con un nome fighetto ha maggiori chance di piacere, così, in modo istintivo. Poi, lo stesso giorno, un cliente mi richiede per la milionesima volta quel certo bianco dall’Alto Adige che si chiama come San Valentino. Oggi infine leggo quest’altra notizia: ricercatori canadesi hanno scoperto che il nome del produttore influisce sulla valutazione gustativa. Non si parla della denominazione o del vitigno – presentare un Barolo piuttosto che un barbera, fatalmente, costituisce un’aspettativa comprensibile. Qui si parla di elementi fonetici, in questo caso riferiti al nome della winery. Il campione del produttore con un nome più complesso è stato giudicato migliore di quello più facile da pronunciare, che per questo appariva più banale. Ma i campioni erano identici.
Quindi un nome evocativo associato ad un’etichetta – che sia la denominazione, il produttore od altro – istintivamente condiziona la scelta. Ed è come se lo avessi sempre saputo: classico caso nel quale si giunge ad una convinzione, senza un dato anche vagamente scientifico. Il succedersi degli indizi basta a provare il sospetto: mentre qui spacchiamo il capello in quattro analizzando aromi, tannini e persistenze, là fuori legioni di umani scelgono il vino in modo totalmente irrazionale. Ricordo un amico che un giorno dichiarò di acquistare i vini per il suo ristorante, durante il Vinitaly, giudicando in base all’etichetta. Se questa gli piaceva, entrava in carta. Chiaramente l’amico trollava, o forse era solo un proto-intravinico, dotato di innata tendenza al cazzeggio. Altrimenti applicava il codice di comportamento da scelte allegramente irrazionali.
Ma non vi capita mai? Ci sono nomi legati al vino che in automatico accendono quella luce, nell’occhio del cliente, o dell’amico meno skillato. Dipende da come suona, da cosa evoca. Dipende da un sacco di fattori non facilmente spiegabili. Esempi? Ecco una lista riferita alla mia esperienza.
Sanct Valentin. Linea prodotta dalla Cantina San Michele Appiano (il San Valentino di cui sopra). Alla faccia dei nomi tedeschissimi quindi poco familiari nei vini atesini, questo geniale santo ha un’attrattiva tutta sua, e chi lo invoca piazza le consonanti dure anche dove non servono manco fossero schutzen: sankt valenktin. Immagino che suggerisca segreti equilibri tra rigore teutonico e spread mediterraneo.
Morellino (con o senza di Scansano). Fiumi di parole sono stati versati per dire quanto questo nome piaccia. La desinenza diminutiva c’entra solo in parte (vini col diminutivo ce ne sono a pacchi). Qui funziona la morellitudine, cioè il fatto che sia moro, ma con leggiadria. E’ fine e non impegna.
Blangé. Perfetto mix di molti termini: blanc, blasè, agée; con quel tocco di Francia che fa tres chic. Chi lo richiede vola alto, se ne frega (serenamente, pacatamente) di arneis, terroir, Langhe, e del mondo intero. Con una parola ha detto tutto. Nome indovinato se mai ce n’è uno.
Stràminer, triste italianizzazione (?) di gewürztraminer. Sareste sorpresi di sapere quanti umani chiamano straminer il famoso bianco aromatico. Se, incautamente, li correggerete pronunciando il vitigno nel modo esatto, quelli vi guarderanno dubbiosi: come sarebbe a dire, ghevurztràminer? Io voglio lo stràminer (a volte stramìner). Siate gentili, non contradditeli, non spezzate l’incantesimo. Quel nome suona troppo bene.
Nero d’Avola. In questa denominazione giocano evocazioni apparentemente opposte ma efficaci, assieme: nero richiama la cupezza, e, inevitabilmente, l’appellativo che l’enobarbaro dà al vino rosso: vino nero (per favore, ricordate: il vino nero non esiste. Il vino è rosso). Avola invece suona come favola, quindi Nero d’Avola, vino da favola, e via di suggestioni immaginifiche. Col Nero di Troia invece va tutto all’aria, per motivi che non dovrei spiegare.
Donnafugata. Sarà quest’aria da femmina liberata, che fa le valigie e pianta in asso il maschio, ma il nome è quasi perfetto. A parte l’elemento post-femminista, la parola ha in sé l’idea della fuga, dell’evasione, e della conseguente libertà.
Greco di Tufo. Cos’è che acchiappa tanto, in questa denominazione? La citazione ellenica, i coloni greci che portano la vitis vinifera nel sud Italia? Ma come mai chi ha questa raffinata cultura classica, si fa abbindolare così? – Oppure: è necessario avere una raffinata cultura classica per farsi abbindolare? O è il tufo che richiama sotterranee radici?
Primitivo. Per l’uomo che non deve chiedere mai, e magari si fa la doccia raramente. A parte quell’evocazione di virilità, piace il richiamo della foresta, il mito del buon selvaggio, il bel tempo andato. Insomma è pure mezzo fascio, e infatti un po’ confligge con le donnefugate. Ma è lo stesso irresistibile.
Passito. Non importa di cosa, tipicamente va quello di Pantelleria. Passito contiene la radice di passione, oppure passato, insomma è un bel po’ trasversale. Nella versione full, Passito di Pantelleria appunto, le due pi assonano in modo molto musicale, e comunque l’isola è esotica quanto basta.
Da questa lista stanno fuori gli elenchi infiniti di nomi più o meno fantasiosi che fanno riferimento al sesso, all’accoppiamento, alle posizioni amorose e ai descrittori anatomici. Quanto alla lista dei toscani (e non) che finiscono per -aia, è un numero talmente spropositato che non mi basta la RAM.
[Immagine: Oddee.com]
35 Commenti
Andrea
circa 13 anni fa - LinkVero. Ho un amico che sceglie il vino in base all'etichetta...però beve soprattutto Coca-Cola (Zero) ;)
RispondiCarlo Mantovani
circa 13 anni fa - Linkla berrò quando cambieranno il nome in "zero Cocacola"
RispondiOlimarox
circa 13 anni fa - LinkCi sono vini che nobilitano solo a pronunciarne il nome: Mueller Thurgau Feldmarshall von Fenner zu Fennberg. Lo ordini e ti crescono subito favoriti e fedine, lo bevi e dichiari guerra alla Francia.
RispondiArmando Castagno
circa 13 anni fa - LinkDegna di Woody Allen.
RispondiCarlo Mantovani
circa 13 anni fa - Linkdel Woody Allen attuale, però: quello che non ne azzecca una.
RispondiSimone e Zeta
circa 13 anni fa - LinkUna volta a Caluso, dissi ad un produttore quanto era fortunato a poter chiamare il suo prodotto Erbaluce..e di quanto fosse sgraziato pronunciare la parola Vernaccia :-)) Il Sig Bruni, titolare dell'omonima Enoteca in San Gimignano, vi racconterà di quando, decine di anni fa, durante i primi commerci di Vernaccia su Roma, gli acquirenti chiedessero se fosse possibile cambiare nome :-))
Rispondiesperio
circa 13 anni fa - LinkE' tutta una questione di gusti : Il nome vernaccia a me piace; ha sentori di rustito, schittezza, di bonta' agreste; mentre erbaluce e' un nome che sfugge quasi esoterico. Comunque entrambi non avranno mai le fortune di pinot grigio.
RispondiMAurizio
circa 13 anni fa - Linkerbaluce sa un po' di shampoo .. :-)
RispondiSimone e Zeta
circa 13 anni fa - LinkLuigi Soini, presidente della Cantina Cooperativa di Cormons, pensò che fosse giusto contrastare il più che famoso Pinot Grigio, con l'aggiunta del termine "gialla" alla famosa uva Ribolla.
Rispondipollabrut
circa 13 anni fa - Link...e vogliamo dire di come i clienti si riempiono la bocca di "millesimato"? poco prima di natale, nella ressa dei regali in tempo di crisi, una stra-fighettissima in pellicciotto trench mi rincorre per mezza enoteca urlando: "ma il prosecco, quello CENTESIMATO, voi non ce l'avete mica neh!?!?!?! vi assicuro... da rotolarsi!!!
RispondiPietro Caputo
circa 13 anni fa - Linkhaha centesimato... evidente mente pensava che come un centesimo vale più di un millesimo, anche un prosecco centesimato valesse più di un millesimato... inquesta ottica per fortuna non ha chiesto un prosecco DECIMATO!
RispondiManilo
circa 13 anni fa - LinkSartore si dimentica il Cannonau, fa venire in mente un vino deciso a palla di cannone. L'altro è il Sagrantino... un vino per pochi viene in mente un vino speciale, coime se fosse molto curato, quasi tra il sacro ed il profano.
RispondiFdM
circa 13 anni fa - Linkperò sarebbe ghevurztramìner, tanto per fare i bacchettoni fino in fondo :P
RispondiMassimiliano Montes
circa 13 anni fa - LinkDonnefugate dal nero di troia memoria di un passito che più non ritorna, l'angustia del sospiro di un soffocone dal primitivo bricco dell'uccellone, amarone ricordo non ancora sopito. Donnefugate, tradite, liberate.
RispondiCarema86
circa 13 anni fa - LinkDimentichi la tanto amata Passerina:)
RispondiMassimiliano Montes
circa 13 anni fa - LinkHo tralasciato passerina e pecorino, non volevo abusare
Rispondiesperio
circa 13 anni fa - LinkEh, e' bello scoprire che in giro c'e' ancora gente che pratica soavemente la temperanza. E' Cortese ed una grande Lessona.
RispondiDylan Doc
circa 13 anni fa - Link(Geniale!) Quasi mi commossi leggendo i tuoi versi, intrisi di liquidi rossi di cotal bellezza che del novello annienta l'asprezza! Mentre tutt'intorno facciamo girotondo, intonando Caparezza! mandando affan... tutta l'amarezza!! P.S.Vabbè c'ho provato!;-)
RispondiCarlo Mantovani
circa 13 anni fa - Linkchestronzata!
RispondiNelle Nuvole
circa 13 anni fa - LinkIl nome perfetto, completo, facile da ricordare in tutte le lingue, evocativo di allegria e fugatore di momenti tristi c'e' GAJA questo Signore, non contento della fortuna ereditata con siffatto cognome ha voluto stravincere raddoppiando con una delle figliole. In caso non si capisse quanto sono contenti da quelle parti. Ti credo, con quei vini e quei prezzi, sarei gajissima anche io.
RispondiGiacomoPevere
circa 13 anni fa - LinkInfatti all'inizio lo chiamavano Gaja o'Rei ma Pelè si incazzò e il resto è storia...
RispondiMassimiliano Montes
circa 13 anni fa - LinkPatron dell'annuale Gaja Pride
RispondiVittorio Vezzola
circa 13 anni fa - LinkChe cosa c'è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo.
RispondiMassimiliano Montes
circa 13 anni fa - Linknomina non sunt consequentia rerum
RispondiOlimarox
circa 13 anni fa - LinkNon stat rosa pristina nomine?
RispondiMassimiliano Montes
circa 13 anni fa - Linkm a r o s s i ! Sai che mi mancavi?
RispondiOlimarox
circa 13 anni fa - LinkMontes, si veede che ti distrai: ogni tanto intervengo, qua e là. Ma non pronunciare quel nome, o verrai bannato. Taci, il nemico ti ascolta. Ford transit Gloria Gaynor.
RispondiMassimiliano Montes
circa 13 anni fa - LinkOgni tanto lavoro, ho meno tempo :-( Ford escort presidenziale (meglio non fare nomi...)
Rispondisuslov
circa 13 anni fa - Linknuda nomina tenemus ...
Rispondishe-wolf latinorum
circa 13 anni fa - LinkParlum comem magnom, et anca bevum. Presuntosis presuntosorum que altium non sietes.
RispondiEnobarbaro
circa 13 anni fa - LinkAhahahah troppo avanti questa Lupa! :)
RispondiMassimiliano Montes
circa 13 anni fa - LinkPiano che poi Carlo Mantovani si incazza
RispondiFrancesco Fabbretti
circa 13 anni fa - Linka tutto c'è rimedio basta trovare il vino buono (davvero!) con un nome più intrigante. tanto per dirne uno al felmarshall contrapponi uno "Gneiss" di Unterortl Castel Juvall Familie Aurich... vittoria a tavolino perchè il feld non si presenta nemmeno in campo
Rispondinavod
circa 13 anni fa - LinkMmah... state sempre lì a cercar doppi sensi. Sapete cosa vi dico vado a beermi un bel rosso pe-la-verga !
RispondiPietro Caputo
circa 13 anni fa - LinkE vogliamo ricordare il PHIGAIA? tra l'altro prodotto dalla stessa azienda che fa il Rosso dell'Abbazia... come a dire non ci facciamo scappare nessun cliente, da Rocco al Papa....
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