Viaggio in Sicilia | Etna, The Real Thing

di Andrea Gori

Un grande terroir oggi si fonda su tre elementi: l’uomo, il vitigno, e il territorio che l’uomo ha preservato. Queste le parole conclusive del seminario di Attilio Scienza alle pendici del vulcano durante Sicilia En Primeur. Sono anche le parole che abbiamo posto a suggello del nostro video e le stesse parole che vogliamo usare per raccontare questi tre giorni vissuti su Iddu.

Non siamo andati da Cornelissen (i suoi vini sono praticamente invalutabili), non siamo andati al vigneto a 1200 di Salvo Foti (anche se abbiamo bevuto il 2007 Vinudilice, paragonabile ad occhi chiusi quasi solo ad un Dom Ruinart Rosè 1998 come profumi e intensità di sensazioni), non abbiamo visitato Zenner, Mongibello e tutti quanti ci avete premurosamente consigliato. Però abbiamo incontrato Ciro Biondi a Trecastagni, Federico Curtaz e Silvia Maestrelli a Rovitello, Enzo Cambria e Alberto Aiello a Passopisciaro.

In più, abbiamo assaggiato quanto proposto a Sicilia En Primeur 2012 e qualche altra chicca in giro. Capire l’Etna significa camminarlo, significa salire e scalarlo almeno da tre dei versanti che lo compongono, significa cercare di leggere la storia della viticoltura qui sopra. Prima DOC storica della Sicilia già nel 1968, e soprattutto testimone di un passato di potenza vinicola isolana e nazionale con tanto di ferrovia – anzi, due ferrovie – per commerciare più facilmente il vino prodotto nei grandissimi, giganteschi palmenti in pietra dove avveniva la vinificazione di tonnellate di uva ai tempi d’oro. La ferrovia circumetnea e la linea che saliva lungo l’Alcantara serviva a raccogliere il vino, e avviarlo al porto per la spedizione: di tutto è rimasto vestigia, e anche funzionalità, che adesso comincia ad essere riscoperta. L’idea che ti fai camminando e guidando su questi versanti è quella di un gigante dormiente che aspetta solo il momento di risvegliarsi, e tornare a produrre e riportare orgoglio e lavoro in queste contrade. In un mondo dove si lamenta la scomparsa del terroir qui ce n’è fin troppo, con Pinot Nero o Mondeuse assolutamente irriconoscibili ma perfettamente etnei (come quelli di Ciro Biondi e di Cottanera con la famosa “Ardenza”), oppure lo stesso vitigno che appare distintamente sé stesso anche coltivato a livello del mare (provato uno scioccante nerello coltivato quasi sulla spiaggia nei pressi di Fiumefreddo), e che poi invece cambia di zolla in zolla in altre esposizioni.

Da Ciro Biondi abbiamo sentito un nerello da botte (vigna Cisterna) con note di pepe, humus e fiori d’altura che racchiude in sé sole, mare e tanta freschezza di montagna. Ma anche un Outis 2008 schietto e diretto ai limiti del commovente, succoso, dolce di ribes rosso e frutta di bosco, mirto, cotognata. Da Cottanera abbiamo provato un Rosso Etna 2005 fatto di china, tabacco e cuoio, dal bel floreale rosso passito con retrogusto di arancio rosso e tannino sontuoso. Poi, sempre di Cottanera, il Barbazzale 2011, e ‘A Rina di Girolamo Russo: fatti (quasi) solo in acciaio, intensi di lampone e ciliegia cotta, esplosivi quasi di fiori e resina, dalla beva immediata e succosa. A Fessina tra botte e bottiglia abbiamo trovato il Musmeci 2011 appena messo in legno con suadenza e morbidezza incantevoli, bocca struggente, marasca e tabacco, tannino splendido ed un 2010 floreale e terroso, tabacco, dalla grande polpa di amarena e cassis, incenso e cardamomo con finale di humus godurioso.

Per curiosità abbiamo anche provato, quando possibile, qualche internazionale: Syrah, Merlot e Cabernet coltivati qua sopra, e puntualmente, qualche anno fa, ricoperti di bicchieri, grappoli e medaglie. Per loro è come se il tempo si fosse fermato e cristallizzato, come se fossero stati sommersi dalla lava che li ha appiattiti e resi dimenticabili, mentre ha fatto da nuovo humus per nerello e carricante che ogni dove rinascono con nuova forza, grazie alla crescente consapevolezza di chi ha investito o ha tenuto duro in queste zone. Tra questi, la fase di riscoperta è già passata e già si parla di versanti, di contrade, di stili e di caratteristiche. C’è voglia di correre e di recuperare, ma è bene ricordare che sono solo 25 anni che il Nerello e il Carricante vengono lavorati con criteri qualitativi, e la strada avanti è tanta se vogliamo che il gusto Etna faccia presa nei consumatori e sia sempre riconoscibile, pur se declinato nei vari stili dei produttori.

L’Etna vale oggi 2milioni di bottiglie di cui almeno un terzo di livello molto alto. Se si avrà il coraggio di investire, e proporre una qualità uniforme e costante nei prossimi anni, saremo davvero davanti ad un nuovo piccolo grande miracolo siciliano. Se invece prevarranno le logiche commerciali, sarà l’ennesima occasione sprecata e dimostreremo che la storia non insegna davvero niente in questo campo.

[Crediti | Immagine dell’Etna: Guidasicilia.it]

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

13 Commenti

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claudioT

circa 12 anni fa - Link

Speriamo che il nobile Nerello Mascalese di lontana parentela borgognona non venga sputtanato come il Nero D'Avola alla fine degli anni '90, che da vino di cisterne si è trasformato nella cattiva copia di molti Bordeaux di scarsa finezza, passando da un opposto all'altro con disprezzo di tradizione e territorialità e con uno sguardo miope al solo business di breve termine http://grappolospargolo.spazioblog.it/175815/Nord+Etna%3A+moda+o+piccola+Bourgogna+d%26%2339%3BItalia%3F.html Del sano autoreferenzialismo non gusta mai, purchè in tema!

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Francesco Fabbretti

circa 12 anni fa - Link

peccato non ti sia incontrato con Foti. Non voglio sembrare Offensivo nei confronti di ma il nero d'avola di Vittoria e il cerasuolo di COS, gli etna di Foti, sono vini che cominciano sempre più ad apparire come punti di riferimento per le rispettive zone di produzione. Per la DOC Eloro e Pachino ancora non mi sembra spunti il "crack" di riferimento.... sulle altre zone non commento trovandole genericamente eterogenee senza un cavallo di razza con uno standard qualitativo affidabile ottenuto attraverso una produzione che non faccia uso di legni piccoli "ad abundantiam"

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PortaleDelVino

circa 12 anni fa - Link

Perchè i vini di Cornelissen sono invalutabili?

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Andrea Gori

circa 12 anni fa - Link

le 2-3 volte che li ho assaggiati ho sempre avuto problemi a digerirli...sono vini fatti al 90% di concetto e al 10% di vino come propriamente viene inteso. A mio modo di vedere non sono valutabili con le scale con cui valutiamo gli altri vini. Ma non in senso positivo, dei suoi vini (visti anche i prezzi) salvo solo il Contadino

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Eugenio

circa 12 anni fa - Link

Affermazioni forti, quindi mi piacciono e le rispetto. Epperò fuori fase e "concettualmente" sbagliate. Quel 90% di (appunto) concetto pare ai limiti della provocazione e porterebbe a discussioni troppo lunghe in un commento su cosa si intenda con "concepire un'idea di vino", cosa applicabile a qualsiasi persona decida di produrre vino (dal supertuscan iperlegnoso al vino "Contadino"). Mettere Cornelissen fuori scala perché non lo si assimila ad una media tradizionale produttiva è troppo: tante cose virano verso quel gusto, specie nella Francia meno sudista ( e sono certo che tu, Andrea, ne avrai sentite). Nella mia esperienza, Contadino da varie annate è un meraviglioso "vin de soif"; Munjebel Rosso un passo in avanti in ciccia e magari meno diretto; Magma bevuto solo in fiere varie (quindi non giudicabile approfonditamente).

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Andrea Gori

circa 12 anni fa - Link

te lo dico da sommelier, sinceramente non saprei proprio come proporre Cornelissen ad una persona che non lo conosca già molto bene e che sia disposto a spendere cifre considerevoli per vini in parte sperimentali. Non ho assaggiato le ultime uscite di Magma e Munjebel quindi magari le cose sono migliorate ma secondo me c'è un solco di piacevolezza e pulizia minima che i vini oggi dovrebbero rispettare, specie a certe cifre! e non c'entra l'omologazione, credimi...

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PortaleDelVino

circa 12 anni fa - Link

Io ti dico da sommelier che introdotto nella maniera giusta di vini di Cornelissen ne vendo a palate. E se ha la cantina vuota non sn l unico.

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suslov

circa 12 anni fa - Link

ma di tenuta delle terre nere solo il cancello ?

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Andrea Gori

circa 12 anni fa - Link

purtroppo si! c'era tempo per pochissime visite oltre le cantine che avevano aderito a Sicilia En Primeur...sarà per una molto probabile prossima volta

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salva

circa 12 anni fa - Link

101% su Cornelissen. Rientrato ieri da una 2 giorni etnea, concordo su Graci, Russo ed il commovente campione di botte "Cisterna" 2010 di Ciro Biondi. Peccato non hai avuto modo di provare i vini di Valcerasa, eccellenti su tutti i versanti: bianco, rosso e rosato!!!

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Antonio Benanti

circa 12 anni fa - Link

"Se si avrà il coraggio di investire, e proporre una qualità uniforme e costante nei prossimi anni, saremo davvero davanti ad un nuovo piccolo grande miracolo siciliano. Se invece prevarranno le logiche commerciali, sarà l’ennesima occasione sprecata e dimostreremo che la storia non insegna davvero niente in questo campo." SOTTOSCRIVO!!! Antonio Benanti

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