Viaggio in Ungheria | Vi presento Istvan Szepsy, mister Tokaj

di Danilo Ingannamorte

Nei laboratori di Los Alamos diretti da Enrico Fermi è nata la teoria secondo cui gli alieni esistono e vivono tra noi, parlano una lingua astrusa, sono intelligentissimi e possono bere ingenti quantità di alcol senza soffrirne le conseguenze: sono gli ungheresi! Lasciando il quesito nelle sapienti mani dei colleghi di Voyager, il sospetto che ci sia del vero è stato rafforzato dall’incontro con un personaggio incredibile del mondo enoico magiaro: Istvan Szepsy.

La sua storia e quella della sua famiglia ispirerebbero anche il più scarso degli sceneggiatori in cerca di epopea vinicola. Una figura che si staglia sul panorama vinicolo mondiale grazie a vini strepitosi che lo fanno sentire perfettamente a suo agio quando paragonato ai più grandi Chateaux bordolesi. I modi gentili, umili e allo stesso tempo trasudanti autorevolezza olimpica, ammaliano e conquistano ancor prima dei suoi vini.

Ma andiamo con ordine: si narra che un parente di Istvan, tale Máté Laczkó Szepsy, nel lontano 1650 abbia inventato il Tokaj Aszu da uve botritizzate, fornendo un disciplinare ante-litteram tuttora in uso. La famiglia nobile Szepsy di Bodrogkeresztùr inizia a coltivare la vite sul finire del XVI secolo e non ha mai smesso da allora. Neppure la parentesi infausta del comunismo ha potuto separare gli Szepsy dalle vigne, anche dopo averle espropriate. Il nostro Istvan, infatti, cresciuto all’ombra del padre e del nonno che fecero appena in tempo a trasmettergli la vera tradizione centenaria del Tokaj, sotto il regime sovietico si guadagna il posto di direttore della cooperativa vinicola. I tempi sono duri: oltre alla perdita delle terre, bisogna convivere con l’umiliazione di vedere snaturato il leggendario vino dei re dalle esigenze di profani bevitori di vodka che non disdegnano persino di aggiungere quest’ultima al vino per fortificarlo. Allora, come dice lui stesso, non c’era futuro, non c’erano sogni e nessuno pensava di poter un giorno ritornare a fare un Tokaj eccelso. Ma una volta abbattuta la cortina di ferro finalmente si è potuto ricominciare a sognare. Ed è proprio il discendente del leggendario inventore del Tokaj a farsi carico agli albori del terzo millennio di un nuovo inizio per il suo territorio, diventando il pioniere delle vinificazioni secche non botritizzate, un nuovo sogno di eccellenza enoica.

Dopo la privatizzazione delle terre inizialmente gestisce una neonata realtà a capitale straniero creata dal finanziere americano Hwang e subito incomincia a stupire con i primi furmint secchi. Nel frattempo, lavora al suo sogno e acquista pian piano vigneti lontano da Tarcal e Tokaj, fino a quando decide di dedicarsi totalmente alla propria azienda per poter lavorare senza condizionamenti esterni. Dovendo partire da zero (i vini secchi non sono mai stati vinificati in modo razionale, in quanto sottoprodotto di quelli dolci), sceglie di cominciare letteralmente dalla base, dagli studi geologici. Incrociando questi ultimi con documenti storici di enologia si convince che le zone più vocate sono quelle corrispondenti a geyser estinti che hanno caratterizzato a macchia di leopardo terreni più complessi e ricchi di formazioni zeolitiche. Comincia quindi ad acquistare vigneti che nessuno lotta per avere. Mette le mani su alcuni appezzamenti principalmente nel comune di Màd e qui si insedia con la nuova cantina. Oggi i nomi di quei vigneti campeggiano orgogliosamente sulle etichette dei suoi vini.

Di fronte a tanta scienza unita a romanticismo per un momento sento il trillo della campanella d’allarme (no! anche qui è arrivato il marketing selvaggio!), ma dura poco perché subito dopo Istvan prosegue mostrandoci una serie ricca di frammenti di roccia cui assegna nomi e allocazioni con savoir-faire rassicurante. Questi subdoli dubbi si dipanano del tutto quando finalmente stappa le bottiglie. Una progressione di cru monovarietali (l’unico a farne così tanti in tutta Tokaj) che mi stupiscono schiaffeggiando con fiera irriverenza la mia incerta aspettativa. Mineralità? A palate! Eleganza, acidità importante, nasi finissimi che danzano dalle fragranze di erbe aromatiche alla mela, il tutto sopra un sottofondo di setosa avvolgenza e di legno perfettamente integrato! Spicca il furmint Szent Tomàs Tamás, un cru di Màd, che casualmente ora tutti vogliono vinificare, con il suo nobile incedere fatto di nitidezza estrema al naso e lunghezza inaspettata in bocca.

Istvan continua spiegandomi che trattasi di vigne di 60 anni, una rarità, data la presenza quasi esclusiva di cloni comunisti iperproduttivi, a tutt’oggi ancora gli unici legalmente accettati per i nuovi impianti. In maniera autonoma e clandestina sta conducendo selezioni da vecchie piante di furmint dal grappolo più minuto – “qualcuno deve pur iniziare!”, dice. In fondo, chi e che cosa può fermare uno che dal nulla ha inventato il nuovo Tokaj e vende le sue bottiglie (tutte) al prezzo (giusto) di un buon Borgogna e di un eccellente Sauternes? Dopo un’ esaustiva panoramica sui suoi vini dolci da far commuovere anche il più incallito astemio bevitore di bibite gassate, arriva il momento del commiato. Penso: uno così vale mille Quintarelli, ma che dico?, centomila Ferruccio Biondi Santi! Allontanandomi ammiro le stupende colline boscose, è sera e la nebbia si è già un po’ levata dal fiume Tisza, poi guardo in alto, stropiccio gli occhi, guardo di nuovo. No, non mi sono sbagliato: quello era proprio un ufo!

3 Commenti

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Mario Crosta

circa 14 anni fa - Link

Bel pezzo, Danilo! Un solo appunto, di carattere linguistico. Il vino e' Szent Tamás e non Szent Tòmas. Il nome della cittadina e' Tokaj, ma quello del vino si scrive con l'aggiunta di una "i" finale e cioe' Tokaji. Il legno che usa e' tutto rovere ungherese ed e' spaccato a mano, percio' le capacita' delle botti non sono tutte esattamente le stesse. Guardando la cartina che lui mostra nella fotografia, la sua cantina e le sue vigne sono quasi sotto il gomito destro, un posto da cinghiali e prugne selvatiche che vale la pena di visitare. Il ristorante albergo piu' vicino e' proprio il Lion (Wine restaurant, Wine house e Hotel) che suggerivi tu all'inizio di Tállya http://www.oroszlanos.hu/index.php/en.html

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Carolina

circa 14 anni fa - Link

Ciao Danilo leggo il tuo racconto d'un fiato, interessante, come quelli che piacciono a me.. arrivo in questa pagina per caso perchè ho voglia di Tokaj e sto raccogliendo pareri, mi trovo in Ungheria e spero di andare molto presto da quelle parti. Così mi chiedevo se fosse possibile visitare le cantine di Mister Tokaj, o contattartlo, se avessi qualche suggerimento particolare.. aspetto tue nuove grazie !

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Mike Tommasi

circa 14 anni fa - Link

Si István Szepsy è alla pari di Lur Saluces, un grande! Ho avuto la fortuna di provare la sua rarissima Eszencia, un vero ET... Pignoleria, finchè ci siamo, István si scrive con l'accento, e Tokaji vuol dire "di Tokaj". Da notare che Szepsy ha il suo domaine e in più è socio di Hwang nell'altrettanto mitico Királyudvar.

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