Viaggio in Ungheria | Tokaj, terroir in corso

di Danilo Ingannamorte

Il Tokaj per gli ungheresi è una cosa seria. Lo dimostrano le recenti battaglie commerciali-legali e non a caso in un verso dell’inno nazionale si ringrazia il buon Dio di aver donato al fiero popolo magiaro un vino così straordinario. Un po’ come se invece di trastullarsi con l’elmo di Scipio, Mameli avesse cantato le lodi del Barolo, il che ci starebbe anche dato che i Piemontesi ci hanno creduto più di tutti.

Il territorio di Tokaj-Hegyalja, patria di uno dei vini dolci migliori al mondo e con una vocazione millenaria per la vite è oggi forse uno dei terroir più interessanti da seguire per i veri appassionati. E se lo dicono la leggendaria Jancis Robinson ed Eric Asimov, wine columnist del New York Times, c’è da crederci. Soprattutto in Inghilterra, l’attenzione è molto forte per Tokaj – il mitologico wine writer Hugh Johnson è stato uno degli investitori della prima ora! – come per tutta l’Ungheria, tanto che Decanter ha deciso di sbarcare in terra magiara con un’edizione locale. Ma ciò che fa parlare di più non sono i gloriosi Azsu o Eszencia di regale memoria e in grado di detroneggiare Sauternes leggendari dai menù degustazione di pluristellati come The Fat Duck di Heston Blumenthal bensì i vini bianchi secchi dalle stesse uve delle versioni botritizzate. Il furmint in particolare sembra possedere una grandissima potenzialità espressiva del suolo vulcanico e superficialmente argilloso. La mineralità qui non è un vezzo alla Gelasio D’Aragona e l’idrocarburo domina nel bicchiere al pari di un riesling della Mosella. Il bello qui è un terroir ancora in fasce e seguirlo da vicino potrebbe rivelarsi come aver assistito alle prime corse di Valentino Rossi.

La situazione ancora fluida dipende da tanti fattori. Quello più eclatante è la sovrabbondanza di cloni selezionati per la produttività e piantati dopo gli anni Sessanta, senza che sia ancora stata autorizzata alcuna nuova selezione. Non esistono disciplinari per la versione secca, la classificazione delle aree e dei vigneti si basa ancora in parte su criteri socialisti e non su quella originaria del 1732 (giusto qualche decennio prima di Bordeaux) che comunque si orientava soprattutto ai risultati pro muffa nobile. Il furmint secco si è sempre fatto per l’autoconsumo, ma era sostanzialmente un sottoprodotto degli Azsu. Durante il socialismo reale la domanda era costituita quasi esclusivamente dalla nomenclatura russa che se ne infischiava della versione secca e imponeva una fornitura di “vino dei re” qualunque fosse l’andamento climatico. Le prime vinificazioni di vino secco sono del 2000-2003 perciò in pratica nessuno conosce il reale potenziale di affinamento. Una cosa è certa: le premesse ci sono tutte, si tratta solo di trovare gli stili e le zone migliori. Ogni casa produttrice cerca di trovare la propria strada scegliendo ad esempio di dosare il legno (l’uso di piccole botti parte della tradizione in tutto e per tutto anche perché il rovere utilizzato è fornito dai boschi che circondano i vigneti) o di valorizzare qualche vigneto particolare, qualcuno fa la malolattica, altri vendemmiano dopo i primi attacchi di botrite.

La nouvelle vague del vino secco sembra conicidere con una seconda fase della rinascita del Tokaj. La privatizzazione delle terre dopo la caduta della cortina di ferro, insieme all’arrivo di grandi capitali stranieri, ha permesso in primis un ritorno alla qualità eccelsa del pre-socialismo, ma ora cominciano a distinguersi produttori e case al 100% nostrani, che pur rimanendo fortemente legati alla tradizione cercano di inventarne una nuova sempre tenendo orgogliosamente fermo il timone sulla barra del terroir, consci che sia economicamente impossibile sostenersi solo con la produzione di vini dolci, per quanto unici, fantastici e cari possano essere.

Il capofila di questa nuova fase è Istvan Szepsy, discendente da una famiglia di antiche radici enoiche. Ex-direttore della cooperativa socialista, oggi è il pioniere del furmint secco e fa già scuola con i suoi vini (i più cari) che già hanno conquistato gli allori della critica. I discepoli sono piccoli-medi produttori che cercano di dare identità a un territorio che in condizioni normali ne avrebbe già da vendere. Ne ho incontrati alcuni come Marta Wille, che con i suoi due figli produce splendidi vini naturali (tra cui due cru di furmint secco) e ha appena fondato la confraternita di Slow Food del Tokaj. Decisamente un personaggio che riscalda il cuore e che non fatica a farsi voler bene con le sue maniere da nobiltà contadina innamorata della propria terra e con una batteria di vini (i suoi Eszencia meriterebbero un’attenzione particolare) più che convincenti anche nel prezzo.
Tramite Marta ho conosciuto l’enologo di un’altra neonata piccola casa ancora ignota ai più che ha l’unico difetto di ricordare Papa Ratzinger proprio nel nome (Szent Benedict), ma che in quanto a vini non ha da invidiare ai più navigati. E poi da segnalare Dobogò con il suo Furmint 2006 in stile borgognone molto ben fatto, Zoltan Demeter, uno degli enologi più apprezzati e attivi nella regione, che produce anche in proprio versioni pulitissime di furmint e hárslevelü.

Dove trovare questi vini? Per ora solo in Ungheria e all’estero. L’Italia si interessa ai tradizionali Azsu e che io sappia ci sono state solo sporadiche importazioni, ad eccezione di qualche casa maggiore di proprietà non magiara. Magari mentre siamo qui a contarcela qualche coraggioso selezionatore sta già pensando di inserirlo nel listino sfruttando l’ottimo rapporto qualità prezzo e il fattore novità. Se è così dia un segnale: il suo primo cliente è qui che aspetta!


6 Commenti

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Bernardo Conticelli

circa 14 anni fa - Link

Szepky fa dei vini semplicemente straordinari. Persona umile, disponibile e sincera, è il ritratto dei veri "vignerons" ungheresi a Tokaj, cosa ormai assai rara in quanto stretti nella morsa di un'investimento di Axa di qua (Disznoko), di Vega Sicilia di la (Oremus) etc...

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Danilo Ingannamorte

circa 14 anni fa - Link

Szepsy è un personaggio davvero interessante e sembra ormai abbia conquistato una posizione di leader del nuovo gruppo di vignerons che puntano sul vino secco. Le grandi cantine a capitale straniero hanno avuto un indubbio ruolo positivo: basta ricordare che lo stesso Szepsy ha lavorato per la cantina Királyudvar del finanziere americano Hwang prima di riuscire a mettersi completamente in proprio. Azzardo l'idea che quella fase si è conclusa e che ora è il turno di produttori di minore dimensione, più artigiani e più legati al territorio con le idee molto chiare e giuste.

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Mario Crosta

circa 14 anni fa - Link

Complimenti a Danilo da parte mia, perche' fa venire la voglia di andarci, a Tokaj. Andateci, non ci vuole molto in automobile e le strade per arrivarci non sono trafficate come le nostre, tanto che pure il viaggio sara' rilassante (evitando Budapest). La zona di Tokaj ha un paesaggio selvatico, se non fosse per i due fiumi che s'incontrano a Tokaj sembrerebbe la Sardegna, con tutti i suoi cinghiali. La cucina e' ottima, molto originale, contadina. Ci sono motel ed alberghetti in piena campagna che vale la pena di utilizzare come il Borto Panzio a Mezozombor o park hotels come il Grof Dagenfeld Castle a Tarcal. Szepsy ha la sua cantina un po' fuori, sulla vecchia strada per la Slovacchia (tra l'altro anche in quella parte della Slovacchia si fa del Tokaji), da Tokaj bisogna passare per il rondo di Mezozombor (dove c'e' Disznoko). Ma bisogna prendere appuntamento per trovarlo (parla bene le lingue: http://www.szepsy.hu/kapcsolat/index.html). Guardatevi bene le mappe e i posti e le informazioni su http://www.tokaji-borut.hu/ e su http://www.tokaj.hu/ che sono anche in inglese. Buon viaggio.

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Danilo Ingannamorte

circa 14 anni fa - Link

Grazie mille! Di Szepsy vorrei parlare separatamente in un altro post tra l'altro perchè merita davvero (nonostante i prezzi...). Aggiungo solo un consiglio ai tuoi già esaustivi: Il ristorante Leone Nero a Tallya (non lontano da Szepsy) sede della neonata confraternita di Slow Food. Purtroppo non hanno un sito, ma è sulla strada principale del paesino. Si mangia davvero bene (cosa rara in generale lì) e se volete fare una pazzia ci sono anche Aszu degli anni 50 da stappare!

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Mario Crosta

circa 14 anni fa - Link

Saro' molto onorato di poter leggere il post che dedicherai a Istvan. Quando l'ho conosciuto, tanti anni fa, assaggiandone i vini (che faceva in Kiralyudvar, a Tarcal) l'ho definito su Enotime un sognatore e non me ne pento. Come Lajos Gal ad Eger e come la buonanima di Tibor Gal che l'enologia ungherese ed io personalmente piangiamo ancora adesso. Poi ho girato piu' volte per le montagne intorno a Mad, dove ha le vigne piu' lontane da Tokaj e la cantina di casa, che sono luoghi davvero selvatici, immensamente affascinanti e ho capito anche i suoi silenzi riflessivi e la sua filosofia. Quella e' la vera culla del miracolo Tokaji. Lo sai, vero, che fu proprio un Szepsy (Maté Szepsy Laczko) piu' di 3 secoli fa ad inventare il Tokaji? Lo sai, vero, quanto Istvan ha dovuto combattere a suo tempo contro le commissioni governative di Budapest che premiavano con la denominazione i Tokaji puzzolenti di vodka, caffe' e fumo di sigaretta (perche' piacevano di piu' ai Russi) e declassavano i suoi che tradizionalmente profumavano invece di fiori, di frutta, di canditi? Li trovi ancora oggi a Tokaj quei vinacci color diarrea, li imbottigliano nelle bottiglie di plastica riciclate dall'acqua minerale o li vendono al bancone sfusi, proprio nella via principale che dalla piazzetta centrale taglia la vecchia cittadina in direzione della statale per la Slovacchia. Invece i suoi vini profumatissimi e quelli di tutti gli altri "grand crus" che hanno seguito coraggiosamente il suo esempio (Arvay, Dagenfeld, Disznoko, Oremus, Hetszolo, ecc.)fanno la loro blla figura finalmente sulle tavole di gente come te che ha imparato ad apprezzarli come meritano. I prezzi lo sai anche tu che dipendono purtroppo dalle condizioni di lavoro, dalle rese e dalle spese di cantina (molte cantine, quelle che non hanno ereditato i vecchi tunnel sotto il monte, devono addirittura "climatizzare" quasi tutti gli ambienti sottoterra perche' non hanno l'isolamento ideale), ma oggi tra certi Tokaji e certi Sauternes e' davvero difficile scegliere... Dai, Danilo, scrivi su Istvan e facci sognare! In attesa di vederci un giorno lassu' e di portarti in fondo ad un tunnel settecentesco che fu di Hetfurtos, ma prima ancora di Ferenc Rakoczi, quello che nel 1703 donò una botte di di Tokaji al re di Francia Luigi XIV che lo battezzò „vino dei re, re dei vini”. La' dove si puo' camminare soltanto piegati e dove non portano tutti i visitatori, la' dove ci sono ancora alcune tra le prime bottiglie di Tokaji prodotte negli anni appena successivi al 1650. Chi lo sa? In bocca al lupo!

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Danilo Ingannamorte

circa 14 anni fa - Link

I'm working on it! Invidia, invidia per le tue visite super:) I prezzi sono più che giustificati, date le rese ridicole anche per i vini secchi e il lavoro in vigna. Inoltre, mi sembra più che giusto che il pioniere raccolga i frutti delle sue intuizioni vincenti. Ho evidenziato la cosa solo in relazione al fatto che potrebbe costituire un ostacolo per l'introduzione ipotetica nel già affollato (e un po' campanilista) mercato del vino italiano. Comunque il pomeriggio con Istvan è stato uno dei più belli, enoicamnete parlando, che abbia passato. Lui è il vero genius loci. Allora quando ci ritorni fammi sapere! Crepi!

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