Servono sempre nuovi comunicatori pop

di Fiorenzo Sartore

jovanottiSpiegare la differenza tra un vino di medio livello ed un vino eccellente non è facilissimo, se vuoi parlare a tutti e non agli enofili che intendono la terminologia accademica da sommelier o (orrore) i punteggi centesimali. Così, leggendo questo, ho avuto un conforto inaspettato:

“Tra un vino normale e un vino buonissimo ci sono di mezzo i tre centimetri del salto in alto alle olimpiadi. Mi spiego. Per saltare fino a una certa altezza ci vuole un allenamento che tutti più o meno possono permettersi, poi ogni centimetro costa fatica, tantissima, troppa per quasi tutti”.

Proprio niente male. Sapreste fare di meglio? Considerando che l’autore è Jovanotti.

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

11 Commenti

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Dan Lerner

circa 15 anni fa - Link

Chapeau! Molto ben detto, con uso essenziale di poche parole.

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Francesco Annibali

circa 15 anni fa - Link

E allora perchè voi i punteggi centesimali (per vini per di più bevuti, e non degustati) li usate? Non capisco.

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Fiorenzo Sartore

circa 15 anni fa - Link

I punteggi centesimali servono a descrivere in modo rapido l'impressione che un vino fa al momento dell'assaggio. E' un sistema che ho cominciato ad usare nei primi anni '90. Per fare un esempio, il punteggio centesimale è quella cosa che mi faceva comprare la guida Veronelli, in cui scorrevo velocemente gli assaggi soffermandomi sui punteggi che mi colpivano. Poi si leggeva il resto. Poi si assaggiava e si meditava e rielaborava, e questa è un'altra storia. Ieri rivedevo i miei appunti durante Rossese Style: ogni scheda ha il suo centesimale evidenziato; è uno strumento di lavoro, in una massa di dati indica visivamente quelli che hanno riscosso successo. Segue poi la descrizione. Accompagno al punteggio elementi descrittivi diversi, per quanto possibile non legati al linguaggio tecnico, visto che il mio mestiere è parlare con i famosi consumatori finali che magari preferiscono altre descrizioni - ed è l'argomento della citazione di Jovanotti. Effettivamente, non ha evocato il punteggio centesimale parlando di un dato astratto, anche se (curioso, se ci pensi) ha usato la figura dell'altezza, che si misura in modo preciso. Interessante la differenza che segnali tra "bevuti" e "degustati": è dirimente? Io degusto pure quando bevo.

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Francesco Fabbretti

circa 15 anni fa - Link

@ Francesco: anche il mitico jovanotti parla di centimetri. Okkio che la mania della semplificazione ci porta a ignorare anche quello che in modo generalista il cantautore ha espresso. Ad ogni buon conto non mi sento di sottoscrivere l'espressione per un paio di motivi: 1-il vino non è solo questione di punteggi ma anche di gusti. Diversamente dovremmo uscire tutti di testa visto che la galassia di riviste enologiche circolanti è spesso disomogenea nelle valutazioni dei vini 2-sono stufo di questa dimensione "democratica" del vino. E' un aspetto tipicamente italiano: tutti dobbiamo sapere tutto! Ma chi l'ha detto? Se si vuole imparare(dal vino, alla pittura, alla storia e così via)si deve studiare, approfondire e conoscere. Analizzando la frase di Jovanotti ci si accorge che dice cose di una generalità pazzesca, solo che siccome le dice LUI allora vanno bene. Non spiega minimamente in cosa consista il tipo di "allenamento" che un vino deve fare (in vigna e in cantina) per raggiungere determinate prestazioni, nè, a ben vedere, spiega quale sia il tipo di "allenamento" standard di un vino. Riassumendo dice: "la differenza tra un vino buono e uno eccellente è che fare il secondo è molto più difficile"... la scoperta dell'acqua calda. Però oggi il vino (ancora per poco, stando alle proiezioni della bilancia export di quest'anno e le previsioni per il prossimo quinquennio) è "trendy" quindi se non sai dire la prima banalità impomatata di filosofeggiamenti da bancarella del mercato, per fare il fighettino (magati sotto l'ombrellone mentre ti bevi un vino da 4 soldi, ghiacciato, spacciatoti per prodotto tipico il giorno di ferragosto) sei "out". Concludendo direi che non servono cominicatori pop e, a dirla tutta, i comunicatori non-pop sono pure troppi. Francesco G.R.A.N.D.E.S. (Gruppo Resistenza Armata Nuclei Difensivi Enologici Seriosi)

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Fiorenzo Sartore

circa 15 anni fa - Link

Mi hai anticipato sulla cosa dei centimetri, vedo. Per il resto se leggi il mio commento, il punteggio è parte della valutazione. Meno d'accordo sul tuo finale: mi sfugge la cosa "non servono comunicatori pop - comunicatori non-pop sono pure troppi". Il Gruppo Resistenza eccetera sarà d'accordo? Comunque, il fatto che lo dicesse Lui, credi, è ininfluente.

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Francesco Fabbretti

circa 15 anni fa - Link

Te lo spiego brevemente, sono convinto che al giorno d'oggi ci sia una eccessiva offerta di personale disposto a "comunicare" il vino; questo perchè si è impostata una politica tutta basata su questo aspetto a livello di corsi (di questa o quella associazione), trascurando un paio di aspetti di non poco conto: 1 - il vino è un mercato in cui troppa gente che non lavora col vino parla degustando neanche la metà di quello che un sommelier di un ristorante o enoteca di medio livello degusta. Questo porta a uno scollamento tra una percezione che io definirei "onirica" (tipica dell'opinion maker che non si rende conto di quanto poco sia influente all'interno del "movimento" del vino) e la realtà dei fatti tangibili con mano 2 - il vino è anche un'altissimo mix di arte e cultura in cui si fondono aspetti geografici, antropologici, storici per la cui conoscenza non bastano 10 vite A fronte di ciò resto immobile e irretito di fronte a sproloqui di persone che solo perchè hanno fato un corso da sommelier parlano come un Veronelli illuminato. Purtroppo ritengo che in un momento di crisi globale in cui la bilancia commerciale del comparto enologico sembra reggere (e non è proprio così) ci si butta sul carro del "vincitore" senza averne le competenze necessarie. Concludo con un esempio ironico e serio al contempo: dopo i miei diplomi A.I.S. di sommelier professionista, corso sigri e distillati, corso sull'olio, corso sullo champagne, corso sui formaggi, master di analisi sensoriale, Corroborati da viaggi (almeno uno all'anno) in veneto, piemonte, toscana, alto adige, borgona-champagne, e mosella mi sentivo bello "tosto". Un giorno entra in enoteca un cliente che mi chiede un'amarone e io gli presento alcuni prodotti che ritenevo accuratamente selezionati e per nulla "commerciali" sotto un suo sguardo semi-ironico. Punto sul vivo domando cortesemente il perchè della sua ironia e ne ricevo in risposta la spiegazione: il tale ha la più vasta collezione di amaroni di tutta italia, ogni bottiglia di ogni produttore in vari formati e varie annate (parliamo di oltre 7600 bottiglie). Sono rimasto senza parole e da quel giorno ho deciso di non "comunicare" più il vino ma semplicemente, negli incontri che tengo, raccontare la "mia" esperienza col vino, sottolineando sempre come possa essere fallace e particolare e ricordando ai partecipanti che non ci sono premi, non c'è da fae i fighetti, nè da sproloquiare ma soltanto da lasciare parlare il vino ascoltandolo con semplicità e qualche parola in meno di quante già non se ne dicano.

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Marco Grossi

circa 15 anni fa - Link

Il fatto che è una anologia così veloce, rapida, immediata e chiara a tutti arrivi da uno che col vino non c'entra nulla, lo trovo esemplicativo di quante pippe mentali ci facciamo "noi" appassionati. E' come quando giri per tre ore intorno a un concetto e poi arriva tuo nipote di 10 anni e in un minuto lo spiega in maniera chiara e semplice. Geniale. Dovremmo veramente allontanarci ogni tanto da ciò che pensiamo di essere, visto che si porta dietro troppe rigidità, formalismi e talebanismi.

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Francesco Fabbretti

circa 15 anni fa - Link

tu la chiami "una anologia così veloce, rapida, immediata e chiara" io più semplicemente "banalità", fortunatamente il vino è democratico per cui tu sei felice di vierlo in modo jovanottiano e io sono felice per te. Altra cosa sarebbe se un "jovanottista" si ergesse a comunicatore di vino... a questo livello non gli farei comunicare nemmeno un tetrapack di tavernello

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Marco Grossi

circa 15 anni fa - Link

Approccio abbastanza ingessato il tuo, ma avrai le tue ragioni =) D'altronde c'è ancora gente che pensa che il colore sia l'elemento più importante nell'analisi di un vino.

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Francesco Fabbretti

circa 15 anni fa - Link

prova a chiedere al signor jovanotti come costruisce le basi musicali delle sue canzoni e scoprirai quanto è "ingessato", o più semplicemente "professionale". e soprattutto domandati: coma mai per diventare musicista ci vogliono anni di gavetta e per diventare comunicatore del vino basta sparare ovvietà?? non trovi qualche incongruenza? Fa nulla, mi tengo la mia ingessatura tanto, lavorando nel settore da 15 anni, mi rendo conto che una verità assoluta non c'è per cui ognuno si affida a chi sente più consono al suo modo di vedere il vino. PEr esperienza mi permetto però di sottolineare che finchè devi vendere un "vinellino" bastano le generalità ma quando la gente è pronta a spendere 5/600 euro per una bottiglia di Montrachet, di Evangile, di Masseto, Pingus o similia e tu gli provi a raccontare la storiella del saltatore d'asta per spiegargli la differneza con un ottimo Montiano.. ti manda a ..... beh, vabbè, lo puoi immaginare. p.s. se poi in tanti hanno voglia di riempire l'etere di aria fritta meglio per me, non certo per il vino

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