Modificare la docg Dogliani è l’ennesimo scempio

di Jacopo Cossater

Togliersi dalla testa il ricordo di Dogliani (raccontata qui e qui), spicchio di Langa meno battuta dai grandi flussi turistici ma altrettanto affascinante, non è facile. Affezionarsi a quei territori e alle vicende che li riguardano immediato. Rilancio quindi volentieri questi pensieri della produttrice Nicoletta Bocca (San Fereolo) a proposito della recente richiesta di un radicale allargamento dei confini geografici del disciplinare.

Così scriveva ieri Nicoletta, prima della riunione dei produttori:

Fra un’ora si riuniscono i produttori di Dogliani in pubblica audizione per far passare la Docg su tutto il territorio, cosa che smonterà completamente il lavoro di qualità fatto sino ad ora su Dogliani Docg. San Fereolo è affranto e disgustato nel vedere come disciplinari e legislazioni non siano più pensati per proteggere una denominazione sui tempi lunghi ma per seguire un mercato o facilitare una comunicazione, svuotando di contenuto ciò che si va a comunicare. Avevamo costruito una piccola Docg di grande dignità e spessore che sarebbe dovuta crescere piano piano nel tempo, della nostra dimensione, della serietà che ha questa terra e il suo vino. Non siamo stati capaci di difendere la nostra identità profonda.

Spiace leggerne oggi le tristi considerazioni a giochi fatti. Il testo non è corto ma l’intensità è tale da rendere impossibile una sintesi:

La notizia è la seguente. I produttori di Dogliani su richiesta della cantina sociale di Clavesana, di alcuni imbottigliatori e della Coldiretti – quindi non una decisione arbitraria del consorzio ma una richiesta da parte di una base molto ‘guidata’ con argomentazioni degne da campagna elettorale DC vecchio stampo – hanno presentato richiesta di modifica del disciplinare (Alba fa la Docg su tutto e quindi dobbiamo farla anche noi se non vogliamo rimanere indietro – se non si fa la Docg le Doc spariranno e quando si potrà scrivere dolcetto sui vini prodotti in Romania il vostro vino sarà allo stesso livello di quello rumeno e altre fesserie del genere). Il nuovo disciplinare estende la Docg su tutto il territorio attuale e contemporaneamente ingloba la denominazione “Langhe Monregalesi” che quindi rientra sotto una nuova Docg. Plausi dei sindaci e discorsi populisti compresi.
Dogliani Docg si distingue in due tipologie che sono presenti su TUTTO il territorio: Dogliani Docg e Dogliani superiore Docg che ricalca l’attuale Dogliani. Unico nome, zona allargata, altitudine a 800 metri comunicazione semplificata. Pecchenino ha appoggiato questa richiesta coinvolgendo molti piccoli produttori di qualità per superiore ratio politica, per pacificare gli animi dei nemici della vecchia Docg, non ottenendo affatto l’effetto voluto. Ma se non si leggono i libri di storia io non posso farci nulla.
Quindi tutto bene no? Peccato che mentre prima si era cercato davvero di distinguere le tipologie e fare comunicazione adeguata per un prodotto che poteva servire da guida e tirarsi dietro tutto il territorio, ora non solo dentro il nome Dogliani Docg ci sarà di tutto, ma si punterà a riorientare la comunicazione sul vino di base. Si pensa di non mettere date per l’immissione al consumo, quando anche nel Beaujolais hanno capito che quelle tipologie sono in fallimento.
Da qui in avanti è una questione di analisi e prospettiva. La Docg che avevamo cercato era piccola e di grande qualità. Andava sviluppata pian piano con un contenuto forte convincendo gente e mercato che Dogliani poteva essere un gran vino. La Docg che si è voluta ora ricalca i modelli già esistenti e già ampiamente fallimentari perchè privi di contenuti. Quando si è cominciato a vedere attenzione attorno alla Docg come era, si è deciso di caricare un territorio impreparato su una piccola navicella che aveva appena incominciato a navigare e lo faceva con una discreta dignità: affonderanno entrambi.

Spero non sia l’ennesima italianata ma il dubbio è forte e il pensiero corre pochi km più a nord all’allargamento dello storico cru di Cannubi dopo che una grande azienda, la Marchesi di Barolo, ha presentato ricorso affinché si possano fregiare di tale nobile e prestigioso nome tutti i vigneti circostanti, per un totale di un’area grande circa il doppio il cru originale. Qualcosa mi sfugge. Quale il significato delle denominazioni quindi? Semplici contenitori modificabili all’occorrenza o tesori capaci di mantenere intatta l’anima più vera di un luogo? L’impressione è che invece di tutelare e valorizzare i nostri patrimoni si tenda a fare contenti tutti, alla faccia – tanto per cambiare – dell’eternamente sopravvalutata qualità. Questa sconosciuta.

[Immagine: Bottega del vino Dolcetto di Dogliani]

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

5 Commenti

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kenray

circa 13 anni fa - Link

io ho la risposta: vile pecunia

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Riccardo

circa 13 anni fa - Link

l'ennesimo discorso sulle DOC e DOCG, qualcuno storcerà il naso se gli riporto sempre il solito esempio: VALPOLICELLA... c'è la classica e l'allargata (come la chiamano) che in realtà si trova su una valle chiamata VALPANTENA guardare per capire cosa sarebbe veramente la Valpolicella http://it.wikipedia.org/wiki/Valpolicella così tutti si allargano, a discapito, come ovvio, delle vere vecchie denominazioni. Il modello francese è lontano anni luce dove, manco a dirlo, anche nella zona meno fortunata di tutte, la savoia, abbiamo vari cru con diversi nomi per lo stesso vitigno: Apremont e Chignin, vini che prendono il nome da luoghi o paesi, che distano si e no 5 km e che si producono con la sola uva Jacquere. A questo punto sono due le soluzioni; la prima, molto italiana e campanilistica che ognuno curi il suo orticello, che si esca dalla DOCG (a questo punto non mi pare una grande perdita) e non si investano più soldi, ed energie per la collettività!!! La seconda è che all'interno del grande marasma DOCG Dogliani, per esempio, si creino dei cru: Valdibà, Taricchi, Santa Lucia, Monregalesi e si possano fregiare della sottozona solo quei vini con un disciplinare più ristretto. Lo so, in italia è una grande utopia e mi rincresce ma avete presente una DOCG Colli di Conegliano e Valdobbiadene che per far contenti tutti si estenda fino al Carso? Ops... è vero, c'è già, con la scusa della DOC :-) Allora a quel punto che le varie DOC siano ristrette con delle sottozone e un po' di luce forse si farà!

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M.Grazia

circa 13 anni fa - Link

La sorpresa è grande... Dopo l'esperienza di Dogliani 2.0 mi piacerebbe ascoltare sulla questione la voce di produttori come Annamaria Abbona, Chionetti, Revelli, e dello stesso Pecchenino che Nicoletta Bocca cita. Come spiegano la contraddizione con quanto manifestato in quell' occasione.... slancio comunicativo verso la visibilità dell' eccellenza e la valorizzazione territoriale?

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Nicoletta Bocca

circa 13 anni fa - Link

Io ho già parlato troppo.Ma ricordo ancora le nuattro regole auree di Alex Burge. E' bene ripassarle ogni sera prima di andare a dormire per evitare posizioni machiavelliche e dalemiane. 1) la piccola azienda vitivinicola non è un business, bisogna accontentarsi di ottimi stile e qualità della vita (che non è poco), ma accettare che non si guadagnerà mai tanto. Il viticultore non è un imprenditore. 2) sono i produttori che creano la reputazione di una zona di produzione e non il contrario. Aggiungere, togliere o cambiare il nome di un vino non serve a niente in se'. 3) ci vogliono generazioni per creare una reputazione, sia di un'azienda che di una zona di produzione 4) ci vuole tanto duro lavoro per creare una reputazione e UNA decisione sbagliata per distruggerla Mostra tutto

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gp

circa 13 anni fa - Link

Scusi, essendo lontano dalla zona non capisco bene. Attualmente a Dogliani ci sono una Doc (“Dolcetto di Dogliani”) e una Docg (“Dolcetto di Dogliani Superiore” o “Dogliani”, che sono sinonimi, tanto per confondere un po’ le idee). La zona di produzione è la stessa (8 comuni più parte di due), mentre ovviamente sono diverse le regole fissate dai due disciplinari: in particolare, rese per ettaro un po’ più basse, titolo alcolometrico volumico minimo naturale delle uve decisamente più alto (13° invece di 11°) e presenza di un periodo minimo di invecchiamento per la sola Docg (un anno, con uscita al 1° novembre dell’anno successivo alla vendemmia). Un po’ più a sud c’è la Doc “Dolcetto delle Langhe Monregalesi”. Anche questa è una Doc piccolina (7 comuni più parte di cinque), che al proprio interno prevede la tipologia “Superiore”. Per semplificare molto, le regole fissate per la tipologia “normale” assomigliano molto a quelle del Dolcetto di Dogliani Doc, mentre quelle fissate per la tipologia Superiore assomigliano abbastanza a quelle del Dogliani Docg (a occhio, la differenza più significativa è il titolo alcolometrico minimo che è parecchio più basso, 11,5 invece di 13°, mentre il periodo minimo di invecchiamento è leggermente più lungo). Riassunta così la situazione attuale, non ho capito bene quale sarebbe quella futura che viene proposta. Una unica Docg che si chiama come la Docg attuale e assorbe sia quella, sia le due Doc, diluendo però le sue regole (in particolare facendo saltare il periodo minimo di invecchiamento, e a questo punto immagino anche i 13° minimi)? Credo che questa sarebbe una scelta senza precedenti, nel senso che non mi risulta che siano mai state fatte sostanziali correzioni al ribasso dei parametri da cui dipende la qualità di alcuna Docg. Anche perché più o meno tutte le Docg territoriali hanno una specifica Doc diciamo così “cadetta” (per fare due esempi: “Rosso di Montalcino” per il “Brunello di Montalcino”; “Rosso Conero” per il “Conero”), quindi non c’è ragione di abbassare la Docg al rango del cadetto. Si vuole invece fare una Docg doppia, con un disciplinare in due parti contenuto nello stesso provvedimento, come quello (sciagurato) di “Chianti” e “Chianti Classico”? Almeno in questo caso resterebbero in vigore le regole più restrittive per la Docg più seria delle due sorelle. Non ho capito però come si distribuirebbero i due attuali sinonimi, a occhio “Dolcetto di Dogliani Superiore” dovrebbe essere la sorella meno seria e “Dogliani” quella più seria. Comunque se c’è qualche documento da linkare, forse si capirebbe meglio.

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