Misteri varietali | Il grillo fra Mozia e Campobello di Mazara

di Mauro Mattei

Il grillo è un’uva enigmatica e antica. In un twit, diremmo: varietà autoctona della Sicilia occidentale, vigorosa, alcolica, deve la sua fama ai vini ossidativi e longevi di Marsala. Tutto lineare? Ovviamente no, la natura di un territorio produttivo va sempre al di là del disciplinare di produzione. L’inghippo è che, al momento, risulta difficile definire una “tipicità” tra i produttori che si discostano dalla versione classica fatta di alcol, ossidazione e note terziarie. Molti produttori interpretano personalmente il vitigno e manca un canone di riferimento manca e il sottile confine tra mano del produttore e caratteristiche dell’uva è ben lungi dall’essere tracciato. Un pò come a Dogliani, ricordate?

Tasca d’Almerita, la tecnica | Stimolo alla riflessione è stata una bella visita alla tenuta Tasca d’Almerita, dove abbiamo avuto modo di assaggiare un grillo di grande personalità. Il vino nasce da una joint venture con la Fondazione “Giuseppe Whitaker” e sfrutta egregiamente una piccola superficie vitata sull’isola di Mozia, terra famosa per il sale più che per l’uva. Il progetto è affascinante e la vigna, impiantata negli anni ’80 grazie alla collaborazione con Giacomo Tachis, poggia su terreni ostici e ricchi di cloruro di sodio. La vendemmia è unica nel suo genere, prevede il  “viaggio” delle uve su piccole barche fino alla terra ferma (come in foto). Il risultato nel bicchiere è piacevole e spiazzante. Lasciate ogni pregiudizio voi che assaggiate: alcolicità contenuta, sapidità pronunciata ed un  naso-bocca marcato da impensabili note erbacee ed agrumate. “Attraverso una raccolta anticipata non permettiamo agli aromi tiolici presenti nelle uve di degradare” – avverte l’agronomo-enologo dell’azienda di Sclafani Bagni. E’ questo il modo in cui la famiglia Tasca decide di rispettare le caratteristiche organolettiche ed espressive della varietà.

Nino Barraco, la pancia | Altra zona, altra interpretazione. Siamo a Campobello di Mazara, in mezzo a una vigna di trent’anni piantata sulla sabbia, con il mare ad un tiro di schioppo. Nino Barraco fa qui il suo grillo. Stessa uva, vino assai diverso. Il colore oro carico anticipa l’impatto con un liquido spesso e alcolico. Mancano aromaticità scoppiettante e acidità malica ma il prodotto è fine e godibile. Il bicchiere restituisce una terra assolata e sensazioni complesse che ricordano la macerazione, è segnato – inoltre – da note vagamente ossidative e da un’intensa sapidità.

Noi siamo enostrippati, assaggiamo, siamo curiosi e affascinati dalla diversità. Ma mettiamoci nei panni del consumatore, che dietro alla stessa uva fatica a scorgere i requisiti minimi di riconoscibilità di un prodotto. Due aziende e due interpretazioni così distanti spiazzano anche noi, perplessi riguardo al carattere reale della varietà. L’approccio tecnico è stuzzicante, croccante ed immediatamente godibile, quello naturale mostra un carattere caldo, viscerale e mediterraneo: difficile schierarsi, forse il senso che cerchiamo nel vino sta proprio nella ricerca.

[foto di Tasca d’Almerita/Whitaker: vendemmia a Mozia]

Mauro Mattei

Sommelier multitasking (quasi ciociaro, piemontese d'adozione, siculo acquisito), si muove in rete con lo stesso tasso alcolico della vita reale.

14 Commenti

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Roberto Giuliani

circa 14 anni fa - Link

Si ma quale annata hai assaggiato del grillo di Barraco? Non hanno tutte le stesse caratteristiche. Pienamente d'accordo sulla sapidità, che in alcune annate potremmo chiamare salinità per quanto è evidente.

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Mauro Mattei

circa 14 anni fa - Link

Diciamo che di Barraco ho bevuto tutte le annate del grillo e degli altri prodotti. In realtà questo è un profilo (perdonami il termine) generale sul suo vino. Se dovessi puntare su un'annata adesso mi berrei il 2006. E' cambiato molto in bottiglia, evolvendo con grande personalità.

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Roberto Giuliani

circa 14 anni fa - Link

concordo. ho a casa un po' di annate del grillo e del catarratto, più avanti le aprirò.

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Niki Marsél

circa 14 anni fa - Link

Se il consumatore è bove non si merita nulla (altro che riconoscibilità del prodotto), se è consapevole e curioso apprezzerà in qualche modo entrambe le versioni, perchè è proprio questo il bello. Se si parla di due buoni vini (declinati diversamente) che problema c'è?

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Fabio Italiano

circa 14 anni fa - Link

Spiacente ma non puoi dare del bove ai consumatori che non si intendono di vino. Il consumatore medio ovviamente non si intende di vino, ma sceglie in base al prezzo e alla piacevolezza del vino (dovuta alla sua limitata esperienza). Altrimenti potremmo anche dire che quasi tutti noi siamo degli asini in matematica perchè non sappiamo cos'è la trasformata di Furier. Non è necessario conoscere "tutta" la matematica, per le persone comuni è sufficiente sapere solo le basi. Insomma non ha senso quello che hai detto.

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Nic Marsél

circa 14 anni fa - Link

Fabio, avresti potuto almeno darmi un'altra chance leggendo il mio commento successivo :-)

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Francesco Fabbretti

circa 14 anni fa - Link

Posso rispondere con un sorriso a tutti e due?... Il "consumatore" è una non-categoria, inutile attaccarlo o difenderlo: quello che voi avete in mente è un concetto, non una persona. Usando le vostre parole direi che un consumatore, il più delle volte, è contemporaneamente "evoluto" e "bove": magari conosce gustativamente ogni sfumatura dei grandi cru di barolo ma d'estate viene in enoteca e compra un vino "molto commerciale" solo perchè ne ha sentito parlare. Da questo punto di vista vi garantisco che ci sono quelli che si riempiono la bocca di Angiolini Maule, Joski Gravner, Graci, Occhipinti etc. etc. e poi non sanno nemmeno in che regione producono i loro vini. Occhio a generalizzare, la figuraccia è dietro l'angolo :-)

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franck

circa 13 anni fa - Link

sai cosa ti dice il' consumatore' che sei uno stronzo e un ignorante, chi compra il vino sa é capisce il vino che deve comprare ignorante

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Francesco Fabbretti

circa 14 anni fa - Link

A giudicare anche dalle impressioni ricevute dal grillo "integer" di De Bartoli mi sento più in sintonia con il prodotto di Barraco. E' stato proprio De Bartoli a ricordarmi (a volte le cose me le scordo...) che dal grillo si produce il marsala, quindi i sapori originari vertono su sentori di terre assolate, tenore alcolico e morbidezze importanti. @Niki spero non ti risulti polemico però questa idea del consumatore bove la ritengo un po' troppo snob: non dimenticare che bove o meno è il cliente finale, merita un po' di rispetto.

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Nic Marsél

circa 14 anni fa - Link

@Francesco : Hai ragione. Quindi parzialmente rettifico. Intendo dire che se il consumatore è bove allora, in quanto tale, si merita soltanto di essere guidato ed educato subendo le scelte altrui. Parlo da consumatore che è stato anche bove (es. girando per il Vinitaly con la lista dei tre bicchieri da assaggiare) e che spera di essersi un pochino evoluto, condizione minima necessaria per esigere quel grado di rispetto che va al di là del semplice diritto di non essere truffato. Se poi non è bove, dovrebbe essere automaticamente curioso e di conseguenza saprà apprezzare le differenze. Tempo ed esperienza lo porteranno sulla sua strada. Tornando al tema, conosco Barraco (a dir la verità gli preferisco il catarratto) ma non la versione di Tasca d’Almerita qui descritta, che dalla lettura mi intriga parecchio.

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Mauro Mattei

circa 14 anni fa - Link

Intervengo solo per dare una sferzata alla discussione. Non discutiamo la bontà dei due prodotti, ma la mancanza di riconoscibilità. Esempio for dummies: due Baroli uno modernista ed uno tradizionalista hanno comunque un impianto comune (ben intese le divergenze "esecutive"). Nel caso del grillo, qual è il punto di riferimento? Lavorare in maniera troppo "enologica" snatura il senso della varietà? A-I-U-T-O :-D

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Francesco Fabbretti

circa 14 anni fa - Link

Il problema vero è che per quanto riguarda il barolo fai riferimento ad una zona ben precisa e circoscritta. Per fare altrettanto con il grillo bisognerebbe prima di tutto definire a priori quali zone tra Mazara del Vallo e Marsala siano le più vocate alla sua coltivazione. Ad ogni modo, facendo riferimento al vino Marsala, ed escludendo le caratteristiche dell'inzolia, credo che il grillo risulti più "vero" nella versione calda, sapido-acida e morbida

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Mauro Mattei

circa 14 anni fa - Link

ecco, questo volevo sentire ;-)

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