Dalla polvere all’altare | Storia di due pecorelle smarrite, in Borgogna

di Francesco Fabbretti

Il bello di avere un’enoteca, spesso, sono i vini di cui ti dimentichi. E così, rimettendo a posto il magazzino, esce fuori una cassa di Borgogna abbandonata lì in un angolo, con dentro due etichette niente male: Morey-Saint-Denis 2000, Maison Fèry-Meunier e Gevrey Chambertin 2000 di David Duband. Non vorrei essere dissacrante ma, insomma, è la classica occasione in cui ti salta in mente la parabola del figliol prodigo: uccidere il vitello grasso per questi due figlioli che si erano perduti e sono stati ritrovati. E il bello è che la sorpresa doveva ancora venire.

Chambertin

Un vino con dieci anni sulle spalle è imprevedibile, figurarsi due. L’impatto è stato spiazzante e fondata la perplessità di un assaggio ormai compromesso. Il Morey-Saint-Denis ci deliziava con piacevoli effluvi di spazzatura in putrefazione e il controcanto del Gevrey-Chambertin rieccheggiava le proverbiali cloache di Calcutta. Diciamolo, il primo naso avrebbe steso al tappeto chiunque. Sebbene fossi io il primo incerto, ho simpaticamente ostentato spavalderia dando dei dilettanti ai presenti: “tra un’ora ne riparleremo”, dovrei aver detto, col timore di perdere definitivamente credibilità agli occhi dei miei amici.

Ebbene, passa qualche minuto ed ecco realizzarsi il miracolo. Al posto di puzze e puzzette troviamo due nasi di grande impatto e intelaiature gustative di fattura pregevolissima. Il Morey-Saint-Denis è caratterizzato da frutta rossa croccante intarsiata di pregiate speziature da legno piccolo, con quel tratto un po’ rustico tipico dei vini di questa zona; di bell’ampiezza e con tannini abbondanti, è sempre in tensione e sviluppa un finale giocato tra note ematiche e mineralità ferroso-iodata. Per il Gevrey-Chambertin, la mano del “primo” Duband risente di un’impronta forse un po’ troppo modernista, segnata da densità cromatica perfettamente integra e spettro olfattivo in cui spezie e tabacco kentuky precedono un frutto rosso maturo. L’impatto al palato tiene in equilibrio densità e freschezza, morbidezza e tannini, portando ad un finale che persiste nei toni più scuri. Attulamente sono in vendita le annate 2006 e 2007, reperibili in enoteca intorno ai 50 (Morey-Saint-Denis) e 60 euro (Gevrey-Chambertin) mentre la valutazione, tutto sommato simile, dei nostri due assaggi è di 90/100.

Ora mi chiedo, come ci si comporta davanti a un vino che sa di fogna? Al ristorante, per esempio? Bel casino, senza meno. Sono sincero, qualche anno fa avrei vuotato tutto nel lavandino.

[foto di Alessandro Morichetti]

10 Commenti

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ostedanilo

circa 14 anni fa - Link

Un bel casino davvero, soprattutto nell'era del "andiamoci piano col decanter". Credo che l'avrei scaraffato subito. Però anche assistere al miracolo è bello, no? Neil Rosenthal ha battezzato questo odore tipico dei borgogna con "the holy stink"...

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Francesco Fabbretti

circa 14 anni fa - Link

ahahahahah..... questa me la rivendo subito

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Michi

circa 14 anni fa - Link

Ricordo un'esperienza con un Barolo di Montezemolo dell'82 preso in un ristorante di un amico come seconda bottiglia da bere (non ero solo, eravamo in 4,per cui ci sta berne due :-D). Appena aperto il vino sembrava Fanta, quella amara, un pò più scura. Nessuno di noi ha scommesso un centesimo su quel vino e sono prontamente partite le prime battute nei confronti del "Santo Mescitore" che ce l'aveva portata. Tra una risata e l'altra ce lo siamo dimenticati nei bicchieri e abbiamo finito l'altra bottiglia. Dopo un'oretta, ecco il miracolo: il Barolo ha preso il colore del vino, al naso era un'esplosione di profumi ed era di una bontà incredibile. Ce la ricordiamo ancora quella serata così come ci ricordiamo ancora le emozioni che un vino così è stato in grado di darci. ps. non abbiamo usato decanter .. abbiamo solo pazientato un pò :-D

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Franco Ziliani

circa 14 anni fa - Link

confermo che "miracoli" come quelli che Michi ben descrive possono apparire stesso con i grandi Barolo. Ricordo anch'io con commozione una buta del Barolo 1982 di Cordero di Montezemolo, bevuta 10-15 anni dopo, memorabile e prodotta con un stile classico che poi Giovanni ed Enrico hanno abbandonato. Ma ricordo anche un 78 di Giuseppe Mascarello, aperto a casa un cinque anni fa, che all'inizio sembrava "morto" come il vino descritto da Michi, che poi, pian piano, venne fuori alla grandissima, con una precisione e una nettezza che ancora mi sorprendono pensandoci...

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ostedanilo

circa 14 anni fa - Link

Beh qualche giorno fa ho assaggiato un barbaresco Montefico 99 di Produttori del Barbaresco. Riduttissimo all'inizio, è stato subito relegato sotto la categoria "cicoria appassita". Dopo un quarto d'ora si è ripreso tantissimo rivelandosi parecchio ricco e profondo.

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Francesco Fabbretti

circa 14 anni fa - Link

A dire la verità, purtroppo, non mi è andata sempre così bene: Gaja "Darmagi" 1997... conservato di sicuro malissimo... ho aspettato trepidante 6 ore: più passava il tempo più peggiorava :-(

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ostedanilo

circa 14 anni fa - Link

Nel senso che era ossidato? In tal caso sarebbe proprio il caso opposto, no?

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Francesco Fabbretti

circa 14 anni fa - Link

marsalato... pensa che è proprio dopo quella brutta esperienza (4 anni fa) che mi sono dotato, per custodire nel tempo le bottiglie pregiate, di mega armadio umidificato-coibentato-condizionato etc. etc.

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RAMPAVIA

circa 14 anni fa - Link

Per la mia esperienza, la virtù della pazienza deve essere esercitata sempre ed ancora di più per quanto riguarda i vini bio (naturali, biodinamici ecc.). Ricordo un Bandol di Château Ste Anne che appena aperto sembrava un miscuglio di inchiostro e di fanghiglia. Il giorno dopo era già bevibile ma il meglio lo diede dopo due o tre giorni (e che meglio). Per me questo è uno dei principali motivi per cui il vino bio è difficilissimo da proporre al Ristorante.

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maurizio gily

circa 12 anni fa - Link

il più classico dei descrittori di questa famiglia per la Borgogna è sicuramente "merde de poule" ...

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