Ci mancava la “bomba” della viticoltura sostenibile in California

di Alessandro Morichetti

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Immaginate la scena. Sede d’esame per diventare sommelier, l’esaminatore inizia: “Mi parli del vino californiano”. L’aspirante risponde: “E’ conosciuto nel mondo come esempio di naturalità e rispetto dell’ambiente”. Ma ci pensate? Noi in Italia a discutere di certificazione dei vini naturali, loro in California fiutano la green revolution tra le vigne e ci si buttano a capofitto. Non i micro-produttori, l’industria dico – gente che si chiama Gallo o “imperi” tipo Constellation, per intendersi.

Vabbè, ho esagerato ma neanche tanto, solo il tempo lo dirà. Nei fatti, solo pochi giorni fa è stato presentato un programma di certificazione – il California Sustainable Winegrowing Program (Programma per una viticoltura sostenibile in California) – con tanto di step precisi che mirano a realizzare le 3 E della sostenibilità a 360°: ecocompatibile, economicamente sostenibile e socialmente equa. Un progetto ambizioso in cui la viticoltura diventa pilastro della valorizzazione del territorio e del paesaggio californiani e quindi responsabilizzata in quanto tale. Il Workbook di riferimento per i produttori passa in esame aspetti che possono sorprenderci: meno chimica – e fin qui nulla di inatteso – ma anche pratiche di risparmio idrico, utilizzo di pannelli solari e carpooling aziendale.
California Sustainable Winegrowing AllianceL’iniziativa è promossa dalla stessa California Sustainable Winegrowing Alliance (organizzazione nonprofit di produttori che promuove benefici e pratiche per una viticoltura sostenibile) e laddove prima c’era una semplice autocertificazione (senza altra garanzia che la parola del viticoltore) ora si stanno studiando i requisiti migliori per avere enti terzi all’altezza del compito.

Per Steve Smith, uno dei capoccia di Constellation Wines Us, è una svolta epocale che focalizzerà l’attenzione di tutti sul tema della sostenibilità. Gli fa eco Chris Savage – direttore degli “affari ambientali” presso la E. & J. Gallo Winery (gli Zonin di California, per capirsi) nonché presidente del CdA della CSWA – garantendo che non è un’operazione di facciata e che il progetto va ben al di là del mettere una semplice etichetta sulle bottiglie.
Il Programma si articola sul controllo di 227 pratiche viticole ad ampio raggio, ma vi si può accedere solo possedendo 58 pre-requisiti, 5 ineludibili (ad esempio, l’azienda non deve adottare pratiche erosive) e 53 “in progress” nel primo anno di adesione: se non sei in riga, hai un minimo di tempo per mettertici.
L’obiettivo di breve termine è la scelta degli auditors, cioé dei controllori, tema caldissimo e assai controverso anche da noi. A dirla tutta, poi, molti stimano modesti e troppo vaghi gli standard attuali, tali per cui anche i grandi produttori potranno aderire. L’idea guida è che, dovendo e volendo fare comunque un primo passo, questo debba essere alla portata di tutti. Gli esperti dell’industria, inoltre, si chiedono se questi standard saranno sufficienti a penetrare mercati già sensibilizzati sul tema, laddove stringenti certificazioni di sostenibilità – come EntWine Australia (che misura una sorta di impronta ecologica aziendale) – sono adottate già da anni. Nella stessa California, le Regole di Lodi presentano specificità e regole di controllo esterno d’avanguardia.

Veniamo a noi. Se non ho capito male, l’obiettivo è questo: creare un Programma di viticoltura sostenibile ampio in cui ora si possa metter dentro più o meno tutti. Una volta garantita la base solida, si provvederà a rendere sempre più stringenti i vincoli così da implicare un cambiamento globale e profondo del modo di fare viticoltura. Si sa, gli americani sono ambiziosi come noi non saremo mai e qui non si parla di 50.000 bottiglie ma di milioni di ettolitri. Questi vogliono migliorare la California in quanto tale, altro che parrocchialismi di nicchia sul genere io naturale, tu vino vero, lui falso e loro biodinamici steineriani protestanti.

Mastodontica operazione di maquillage o reale interesse per la sostenibilità ambientale? Dico la verità, a vedere e sentire come sono coinvolti i viticoltori propendo per la seconda soluzione. Ma, sia chiaro. Non mi aspetto eroismi, spero solo non si risolva tutto in un’americanata. Sta di fatto che – stavolta forse con pieno merito – il Nuovo Mondo del vino sembra passare proprio per la East Coast.

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

6 Commenti

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Daniele

circa 14 anni fa - Link

... faranno la vendemmia con trattori elettrici ??? :-)

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Franco Ziliani

circa 14 anni fa - Link

Talmente di attualità, il tema della sostenibilità e dei green wines, in California, che ne ho fatto il titolo dell'edizione di questa settimana della rassegna stampa WineWebNews che curo per il sito Internet dell'A.I.S. vedi: http://www.sommelier.it/archivio.asp?ID_Categoria=3&ID_Articolo=1799

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Nicoletta Tavella

circa 14 anni fa - Link

Fantastico. E' ora che ci si muova sempre più in questa direzione. Bravi gli ammeregani che danno il buon esempio.

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stefano amerighi

circa 14 anni fa - Link

...il sogno di ogni produttore biologico e biodinamico è che tutti si muovano verso pratiche agricole rispettose dell'ambiente. Se poi sia per moda e per ragione per me non importa, non mi importa dare giudizi o patenti di eticità, quello spetta al nostro intimo. Ogni volta che un "grande" del vino e non un vignaiolo dichiara di essersi convertito al bio o comunque si sposta verso pratiche eco-compatibili, tanti si stracciano le vesti dicendo che è un'indecenza, che lo fanno perchè il mercato del vino è in crisi e annusano la possibilità di vendere qualche bottiglia in più... io ci vedo pezzi del nostro pianeta strappati ai diserbanti e ai concimi chimici, energie non dissipate in inutili sprechi... insomma se la green revolution è di moda, se è cool, se è trendy (utilizzo parole che io odio profondamente, anche perchè anglosassoni e non italiche) va bene lo stesso...per una volta vorrà dire che sarà una moda virtuosa e quindi dichiaro in questo post ufficialmente che amo tutti quelli che fanno biodinamica per moda, che non danno i diserbanti perché poi lo possono raccontare e vendere più bottiglie, che non utilizzano i concimi chimici ma rivitalizzano la terra con il cornoletame perchè è radical-chic, che utilizzano poco rame e poco zolfo perché curare le piante con gli infusi d'ortica e di salice fa lo stesso effetto con le donne del malaguti fifty top con le ragazzine negli anni 80.... e se dio questa moda ce la conserverà a lungo, noi avremo nel nostro cuore, nonostante tutto questo, l'indirizzo di quei piccoli vignaioli che non sono mai stati di moda, memmeno quando ne avrebbero avuto l'occasione....viva la terra, la terra è viva!!!!!!!!

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Andrea Gori

circa 14 anni fa - Link

grande stefano! è quello che penso pure io, che lo si faccia per soldi o per convinzione, l'importante è che lo si faccia, per diamine!

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Simone e Zeta

circa 14 anni fa - Link

In effetti qualcuno ha bevuto un pò troppo, prima non va bene la solidarietà, poi megli i sistemici e diserbanti....Magari caro Stefano ti diranno di espiantare Sirah e di mettere Sangiovese. Il vino farebbe pena, ma almeno salviamo le apparenze. Mi fa anche piacere una presa di posizione del Gori così decisa. Tra l'altro siete tra i pncora capito che il Bio si fa perchè l'uva viene meglio, d'altronde siete uomini di marketing.

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