Chianti Classico | Aridatece il fiasco

di Antonio Tomacelli

Italia: terra di santi, navigatori e ipocriti. In forte aumento gli ipocriti devo dire, ma non mi stupisco più da quando il paese è governato dai difensori a oltranza della famiglia. Essì che sono tutti divorziati e ammignottati niente male, ma come dicono a Napoli, “chiagneno e fottono”. La volete l’ultima sulla doppia morale? Ve la servo in salsa americana e riprendo un post del Wall Street Journal, che ha pubblicato a firma di Lettie Teague, una serie di assaggi di Chianti.

Non sono però gli assaggi che mi hanno mandato di traverso il caffè, ma la storia di un produttore, Antonio Cavallini, proprietario della Tenuta il Borghetto. Contro di lui si è levato il grido di dolore alto e forte di un consorzio che, dopo quello che ha combinato al disciplinare, farebbe meglio a tacere per i prossimi duemila anni. La colpa di Cavallini? Si è macchiato del grave delitto di imbottigliamento in borgognotta anzichè bordolese.

Leggo il disciplinare e mi si smollano le mascelle dal ridere: “Il Chianti Classico deve essere venduto in bottiglie degne della tradizione di un vino così prestigioso, quali la bordolese o il fiasco”. L’ignobile borgognotta, così chiamata perchè usata in Borgogna, non è degna insomma di cotanto Chianti, meglio sarebbe il “tradizionale” fiasco di paglia intrecciata, tradizionale come il cabernet che il consorzio ha fortemente voluto nel disciplinare. Insomma, la borgognotta no e il cabernet si. Mi aiutate a capirci qualcosa?

Nella foto del Wall Street Journal le bottiglie incriminate

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

4 Commenti

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carolina

circa 14 anni fa - Link

io ai disciplinari non credo. non ho nessun vino doc pur potendolo fare, solo igt. non amo essere uguale alla massa, e nemmeno i nostri vini

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Leonardo Romanelli

circa 14 anni fa - Link

Andiamo per ordine. Si può discutere sul disciplinare a lungo e ognuno dirà la sua, con differenti opinioni sull'utilizzo di merlot, cabernet, oppure malvasia nera e canaiolo(sai la discussione ad un tavolo con me, il Gori e Ziliani:-)ma riguardo al contenitore il concetto è diverso: mai visto un Bordeaux imbottigliato in una borgognotta o un Bourgogne in una bordolese. Visti invece Verdicchio infilati in bottiglie di ogni forma e colore, la richiesta di un formato unico non la vedo così male: peggio è stato il periodo del Chianti in fiaschi rivestiti di plastica!

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Edoardo

circa 14 anni fa - Link

C'e' ancora chi non capisce, o chi non vuole capire, che sono i piccoli produttori e le loro perle a dare lustro , nonostante TUTTO, al nome chianti classico. Quelli che credono ancora alla favola del merlot, dell'aglianico, dei 700 anni di storia degli industriali del vino sono gli stessi che pensano di poter fare a meno delle piccole grandi realtà del chianti. Il chianti classico non può permettersi di "perdere" produttori come il Borghetto per questioni burocratiche che esistano solo nel consorzio; in più la borgognotta esprime sicuramente di più l'idea del puro e vero sangiovese, di una bordolese.

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TERROIR

circa 14 anni fa - Link

Fra l'altro il "tizio" il vino lo fa niente male...e più "tradizionale" di molti "imbottigliatori ligi al disciplinare".La borgognotta se parlate col produttore è stata volutamnete una "provocazione" ,in effetti il suo sangiovese di color (naturalmente) "scarico e limpido" all'occhio ha molto di pinot noir...

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