Calabretta | L’ulivo e la vite ai piedi dell’Etna

di Giovanni Corazzol

Hanno ragione quei tali che insistono nel pretendere riconosciuta la matrice cristiana della nostra cultura. Hanno ragione in particolare quei talaltri che nel cattolicesimo rintracciano i segni caratterizzanti dei nostri comportamenti più istintivi e profondi. Tra questi la Colpa, che ci distingue chiaramente da altri popoli. E’ per senso di colpa che alla bella coinquilina concedo le mie ferie, acché si consumino nel luogo da cui l’ho strappata: la bella terra di Sicilia. Ed è sempre per senso di colpa che ella mi ha voluto difendere dal familiare impegno invernale: la raccolta delle olive. Solo quest’anno abbiamo infine trovato il coraggio di confessarci ed affrontare a viso aperto i reciproci sensi di colpa.

Ne è conseguito che sì, sono sceso in Sicilia anche per questo Natale, come per ognuno degli ultimi sei, ma a compensazione ho guadagnato il diritto di squassarmi le spalle, battendo col ligneddu le rame d’ulivo, tagliate col saracco da suo padre e dagli altri silenti massari sicani al suo servizio. Questi uomini poggiati sulle cime delle luare (ulivi) come fossero monaci guerrieri usciti da un film di Hang Lee, mi hanno sopra ogni altra cosa insegnato la fatica e poi il prezzo ridicolo della fatica. L’olio non fa diventare ricchi. Almeno non coloro i quali lo fanno con la scienza dei padri e la forza delle braccia.

Mentre col mio ligneddu battevo le rame tagliate, facendo cadere dentro le reti stese a terra le piccole olive ottobbrariche e calabbrisi oppure le crasse cassanisi, timido alzavo lo sguardo per guardarmi attorno ed ammirare gli anfiteatri terrazzati colmi della terra nera dell’Etna, che qui è femmina in quanto montagna. Nel farlo mi chiedevo perché lì, sui monti Peloritani, issati alle spalle dei paesi che da Taormina si alternano in un’unica selvaggia colata di cemento fino a Messina, la viticoltura non fosse riuscita a convivere con la coltivazione dell’ulivo. Qui vino poco e nulla, poco più a nord, nel territorio del comune di Messina, si stende invece la DOC Faro; più a sud, a cingere l’Etna, l’omonima ampia denominazione.

La strada che conduce al versante settentrionale dell’Etna è raggiungibile uscendo dall’autostrada a Fiumefreddo oppure a Giardini Naxos. La prima opzione conduce a Randazzo (la vostra Beaune etnea) passando da Linguaglossa e da lì, in sequenza, attraversando nomi che si fanno vieppiù familiari: Rovittello, Solicchiata, Passopisciaro. La seconda, sempre per raggiungere Randazzo, costeggia la valle dell’Alcantara facendovi passare da Castiglione di Sicilia, che da sola vale un detour.

Della Sicilia mi fa incazzare terribilmente il contrasto tra splendore ed orrore e la puntuale necessità di attraversare l’orrore per raggiungere lo splendore. La Sicilia è per me terribilmente faticosa. Castiglione ad esempio è di una bellezza stordente, ma per guadagnarmela ho respinto il primo istinto di fuga e trattenuto il fastidio. L’Etna, quanto meno il versante settentrionale, è parimenti luogo da guadagnarsi. Si devono superare molti ostacoli per raggiungerlo, ma poi è miracoloso. E’ un giardino biblico, un orto persiano. La strada per Randazzo è anche una sequenza di splendide masserie abbandonate, magari con palmento, che inducono a fare pensieri immobiliari pericolosi. Siate cauti e se trovate l’affare chiamatemi.

Sosta a Solicchiata al Cave Ox (pronunciatelo in inglese, boh) seguendo le tracce di Mauro Mattei. Consulto gli appunti e provo a contattare il produttore prescelto. Benanti e Passopisciaro sono aziende troppo grandi e/o importanti, i loro vini piuttosto noti, tutti eccellenti, non difficili da reperire. Frank Cornelissen l’ha raccontato bene appunto Mattei, lo si può trovare a Villa Favorita e inoltre non me lo posso permettere (quantomeno non il Magma). Tra i molti altri che avrei voluto visitare, nomi giustamente noti sono Girolamo Russo, Graci, i Vigneri di Salvo Foti, riconosciuto signore dei vini etnei, e Tenuta delle Terre Nere, giovane azienda assurta agli onori per l’Etna Rosso Le Vigne di Don Peppino Prefiloxera, un vino che dicono tanto buono quanto caro. Il tema dei prezzi qui al solito porterebbe lontano. Le oggettive difficoltà di produzione a parer mio non giustificano certe cifre. Forte il sospetto che a qualcuno sia scappata un po’ la mano.

Il numero di telefono che digito è quello di Calabretta. “Sì, sì, venga pure, ci sono addirittura io”. Addirittura? La mia indotta conoscenza della lingua siciliana non riconosce questo “addirittura”, non riesco pertanto ad attribuirgli altro significato se non quello letterale, anche perché pronunciato con marcata inflessione genovese. Cerco nei testi al seguito e scopro così che la Famiglia Calabretta produce vini a Randazzo da più generazioni, ma che Massimiliano è in effetti genovese. Ed è infatti addirittura Massimiliano ad accogliermi. In piumino e infradito, segaligno, quarantino scarso, Massimiliano ha parlantina svelta, appassionata, tecnica, concede una generosa visita alla cantina proponendo un tour da lui definito educational. Massimiliano non aprirà bottiglie, farà assaggiare i suoi vini spillandoli dalla botte, e spiegherà, molto. Molto più di quanto riesca a registrare ed a trattenere in memoria. Orsù proviamo a riepilogare. Le prime due tappe del tour sono sui bianchi. Mario Soldati (sempre sia lodato) definì i vini bianchi dell’Etna decisamente migliori dei rossi. Con i primi due assaggi di Minnella e Carricante (solo acciaio) la tesi tenderebbe ad essere confermata. La Minnella (6,00 euro in cantina) è un inno alla bevibilità, naso lieve, in bocca è minerale senza far pensare prepotentemente al Vulcano, ha bella acidità, sembra il vino dell’estate, da ingollare gargarozzando. Il Carricante poi (8,00 euro in cantina) sgomita e annichilisce le belle sensazioni della Minnella, grazie ad una complessità emozionante. I profumi sono nettamente minerali, floreali di ginestra e frutta secca. Qui c’è sapidità ed acidità in abbondanza, ecco il vulcano. Un vino strepitoso che si confermerà nella bottiglia rapidamente stappata al ritorno a casa. L’Etna Rosato (credo sui 10 euro in cantina) da nerello mascalese e cappuccio, viene vinificato col sistema “Pista e Mutta” (pesta e spingi) che prevede una brevissima macerazione (poche ore). Fresco, accattivante, profumi di fragola, pronto anch’esso a farsi scolare a tutte le ore.

Il tour si sposta ora sotto terra, dove è stato ricavato lo spazio per le botti in legno riservate ai rossi. E qui Soldati, debbo dire, trema. Massimiliano, nell’indicare tronfio piccole botti già acquistate da danesi, inglesi e norvegesi, decide di farci provare le differenze tra le contrade su cui si stendono i complessivi 13 ha di vigne. Tutti del 2010, assaggiamo innanzitutto l’Etna rosso da contrada Solicchiata, decisamente fruttato e debbo dire rispetto agli altri forse un po’ legnoso; segue quello da Passopisciaro, di grandissimo equilibrio, e infine il “Nonna Concetta”, la riserva dell’azienda dedicata alla moglie di Salvatore, nonno di Massimiliano, che, pur nel freddo invernale della cantina, stupisce per profumi e persistenza (assaggerò poi, nella vicina e bella trattoria San Giorgio il Drago, il raccomandato ed eccellente 2007).

Quindi il buon Massimiliano spilla le creature a cui sembra giustamente tenere di più, che sente più sue, assieme forse alla Minnella. Un nerello cappuccio in purezza da dedicare al padre ed un pinot nero che debbo dire, tra tutti gli assaggi è stato, con il Carricante, quello per me più emozionante. “Se dovessi associarlo ad un pinot di Borgogna, quale appellation diresti?” mi chiede a bruciapelo. Impavido, rispondo. “Vosne-Romané”. “Così han detto anche altri” mi dice. Non mi scompongo, robetta per me. Il Pinot Nero, che entrerà in commercio con poche bottiglie in questo 2012, è un vino da seguire con molta attenzione. Ve l’ho detto.

Il tour finisce, riempio il bagagliaio, saluto ringraziando. “Ulivo e vite qui convivono bene?” chiedo mentre gli stringo la mano. “Lo fanno da sempre”, risponde.

avatar

Giovanni Corazzol

Membro del Partito del progresso moderato nei limiti della legge sostiene da tempo che il radicalismo è dannoso e che il sano progresso si può raggiungere solo nell'obbedienza.

25 Commenti

avatar

Flachi10

circa 12 anni fa - Link

Massimiliano... ottimo produttore, ottimo ingegnere elettrico... fu proprio lui nei lontani anni del mio liceo a convicermi ad affrontare lo stesso percorso di laurea, stordendomi di parole... ovvio !!

Rispondi
avatar

Massimiliano Montes

circa 12 anni fa - Link

E' lui! :-)

Rispondi
avatar

Nelle Nuvole

circa 12 anni fa - Link

Inizio dell'anno in gran forma caro Corazzol. Un grazie particolare alla tua coinquilina per essersi fatta figliare da cotante radici. Era da tempo che aspettavo qualche approfondimento relativo all'Azienda Calabretta. Lo hai fatto a modo tuo, che a me va benissimo. L'affermazione riguardo al Pinot Nero mi sembra quantomeno audace, ma la fortuna aiuta coloro che lo sono. Staremo a vedere.

Rispondi
avatar

Simone e Zeta

circa 12 anni fa - Link

San Giorgio al Drago, delle verdure da fuori di testa!

Rispondi
avatar

Simone e Zeta

circa 12 anni fa - Link

La seguente è una via di mezzo tra una affermazione ed una domanda, in quanto sono ben sicuro di quello che dico, ma non ho i crediti necessari per dirlo. Il Punot Nero è un uva, in quanto tale sono liberissimo di piantarla ovunque. Se poi il vino viene pure buono, meglio ancora. Si zittiranno tutti gli ultrafan della Borgogna, perché come viene li, nessuno al mondo mai riuscirà nell' impresa. Resta il fatto che nell'accostamento Borgogna - Etna si commette l'errore di sottovalutare l'unica cosa importante di cui si parla. La conformazione del Territorio; sull' Etna credo sia impossibile trovare la benché minima quantità di calcare, rendendo di fatto imparagonabili i due terroir. Per supposizione sarebbe pure sconsigliabile piantare Pinot nero, e secondo tale logica metà dei vitigni italiani non esisterebbe, peró se il vino è buono, chi se ne frega. Calabretta a me piace molto, quindi tutto da bere. Mi aspetto comunque una risposta più qualificata.

Rispondi
avatar

Massimiliano Montes

circa 12 anni fa - Link

Non sono un fan dei vitigni internazionali, però ti posso dire quello che mi ha detto Massimiliano (Calabretta). Il Pinot Nero da lui matura contemporaneamente alla Borgogna. In Sicilia il problema dei vini è che vi è una netta discrepanza tra maturazione zuccherina e maturazione aromatica. La maturazione zuccherina (o maturazione tecnologica) anticipa grandemente la maturazione aromatica nei climi torridi siciliani. Già a fine agosto si ha una gradazione zuccherina elevata che impone la vendemmia. Le componenti aromatiche però non sono ancora pronte, gli aromi varietali si trovano ancora in una fase precoce, non ideale. Se l'uva avesse la possibilità di maturare più lentamente, le due curve di maturazione avrebbero un andamento più uniforme. E' questo quello che avviene sull'Etna, dove si vendemmia tra ottobre e novembre.

Rispondi
avatar

Simone e Zeta

circa 12 anni fa - Link

Aggiungo per finire che pure le nocciole, sull'Etna vengono molto bene, incredibile come si possa avvertire il territorio su questo frutto. La nocciola Etnea regala uno speziato ed un senso di fumè unici, restando comunque più selvaggia di quella piemontese.

Rispondi
avatar

armando trecaffé

circa 12 anni fa - Link

Grande Massimiliano...un genovese generoso come un napoletano coraggioso come uno scozzese e talentuoso come un borgognone...onore a lui ed ai suoi fantastici vini... A3C

Rispondi
avatar

Massimiliano Montes

circa 12 anni fa - Link

Quale dei vini di Massimiliano ti ha colpito di più? ;-)

Rispondi
avatar

armando trecaffé

circa 12 anni fa - Link

Anche x m in cantina il pinot nero....a tavola il donna Concetta

Rispondi
avatar

Giovanni Corazzol

circa 12 anni fa - Link

Così, credo, ha spiegato anche a me. Del pinot, alle condizioni in cui l'ho assaggiato, mi ha colpito proprio la riconoscibilità del vitigno. Insomma con tutti i distinguo e le cautele del caso, li' dentro c'era della Borgogna. Dico solo che e' un esperimento a cui prestare attenzione. Molta. @Massimiliano: il carricante. Vino complesso e dalla beva tracannante

Rispondi
avatar

Massimiliano Montes

circa 12 anni fa - Link

:-) Un bellissimo bianco

Rispondi
avatar

esperio

circa 12 anni fa - Link

Pinot Noir, borgogna sulle falde dell'Etna : puro e deleterio provincialismo. Che senso ha acquistare una copia prodotta in Sicilia quando e' disponibilissimo l'originale francese? Non ho mai capito perche i Siciliani con tutto il ben di Dio che hanno ha disposizione, inseguono affannosamente le varie mode dettate dall'oltre cortina e per giunta sempre in ritardo, una maledizione ho pura incompetenza? Boh. Che rabbia.

Rispondi
avatar

Giovanni Corazzol

circa 12 anni fa - Link

@esperio il tema è di quelli attorciglianti, non intendo affermare verità certe, però ci andrei più cauto. Innanzitutto perché la sicilia produceva pinot nero (per la spumantizzazione) fin dai primi del secolo scorso, poi perché non siamo in presenza di un fenomeno esteso di globalizzazione delle coltivazioni. L'etna in particolare sta puntando forte sui suoi vitigni e bene fa. Col pinot nero tanti produttori vogliono confrontarsi, sperimentano, è una sfida, tra le più ardite, certo. Io stesso quando Calabretta mi ha detto "pinot nero" ho mugugnato, però se il vino è buono e il prezzo non fa al solito pensare "se devo spendere questi denari tanto vale comprarsi direttamente un borgogna", allora perché no? Il pn di Calabretta io lo aspetto con molta curiosità, perché (ribadisco in quelle condizioni di assaggio), mi è sembrato di riconoscere il varietale che conosco, cosa che per esempio con gli altoatesini, pur piacendomene alcuni (gottardi su tutti), non sempre riesco a fare. ERRATA CORRIGE al solito inzacchero di imprecisioni i miei pezzi. diffidate gente diffidate. 1) il vino dedicato al padre di Massimiliano non è di nerello cappuccio in purezza, che esiste ma senza dediche, ma di mascalese. 2)ho fatto un bel po' di confusione sui rossi. i tre rossi sono nell'ordine da contrada calderara (quello da invecchiamento), Passopisciaro (Nonna Concetta) e Solicchiata.

Rispondi
avatar

Massimiliano Montes

circa 12 anni fa - Link

Stiamo facendo discorsi di lana caprina. Sembra quasi che la produzione di Calabretta sia basata sul Pinot Nero. Non è così! Il Pinot Nero è una sperimentazione, assolutamente marginale. Calabretta è famoso,direi giustamente, per il suo Nerello Mascalese che con il Carricante costituisce la grande parte della sua produzione. Ora imbottiglia anche una Minnella in purezza, altro bianco autoctono dell'Etna. Ti dirò di più. Secondo me Massimiliano fa alcuni tra i migliori rossi italiani e del mondo. Il Nonna Concetta 2007 è all'altezza di alcuni grandi Baroli, ed una sua nuova sperimentazione di Nerello Mascalese a piede franco, sempre anno 2007, secondo me supera la maggior parte dei Baroli. Uso il Barolo come metro di paragone non a caso. Infine, se puoi assaggia il suo Carricante: è un grande vino, dalla mineralità intensa e profonda. Vai su google e fai la seguente ricerca: "i vini di calabretta"

Rispondi
avatar

esperio

circa 12 anni fa - Link

Massimiliano, qui non si intende toglire merito a nessuno, si ragiona.

Rispondi
avatar

Giovanni Corazzol

circa 12 anni fa - Link

@Montes E' giusto, però anche se in piccole quantità, tanto il PN che il cappuccio li metterà in commercio quest'anno. Stiamo parlando sicuramente di poche bottiglie (mille? forse neppure). Il resto è giustamente Etna rosso e bianco. e quel rosato.

Rispondi
avatar

suslov

circa 12 anni fa - Link

Ang Lee, non Hang Lee.

Rispondi
avatar

Giovanni Corazzol

circa 12 anni fa - Link

lo so dannazione, ho degli editor dilettanti ;)

Rispondi
avatar

esperio

circa 12 anni fa - Link

Corazzo, devo confessare che leggendo la cronaca della tua escursione etnea, sono stato investito da un piacevole e sorprendente ritorno di odori, aromi, sensazioni che avevo dimenticato da un bel po'. Comunque sono consapevole che in Sicilia si fanno e' si possono fare grande cose nel settore vinicolo, la terra lo permette. Il guaio e' che i Siciliani a volte sono afflitti da una tripice sindrome : Arroganza, senso di inadeguatezza, passione per il forestiero; tutto mischiato. Spero che il tuo tour siciliano comprenda anche altre parti dell'isola.

Rispondi
avatar

suslov

circa 12 anni fa - Link

beh insomma. se sull'etna si sentono inadeguati rispetto allo straniero che dire del resto della sicilia ? simil bordeaux al limite dell'imbarazzante. tenuta delle terre nere fa dei gran vini. un po' cari, d'accordo ma un guardiola a 30 euro me lo bevo. un camelot di firriato a 22 no

Rispondi
avatar

esperio

circa 12 anni fa - Link

Infatti. E i prezzi, dalle stalle alle stelle ; se pensi che in certe cantine sociali puoi acquistare vini sfusi, bevibilissimi a poco piu' di un euro al litro. Dissociazione pura, diceva un certo tale.

Rispondi
avatar

Massimiliano Montes

circa 12 anni fa - Link

Esperio, non amo giudicare il mio prossimo, ma se proprio devo lo faccio in base a ciò che le persone fanno (fedele al convincimento che noi siamo quello che facciamo, non quello che diciamo di essere né tantomeno quello che gli altri dicono), e non al posto dove queste sono nate o abitano. L'arroganza non ha cittadinanza. Conosco persone squallide o mediocri o ignoranti o arroganti provenienti da tutt'Italia (e da molti paesi del mondo, ma le mie conoscenze vanno ahimé crescendo). Viceversa conosco gentiluomini, onesti, competenti provenienti da ogniddove. Credo che bisogna distinguere le persone in "verticale" (per così dire) e non in "orizzontale", ovvero ogni località geografica ha i suoi arroganti (e la storia e la politica recente ce lo confermano, casomai ce ne fosse bisogno) ed i suoi galantuomini. @ Giovanni: invito sempre valido :-) @ Suslov: pienamente d'accordo, scansare accuratamente Firriato, Planeta, Tasca d'Almerita ed altri cosiddetti "big" (di prezzo ma non di fatto)

Rispondi
avatar

esperio

circa 12 anni fa - Link

Ah Montes, quanto mi dispiace, ho paura che tu abbia preso un abbaglio, sicuramente e ne sono convinto, causato dal furore del giusto che persegue l'onesta causa. Mi viene in mente quello che scrisse Enzo Russo, autore del romanzo semistorico, Nato in Sicilia, sulla quarta di copertina : - Ho narrato questa storia con la speranza che tra i lettori che non amano la Sicilia comincino ad amarla almeno un po' e chi la ama molto cominci ad amarla un po'di meno. -

Rispondi
avatar

Massimiliano Montes

circa 12 anni fa - Link

Il furore acceca la mente (così come l'ignoranza è la peggiore delle malattie). Bisogna soltanto cercare di vedere serenamente le cose dall'alto, come un uccello che vola distaccato dal coinvolgimento emotivo. Prosit

Rispondi

Commenta

Rispondi a Simone e Zeta or Cancella Risposta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.