Anteprima Cesanese 2012 | La strada è ancora lunga

di Fabio Cagnetti

Mesi or sono, quando credevo che la mia vita sentimentale fosse “Notting Hill” e invece era “Charlie viene prima di tuo marito”, sul mio calendario campeggiava, tra il 20 aprile e il 2 maggio, la gigantesca scritta CUBA. E invece, tanto per tener fede alla mia solida reputazione di degustatore seriale (per gli addetti ai lavori; per i non addetti, sostituire con “wine geek” o semplicemente “sfigato”), sabato scorso, mozzicato da Hannibal in ogni dove e in perenne lotta con gli allergeni, ero ad Anagni, città splendida ma che se percorsa in automobile porta alla pazzia nel giro di minuti, per Rosso Cesanese, in particolare per l’anteprima del Cesanese del Piglio DOCG (e del Cesanese di Affile DOC) riservata alla stampa.

Vi risparmierò lenzuolate di voti numerici: se siete in crisi d’astinenza, tenete duro, la terza e ultima parte del report sui Bordeaux 2010 è in arrivo. Farò invece un discorso generale, con la convinzione, sempre solida, che a chi ha speso tempo e denaro per organizzare l’evento, invitare me e colleghi anche ben più blasonati, comunicare le eccellenze di un vino alla ricerca del suo posto al sole si rende un miglior servizio dicendo la verità, e tutta la verità, che facendo un post di circostanza che indori la pillola.

Perché a prevalere, anche solo rispetto all’anno scorso, è una irata sensazione di peggioramento.

Senza giri di parole, circa un terzo dei vini in degustazione erano palesemente difettati. Puzze di ogni genere, rifermentazioni, residui zuccherini evidenti (il disciplinare ammette 5 grammi/litro, qualcuno ne avrà avuti almeno il triplo), acidità completamente, e dico completamente slegate dal resto del corpo. Insomma, non si parla di stile, si parla di errori tecnici in qualche caso da prima liceo vinicolo. Oltre alla scala numerica, avrei dovuto in molti casi ricorrere ai tre scalini della valutazione non numerica: N.C. (Non Classificabile), M.C. (Manco a li Cani, che sottintende anche una valutazione morale) e l’auto-esplicativo F.C. (Fa Cagare).

Capisco che molti produttori siano artigiani che lavorano in modo approssimativo facendo tutto da sé, ma cosa ha assaggiato la commissione che ha dato la fascetta della DOCG ad alcuni di questi vini?

A Napoli, dicono “mazz’ e panella fann e figl’ bell, panella senza mazz’ fann’ e figl’ pazz’”. Insomma, servono il bastone e la carota. E’ necessario intervenire, è necessario che il Consorzio faccia qualcosa per migliorare il livello tecnico dei Cesanese. Prima pensiamo a fare vini corretti, poi penseremo a farli buoni. Prima di discutere dell’eventuale zonazione di un areale geologicamente e climaticamente assai eterogeneo, prima di classificare i cru, facciamoli, i cru.

Oltretutto, mancavano ad Anagni alcuni produttori tra i più capaci. Innanzitutto c’erano il Cesanese del Piglio DOCG e quello di Affile DOC, ma non il Cesanese di Olevano Romano DOC, dove indubbiamente i vini di Damiano Ciolli rappresentano un’eccellenza. E poi non c’erano i vini di Piero Macciocca (La Visciola), stilisticamente un mondo a sé e per quanto mi riguarda arbitri dell’eleganza locale. Capisco che a Nebbiolo Prima manchino Conterno e Giacosa, che Biondi Santi e Soldera si guardino bene dal partecipare a Benvenuto Brunello, che l’Union des Grands Crus de Bordeaux non abbia in degustazione Lafite e Petrus e che ai Grands Jours de Bourgogne non si assaggino i vini del Domaine de la Romanée-Conti e di Madame Leroy. Ma qui no, cazzo diamine. Si faccia il possibile per recuperare pecorelle smarrite e figliuoli più o meno prodighi.

Poi resta da dire la solita cosa, ossia che mancando un Biondi Santi o un Bartolo Mascarello a guidare la via, in assenza di modelli stilistici ognuno fa il vino come gli pare. Probabilmente il punto di riferimento più concreto, visti i riconoscimenti delle guide e del mercato, è il Romanico di Coletti Conti, tecnicamente ineccepibile e comunque sempre tra i migliori, ma lontano dalla mia idea di vino. Persegue la via della concentrazione e della surmaturazione, un Amarone ciociaro, vino anni Novanta di cui in due è ben difficile finire una bottiglia. Logico che altri produttori, nel tentativo di imitarlo, ritardino eccessivamente la vendemmia ritrovandosi poi con rifermentazioni, residui zuccherini e/o necessità di acidificare, con tutto ciò che ne consegue. Oltre a Coletti Conti (di cui al Romanico ho preferito l’Hernicus, più in divenire ma meno muscolare e concentrato), menzione d’onore per Casale della Ioria, che continua a proporre vini tipici, puliti, corposi ma composti; oltre al Cesanese Superiore e al Torre del Piano Riserva, da lodare anche il base, il Campo Novo 2010, che complice l’annata fresca risulta particolarmente di beva.

Ma davvero, ha poco senso parlare di stili e di eccellenze quando il livello tecnico medio è così basso. La strada è lunga e dura, più di quel che si pensava, e bisognerà rimboccarsi le maniche perché, nel panorama nazionale, il Cesanese possa scrollarsi di dosso la nomea di eterna promessa.

[Credit | Immagine: Eccolanotiziaquotidiana.it]

10 Commenti

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Andrea Petrini

circa 12 anni fa - Link

Sottoscrivo parola per parola Fà!

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gino

circa 12 anni fa - Link

per me questipareri sono pieni di pregiudizi,e faziosità.al contrario ho trovato dei grandi cesanese del piglio(vedi cantina sociale).comunque dalle mie zone si dice:fatti il nome e ammazza tuo padre

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Andrea Petrini

circa 12 anni fa - Link

Saremmo faziosi per quale motivo recondito? Perchè non consideriamo GRANDE il vino della cantina sociale?

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Manilo

circa 12 anni fa - Link

Fabio, io ero lì ieri, concordo quasi su tutto, al Romanico preferisco più Casale della Ioria, li ho trovati più equilibrati, ma vogliamo parlare della Passerina del Frusinate, secondo l'unica cantina che la spumantizzata, come ti è sembrata e poi la signora che ne aveva una del 2007, acquaragia.

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Fabio Cagnetti

circa 12 anni fa - Link

Non so quanti indizi costituiscano una prova, ma ho degli indizi a favore della teoria che la Passerina del Frusinate può essere un vitigno interessante, tuttavia con ogni probabilità quella della spumantizzazione non è la strada da percorrere.

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patrizia

circa 12 anni fa - Link

Mi dispiace che non abbia trovato di suo gradimento questi vini, ma i problemi del vino in provincia di Frosinone sono ben chiari a chi lavora nel settore. Manca la materia interpretativa del vino: il territorio. Benchè ci siano ottima viticoltura e buone intenzioni, il territorio necessita di confronti tra produttori, sia in maniera critica che propositiva. La vite è un albero da frutta, la bottiglia di vino è il frutto dell'esperienza. In provincia siamo ancora troppo presi per "IO e MIO" a discapito della qualità. Se volessimo imparare tutti a convivere con l'idea che la competizione si pone attraverso il GRUPPO dei produttori, non avremmo vini poco competitivi.

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Andrea Petrini

circa 12 anni fa - Link

Brava Patrizia, parole sagge e condivisibili

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Maurizio La Rocca

circa 12 anni fa - Link

Condivido quanto detto da Fabio, Andrea e Patrizia: sono stato lunedì e - provati un paio di "basici" e capita l'aria che tirava - sono passato a Berucci, Pileum, Coletti Conti, tenuta Ioria, Terenzi... Il superiore della Ioria per me rimane sempre al top: Romanico ed altri corretti ma niente di più, le bollicine di Passerina e Cesanese molto orientate su consumatori "sempliciotti", di veramnte basse pretese. Trovato interessante ed innovativo "L'onda" (Berucci), la cui etichetta posteriore però mi ha fatto venire il mal di testa per capire da quante mani fossero passate quelle uve. Comunque in generale un territorio che sembra debba crescere ancora tanto dal punto di vista enologico per raggiungere buoni livelli. Ad maiora!

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giancarlo

circa 12 anni fa - Link

Ho letto l'articolo e degustavo vicino a te, anch'io ho avuto delle medie di votazione da 65 a 73 quindi basse senza menzionare quei 3 vini dell' apocalisse FC (dolce , aceto e torbolo)....molte delle sensazioni che percepivo da vini imbottigliati non erano poi cosi catastrofiche come le indichi ma buona espressione del lavoro di gente di campagna, gente che è passata a generazioni, dalle pecore alla vigna, alla stalla ed infine alla casa. Le commissioni della C.C.I.A.A. sono esclusivamente composte da esperti tecnici degustatori.Il vino non passa se analiticamente non corrisponde ad un disciplinare e se difettoso alla commissione ma a volte il prodotto sottoposto a commissione poi qualche furbetto lo sistema in altre maniere... Sui prodotti da botte, tutto capita e li sono d'accordo con te che alcuni vini erano scomposti e non ancora idonei ma il bello della diretta è anche questo Fabio. Del resto è un cesanese mica un bordeaux no?

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she-wolf getting stupid beyond any limit

circa 12 anni fa - Link

Lo so che è completamente OT, ma non resisto: la Passerina del Frusinate mi fa venire in mente Nino Manfredi in "Per grazia ricevuta". Fabio Cagnetti hai scritto un bel post, preciso, cattivo e sferzante.

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