Acidificazione e altre storie | Quello che le aziende non dicono

di Andrea Gori

Certe parole del vino ti viene l’orticaria solo a pronunciarle. Ne volete una topica? Acidificazione. Lo sapete, lo scheletro di un vino è l’acidità, quando manca il prodotto è piatto, stanco e poco invitante. Succede che uno dei blogger più famosi del mondo, di ritorno dall’Australia, osserva quasi di sfuggita che laggiù praticamente tutti i vini vengono acidificati, cioè resi più acidi e freschi aggiungendo acido tartarico o altro. Sentite un paio di passaggi:

Un enologo autraliano che dica di non acidificare sta mentendo. (…) Nessuno ama parlare di acidificazione in Australia come nessuno ama parlare di irrigazione in California, o di chaptalization (lo zuccheraggio dei mosti, ndr) in Borgogna

Che musica, maestro. Nessuno ne parla, e vorrei vedere. La lista delle pratiche lecite ma ben lontane da una certa idea del vino come espressione autentica del territorio è lontana un miglio. Tutti a riempirsi la bocca di pubbliche virtù poi in privato, tra vigne dimenticate da Dio e cantine buie, di vizi privati c’è solo l’imbarazzo. L’esperienza insegna, guai a fare nomi. Anzi, si potrebbe dire che la Toscana stia diventando un modello di trasparenza in cui qualcosa viene fuori, tanto è il silenzio che domina nel resto d’Italia. A drizzare le orecchie se ne sentono di tutti i colori. Vini che partono da Puglia e Romagna diretti non-si-sa-bene-dove, Champagne fatto con bianchi siciliani e chi più ne ha più ne metta. Per uno scandalo che scoppia, 10 rimangono nei cassetti. Concentratori, rotomaceratori e sacchi di tannini enologici ormai non fanno più notizia. Molti percepiscono che qualcosa non fili come dovrebbe ma poi casca tutto nel dimenticatoio in men che non si dica.

Io ormai ho perso il conto. Dovessi aggiornare doc e docg su una cartina d’Italia, non saprei più dove mettere le mani. Tanto per dire, dove inizia e finisce il Montepulciano d’Abruzzo? Bella domanda, vero? Insomma, chi mi aiuta a riscrivere i manuali di enografia? E poi,qualcuno sa spiegarmi dove nasce la necessità di barare sempre e comunque?

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

35 Commenti

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Roberto Giuliani

circa 14 anni fa - Link

Non penserai veramente che da noi certe pratiche non si usano, vero? La chimica in cantina serve proprio a questo, tannini, acido tartarico, gomma arabica, aromi, di tutto di più, alcune cose lecite altre no, il tutto per fare uscire dei vini apparentemente equilibrati, poi basta apsettare un paio d'anni ed ecco il tracollo...

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Marco Lugli

circa 14 anni fa - Link

Bisogna però fare distinzione tra pratiche alteranti il valore tradizionale/tipico/locale del vino come ad esempio lo zuccheraggio e l'aggiunta di acido tartarico (per altro permesso in Italia in dosi stabilite) o malico e invece pratiche nocive come acido fosforico (vietato)o metanolo. Non bisogna cadere in facili moralismi. Tra l'altro noi popolino critichiamo lo zuccheraggio e poi beviamo champagne, critichiamo acido fosforico e poi beviamo Coca Cola, critichiamo la SO2 nei vini ma non nei succhi di frutta..Coerenti insomma.

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malticidio

circa 14 anni fa - Link

giusto , allora mettimelo in etichetta, così posso fare scelte di consumo più coerenti .

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Stefano

circa 14 anni fa - Link

Sono d'accordissimo. Si sa che alcune pratiche sono legali, perché non imporre in etichetta gli ingredienti usati? MCR, acido tartarico, enzimi, quantità di SO2... perché le aziende vinicole sono così restie alla trasparenza? Le pratiche illegali le punisce la magistratura, il resto dovrebbe finire tutto in etichetta.

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Francesco Fabbretti

circa 14 anni fa - Link

Bravo Andrea. Purtroppo, come noti, quando tocchi che dovrebbero stare a cuore a tutti gli interventi latitano; mi spiace perchè il tuo post meriterebbe una vita di dibattito. Ma forse si andrebbe a rompere le scatole davvero ai "signori delle ferriere", meglio volgere lo sguardo altrove. p.s. non ditemi che non c'è nessuno che ha visto un tino aperto fare le fiammate quando il mosto in fermentazione viene "corretto" p.s.2 non sapevo dello Champagne siciliano, so soltanto che da oltre 30 anni nel settore meridionale dell'inghilterra si produce tantissimo chardonnay e pinot menieur, molto di più di quanto finisca negli spumanti locali. Chissà cosa se ne faranno

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Andrea Gori

circa 14 anni fa - Link

ci allungano il porridge...

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patrizio mengozzi

circa 14 anni fa - Link

"...A drizzare le orecchie se ne sentono di tutti i colori. Vini che partono da Puglia e Romagna diretti non-si-sa-bene-dove, Champagne fatto con bianchi siciliani...." Di camion dalla Romagna ne vanno a Bordeaux, e non necessariamente oltralpe, si dirigono anche più vicino, in una zona tanto cara al ns. ex ministro delle politiche agricole... :). E poi vorrei proprio vedere nelle etichette di champagne l'esserci scritto che è stato aggiunto dello zucchero, sai quanto calerebbe il consumo. Ah! l'acidificazione non è barare, se non mi sbaglio, si può correggere al max di un punto, e poi bisogna darne comunicazione al MAF, avere il registro di carico e scarico dei prodotti, etc. etc. Comunque quoto, tutte 'ste cose andrebbero messe in etichetta; se ne vedrebbero davvero delle belle.

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carolina

circa 14 anni fa - Link

vogliamo parlare di chi pianta prosecco a Gambellara e limitrofi? o di certe cantine che fanno uscire prodotti "naturali" che di naturale han la colla per le etichette? o di chi fa il vino barricato/ invecchiato col bastone? ho visto cose che voi umani....

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Francesco Fabbretti

circa 14 anni fa - Link

La verità è che queste cose le sappiamo un po' tutti, solo che i nomi non li fa nessuno...... come mai? Sono i misteri della vita. p.s. chissà come mai la riabilitazione a A.O.C. champagne della cote d'Aube è avvenuta quando la gra parte dei terreni è in mano a LVMH? Non era sufficiente il porridge britannico? o quello rumeno?

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Andrea Pagliantini

circa 14 anni fa - Link

Allora vi dico che il vino lo si disacidifica a botte di bicarbonato di potassio, lo si invecchia passandolo sui trucioli di legno, il colore si alimenta di enocianina, lo si riempie di gomma arabica, si compra l'uva in Puglia o correttivi in cisterna o direttamente per coprire le fallanze della vigna. Lo si fa per soldi e per essere nell'indotto del nome che il vino lo dovrebbe far vendere: guide, giornalisti, distributori ecc. Si fa tutto per i soldi, c'è qualcuno se ne scandalizza?

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carolina

circa 14 anni fa - Link

allora noi gatti siamo dalla parte sbagliata: di soldi facili qua nemmeno l'ombra.... :)

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Francesco Fabbretti

circa 14 anni fa - Link

Incontro con il manager centroitalia del gruppo LVMH Ello: Come mai non prendi veuve cliquot? Io: non compro champagne fatti con le uve inglesi e rumene Ello: beh, dai, però è buono... devo aggiungere altro? Ah, sì, continuiamo a girarci intorno ma io non vedo nomi e cognomi (a parte quelli che ho fatto). Ci rendiamo conto che se non li facciamo questo post avrebbe potuto pure non essere scritto? @Andrea, certo che le so queste cose, adesso però ti invito: fuori i nomi p.s. Mi è giunta voce che la redazione porthosiana sia sul piede di guerra perchè a sentire i più “puri” viticoltori naturali il 2008 non potrebbe essere imbottigliato per via di un attacco di peronospora che ha colpito estensivamente i vigneti da nord a sud. Le conclusioni sarebbero, stando a quanto ne so, che chi procedesse all’imbottigliamento di vini di tale annata sarebbe fortemente sospetto di non essere così “naturale” come dichiara…. non ho ulteriori informazioni per comprendere la bontà dell’affermazione, vi risulta qualcosa????

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corrado dottori

circa 14 anni fa - Link

La 2008 è stata una annata piuttosto difficile per i trattamenti antigrittogramici ma direi di non esagerare con le forzature. Per quanto mi riguarda ho usato poco più di tre kg. a ettaro di rame metallo in totale. Certo, si è passati diverse volte in vigneto e, certo, qualche macchia d'olio e qualche problemino sui grappoli c'è stato, ma nulla di drammatico considerata la stagione. Corretta gestione della parete fogliare, corretta gestione dell'inerbimento e dei sovesci, vigneti piantati in zone vocate. Questi sono i veri punti, più che parlar di sistemici e di rame a tonnellate. Dopodiché so che in Toscana e Piemonte ci son stati grossi problemi. Ma non bisogna fare di tutt'erba un fascio. Per quanto riguarda l'argomento del post posso solo dire che ha ragione Carolina: vediamo cose che voi umani... L'acidificazione dei mosti è pratica sui bianchi oramai consolidata, regolare e assodata da anni. Purtroppo. Ma d'altronde è più facile e meno costoso correggere in cantina che gestire bene un vigneto e passare una volta di più in vigneto in vendemmia.

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bacillus

circa 14 anni fa - Link

Egregio Corrado Dottori, per te l'annata 2008 sarà stata "piuttosto difficile", ma per un intero universo direi proprio che è stata un dramma epocale. Il 2008 è stata un'annata davvero memorabile. Cifre? Riscontri oggettivi? Nessuno ve le darà mai perché di fatto non esistono. Ma del resto, chi la viticoltura la pratica e legge di "qualche problemino sui grappoli", sa di cosa si tratta e non fa che trovare universale conferma.

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corrado dottori

circa 14 anni fa - Link

Nella mia zona, Castelli di Jesi, la 2008 è stata annata difficile ma non drammatica. Anzi i Verdicchio 2008 sono piuttosto classici e interessanti. Dopodiché parlo con decine di produttori di tutta Italia durante le molte fiere e mercati cui partecipo e ribadisco: annata difficile, addirittura molto difficile in certe zone, ma definirla "dramma epocale" mi pare un tantino eccessivo. Certo, magari mentono tutti, e c'ha ragione solo bacillus. Me ne farò una ragione.

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Andrea Pagliantini

circa 14 anni fa - Link

Mi firmo con nome e cognome, ho avuto un rapporto con il vino dal di dentro e le cose non le affermo per sentito dire.

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Marco Lugli

circa 14 anni fa - Link

per il discorso etichettatura potrebbe andare ma allora si dovrebbero indicare su ogni pera, mela, pesca i prodotti utilizzati (mangiamo spesso frutta trattata con antibiotici tra l'altro proibiti che inducono resistenza nell'uomo senza nemmeno saperlo). Purtroppo i controlli non possono essere fatti sempre e ovunque, sarebbe utopia, piuttosto bisogna ristabilire principi etici/morali nei produttori (alcuni li hanno persi o accontentati nella morale del SOLDO). p.s La 08 è stata una brutta annata per la peronospora ma chi ha gestito bene la difesa conosciendo il ciclo del fungo come si deve e inserendo nei trattamenti 1-2 sistemici è rimasto pulito. Spesso trattando "a calendario" stile anni '50 si fanno il doppio di trattamenti a base di Rame rispetto alla lotta integrata attuale ottenendo risultati peggiori. Inoltre, nel settore vini naturali, ho il sospetto che a volte sotto sotto ci sia pure lì marketing, "adesso il consumatore vuole vini naturali e allora noi conduciamo l'azienda come i vecchi nonni con solo Rame e Zolfo, ma a vagonate". Bisogna valutare attentamente cosa intendere per naturale.

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Luca Ferraro

circa 14 anni fa - Link

e pensare che i vecchi da queste parti raccontano di quando facevano 4 trattamenti con rame e zolfo! gli debbo credere? Luca

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Claudia Donegaglia

circa 14 anni fa - Link

vogliamo chiamarli corsi e ricorsi della storia? mi sono diplomata a Conegliano l'anno Horribils del metanolo . Il mio prof di chimica enologica ci diceva:' il vino è una miscela di composti instabili' sta nella bravura dell'enologo a renderli stabili nel tempo. come aveva ragione...

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Tomaso Armento

circa 14 anni fa - Link

Scusate, ma siete sicuri che in etichetta si possa dire? In etichetta la legislazione non dice solo quello che puoi dire ma dice anche cio che non puoi dire: non sono sicuro che si possa essere espliciti come tutti mi pare di capire vorrebbbero (me incluso). Vi dico solo che mi hanno contestato un etichetta perchè oltre al nome della doc ho osato scrivere che uve ci ho messo....

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Marco Lugli

circa 14 anni fa - Link

certo, deve essere previsto nella OCM o tutt'alpiù nel disciplinare ma deve essere una decisione europea credo.

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Tomaso Armento

circa 14 anni fa - Link

Esatto è una decisione Europea, che mi sembra virare decisamente su un'altra direzione rispetto a quella indicata dal post. Ad ogni modo io mi domando, dato che mene accorgo sui vitigni che conosco, possibile che in assaggio non si sentano gli eccessi? Disolito quando ti trovi di fronte ad un vino dell'annata (intendo degustazione vendemmia 09 a primavera 2010) già "morbido" c'è da riflettere, cercando di capire se quel vitigno, o quel blend sono capaci di questo oppure no e allora andare a capire la vinificazione. Parlando tra produttori ed enologi magari non capiremo nulla......eppure....

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bacillus

circa 14 anni fa - Link

Chiedo scusa per l'ignoranza (che ammetto anche non dovrebbe essere mai scusata). Io frequento questo blog solo saltuariamente e mi pare fino a questo punto di aver potuto interpretare solo il grande Antonio Tomacelli. Ma l'Andrea Gori (nei confronti del quale non ho nemmeno lontanamente un'opinione), con quali competenze si mette lì a dire che l'acidificazione è una pratica obbrobriosa? A parte l'"Autralia" e l'"autraliano", il Gori ha mai analizzato nel dettaglio, in una certa casistica di zone di vinificazione e di annate, una tale problematica? Oppure si rifà a luoghi comuni o ad aspettative del tutto campate in aria? Conosce, il Gori, le problematiche relative al rapporto tartarico/malico, all'influenza dei metalli, all'importanza del pH e del potere tampone su gusto e sulla stabilità del vino, all'andamento del complesso degli acidi nel corso della vinificazione, conservazione e maturazione, del ruolo in questo senso dei "signori" del vino, ovvero lieviti e batteri? Secondo me basta rapportare il numero di righe del suo post con la complessità del problema. Io la vedo come una vera e propria offesa all'enologia, intesa in senso nobile, come branca del sapere umano (nessuno si permetta di definirla scienza, eh!) rivolta alla produzione ed alla massima valorizzazione del vino.

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Fiorenzo Sartore

circa 14 anni fa - Link

Corretto il typo, grazie. Uno che sa "interpretare il grande Antonio Tomacelli" (caspita, ma come ci riesce?) sicuramente saprà fornire al dibattito quell'approfondimento, sotto forma di risposta alle sue stesse domande che quel lazzarone di Gori lascia irrisolte.

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Andrea Gori

circa 14 anni fa - Link

che dirti? se conosci un sito che si chiama "google" scrivi il mio nome e fatti una idea se certe cose le so oppure è solo per sentito dire. Quanto a te, sempre su google, se cerco "bacillus" non è che vengano fuori cose molto enologiche

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bacillus

circa 14 anni fa - Link

Capisco perfettamente che nella società della comunicazione quello che conti siano il numero di occorrenze che uno può vantare sui motori di ricerca, oppure, che ne so, la quantità di comparsate in tv. A chi ha il merito e la fortuna di "essere qualcuno" in questo senso, auguro naturalmente che fama e successo gli arridano per l'eternità. Tuttavia, nessuno ci farà perdere l'abitudine a dare alle parole il significato che realmente esprimono e a sottoporre al nostro senso critico la riflessione che ne consuegue, a prescindere dalla misura dell'autorevolezza di chi le ha formulate. In questo post, traendo spunto dalle esperienze e considerazioni di uno dei "blogger più famosi al mondo" (a ridaje) si considera l'acidificazione come pratica inaccettabile, riprovevole, criminale, senza possibilità di appello. E poi, naturalmente, giù a martellare il mondo dei produttori che lungi da preoccuparsi di produrre vino "come espressione autentica del territorio" (ammazza chepp...), nel buio delle cantine si dilettano (sicuramente, a quanto pare) a formulare i più improbabili intrugli chimici all'insaputa dei consumatori. Criminali! Appunto... Accidenti... per noi che viviamo questo mondo "dal di dentro" e non ci limitiamo alla pur importante, ampia, ricchissima, interessantissima crosticina superficiale alla quale si dedicano molti, tutto questo non va tanto bene. Troppo semplice, troppo banale, per nulla interessante. A noi sovvengono altri interessi. Gli australiani acidificano: tutti gli anni? su tutte le varietà? in che misura? l'acidificazione serve per rendere i vini "acidi e freschi" oppure semplicemente per dare il giusto completamento alla struttura in bocca che altrimenti ne verrebbe inutilmente penalizzata? E se questo è un problema, perché non anticipano la raccolta? Sarà forse che in questo modo perderebbero alcuni importanti caratteri del "territorio"? Il quadro acido di un vino è questione complessa che a vederla banalizzata mi viene l'orticaria. Ma a quanto pare, questo non conta. Ciò che vale è la parola "naturale". Tutto quello che non rientra in quella parola è il demonio. Peccato che la classificazione tra ciò che è naturale e ciò che non lo è sia del tutto arbitraria. Oggi è l'acidificazione, domani chissà... Ne vedremo delle belle.

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Mauro Erro

circa 14 anni fa - Link

Ciò che conta è che il consumatore sappia, non che il vino sia naturale e che sia LIBERO di scegliere avendo le giuste informazioni. Pagliantini più su ha commesso, sicuramente non volendo, una leggerezza, perchè si disacidifica non solo con il Bicabornato di Potassio...sbaglio? Da quanto ho capito lei è un enotecnico, perchè non ci dice cosa si usa di più nel mondo del vino per disacidificare? Perchè non dire che non tutti se non poche grandi aziende hanno la giusta tecnologia per fare certe operazioni mentre la gran parte delle aziende fa più o meno ad capocchiam? Perchè la gomma arabica negli alimenti DEVE essere indicata obbligatoriamente e nel vino no? il vino non è un alimento? e che roba è? Ha fatto un panegirico di vocaboli, ma alla fine lei che ha detto di rilevante per approfondire l'argomento?

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bacillus

circa 14 anni fa - Link

Gentile Mauro, mi riservavo di risponderti con calma, senza per altro aver la possibilità di essere più esauriente. I motivi li espongo più sotto nella mia risposta a Enrico Pacciani. Ti dico, tuttavia, che tra le varie questioni, sul discorso etichettatura non sono insensibile e/o indifferente. Tempo fa, proprio sul blog di Dario Bressanini, esposi una mia proposta in tema di etichettatura dei prodotti alimentari che nella sua semplicità aveva dei caratteri di innovazione che potrebbero essere interessanti anche (e soprattutto) per il mondo del vino. Però non mi è possibile riassumere il discorso: rischierei di banalizzarlo. Magari ne parlerò in altra occasione. Grazie, a presto!

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Paolo Cianferoni

circa 14 anni fa - Link

E' impressionante quanto gli enoappassionati siano curiosi. E fanno bene. Le tecniche applicate in enologia sono tante e l'acidificazione o la disacidificazione fanno parte di questo mondo enoico. Una volta gli enologi si chiamavano più propriamente enotecnici, oggi la parola enologo ha soppiantato quasta terminologia, ma la sostanza è la solita. L'enotecnico per professione guarda solo il vino, non interessa molto il resto: deve risolvere i problemi partendo dal vino, non dalla vigna. L'interventismo è di prassi naturalmente altrimenti il lavoro di enologo/enotecnico non esisterebbe. Consideriamo chi manipola migliaia di ettolitri di vino, che fa va a vedere cosa succede in vigna? No di certo: mercanteggia. In sintesi: esistono due universi paralleli che fanno la stessa cosa ma con approcci diversi: uno di cuore, di passione di esperienza, DI PERCORSO, l'altro solo di tecnica per il minor sforzo con il maggior profitto. Sta al consumatore scegliere.

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bacillus

circa 14 anni fa - Link

Quando anni fa fu istituito in Italia il titolo di Enologo si diede la possibilità a tutti gli enotecnici che allora avevano concluso gli sutdi e che già operavano nel mondo del lavoro di acquisire tale titolo. Con uno spirito tipicamente italico, i requisiti erano davvero minimi ed io ci rientravo. Ma rinunciai. Innanzitutto perché non mi sembrava onesto fregiarmi di un titolo accademico (anche se non vale niente) senza che avessi seguito il percorso di studi che esso giustamente implica. E poi perché il titolo stesso era fuorviante: lo specialista nella produzione del vino è di fatto un tecnico e quel nome "enotecnico" è perfetto. L'altro – "enologo" – non vuol dire nulla; la radice etimologica lo qualificherebbe come scienziato, ma l'enologia non è una scienza. Punto e basta. Ma a parte queste sciocchezze, non capisco per quale motivi un tecnico, uno che quindi è esperto di una tecnologia, per definizione non può essere dotato della capacità di inquadrare il proprio mestiere in un ambito che va al di là della propria conoscenza tecnico-scientifica. Chissà perché un enotecnico non può sapere di vigna, di terreni, di ecosistemi, di tradizioni storiche, di legami con il territorio, chissà perché egli, per definizione, non può portare avanti la propria attività proprio per valorizzare quello che dà significato al proprio mestiere. Chissà perché la passione ed il cuore la possono esprimere solo giornalisti, filosofi, avvocati, notai, imprenditori che da oggi al domani diventano esperti del mondo del vino Credo, caro Paolo Cianferoni, che lei abbia pisciato fuori dal vasetto. Io dico, invece, che è proprio il tecnico l'unico ad avere gli strumenti per poter dare l'interpretazione culturale più corretta del vino in funzione di quelli che sono le esigenze del tempo. Non so se mi sono spiegato... Poi esistono tecnici bravi e tecnici meno bravi. Bisogna appunto saper distinguere. Quanto all'enoappassionato. Certo, fa bene ad essere curioso. Per me egli è la vera linfa che anima il mondo del vino. Tuttavia bisogna saper distinguere l'enoappassionato dall'enoideologo. Il primo è curioso per definizione, ascolta, si informa, impara e poi sceglie con cognizione di causa. Il secondo pensa di saperne già abbastanza, si lancia in astruse formulazioni e pretende di imporle. E giusto che tutti possano dire la loro. Ma io preferisco di gran lunga gli appassionati; gli ideologi non mi sembrano indispensabili.

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Enrico Pacciani

circa 14 anni fa - Link

bacillus, il dibattito sulla figura dell'enologo è molto interessante, peccato che le sue argomentazioni siano soffocate da incomprensibili attacchi ai suoi interlocutori. Lei forse avrà competenze maggiori del Gori, avrà una mira perfetta, o un vaso infinitamente più ampio di quello di Paolo Cianferoni (non mi sorprenderebbe, se il vaso è proporzionato alla boria...), ma al di là di qualche proclama ideologico sull'importanza dell'enotecnico/enologo, non ha ancora spiegato il suo punto di vista sull'acidificazione e sull'importanza di rendere trasparenti, al consumatore, le pratiche di cantina su additivi come acidi, tannini, ecc.: possiamo ripartire da qui? Io sono un semplice appassionato da "zero tituli", mi aiuti a capire...

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bacillus

circa 14 anni fa - Link

Caro Enrico Pacciani, grazie per la sarcastica attenzione, ma va bene lo stesso. Le spiego. Io sono un enotecnico che ha lavorato per diversi anni in aziende vitivinicole piccole e grandi facendo di tutto, in vigna, in cantina, in laboratorio e come responsabile di produzione. Poi ho deciso di cambiare mestiere: sviluppo software specializzato in determinati settori (anche per il vino). Ma nel contempo conduco anche una piccola azienda vitivinicola di 4 ha. Insomma, troppe cose. Frequento alcuni blog per una "esigenza culturale" (me lo si conceda) ed ovviamente per allentare lo stress... Intervengo quando sento che l'argomento tocca in modo vivido le mie esperienze e le mie opinioni, insomma quando sento di aver qualcosa da dire. Ora, mettersi lì a fare dei trattatelli di enologia non è facile, perché dovrei trovare delle motivazioni particolari. Dissapore ed Intravino mi piacciono davvero, ma non sono, come si sarà capito, ambienti congeniali al mio modo di vedere le cose. Mi è capitato più volte, invece, di parlare più approfonditamente del vino (ma anche di altro) dal punto di vista tecnico-scientifico sul blog di Dario Bressanini, che com'è noto ha un'approccio all'agricoltura e al mondo del cibo che potremmo definire piuttosto "anticonvenzionale" e che io condivido. Insomma, dovrei aver tempo, soldi in banca, tranquillità e sapere che c'è qualcuno interessato...

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antonio Tomacelli

circa 14 anni fa - Link

Intravino è frequentato da tutta una serie di produttori, enologi ed enotecnici (e appassionati) che lei non reputa in grado di comprendere il suo verbo scientifico. Anzi trova più consono esprimersi sul blog di Bressanini, che probabilmente non ha mai bevuto un goccio di vino in vita sua. Mi chiedo: per coltivare tanta autostima, che concime usa?

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Paolo Cianferoni

circa 14 anni fa - Link

Ognuno può pisciare dove vuole in campagna, Sig Bacillus. E il soprannome Bacillus la dice lunga di come Lei intende l'enologia e l'enotecnica. Se da tecnico si appassiona anche alla vigna, ai terreni, agli ecosistemi, alle tradizioni storiche, ai legami con il territorio, ben venga e meno male, perchè temevo che lo fossero solo gli altri frequentatori di questo Blog e non Lei.

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bacillus

circa 14 anni fa - Link

Non te la prendere, Cianferoni. Magari la prossima volta porta più rispetto per il tecnico del vino e più che giudicarlo, stai a sentirlo. Ciao!

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