Vittorio Fusari, il cuoco fuori dagli schemi

Vittorio Fusari, il cuoco fuori dagli schemi

di Leonardo Romanelli

Fa male la notizia quando arriva, perché sotto le feste non dovrebbe mai succedere di ricevere brutte novità: in questo caso fa davvero male  la morte di Vittorio Fusari, il cuoco gentiluomo, perché giunge quando sembrava che avesse superato il momento difficile, un principio di infarto curato e poi, al momento delle dimissioni, dall’ospedale, improvvisa la morte. Vittorio era un cuoco fuori dagli schemi: bello, gentile, curioso. Il Volto è stata la sua prima osteria, e mi ricordo che nelle recensioni si leggeva di un posto in cui si giocava ancora a carte, si beveva vino, ma c’era lui ai fornelli e questo faceva la differenza.

Alle Maschere di Iseo, fu la sua vera avventura nel modo della ristorazione di livello diverso, chiamiamolo alto, se per questo si intende il luogo bello, l’apparecchiatura particolare. Erano gli anni, i favolosi anni ’80, nei quali lo schema da applicare per farsi notare era solo uno. Gli altri soci erano rimasti al Volto, lui a voler percorrere un’altra strada. Lo avevo seguito leggendo riviste e giornali e mi ricordo che gli telefonai per sapere se fosse possibile mandare dei miei alunni in stage: erano altri tempi, una telefonata, poche formalità e i ragazzi partivano.

Lo andai a conoscere, quando feci la visita di prammatica e mi colpì il fatto che si mise a sedere insieme a me e l’altro insegnante a mangiare; cominciammo a parlare di tante cose, non solo di cucina e questo già rappresentava per me una novità. Cresciuto in un mondo di cuochi che non ponevano l’aspetto culturale al primo posto, mi colpì come con lui si riusciva a spaziare su argomenti diversi, con una grazia nel parlare che non era cosa comune.

Bella impressione che mi è rimasta, per me un insegnamento da applicare, un modo diverso di pormi con gli alunni che non ho più abbandonato. Negli anni Vittorio l’ho ritrovato negli altri ristoranti, una volta alla Dispensa Pani e Vini in Franciacorta per fuggire dalla cucina dietetica di Chenot, poi Al Pont de Ferr, da Maida Mercuri, dove doveva gestire l’eredità pesante dell’uscita di Matias Perdomo. C’era riuscito anche in quella occasione a fare bene, per poi trasferirsi a Bergamo, per stare più vicino alla famiglia. Un piatto simbolo di Vittorio rimarrà la sfogliatina di patate con caviale, quello che diremmo oggi un piatto signature. Nell’epoca dei cuochi mediatici, lui si poneva come la parte augusta, non per snobismo, assolutamente, ma perché era interessato pa far parlare di se’ attraverso i suoi piatti. Il suo sorriso rimarrà fortemente nei pensieri.

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Leonardo Romanelli

“Una vita con le gambe sotto al tavolo”: critico gastronomico in pianta stabile, lascia una promettente carriera di marciatore per darsi all’enogastronomia in tutte le sfaccettature. Insegnante alla scuola alberghiera e all’università, sommelier, scrittore, commediografo, attore, si diletta nell’organizzazione di eventi gastronomici. Mescolare i generi fino a confonderli è lo sport che preferisce.

5 Commenti

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Silvia

circa 4 anni fa - Link

Sono davvero senza parole...

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Franco

circa 4 anni fa - Link

Sono venuto a conoscenza della triste notizia soltanto adesso. Mi dispiace davvero...

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Josè Pellegrini

circa 4 anni fa - Link

bello, gentile, curioso.Un gentiluomo.Questo era Vittorio.Ritratto perfetto.

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Paola

circa 4 anni fa - Link

Che brutta notizia :(

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Francesco

circa 4 anni fa - Link

Vittorio Fusari era un grandissimo uomo... Dispiace veramente tanto...

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