Vino anarchico testabalorda: 7 Grignolino in assaggio

Vino anarchico testabalorda: 7 Grignolino in assaggio

di Samantha Vitaletti

Quando una serata comincia con Petrini (Andrea) che legge un brano di Veronelli (Luigi) estrapolato da un articolo di Stara (Pietro), quella serata comincia già sotto auspici molto buoni. Se è una calda sera di primavera nel centro di Roma in quello che senz’altro nel cuore è più bar à vin che wine bar ma, bando ai forestierismi, è bottega enogastronomica gestita con la cura, la curiosità e la competenza dall’enosurfista Paky Livieri, gli auspici sono ancora migliori. E se poi la serata è pensata come degustazione libera, intendendo per “libera” svincolata da orari, successioni e ordini di servizi; possibile in diverse varianti a scelta del singolo: in compagnia, in solitaria, partendo da un’annata o da un’altra, assaggiando un vino sui venti presenti o riassaggiandoli tutti e venti, scegliendo se leggere le etichette prima o dopo l’assaggio o se tornarsene con la benda della mosca cieca sugli occhi, se è così allora la serata è quella che ogni tanto ci vorrebbe per riacquistare un po’ di leggiadria e di intimità con il vino anche lontano dal proprio focolare domestico. E anche un po’ di capacità di responsabile autogestione nella degustazione.

Presenti venti grignolino delle due DOC, Monferrato Casalese e Asti. Andrea, che gli si renda per questo sempre grazia, fa un’introduzione veloce e chiara, una sorta di scheda identikit come quelle identificative degli scomparsi di “Chi l’ha visto”. Offre le informazioni basilari perché trovandosi al cospetto del grignolino, non lo si approcci come un perfetto sconosciuto ma allo stesso tempo non si venga condizionati da quanto ascoltato prima di assaggiare.

Libera la degustazione, libera l’espressione di opinioni. Libera anche la scelta di non esprimerle.

Pare che il grignolino sia l’uva più antica del Piemonte, o comunque tra le più antiche, fatto dimostrato anche dalla citazione in atti d’affitto di vigne di barbesino, il grignolino appunto, risalenti al 1246. Le “grigne”, o “grinee”, o “gragnole” sono i vinaccioli di cui quest’uva è particolarmente ricca e che possono dare problemi nella vinificazione rischiando di apportare al vino un’eccessiva tannicità. Il colore molto scarico ha fatto sì che nella storia del grignolino compaiano lunghi tempi bui, soprattutto negli anni ’90, quando i vini venduti e premiati erano rossi rossissimi e corposi, e molte aziende hanno smesso di produrlo. Era inoltre un vino che non vinceva premi e anche per questo fu accompagnato senza tante remore a fare un saltino dalla rupe tarpea.

Ma un coraggioso gruppetto di produttori non ha mollato la presa e, come ciclicamente accade, col trascorrere del tempo i canoni qualitativi sono nettamente cambiati. Il colore scarico, ad esempio, grazie anche alla fortuna del pinot noir, ha smesso di essere considerato un difetto. “Vino anarchico testabalorda” lo definisce Veronelli, e Gianni Agnelli lo beve mischiato allo champagne come aperitivo estivo. Sacro e profano? Forse, di sicuro due indizi.

Ho assaggiato tutti e venti i grignolino presenti al Sorì, per il Monferrato Casalese l’annata scelta è stata la 2017, per Asti la 2016, unica eccezione un 2017 per Olim Bauda che è DOC Asti. Di seguito gli assaggi che più ho apprezzato, che più mi hanno colpita e anche divertita.

Vicara “G” 2017
Già bellissimo il colore, meriterebbe il suo pantone personale che potrebbe chiamarsi “cherry glossy”, una ciliegia lucida. Naso puntuto e sassoso. Fine e sinuoso come un filo di rame: delicatezza e struttura. Gustoso e saporito da leccarsi le labbra e riberne a volontà.

Oreste Buzio 2017
Leggero fumé, carnoso di roast-beef. Atmosfera da fumo di Londra pink-floydiana. Salato in bocca, dai tannini graffianti ma affatto molesti, carattere e austerità che si fondono in un sorso pieno ed appagante e tanto lungo.

Costanza “Montariolo”
Naso da cercare mentre il vino, con discrezione, sussurra. Snello ma dai muscoli ben torniti, manciate di sale di più colori a insaporire carnosità ed erbe aromatiche. Persistente e serio senza essere ingessato.

Olim Bauda 2017
Naso vivo che incuriosisce da subito lasciando intuire sostanza e movimento. Frutta croccante a bacca piccola, spigoli e triangoli, il bello della pungenza senza il fastidio della puntura. I frutti rossi sembrano esplodere in bocca liberando succo fresco e saporito. E la carezza di una leggera oliva verde chiude piacevole e ben integrata.

La Fiammenga “Gioan 2017”
Carne cruda, ribes, leggero fumé. Vino in dissolvenza, scontornato, la scia di un’eco, un bel film in bianco e nero. Amarezza di rabarbaro e radici, una spruzzata di china. Lungo e presente, distinto e pacato, profondo e giocato su un rincorrersi di sfumature, garbato e sinuoso.

Cantine Valpane 2017
Nervi e muscoli tesi e turgidi, fine e definito. Carne cruda, gerani e lillà sotto una spolverata di cacao. Sorso pieno, salato e succoso. Vivo, vibrante, cangiante, giravolte e sussulti, una sinfonia di sapori e lunghezze che si chiamano e richiamano nel naso e in bocca e poi più giù, nella gola e più giù, dove si percepiscono vibrazioni più profonde, in un girotondo di profumi intensi.

Arlandino 2017
Naso nascosto, cola e karkadé, arancia rossa, pesca tabacchiera, sale rosa e peonie. La nota floreale si fonde con l’amaro di un tocco di china lasciando la bocca fresca, pulita e pronta a ricevere un nuovo sorso.

Un cenno doveroso va all’accompagnamento gastronomico: Paky va a far surf nel nord della Spagna e porta a casa i pintxos. “Pimientos del Piquillo”, “Spuma di patate e baccalà mantecato”; “Roast-beef all’inglese con senape e tartara”; “Carpaccio di baccalà”; “Mejillones en escabeche”; e poi “Guanciale, pecorino e funghi”. Davanti a tanta grazia come potersi esimere dai riassaggi incrociati di vino e cibo alla (con la scusa della) ricerca del matrimonio d’amore?

avatar

Samantha Vitaletti

Nascere a Jesi è nascere a un bivio: fioretto o verdicchio? Sport è salute, per questo, con sacrifici e fatica, coltiva da anni le discipline dello stappo carpiato e del sollevamento magnum. Indecisa fra Borgogna e Champagne, dovesse portare una sola bottiglia sull'isola deserta, azzarderebbe un blend. Nel tempo libero colleziona multe, legge sudamericani e fa volontariato in una comunità di recupero per astemi-vegani. Infrange quotidianamente l'articolo del codice penale sulla modica quantità: di carbonara.

4 Commenti

avatar

josè pellegrini

circa 6 anni fa - Link

Grande Grignolino!Nobile e curioso.Un vero carattere piemontese .Da riscoprire in onore del Monferrato e della sua storia.Serio e divertente come Arlandino...

Rispondi
avatar

Marco

circa 6 anni fa - Link

Però please, asteniamoci dai luoghi comuni. Sta cosa del grignolino anarchico non si può più leggere. Ma comunque viva il grignolino!

Rispondi
avatar

Ugo

circa 6 anni fa - Link

In effetti il concetto è un po’ stantio. Anche perché sono passati 30 anni e da anarchico è diventato radical chic. Però gran bel pezzo. E viva il Grignolino e pure Andrea

Rispondi
avatar

Emanuele

circa 6 anni fa - Link

Avete ragione, ma capiteci: a Roma il Grignolino capita di rado, quando capita ci infervoriamo di rapture letterale, cerchiamo ingenuamente riferimenti perché difettiamo di referenze. Un po' come se voi, che presumo transrubiconici, incocciati contro un vino buono di Montefiascone, citaste con giusto trasporto il citatissimo Johannes Defuk. Alla vostra salute e alla nostra.

Rispondi

Commenta

Rispondi a Ugo or Cancella Risposta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.