Vini in vigna, la Valle d’Aosta nel bicchiere: noi c’eravamo

Vini in vigna, la Valle d’Aosta nel bicchiere: noi c’eravamo

di Denis Mazzucato

Della Valle d’Aosta vinicola si parla sempre poco. Eppure la distanza tra il Nebbiolo di Carema e il Picotendro di Donnas è breve e l’autostrada che attraversa tutta la valle fino a Courmayeur è un susseguirsi di piccoli vigneti spesso ottimi esempi di viticoltura eroica: grandi pendenze e terreno fatto più di roccia che di terra.

Sabato scorso si è conclusa la manifestazione “Vini in vigna, la Valle d’Aosta nel bicchiere”, organizzata da VIVAL (Associazione Viticoltori Valdostani) in località Les Crêtes, tra i filari del vigneto Coteau Latour.

Tre le date in tre vigneti differenti per un totale di più di 20 produttori e un buon numero di vitigni che difficilmente si possono assaggiare altrove.

Di Barrò, Torrette Superiore “Ostro”, 2015.
Torrette è un posto magico, la collina che ospita le degustazioni offre una vista magnifica su questo grosso colle che sembra adagiarsi sulla montagna, fitto di vigneti e di lame di roccia bianca. Ogni produttore che si gira a indicare col dito il suo pezzo di mondo lo fa con sguardo fiero. A ragione.

90% Petit rouge e 10% di altri vitigni autoctoni lasciati appassire in cassette per una ventina di giorni, lunga macerazione (circa 30 giorni) e un anno e mezzo di bottiglia almeno.

Naso di ciliegia sotto spirito, cenere e fumè, bocca fresca, di media struttura e sorprendentemente scorrevole considerato l’appassimento. Mi sarei aspettato un poco di lunghezza in più ma è un vino molto interessante.

Grosjean, Muscat Petit Grain, 2019.
Vigneti a 700m slm. Naso aromatico inconfondibile di salvia, pesca, agrumi e fiori di campo. In bocca è secco (1 gr/l), molto fresco e piacevole, struttura leggera e buona beva. 10 euro circa in cantina per un ottimo aperitivo.

Grosjean, Syrah, 2018.
Terreno prevalentemente di sabbia e roccia (80%) e 12 mesi di barrique di terzo e quarto passaggio per un syrah leggero a partire dal colore, con un naso freschissimo di frutti di bosco, ciliegia e mirtillo, una leggera speziatura di pepe bianco e qualche petalo di rosa. Bocca fresca e gustosa, di buona sapidità e tannino fine, si allarga bene sebbene sia un vino prettamente verticale ed elegante.

Grosjean, Fumin, 2018.
100% fumin, affinato per circa 15 mesi in parte in legno (mai nuovo) in parte in acciaio e altrettanto in bottiglia. Bel rosso porpora vivo, naso di frutti di bosco maturi e prugna, pepe e ricordi floreali. Struttura importante, tanta acidità, sapidità e tannino deciso ma fine. Vino da carni importanti che sarei curioso di assaggiare con qualche anno in più.

Grosjean, Rosset, 2019.
A base Cornalin, vitigno autoctono di recente riscoperta (detto anche Corniola) sa di confettura di prugna, pepe bianco e tabacco. Ha struttura importante, un tannino lievemente polveroso ed è decisamente votato alle morbidezze. Ha bisogno di un paio di gradi in meno in servizio o si rischia di non finire la bottiglia.

Pellissier, Bouquet, 2018.
Azienda nata nel 2017 (ma vigneti impiantati circa 50 anni fa), circa 9000 bottiglie di soli vini rossi serviti a giusta temperatura. Tutti buoni. Il Bouquet è in maggioranza Petit Rouge e Vien de nus con quote trascurabili di Barbera, Ciliegiolo e Premetta, vinificazione e affinamento esclusivamente in acciaio. Naso semplice ma piacevolissimo di piccoli frutti rossi con un tocco verde che dona finezza. Ingresso goloso e ammiccante, poi esplosione di freschezza. Fine e molto scorrevole, finisce subito.

Pellissier, Syrah, 2019.
Anche in questo caso l’affinamento è solo in acciaio. Naso di frutta a bacca rossa (fragola) e nera (mora), pepe e chiodo di garofano. Gustoso, fresco e pulito con un tannino leggero molto ben integrato. Finale molto lungo su cui torna la frutta a chiudere il cerchio. Un altro ottimo syrah.

Pellissier, Torrette Superiore, 2018.
80% Petit Rouge, 15% Fumin, 5% Syrah e un anno di affinamento in botte da 2000l usata. Al naso emergono nette sfumature burrose date dal legno, comunque ben bilanciate dalla viola e da frutti rossi maturi. La nota leggermente grassa accompagna il sorso fino alla fine e ne fa un vino di struttura, adatto a piatti importanti. In questo caso la temperatura ha probabilmente aiutato a dare una spinta ulteriore all’assaggio. Comunque è lungo e piacevole.

Pellissier, Fumin, 2018.
Al naso ricorda il ghiacciolo all’amarena, con la sua parte fruttata e la leggera balsamicità. Una nota speziata completa il quadro. Bocca fresca e coerente, sempre sull’amarena, fino al finale leggermente amarognolo. Vino abbastanza monocorde ma di gran beva e molto piacevole.

La Vrille, Vuillermin, 2017.
Un altro vitigno autoctono coltivato nel comune di Verrayes affinato in botti da 300 e 500 litri. Accanto ai frutti rossi succosi ci sono note interessanti di fieno e pesca di vigna. Media struttura, fresco e lievemente tannico, finisce su piacevoli note vegetali e agrumate.

Lo Triolet, Petit Arvine, 2019.
Naso delicato di mela verde e fiori bianchi, in bocca l’acidità seppur presente non è eccessiva come in altri assaggi e questo gli dona una buona finezza complessiva. Per un aperitivo fresco o piatti di pesce delicati.

Lo Triolet, Pinot Gris, 2018.
Giallo intenso, profuma di fiori bianchi, di mela gialla, agrumi e di erbe fini. In bocca ha una bella struttura, è succoso e fresco con una bella scia minerale pietrosa e sapida. Con la Petit Arvine forma una coppia di bianchi per molte occasioni.

Les Granges, Petit Rouge, 2018.
Azienda nata nel 2012 che lavora vigneti di famiglia piantati negli anni 60 e rinnovati una quindicina di anni fa. Questo Petit Rouge conquista immediatamente per una semplicità e una succosità sublimi. Inutile perdersi in cerca di chissà quali sentori. Un cestino di frutti di bosco al naso e in bocca. Mette il sorriso. Una decina di euro ottimamente spesi.

Ottin, Petite Arvine, 2019
“Vorrei assaggiare la Petit Arven”
“No guardi, si dice Arvin!”
“Ah, quindi Elio Ottin!
“No… Otten”

Che bella cosa sapere le lingue… Petit Arvine in purezza affinato 7 mesi in acciaio sulle fecce fini. Giallo paglierino intenso, profuma di mela matura, melone, con cenni esotici e quasi balsamici. In bocca è fresco, verticale e teso, sapido e lungo, con un alcol importante (14.5abv) che seppur non dia per nulla fastidio ribilancia il sorso.

Ottin, Petite Arvine “Nuances”, 2018
Da un piccolo vigneto in località Saint-Christophe e da uve parzialmente botritizzate nasce questo vino che affina per un anno in botte da 20hl a cui da quest’anno si è aggiunta una barrique nuova.

Il colore si fa più dorato e al naso il legno c’è e si sente. La frutta diventa a polpa gialla, più albicocca che mela, più cedro che limone, ci sono note di miele e mandorla e di caramella alle erbe. In bocca al frutto maturo si unisce una nota burrosa leggera che resta fino alla fine, ma tutto ciò non inganni: la freschezza e la sapidità sono ancora ben presenti e sebbene oggi non abbia ancora raggiunto il suo apice, mostra già un certo equilibrio e una direzione intrapresa.

Ho assaggiato più di una Petit Arvine che non mi ha convinto in pieno per l’eccessiva acidità già percepibile al naso. L’uso del legno non è l’unica strada ma è una strada che meriterebbe qualche esperimento in più.

Ottin, Pinot Noir, 2019
Dodici mesi in parte in botte grande e in parte in barrique.
Piccoli frutti rossi appena maturi, tra la ciliegia e la fragolina di bosco, note leggere di liquirizia e pepe, un tocco vegetale e più profondo, quasi di sottobosco. La solita grande eleganza di Ottin. Bocca fresca e succosa, di media struttura e con un tannino morbidissimo. Da bere anche con un grado in meno ad una grigliata.

Ottin, Pinot Noir “L’Emerico”, 2018
Omaggio a Emerico, prima generazione di Ottin a produrre Pinot Noir. 100% Pinot Noir e 18 mesi di barrique.
Naso complesso di frutti di bosco maturi, più rossi che neri. Note fresche quasi balsamiche a bilanciare i toni tostati di cacao, pepe e vaniglia del legno. Nel complesso naso sfaccettato ma elegante. Grande eleganza anche in bocca dove l’equilibrio non manca per nulla. Lungo e sapido con un tannino leggero e integrato, è un vino che ti guarda dall’alto ma poi si lascia bere con estrema leggerezza.

Quando una cantina ha due vini simili, uno senza nome proprio e uno con, si ha sempre la tentazione di definire il primo “base” e in un certo senso “minore”. I due Pinot Noir di Ottin sono diversi ma condividono la stessa finezza e la stessa piacevolezza della bevuta. Il Pinot Noir “base” di Ottin non esiste.

Il percorso termina sulla cima della collina con lo stand dei padroni di casa. Faccio in tempo a vedere il colore del primo vino, poi tutto sfuma verso il blu e non restano che naso e bocca. Gli occhi sono tutti per il tramonto e le prime stelle della sera.

Les Cretes, Cuvée Bois, 2018.
100% Chardonnay che non ha bisogno di molte presentazioni. Fermentazione e affinamento sur lies per 12 mesi in barrique da 300l e 12 mesi di bottiglia. Giallo quasi dorato, una bella mela matura, qualcosa che vira verso l’esotico di un ananas, sottofondo agrumato e di banana, le note di vaniglia e frutta a guscio date dal legno sono nobili, sfumate e non pregiudicano né l’eleganza né la leggerezza. C’è anche un pizzico di “piccantezza” di macis. In bocca ha struttura importante, tanto sapore, note morbide che rimandano alla frutta matura ma anche fresche di agrumi e una leggera astringenza che dona grande equilibrio e allunga la beva. Grande.

Les Cretes, Petite Arvine “Fleur”, 2019.
Petite Arvine in purezza vinificato e affinato 9 mesi sui lieviti in acciaio. Al naso sono ben presenti note floreali e agrumate eleganti e in equilibrio fra loro. La bocca è fresca, di struttura moderata con una bella scia sapida. Molto piacevole.

Les Cretes, Torrette Superiore, 2019.
70% Petit Rouge, il resto è Cornalin, Mayolet e Fumin. Affina in acciaio per 8 mesi. Molte sfumature di frutti rossi al naso, ribes, ciliegia e mirtillo, poi petali di rosa e viola e una leggera nota di pepe rosa quasi piccante. Grande scorrevolezza in bocca, dove ritornano le medesime sensazioni olfattive unite ad un pizzico di vegetale rinfrescante. Il tannino è moderato e ben integrato. Complesso e versatile.

La Valle d’Aosta è una regione fortunata. Ha un terroir eccellente, vitigni che si trovano praticamente solo qui, tanti giovani che ci stanno provando (in alcuni casi con ottimi risultati!) e le montagne che garantiscono temperature fresche anche in questi anni nei quali certe zone di pianura iniziano a soffrire in modo importante.

One Man’s Ceiling Is Another Man’s Floor.

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Denis Mazzucato

Monferrino DOC, informatico da troppo tempo, sommelier da troppo poco, musicista per sempre. Passato da Mina, Battisti e Pink Floyd a Fiano, Grignolino e Chablis, cerco un modo per far convivere le due cose. Mi piacciono le canzoni che mi fanno piangere e i vini che mi fanno ridere.

1 Commento

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Daniele

circa 2 anni fa - Link

Mi complimento per la meticolosa cura nei dettagli della descrizione dei vini. Credo che siano tutti dei vini da iniziare a tenere in considerazione,poco noti a livello commerciale. Speriamo si possano trovare sempre più nelle enoteche. Saluti e salute a tutti 🍷

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