Vini che ti riconciliano con il vino: i Clivi e un Greco di Bianco niente male

Vini che ti riconciliano con il vino: i Clivi e un Greco di Bianco niente male

di Gianluca Rossetti

Ho perso momentaneamente dimestichezza con il vino, dedicandomi per mesi all’assaggio compulsivo e disorganizzato di birre artigianali dei quattro continenti, di cui ho vaneggiato con esiti divertenti, guadagnandomi improperi memorabili.

Ho aspettato per un pezzo la bottiglia della riconciliazione, in grado di ravvivare il desiderio per un cavatappi e, inaspettatamente, ne ho trovate due.

Il primo è un vino che in altri tempi descrivemmo ma, differendo millesimo e papille, magari qualcosa di buono ne caviamo: I Clivi Brazan 2015, Friulano del Collio da vigne ottuagenarie, acciaio, lieviti indigeni, pochissima solforosa, scarse tremila bottiglie. Paglierino scarico con riflessi verdolini. Naso che è una schioppettata di sale, fiori bianchi, malva e nocciole. Sorso che si distende a centro bocca strettissimo, profondo: una ventata salmastra e di pepe bianco. Goloso, fresco, potente per quanto della forza faccia sfoggio principalmente in allungo.

Per il secondo vino percorro virtualmente centinaia di chilometri ed è più o meno la distanza dalla prima bottiglia: Greco di Bianco Mariolina Baccellieri 2012. Un passito calabrese da uve greco bianco disidratate sui graticci che vede acciaio e tonneaux. Colore dell’ambra, richiama fiori secchi, datteri, caramello salato, uva passa e note di sottobosco. Intenso, marino, caldo, strutturato, chiude su ricordi di marzapane e cannella.

Non chiedetemi quale dei due mi ha riavvicinato di più al vino ma se qualcuno proprio alzasse la manina non avrei dubbi: il primo. Perché è un vino che si fa rincorrere e non è accomodante manco per niente. Questione di gusti, non di valore assoluto. Adesso cerco vini così e chi legge forse qualche diritto di capire come la pensa chi scrive ce l’ha. Poi notare in retro etichetta che il passito è prodotto e imbottigliato da ICQRF I RC1226 per Az. Agr. Maria Baccellieri non è propriamente il sound che cercavo.

Ma in fondo, dopo tanto silenzio, va bene comunque.

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Gianluca Rossetti

Nato in Germania da papà leccese e mamma nissena. Vissuto tra Nord Reno westfalia, Galatina (Le) e Siena dove ho fatto finta di studiare legge per un lustro buono, ostinandomi senza motivo a passare esami con profitto. Intorno ai venti ho deciso di smettere. Sai com'è, alla fine si cresce. Sommelier Ais dal 2012, scrivo abbastanza regolarmente sul sito di Ais Sardegna. Sardegna dove vivo e lavoro da diciotto anni. Sono impiegato nella PA. Tralascerei i dettagli. Poi la musica. Più che suonare maltratto le mie numerose chitarre. E amo senza riserve rock prog blues jazz pur non venendo ricambiato. Dimenticavo, ho un sacco di amici importanti ma non mi si filano di pezza.

1 Commento

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Salvo

circa 6 anni fa - Link

Conosco entrambi i vini da te descritti. Hanno due storie diverse e appartengono a due mondi diversi. Il primo fa parte di una lunga schiera di vini che ricordano quasi le bevande medievali, agli albori del vino come lo conosciamo noi, momento in cui il vino assorbe dall'uomo un secondo impulso evolutivo. Il secondo, be' il secondo è la quinta essenza della cultura araba, che i romani non riuscivano bene a capire come replicare e pertanto si limitavano ad aggiungere il miele al vino. «Piper, cuminum, ligusticum, rutae semen, damascenas, infundis vinum, oenomeli et aceto temperabis. Agitabis timo et origano». [Pepe, cumino, ligustico, semi di ruta, prugne damaschine; tempera col vino e lavora con vino al miele e aceto. Mescola con rametti di timo e origano].

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