Vignaioli per caso: la Fattoria Kappa

Vignaioli per caso: la Fattoria Kappa

di Sabrina Somigli

Ho preso appuntamento con Andrea di Maio a Fattoria Kappa una mattina della scorsa settimana. Con un messaggio mi avverte: vento 40 km/h. Boh per me è arabo. Appena scesa ho avuto una prima percezione di quel numerino arabo, perché mi volano gli occhiali usati invano per trattenere indietro i capelli. Senza occhiali e coi capelli svolazzanti sugli occhi ho preso comunque qualche appunto.

Andrea di Maio, nato e residente a Livorno, è un consulente agronomo piuttosto conosciuto in Toscana dove segue varie realtà, con collaborazioni importanti anche fuori regione. È uno dei tre soci fondatori di Fattoria Kappa, assieme a due giornalisti austriaci Stephen Klasmann e Manfred Klimek.

Non pensate, come ho fatto io, che il nome Kappa provenga dalle iniziali. Nisba! “Kappa così per caso, in realtà non sapevamo che nome darle e kappa suonava bene! Nessuno dei soci si ricorda a dire il vero di chi sia stata l’idea, fatto sta che ci chiamiamo così.” Ci sono anche nomi di aziende che nascono senza studi di marketing lunghi e costosi o senza alcuna attinenza con località e cognomi familiari. E tutto sommato Kappa non è neanche male: è curioso al punto giusto e capace di suscitare quell’alone di mistero che le lettere greche portano con sé.

Per caso, ecco due parole da tenere a mente perché ritornano frequenti nella storia di Fattoria Kappa, come una costante, che guarda caso nel linguaggio scientifico è indicata proprio con la lettera K.
Ma andiamo per ordine. Manfred e Stephen avevano acquistato nei primi anni 2000 alcuni terreni a Grosseto, col pallino di farci vino. Avevano provato a contattare alcuni consulenti enologi “di fama”, ma ritenendoli troppo onerosi si sono rivolti ad amici per chiedere consiglio. Contattano Di Maio e senza essersi mai visti prima propongono ad Andrea di diventare socio in questo loro progetto.

E così nel 2005 nasce Fattoria Kappa.

Nei primi anni iniziano col vinificare uve comprate dalla zona di Bolgheri, appoggiandosi alla cantina di un amico produttore. Nel mentre Andrea cerca vecchi vigneti da poter acquistare o prendere in gestione. La ricerca in realtà è più mirata ad individuare terreni a detta sua vocati, a prescindere dal tipo di viti sopra impiantate. Prima annata (2006) 3000 bottiglie prodotte e vendute in un mese. Un caso? Non proprio. L’anno dopo stessa cosa e via a crescere.

Nel frattempo Andrea individua i primi due ettari da poter acquistare: vigneto Poggetto, a 500 metri dal confine col comune di Livorno, e ricadente guarda caso in territorio pisano, nel comune di Castellina Marittima. Ora voi capite che per un livornese questa è roba seria, da terapia. Quando si dice il caso eh? Ma la terra qui è buona, bella ricca in galestro e chiara, l’occasione è ghiotta basta non pensare a Pisa!

Riescono ad acquisire anche il locale agricolo annesso al vigneto che viene adibito a cantina.
Poi arriva l’occasione di un altro bel terreno con vigneto in zona Rosignano, dove la terra è rossa e a prevalenza sabbia. Ad oggi l’azienda conta poco meno di 6 ettari vitati compreso il vigneto in affitto in zona Suvereto.

I vigneti acquisiti sono stati in parte reimpiantati con maggior criterio, privilegiando le varietà internazionali che in questa parte di Toscana che è la Costa degli Etruschi vanno per la maggiore. I nuovi impianti sono allevati ad alberello, scelta coraggiosa e del tutto anti economica, ma che permette di gestire ogni vite come singolo individuo. Lo ha detto l’enologo, non io.

I vini prodotti sono tre: Etabeta il bianco, Kappa e Lambda due blend di cabernet e syrah ed eccezionalmente un quarto vino, Essenza, da cabernet franc, prodotto solo nelle annate migliori. I nomi dei vini sono sempre frutto del fattore K – caso: “sulla scia di Kappa abbiamo proseguito con le lettere dell’alfabeto greco così senza pensarci troppo”. E allora per caso io gli ho chiesto perché Essenza e non sigma per esempio. Ha riso e poi mi ha risposto qualcosa a proposito della lettera delta. Vabbè tanto la mia era una domanda a bischero.

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IGT Toscana Kappa.
Kappa è il vino storico dell’azienda (qui il fattore costante K è inequivocabile), prodotto dal 2006. Fino al 2010 era frutto di un mix di 8 uve diverse, tra cui cabernet, merlot, sangiovese, teroldego, rebo, refosco, ovvero le varietà già presenti nei vigneti inizialmente in affitto. Dal 2011, a seguito del reimpianto di alcuni vigneti, esce come blend di cabernet franc e syrah e un pizzico di cabernet sauvignon che apporta struttura solida a questo vino che ogni anno mi sorprende per freschezza e decisione tannica.

Dalla 2010 è vinificato con una porzione sempre maggiore di uve a grappolo intero, che danno un bel contributo ai fini della freschezza. La 2018 che esce quest’anno è scura e fitta, ha mirtillo e frutti di bosco e tanto vegetale che porta con sé un ricordo balsamico, tipico del vicino bolgherese, appena accennato, ma che gli dona tanta grazia. Tannino fitto che un po’ si deve sciogliere.

IGT Toscana Lambda.
È il vino che in azienda considerano d’ingresso, vale a dire quello più pronto. Proviene dalle parcelle che hanno dato uve più mature e che di conseguenza danno vini più levigati nelle asperità. La 2018 ha tanto frutto nero, ma anche prugna, corteccia e qualche cenno di alloro. Il tannino è più disteso ma non troppo!

IGT Toscana Etabeta.
Per la gran parte vermentino, con una piccola percentuale di viognier e verdicchio. Appena 3000 bottiglie. Data la piccola quantità di uve, tutte vengono raccolte assieme per poter riempire il vaso vinario una volta ammostate. Una parte delle uve vermentino viene fatta macerare con le bucce, quindi svinata e aggiunta al resto del mosto-vino. Maturazione in cemento. La 2020 ha un bel giallo intenso, profuma di agrume, erba cedrina, ma anche di zagara. Ha lo spessore di sorso arricchito dalla componente macerativa che non apporta alcuna nota ossidativa. Sorso fresco ma soprattutto salino, di bella rotondità.

IGT Toscana Essenza 2016. Cabernet franc. È il franc toscano come piace a me, che non si risparmia esuberanza al naso nei toni vegetali e balsamici di eucalipto. Ha freschezza e struttura, è quel sorso goloso dal finale minerale scuro e qualche cenno speziato tutto pepe che rende il tutto vivace e nemmeno ti accorgi che stai già bevendo un altro sorso.

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Sabrina Somigli

Chiantigiana di nascita, microbiologa di formazione, poi sommelier e ristoratrice per vocazione. Raccolgo erbe spontanee e non è colpa della laurea in scienze agrarie; amo il vermouth liscio e il brodo caldo ma non per questo so sferruzzare a maglia. Mi sono appassionata al vino più o meno vent'anni fa, quando lavoravo in Tasmania; ci rido ancora pure io, tranquilli. Credo nel bevi e lascia bere e raccontane se vuoi, ma sii breve.

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