Viaggio al centro del Cesanese di Olevano Romano: parte seconda

Viaggio al centro del Cesanese di Olevano Romano: parte seconda

di Redazione

Solo a due passi.
C’era una volta il tedesco che cantava il Belpaese dei limoni in fiore e quella traccia e molte altre lasciò, a beneficio dei suoi compatrioti e nostro, sul sentiero del desiderio. Quale desiderio? Quello del Sud, la Sehnsucht che almeno dal Settecento apprende il tedesco nel suo viaggio reale o fantastico in Italia e non lo lascia più (con qualche titolata eccezione: da Herder e Lessing avanti fino alla Kaschnitz, o anche alla spiritosa Hildegard Knef di Ich brauch’ kein Venedig, vd. 1). È il sentiero delle ventiquattro Elegie Romane, del canto di Mignon nei Wilhelm Meisters Lehrjahre (2), che è poi proprio quello dei limoni, e soprattutto di un Viaggio in Italia. È il tasto che fortunatamente non suonano oggi i cultori dei luoghi comuni, surreali visionari di una Germania parificata a una Bratwurst lunga da Sylt a Oberstdorf, mixata al Bieger Sound di Berlino e motorizzata a Wolfsburg o, invertendo le parti, di un Belpaese-all you can eat con colossei alla bolognese, gondole di tiramisù, Rimini e maccherone, Alfio Brambilla (3) e inflazione.

Olevano Romano è solo a due passi dalla mia città di nascita e stanza. La conosco poco e solo da poco so che un qualsiasi tedesco fuori dai luoghi comuni potrebbe conoscerla meglio di me; perché Olevano, per un qualsiasi tedesco fuori dai luoghi comuni, è ein Begriff: un riferimento (4). Tale è ancor più fortemente dai tempi del Romanticismo tedesco e specialmente in pittura, quindi, ad esempio per Joseph Anton Koch e per Franz Horny, figlio di un amico del Signore dei Limoni, il quale sposò una ragazza di Olevano, immortalò il paese in plurime vedute e lì è sepolto nella chiesa di San Rocco. Olevano è un riferimento dai tempi di Franz Horny e lo è tuttora (5).

Il Cesanese, vino di Olevano, si produce solo a due passi dalla mia città di nascita e stanza. Eppure, posso dire d’averlo conosciuto troppo poco fino a ieri d’averlo eletto solo ieri a riferimento. Per questo inatteso e improvviso riconoscimento di un testo di cultura fin qui ignoto sono grato in particolare a Lorella Reale e Piero Riccardi: per noi di Intravino non solo hanno attrezzato, con la collaborazione di molti loro colleghi vignaioli, una degustazione mirabile per varietà ed estensione, ma anche preparato il testo che ha introdotto questa rassegna. Mi auguro che lo abbiate letto con attenzione: non ci si imbatte spesso in testi sul vino così ricchi e così belli. (Emanuele Giannone)

E pensare che il mio primo bicchiere di vino fu proprio un Cesanese di Olevano Romano: spuma rosso-violacea, frizzantino e esageratamente dolce… ero solo un bambino ma la curiosità certo non mi mancava, un piccolo furto a mio nonno materno originario proprio di Olevano e una volta colto sul fatto ricordo benissimo le grida di mia madre “Hai solo 12 anni!”

Quasi trent’anni dopo mi ritrovo a Olevano sulle orme della mia prima e precoce sbornietta, il Cesanese qui si fa ancora ma è completamente diverso da quello del passato.
Ricercatezza vinicola e unione di intenti non sono mai state prerogative di questi territori e in un mondo di vino e cantine come quello attuale far emergere un territorio piccolo e un po’ schivo come questo non è cosa facile, ma è anche grazie a persone come Piero e Lorella se la ruota inizia a girare nel verso giusto. Con passione e dedizione in compagnia di alcuni vignaioli locali si battono in prima linea ogni giorno per valorizzare e far conoscere questo territorio: dalla costituzione dell’associazione Strada del Cesanese di Olevano Romano passando per eventi, iniziative e un accurato studio sui biotipi del cesanese, in tutto questo senza dimenticare il livello di qualità che finalmente questo vitigno riesce ad esprimere.

Ancora pochi conoscono il vero cesanese. Io stesso sono sempre stato un po’ diffidente  senza conoscerlo veramente, colpa forse dei pregiudizi che nascono bevendo prodotti normalmente più reperibili ma raramente conformi al vero, ma se c’è una cosa che ho imparato col vino in generale è che se vuoi capire un vino e una zona devi andare, respirare e bere quel territorio, sorso dopo sorso. (Simone Di Vito)

Camillo Mancini scrisse una monografia dal titolo: “Il Lazio Viticolo e Vinicolo” edito dalla Società Generale dei Viticultori Italiani nel 1888 in cui delinea molti aspetti assai interessanti dello stato dell’arte della produzione vitivinicola laziale di quel tempo.

In questo testo ci sono varie e interessantissime citazioni sul vitigno Cesanese che meglio ci fanno comprendere questo vitigno e il suo insediamento produttivo nel vigneto laziale: “il principe dei vitigni a frutto rosso dei castelli, è vitigno pregevolissimo sotto tutti i riguardi”.

E poi ancora una comparazione incredibilmente aulica, anche se non originale visto l’abuso che oggi se ne fa, la comparazione col più nobile e austero dei vitigni, il Pinot nero: “Il vitigno che dà il genio ai vini dei castelli è il cesanese, che non esitiamo a riconoscere come uno dei migliori vitigni italiani, e che osammo chiamare addirittura il nostro pinot”.

Il cesanese dimostra quindi di essere vitigno assai storicizzato nelle colline laziali e già al tempo molto considerato almeno dai propri abitanti. Il Lazio però dimostra che una certa tendenza alla dimenticanza e alla approssimazione è in queste terre tristemente storicizzata, perché lo stesso Mancini ammonisce i produttori con frasi che sono di una attualità imbarazzante riguardo alle potenzialità di questo vitigno:

“Non sarebbe forse ora che i vinicultori dei castelli se ne persuadessero?!”(Jacopo Manni)

Oltre alla calda accoglienza, al momento della degustazione nella pace più impensata, al silenzio ristoratore rotto solo dal bisbigliare di una mosca, oltre alla festa con tutti i produttori che ha preso vita in giardino, della giornata trascorsa a Olevano ricorderò un filo rosso che ha guidato tutti gli assaggi: la consapevolezza di poter osare, di essere un territorio unico fatto di vigne uniche e persone uniche. La cosa non è scontata come potrebbe sembrare, soprattutto quando si è (ancora) una piccola denominazione ancora poco nota al grande pubblico. La consapevolezza di avere un mare di possibilità davanti porta a sperimentare tante vie, il Cesanese di Olevano non è un burattino rigido, è qualcosa che vale la pena indagare in tutti i suoi aspetti e soprattutto nelle sue possibili espressioni ed è ciò che instancabilmente i suoi produttori stanno perseguendo, partendo da un’identità e un storia comune che altro non sono che il volano dell’espressione personale e inimitabile dei Cesanese che fanno il Cesanese. (Samantha Vitaletti)

Dopo la splendida introduzione a cura di Piero Riccardi nella prima parte ecco una selezione dei nostri migliori assaggi suddivisi tra Simone Di Vito (SD), Jacopo Manni (JM) Emanuele Giannone (EG) e Samantha Vitaletti (SV). Le note che leggete sono quelle del degustatore che ha dato il punteggio più alto.

Ringraziamo Piero Riccardi, Lorella Reale e tutte le aziende del territorio di Olevano Romano che hanno contribuito alla realizzazione di questo evento.

 

cesanesi

 

IGP Lazio Bianco:

Riccardi Reale, Emotiq Malvasia Puntinata 2020
Giallo oro pallido, al naso pesca gialla matura, un floreale gentile e delicato con note di resina di pino. In bocca entra con una acidità invadente che poi smussa in note balsamiche pungenti. In bocca ritorna la frutta albicocca gialla, bella lunghezza.
SD 87+ JM 88 EG 88

Damiano Ciolli, Botte 22 2019
Paglierino intenso dal naso dolce e tostato, tra caramella mou, burro fuso e pesca bianca a seguire. Assaggio morbido e salino, finale profondo e succulento, è giovane ma già regala piacevolezza.

SD 87+ JM 86 EG 87

Antonio Carrarini, Vecchi Filari 2019
Bella lucentezza, naso di vaniglia, pesca gialla, gelsomino legno presente ma è composto, note di gesso e cipria nel finale, la bocca ha ingresso morbido e largo, ritorna la frutta matura, vino solare e caldo, con bella piccantezza sapida, timo nel finale.
SD 86 JM 88 EG 88

DOC Olevano Romano Cesanese superiore:

Damiano Ciolli, Silene 2019
Marasca, muschio, cenni floreali carnosi (tuberosa) e un soffio marino. Bocca succosa di ciliegia e arancia sanguinella, agile e ritmata in progressione, leggera, delicata e nitida in persistenza con piccoli frutti rossi e salvia, di dosata astringenza.
SD 86+ JM 87 EG 88 SV 86
Marco Antonelli, Fresco 2019
Ampio nello spettro aromatico, intenso e ben articolato tra note silvane (corteccia, felce, ginepro) e salmastre, graduale nello svolgimento. Sorso pieno di frutta rossa croccante e tannini morbidi, freschezza ingente e finezza nei dettagli della dinamica gustativa.
SD 87 JM 87 EG 90 SV 87
Az. Agr. Proietti, Tenuta del Campo 2018
Nitidezza del frutto, impressione e precisione nel toucher de bouche, notevole definizione aromatica, viva freschezza e allungo ritmato fino alle morbidezze finali con marasca e melagrana in diminuendo.
SD 87 JM 87+ EG 91 SV 88
Marco Antonelli, Tyto 2017
Piccoli frutti rossi, frutto croccante e succoso, arancia sanguinella e liquirizia. Bella acidità fruttata, sapido e succoso, beva pulita e tannini integrati.
SD 88 JM 89 EG 89 SV 87

DOC Olevano Romano Cesanese Riserva:

Riccardi Reale, Collepazzo 2015
Aggiunge a quelle già sondate la dimensione ulteriore della profondità, dalle note “basse” di radici e humus alla leggerezza elegante e ariosa di viola e garofano, cercando il baricentro in un frutto eminente. Sorso di tensione e pienezza appaiate, appaganti, sapido e succulento, scandito in progressione da tannini infiltranti, di lunga persistenza fruttata.
SD 90 JM 90 EG 92 SV 89

Marco Antonelli, Kosmos 2015
Rubino intenso che emana pesca noce e punte di liquirizia, rotondo e caliente, rimandi di grafite, croccante trama tannica e lungo… anzi lunghissimo sul finale.
SD 89 JM 88 EG 89 SV 87

Damiano Ciolli, Cirsium 2017
Ciliegie mature, liquirizia e sottobosco su uno sfondo sanguigno e ferroso; bocca densa e corposa dal tannino largo ma educato a dovere che non prevarica una beva pulita ed invitante.

SD 89 JM 88 EG 89 SV 87

Schiavella, Vena Rossa 2017
Il vino del pranzo della domenica. Sbuffi salini, gesso. Colorato nell’anima, intenso, eppure non
straripante. Nonostante l’alcol un po’ marcato si lascia bere con allegria.
SD 88 JM 87+ EG 90 SV 87

DOC Olevano Romano Cesanese:

Riccardi Reale, Collepazzo 2019
Ampio, elegante, ronde e sinuoso con visciole, frutta da guscio, rizomi, creta e fiori secchi in bell’insieme, cangiante e divertente per variazioni espressive. Nocca che unisce slancio e pienezza, stratificazione aromatica e definizione nello sviluppo, pienezza del frutto maturo e ariosità dello stesso nelle caudalies.
SD 88+ JM 88 EG 93 SV 87

Riccardi Reale, Calitro 2016
Il vino che dice “fidati di me”. Caldo, procace, dalle forme morbide e accoglienti. Materno e
coinvolgente, di viole e succo d’arancia.
SD 88 JM 87 EG 89 SV 89

Migrante, Consilium 2015
Marasca e alloro, in bocca la frutta vira sull’arancia sanguinella che rende il sorso bello, pieno e vibrante. I tannini sono maturi e il finale è lungo.
SD 87 JM 89 EG 88 SV 86

Migrante, Sigillum 2012
Bouquet che racconta di un’evoluzione felicemente compiuta, ampio e voluttuoso: kirsch, sandalo, stoffe, cera, marzapane e spezieria. Bocca sorprendentemente segaligna e succosa in attacco, fresca e vibrante in progressione, misurata nella diffusione aromatica – spezie dolci, ciliegia sotto spirito, china, salmiakki – ritmata da tannini minuti e piccanti.
SD 88 JM 89 EG 92 SV 87

 

 

NOTE
(1) Hildegard Knef, Ich brauch’ kein Venedig: https://www.youtube.com/watch?v=Z4AqC7OA5fg
(2) “Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni?” è il canto di nostalgia di Mignon nel goethiano. Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister. Wilhelm incontra Mignon, giovinetta di origini italiane, in un gruppo di artisti di strada e la prende sotto la sua protezione. Mignon è la personificazione del desiderio del Sud.

(3) Die Moulinettes, Alfio Brambilla, dall’album Alfa Bravo Charlie (2001):
https://www.youtube.com/watch?v=wsKvmip9pyI
(4) “… Wer sich in der Kunst- und Kulturszene bewegt, dem mag der Name ein Begriff sein. Die Präsenz
ausländischer, und vor allem deutscher Künstler hat in Olevano Romano eine lange Tradition…”.
“… Per chi frequenta la scena artistica e culturale, il nome – di Olevano R., ndr – è un riferimento. La presenza di artisti stranieri e soprattutto tedeschi a Olevano Romano vanta lunga tradizione…”.

Così Sonja Müller in Olevano Romano, Goethe und Corot: http://italienische-reise.com/olevano-
romano-goethe-und-corot/.
(5) I riferimenti in letteratura e saggistica abbondano. Si vedano tra i tanti ad es. Carl Brinitzer (Hrsg.), Deutsche Dichter ruhren nach Italien o Gunter Grimm et al., “Ein Gefühl von freierem Leben”.
Deutsche Dichter in Italien.”

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