Viaggio a Marsala #2: la Cantina Florio

Viaggio a Marsala #2: la Cantina Florio

di Samantha Vitaletti e Emanuele Giannone

La prima fiaba è quella di Vincenzo Florio che dalla Calabria si trasferisce in Sicilia e avvia nel 1832 la costruzione delle cantine, acquistando un terreno tra i bagli di Woodhouse e Ingham. L’anno dopo inaugura le Cantine Florio mentre già medita su nuove attività da avviare. Nel decennio successivo le avvierà nei settori minerario, tessile, siderurgico, della trasformazione alimentare (le tonnare) e dei trasporti marittimi. Nel 1906 organizza e dà il nome alla prima competizione automobilistica internazionale.

La gestione allegra del patrimonio familiare, soprattutto a opera dei figli, segna il progressivo declino del Familienmischkonzern e la progressiva dismissione per settori. Nel 1924 le Cantine Florio vengono acquisite da Cinzano. La Seconda Guerra colpisce duramente Marsala e le stesse cantine, il cui bombardamento causa la perdita pressoché totale del capitale liquido (si salveranno piccole partite di Riserva 1938 e 1941). Data al 2003 la fusione con Duca di Salaparuta.

Un po’ perché il personaggio di Donna Franca, moglie di Vincenzo, è intrigante, un po’ perché la Cantina ha alle spalle una storia non trascurabile, ci troviamo una mattina in fila con altre 17 persone pronte a intraprendere una visita guidata nei locali di Cantine Florio. Per la prima volta da quando siamo sbarcati, sentiamo la triste locuzione: vino da cucina.

Immensi tini in fila da otto troneggiano nella prima sala. Contengono il Marsala Fine, la tipologia più bassa nella scala dei Marsala, quella che invecchia un solo anno e nasce per finire in pentola. O anche nella Simmenthal. La visita prosegue e c’è calca per un selfie col fucile donato da Garibaldi o, ancor più, con la panca di marmo dove si dice si sia riposato. E rifocillato. Non con il vino perché era astemio.

La guida ci racconta la seconda fiaba, quella della nascita del Marsala: c’era una volta questo inglese che in una notte di tempesta assaggia “per caso” il Marsala e trova l’America quando capisce che per trasportarlo in patria deve renderlo resistente e trattarlo alla Maniera del Madeira: deve fortificarlo aggiungendovi alcol. Forse l’inglese e la notte tempestosa ci furono ma è il “per caso” che verrà smentito da più voci.

Proseguiamo passeggiando tra le botti disposte a piramide, a ricordare che qui si usa il metodo soleras. In realtà non è proprio soleras, è perpetuum. E in realtà questo modo di invecchiare e fare il vino non deriva dagli inglesi, amanti e commercianti di sherry, porto e madeira, ma molto probabilmente deriva dagli spagnoli che da queste parti un po’ di tempo l’hanno passato. Finiamo il giro intorno ad un tavolo allestito per la degustazione di quattro vini.

Marsala Vergine Riserva Baglio Florio 2002
 Dove ci spiegano in un sol colpo e volentieri ricordiamo che Vergine significa addizionato solo di alcol, Riserva che ha almeno dieci anni di invecchiamento, Secco che ha un residuo zuccherino inferiore ai 40g/l. Caldo, rotondo, di vaniglia, esotico. Pan grillé, nocciole tostate e biscotto. Piace senz’altro a chi nel Marsala cerca la dolcezza (SV). Naso vanigliato e agrumato, con in più caramella d’orzo e bottarga. Bocca sinuosa-estuosa in attacco, evolve sapida e gustosa (mandorla tostata, ananas candito, dattero, arancia candita, tamarindo), delicata nella persistente nota ossidativa, snello e pulito in chiusura (EG).

Marsala Superiore Riserva Donna Franca (semisecco)
È l’unico caso di blend della cantina, l’Unione di un vino di 15 e uno di 30 anni. Spezie, erba, menta, rosmarino, qualcosa di boscoso e insieme Marino, albicocca. Dei 4 assaggiati il più interessante (SV). Ampio e avvolgente. Composta di cotogne, capperi, datteri, fico secco, fungo, rosmarino, elicriso. Sorso pieno e morbido con vaniglia, frutta candita, noce e liquirizia e coda dolce-amara di caramello e rabarbaro (EG).

IGT Terre Siciliane Zibibbo Banana ed erbe. Dolcetti con qualche punta squillante di erbe. Poi arriva una scia “pulente”, una ventata di freschezza che per un attimo alleggerisce la beva (SV).

Passito di Pantelleria (zibibbo). È il passito dell’immaginario comune, quello che spesso viene ordinato a fine cena, avviluppa in un abbraccio boteriano e allontana il momento della digestione, lasciandoci a leccarci i baffi come fossero di zucchero filato (SV).

5 Commenti

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Alvaro pavan

circa 2 anni fa - Link

Mi sa che il prodotto che in qualche modo rende onore al Marsala di questa antica azienda è il Targa. Dignitoso, ad un prezzo accessibile, sufficientemente rivelatore della complessità di questo vino, sebbene un po' sbilanciato a favore della mistella di concia.

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Emanuele

circa 2 anni fa - Link

Sono d'accordo, Alvaro. Chissà che tu, in più, non abbia avuto la fortuna di provare almeno qualcuno dei miei oggetti di desiderio o viva curiosità: le tre riserve storiche disponibili ('39 , '44, '63) e le "super-riserve" Aegusa.

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Alberto R.

circa 2 anni fa - Link

Come interpretare l'"Omissis" di EG sugli ultimi 2 Florio? Zibibbite fulminante? O solo uno squillo di cellulare?

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Emanuele

circa 2 anni fa - Link

Enten, eller: non avrei avuto altro da aggiungere alle note della mia fidanzata che il pleonasmo di una firma in più. Basta Lei.

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Alvaro pavan

circa 2 anni fa - Link

All'incirca una ventina d'anni fa, poco meno, ho avuto occasione di incontrare una di queste tre storiche riserve. Credo fosse la 39 o la 63, in ogni caso eccellente e splendente. Poterla ancora incontrare...

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