Trieste, le meraviglie nascoste di un territorio vergine e 4 vini da scoprire

Trieste, le meraviglie nascoste di un territorio vergine e 4 vini da scoprire

di Intravino

Immaginate un futuribile amministratore dall’incontenibile creatività che ripara affannosamente nel suo ufficio dopo un’inconcludente seduta-fiume per l’approvazione del bilancio. Immaginatelo crollare sulla sedia e affondare lo sguardo torpido nella carta geografica appesa alla parete. Dopo qualche minuto di torpore, eccolo rianimarsi all’improvviso e spalancare gli occhi come per un’intuizione geniale: corre di scatto alla scrivania, fruga in un cassetto, ne estrae compasso, righello, squadra e goniometro, punta il primo su Trieste, ne cerchia i dintorni, prende misure e appunti.

Immaginatelo ora gongolare mentre invia questo messaggio vocale a un collega prima, a un lobbysta poi: “Ti spiego: in questa nostra lingua di terra ci stanno cinque Dubai! Capisci? Dubai fa quattro milioni di turisti a trimestre! Se facciamo di Trieste una quintupla Dubai, fanno venti milioni di gitanti a bagolare e spendere! Tanti soldi! Quindi servono varianti ai piani regolatori, sbancamenti, superfici commerciali senza limiti, megastrutture… e poi quintuplichiamo l’aeroporto… e poi parchi tematici, piste da sci innevate artificialmente, tracciato di Formula Uno, un Burj al-Triest fuori dalla darsena a Muggia… “.

Per una sceneggiatura tra Spielberg e Cronenberg può andare; altrimenti, quest’immagine distopica è fortunatamente destinata a restare irrealizzata. Trieste, il suo mare e il suo entroterra sembrano fatti sia per natura, sia per temperie storica e culturale a uso e diletto di chi viaggia per emozione e scoperta, non per divertimenti uguali sempre e ovunque, serviti in salsa spettacolare. Lo stesso principio vale per i prodotti tipici di questi luoghi: l’esiguità, la varietà e la discontinuità di questi territori, così come la dimensione ridotta delle loro produzioni, non si prestano all’overtourism; piuttosto, si offrono in tante visioni ed esperienze raccolte, originali, irripetibili, fatte perciò per lasciare un segno nel ricordo e nel cuore di visitatori più consapevoli, rispettosi degli ecosistemi e dei microcosmi locali.

Sentiero Rilke

Sentiero Rilke

Chi si è affacciato dal balcone della Sala Rossa al Castello di Duino (in foto di copertina) – quella del fortepiano di Liszt – o passeggiato lungo il sentiero Rilke, difficilmente ricorderà scorci ed emozioni analoghi. L’escursionista che, a piedi o in bici, ha percorso la ciclopedonale della Val Rosandra, non la omologherà ad altri itinerari del genere. Chi ha preso almeno una volta il tram di Opicina (e magari attende con ansia la riapertura della tramvia per il bis!), conosce la meraviglia del piccolo salto quantico, in così poco spazio, tra la città romantica e l’asprezza, la bianca e verde inaccessibilità del suo altopiano, qua e là intervallato da piccoli insediamenti, piccole vigne, doline. Chi, ancora, è approdato a Muggia e si è addentrato per le calli, avrà respirato un po’ di Venezia – o di atmosfera istro-veneta, per maggior precisione – senza annesso slalom tra selfisti, cianfrusaglie e i buttadentro dell’ennesimo locale tipico.

Per finire, l’eno-gastronauta non porterà via con sé il ricordo di vini, piatti o luoghi conviviali simili a quelli conosciuti in altre mete; e di sicuro non potrà più confondere un’osmiza con una fraschetta, una Imbißstube, un bacaro o un mezedopoleio; oppure una Malvasia e un Refosco di qui coi vini omonimi d’altre origini – per non parlare di Vitovska e Terrano che, oltre alle altre origini, non ammettono neppure omonimie. Vini che, come la loro esigua lingua di terra, appassionano per irripetibilità e varietà: quattro e senza eguali, diversissimi tra loro e da tutto il resto, gustosi anche e soprattutto perché irriducibili al gusto comune.

Sbaglia chi pensa che Trieste e i suoi dintorni non debbano o possano attirare più visitatori. È una questione di qualità e mentalità, più che di cifre: viaggiatori che amano e rispettano il patrimonio naturale, disposti a entrare nella storia più che sulla scena di luoghi che della prima sono ricchi (e anche della seconda, ma non ambiscono a farne un set da kolossal), attratti dalle tradizioni enogastronomiche perché della storia rappresentano il lato più eccentrico e goloso, disposti a non lasciare la propria routine per trovare quella del turista di massa. Ebbene, di quelli così preparati, tanti ne sono venuti e tanti non ancora. Siano tutti i benvenuti, o i bentornati.

[Post sponsorizzato. Le attività di pubblicazione fanno parte di un progetto della rete CARSO-KRAS per la valorizzazione dei vini autoctoni ad Indicazione Geografica Tipica Vitovska, Malvasia, Refosco e Terrano, finanziato dalla misura 3.2.1 del PSR 2014-2020 della Regione Friuli Venezia Giulia.]

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[Credits foto del Castello di Duino. Credits foto del sentiero Rilke]

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