Terroir Marche compie 10 anni. Intervista a uno dei fondatori, Alessandro Fenino di Pievalta

Terroir Marche compie 10 anni. Intervista a uno dei fondatori, Alessandro Fenino di Pievalta

di Jacopo Manni

Dieci anni sembrano pochi. Quanto tempo pensate sia passato dalle rivolte in Turchia contro Erdogan o dall’elezione di Papa Francesco? Tutte cose successe nel 2013. Così come la rielezione di Obama, la Costa Concordia raddrizzata, la morte di Franco Biondi Santi o Antonio Galloni che lascia Robert Parker. Non sforzatevi troppo a ricordare chi vinse lo scudetto perché se dite Juve vincete sempre troppo facile.

Recita un vecchio adagio tra editor che “Su Intravino c’è tutto” e ce ne sarebbero di fatti da raccontare su quest’ultimo decennio. Domanda: cosa succedeva nel mondo del vino in Italia nel 2013? Chiunque ci metterebbe tempo a ricostruire. Io vi rispondo in tre link intravinici per tracciare la via.

Non a caso, proprio nel 2013 veniva piantato un seme in terra marchigiana, grazie a volontà e visione di un gruppo di donne e uomini con la stessa idea di vino e di agricoltura, e quindi di mondo. Il primo maggio del 2013, data non casuale, nacque infatti il Consorzio Terroir Marche.

Il 4 e 5 giugno 2023, per celebrarne il decennale, le aziende e i protagonisti del consorzio organizzano a Villa Malacari (Offagna, provincia di Ancona) la Festa di Campagna del Consorzio Terroir Marche. Un format che vuole richiamare la tradizione contadina marchigiana, quando le feste in campagna rappresentavano un importante momento di svago e convivialità per gli agricoltori e le loro famiglie.

Con 100 etichette in assaggio e laboratori di approfondimento per esplorare il territorio nei loro vini. Ogni anno qui si ospita un territorio, e dopo Mosella, Borgogna, Lucchesia, Friuli/Slovenia, questo decennale è la volta dei Cirò Boys, anch’essi vignaioli auto-organizzatisi per promuovere e difendere il proprio territorio.

Per capire di cosa stiamo parlando e delineare meglio lo scenario abbiamo deciso di fare domande a uno dei protagonisti sin dalla nascita di Terroir Marche, Alessandro Fenino dell’azienda Pievalta.

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Che cosa è iniziato il 1 maggio del 2013?
Ci è sempre piaciuto ribadire che non è una data a caso. Quel giorno è iniziata una piccola rivoluzione nel mondo del vino marchigiano: qualcuno iniziava a parlare di altro che non fosse solo “il proprio vino”, cioè abbiamo iniziato a usare il vino per parlare di ambiente, di diritti, di socialità, della bellezza dei nostri territori e dei pericoli che questa bellezza correva con i diserbi lungo le strade, le trivellazioni in Adriatico… E poi abbiamo deciso di unirci per condividere esperienze, scambiarci qualche segreto, trovare dei momenti per stare insieme e uscire dall’isolamento delle nostre aziende e del nostro lavoro.

Come era il mondo del vino 10 anni fa quando avete pensato di unirvi e creare Terroir Marche?
Era un periodo in cui si assisteva ad un primo green washing, dove molti diventavano bio un po’ per i contributi, un po’ perchè vedevano che le aziende bio trovavano spazi di mercato crescenti. Diventavano bio dall’oggi al domani, mantenendo un approccio “convenzionale” e trascurando quei valori che il biologico porta con sé. A noi quei valori interessavano molto, e abbiamo subito cercato di coinvolgere altri produttori, sia della vecchia guardia che nuovi, proprio per condividerli e diffonderli.

Le necessità e le istanze che c’erano 10 anni fa sono le stesse?
Il green washing ora è più forte che mai, ogni anno nascono nuovi protocolli green che ti permettono di essere sostenibile senza fare biologico; alcune interpretazioni border line dei regolamenti  hanno portato ad una certa sfiducia da parte di molti per la “fogliolina verde” del biologico. Nel mondo del vino a volte basta partecipare ad una fiera di vini naturali o essere nel catalogo di qualche distribuzione che comunica bene certi valori per essere percepiti come biologici, o peggio come “oltre il biologico”: mica sempre è vero. Sembra che la certificazione te la dia il mercato, quando invece dovrebbe venire dal lavoro che fai nel tuo vigneto. Che poi, di fronte ai cambiamenti del clima e alle urgenze ambientali che ci sono, questi discorsi fanno un po’ ridere e sono molto autoreferenziali: il tema vero è cosa possiamo fare noi agricoltori, bio in primis, per ridurre il nostro impatto sul clima se non addirittura per diventare “rigenerativi”.

Lo rifareste?
Penso proprio di sì.

Prima era una fiera, poi è diventato un festival e oggi è una festa di campagna. È un poco confusionario o invece è tutto molto esplicativo di come voi siete cambiati e il mondo del vino con voi?
Premessa: noi siamo il Consorzio Terroir Marche, la fiera/festival/festa è il nostro evento. Anche a causa di questa identificazione tra il consorzio e la fiera, questa idea del “io sono la fiera che faccio”, che ci dava un po’ fastidio, ci ha portato a trasformare il nostro evento in una cosa più semplice, più uno stare insieme tra noi e le persone che ci vogliono bene piuttosto che un momento di mercato/promozione. Ognuno di noi partecipa ad altre fiere, lavora nella sua azienda ogni giorno: non avevamo bisogno di un’altra fiera, bensì di un momento di convivialità, cioè di una festa!

Voi vi definite come gruppo che pratica l’autorganizzazione… che forse è sostenibile ma è possibile? 
È possibile grazie all’impegno dei membri del direttivo! Il fatto che ci siano sempre nuovi soci a voler entrare nel direttivo è segno della vivacità di TM. L’autorganizzazione ha il merito di non farci fare mai il passo più lungo della gamba. Se non riesci a seguire una cosa, semplicemente non la fai.

Tu sei uno dei fondatori e hai avuto modo e tempo di elaborare. Domanda secca e brutale: Terroir Marche alla fin della fiera che cosa è?
È un consorzio fatto di persone che amano il proprio mestiere e i luoghi che vivono e custodiscono con un metodo agricolo sano e rispettoso. Detto così magari sembra poca cosa, una cosa normale, ma sono convinto che sia una cosa speciale.

Che vino è quello prodotto da un produttore di Terroir Marche?
È un vino che racconta la luce meravigliosa e sempre diversa che attraversa le vallate della nostra regione e descrive in modo incredibile il carattere di chi lo ha prodotto. È successo davvero: in uno dei laboratori di un’edizione della fiera/festival, quando il relatore chiese a qualcuno del pubblico di descrivere il vino come se fosse una persona, la descrizione sembrò quella del produttore che quel vino lo aveva fatto.

È tempo di bilanci ma soprattutto di slanci, parliamo di futuro. Che cosa farete nei prossimi dieci anni?
Ovviamente non lo sappiamo ancora ma penso che il convegno sulla mezzadria che abbiamo organizzato lo scorso 29 aprile abbia aperto una serie di tracce che sarà bello percorrere, sia in tema di sostenibilità che di socialità. Sicuramente organizzare altri momenti di approfondimento come quello sarà una delle cose che faremo, così come continuare i gemellaggi e relativo pellegrinaggio con altri territori. Questo inverno siamo stati a Cirò e alla festa di Terroir Marche ricambieremo la strepitosa ospitalità con i Cirò Boys.

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Jacopo Manni

Nasce a Roma ma si incastella a Frascati dove cresce a porchetta e vino sfuso. L’educazione adolescenziale scorre via in malo modo, unica nota di merito è aver visto dal vivo gli ultimi concerti romani dei Ramones e dei Nirvana. Viaggiatore seriale e campeggiatore folle, scrive un libro di ricette da campeggio e altri libri di cucina che lo portano all’apice della carriera da Licia Colo’. Laureato in storia medievale nel portafoglio ha il santino di Alessandro Barbero. Diploma Ais e Master Alma-Ais, millantando di conoscere il vino riesce ad entrare ad Intravino dalla porta sul retro.

3 Commenti

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MP

circa 11 mesi fa - Link

Di fronte a queste operazioni, sono sempre un po' perplesso. Da una parte applaudo ed elogio l'iniziativa e la voglia di fare, dall'altra non posso fare a meno di notare il fiorire di associazioni, unioni, confraternite, organizzazioni, federazioni... Insomma il solito Italian Style: tutti uniti in ordine sparso e un po' come ci pare. E credo questo sia uno dei grandi limiti alla crescita commerciale, soprattutto verso i mercati esteri. Troppe organizzazioni sono un dispendio di energie, risorse e focus... poi magari questa è quella giusta che porterà il Terroir Marche a superare i risultati di vendita del Prosecco nel mondo. Da marchigiano me lo auguro di cuore.

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Paolo Berluti

circa 11 mesi fa - Link

Salve MP, capisco pienamente il suo ragionamento e non posso che essere d’accordo su quanto espresso. Se le Marche e le sue aree vitivinicole vogliono aprire nuovi mercati e “crescere” a livello commerciale dobbiamo in effetti essere uniti. Magari odiarci personalmente ma essere un’unica faccia davanti al mercato. Terroir Marche invece lavora su un livello differente, che è quello dell’orgoglio contadino, etica di campagna, amicizia, condivisione delle esperienze di lavoro, autogestione delle iniziative, amore per il il proprio lavoro. Ed è senza confini provinciali, accomuna tutte le aree della regione senza distinzione di appartenza a denominazioni di origine. Come dice Alessandro Fenino nell’intervista, TM è un modo che questi produttori hanno utilizzato per uscire dall’isolamento delle proprie aziende. Perché se lavori la tua campagna sei soggetto alla solitudine ed hai bisogno di condividere le tue esperienze con persone che interpretano l’agricoltura come te, e non ti rispondono semplicemente “ma chi te lo fa fare!? Con due diserbate all’anno e un buon concime chimico hai risolto il problema!”. Quindi non fatturato ma risultati tecnici, etici e magari anche sociali. Con la convinzione che solo così possiamo migliorare e raggiungere ciò che sognamo di fare. E nessuno di noi sogna di essere milionario se poi attorno a te hai fatto tabula rasa del tuo habitat.

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marcov

circa 11 mesi fa - Link

L'articolo e l'intervista sono interessanti. -- È rimasto qualche dubbio. Per chiarirli potrei 1.chiedere delle spiegazioni ai partecipanti al dibattito o 2.andare nel web per leggere altri articoli su questa associazione marchigiana. Ma ora abbiamo anche un'altra possibilità: farci aiutare dall'Intelligenza Artificiale. . ----------------------- Da Repubblica del 19 maggio 2023: "E il premio Nobel per la letteratura Mo Yan ammette: "Ho scritto il discorso con ChatGpt" Link: E il premio Nobel per la letteratura Mo Yan ammette: "Ho scritto il discorso con ChatGpt" - la Repubblica https://www.repubblica.it/esteri/2023/05/19/news/cina_nobel_letteratura_cinese_mo_yan_chatgpt-400789979/ -------------------------- Se un premio nobel ... per la letteratura(è importante il fatto che sia un letterato)... usa ChatGpt per scrivere un discorso ... è probabile che lo useranno anche i semplici cittadini come adesso si usa, con facilità, un'app di android. E probabile che, fra non molto tempo, in un dibattito(parlo in generale di tutti i tipi di dibattito) pubblico sul web non sarà facile capire se 1 un articolo o 2 un commento lo abbia scritto un essere umano o l'Intelligenza Artificiale. _______________________ Quali sono i dubbi? Nell'intervista si critica il biologico ma non si parla esplicitamente di vivi naturali o biodinamici anche se, da alcune frasi, sembra che siano queste le filosofie di produzione che ispirano i produttori di questa associazione marchigiana. Interessante anche il commento di Paolo Berluti che conosce le problematiche della bella realtà marchigiana.

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