Sotto a chi tocca. La gente del vino: Alessio Pietrobattista (uno che a degustare è bravo parecchio)

Sotto a chi tocca. La gente del vino: Alessio Pietrobattista (uno che a degustare è bravo parecchio)

di Alessandro Morichetti

Alcuni saranno famosi, altri lo sono già ma poco cambia: sono le persone che – a vario titolo: giornalisti, degustatori, blogger, sommelier – ci aiutano a bere meglio, capire di vino, approfondire la nostra passione e divertirci. 
La gente del vino: sotto a chi tocca! Oggi è il turno di: Alessio Pietrobattista.

 

Chi sei? Presentati.
Alessio Pietrobattista, romano millesimato 1978. Conosciuto ai più come Alex (anche perché con nome e cognome vado in apnea nelle presentazioni), chiamato da molti Alessandro senza un motivo apparente, anche da coloro che non mi conoscono come Alex (in effetti potrebbe confondere). Finto astemio a causa del vino del nonno, ho poi abbracciato il mondo del vino e della sua comunicazione su tutti i fronti: dalla stampa con La Repubblica, ai blog (vi ricordate i miei post su Intravino?), ai magazine enogastronomici con Agrodolce, fino alle guide con il Gambero Rosso, Le Migliori 99 Maison di Champagne e, da poco, l’Espresso. Ah, ho scritto anche un libro sul Fiano.

Qual è stata la tua sveglia enoica?
Il Forum del Gambero Rosso. Ci capitai per caso da semplice curioso e ho poi scoperto un luogo fondamentale per la mia crescita. Senza contare il fatto che su quelle pagine hanno contribuito fior fior di giornalisti e appassionati che continuano a raccontare il mondo del vino al di fuori di quelle pagine. Non avrei cambiato quelle letture con nessun corso, una vera palestra.

E quale, da adolescente o giù di lì, il primo vino ad averti propriamente sedotto?
La mia adolescenza vinicola è stata triste e sconsolata, in generale, ma i primi ad accendere la miccia enoica contro ogni pronostico furono i vini della mia regione: ricordo una spaziale Rumon 2001 di Conte Zandotti e un elegantissimo Vigna del Vassallo 1992 Colle Picchioni, della grandissima e compianta Paola Di Mauro. Poi la mia prima volta, l’etichetta che mi ha fatto diventare quello che sono, è una storia a sé.

Ricordi il vino che ha rappresentato il cambio di passo?
Clos Vougeot Vieilles Vignes 2002 di Chateau de La Tour, il mio primo fulminante contatto con il pinot nero di Borgogna: devastante. Fu come iniziare ad andare in bici affrontando la salita del Pordoi e, se non volevo restar travolto da quel florilegio di spezie, fiori e frutti rossi freschissimi e acidi, dovevo obbligatoriamente alzarmi sui pedali e cominciare la scalata, per avvicinarmi alla cima, anche solo per vedere meglio il panorama intorno a me.

I tuoi dieci vini della vita?
Ho avuto la fortuna di bere grandissime bottiglie e l’ho fatto con persone che erano con me non per caso. Di getto, senza alcun ranking ma solo per le emozioni a cui le associo:
Yquem ’99: nel ristorante Vesta di Tivoli, era maledettamente tappato ma non me ne accorsi perché la donna di fronte a me era ben più importante.
Cuvée des Enchanteleurs ’96 Henriot: non è il più buono, anche se lo è molto, e non è il migliore, eppure tutte le volte che l’ho aperto c’era almeno una persona speciale con me.
Krug ’88: lo stupore fatto champagne, il piacere di averlo condiviso con degli splendidi amici.
Chevalier Montrachet ’99 Leflaive al grido di “la polvere da sparo di madame!”, in una bella serata estiva nella campagna irpina.
Fiorano Semillon ’71: le colonne d’Ercole del bianco italiano, da lì non si può tornare indietro.
Chardonnay ’91 Gravner: il piacere di un brindisi con l’opera di un artista del bianco italiano.
Gaja Sorì Tildin ’98: per un compleanno insieme alla mia famiglia. E non ricordo una sola parola dei discorsi di quella sera.
Barolo Monfortino ’78: impressioni di settembre in Langa.
Chateau Figeac ’66: per il solo fatto di avere avuto vicino Haut Brion pari annata meriterebbe la standing ovation per il coraggio. Un gioiello che ha silenziato un tavolo intero dopo una degustazione clamorosa.
Fiano Vigna della Congregazione ’98 Villa Diamante: il mio ultimo ricordo di Antoine Gaita.

Il tuo vino quotidiano?
“Verdicchio Collestefano” tra 3, 2, 1…
Non ho un vino quotidiano ma mi avventuro volentieri sul tema. Il vino è parte integrante della nostra cultura gastronomica ma la sua quotidianità al giorno d’oggi è un problema che si rispecchia nei consumi in netto calo. Chi inneggia al vino come alimento dovrebbe ricordare che quel concetto era inserito in un contesto di povertà e di lavoro massacrante che oggi non c’è più. Difficile oggi, in una società che spesso vive di tempi ristretti, di pause pranzo in piedi e cene leggere, cercare di convincere l’uomo della strada a concedersi anche il piacere di un bicchiere di vino. Molto più pratica e veloce una birra, più mondano il cocktail soprattutto nei famigerati apericena. Il vino oggi viene percepito come un impegno sia dal punto di vista economico che di gestione, la bottiglia da 0,75l per una persona che vive sola è vista come “eccessiva” e il mercato delle mezzine non è mai davvero decollato. Al contrario la rivincita del vino non deve passare attraverso il fiasco, lo sfuso o similari, soprattutto non va banalizzato con discorsi che sfociano nel populismo spicciolo. Il vino fatto bene costa, anche lo sfuso fatto bene costa molto di più di quello che costerebbe il cartone del supermercato e non tutti hanno il tempo e la voglia di andarselo a prendere sul luogo di produzione, incastrati come sono tra le mura cittadine.
Soluzioni? Difficili, non ho la presunzione di avere una ricetta. Però ad esempio la divulgazione delle chiusure alternative potrebbe aiutare: una bottiglia con il tappo a vite o di vetro, oltre a eliminare tutti i problemi annessi e connessi al sughero, quindi con una certezza maggiore per acquirente e produttore, consente di richiudere la bottiglia e permetterne un consumo agevole anche in più giorni senza dover usare pompette e marchingegni appositi (certo, non troppi giorni chiaramente). Quindi anche il single incallito, dotato di un frigo decente (e spesso con ampi spazi vuoti), potrebbe usufruire della “onerosa” bottiglia da 0,75 per due o tre giorni senza troppi patemi.
La quotidianità del vino passa anche attraverso la semplificazione dell’approccio e della sua fruizione. Ricordiamocelo: chi stappa Barolo, Barbaresco, Brunello e compagnia cantante non è che una piccolissima percentuale, il resto il vino lo compra al supermercato sullo scaffale.

Il vino naturale.
“Il vino naturale non esiste perchè in natura il mosto diventa aceto” tra 3, 2, 1…
Il vino naturale è un pensiero stupendo, un atto di coraggio. Non sono e non sono mai stato un talebano del naturale: mi piace il confronto con i vignaioli, cercare di capire cosa fanno per il proprio territorio, per preservarlo e spesso in aziende insospettabili ho trovato risposte e osservazioni che vanno ben al di là di sovesci e cornoletame. Per me il vino naturale non esiste e probabilmente non esisterà mai una definizione univoca in grado di tratteggiarlo, esistono invece un’infinità di vini naturali, che partono dalla vigna, dalla sua conduzione e continuano in cantina con il minor interventismo possibile. E nella mia mente non sarà mai un milligrammo in più di solforosa o una fermentazione attivata con un lievito selezionato o un processo di raffreddamento del mosto (che è fisica, non chimica) a farmi considerare un vino meno naturale. Ovvio che di fronte ad un vino ben fatto, comunicativo del proprio territorio e del proprio vitigno, nato da fermentazione spontanea e con solforosa non aggiunta o quasi, non posso fare a meno di togliermi il cappello e applaudire.

Il vino che vorresti ardentemente ma che non hai ancora avuto?
Quello che non ho ancora bevuto. Sarò banale ma la mia curiosità è tale da non escludere nulla, ma se proprio dovessi scegliere, vorrei passare un po’ di tempo nella cantina lasciata da Gino Veronelli. Con un cavatappi a portata di mano.

Tre persone del vino alle quali senti di dovere molto.
Tre sono pochissime, faccio due gruppi allora.
Il gruppo romano: Antonio Scuteri, colui che mi lanciò in questo mondo, Alioscia Elano, Monica Coluccia, Giancarlo Marino, Armando Castagno, Fabrizio Pagliardi, Alfonso Isinelli e tantissimi altri che hanno contribuito alla mia curiosità. Prendetevela con loro insomma.
Gli amici del Gambero: sia forum che guida, a volte con molteplici incroci. Paolo De Cristofaro, Pierpaolo Rastelli, Antonio Boco, Giuseppe Carrus, Ezio Bani e tanti ancora che hanno aggiunto tasselli fondamentali alla mia conoscenza e mi hanno fatto capire cosa significa degustare con professionalità e attenzione, non rinunciando al divertimento.

Hai un tuo vino/vitigno di riferimento?
“Il Fiano” tra 3, 2, 1…
Ho tantissime “fisse”, spesso dettate dal momento specifico, dall’umore. Un mio pallino è per i vitigni più complicati e umorali, quelli che vivono su un equilibrio sottile tra successo e fallimento. Come il Greco di Tufo: vitigno tardivo, grande materia, struttura, acidità da base spumante, gestione in vigna difficile e un rapporto complicato con l’ossigeno per la facile tendenza a subirlo in vinificazione. Ma quando trova qualcuno in grado di metterlo a fuoco, è davvero capace di restituire dei bianchi con la scossa elettrica dentro.

Cosa detesti nel mondo del vino?
Detesto la cialtroneria e la competenza travestita da presenzialismo. Ci sei e conosci tutti? Quindi sei un esperto degno di attenzione. Solitamente sono quelli accompagnati dalla domanda “Ma che fa nella vita?” e purtroppo noto che molti produttori ci cascano. Non è una difesa della kasta ma vedere amici e colleghi costruire il proprio lavoro giorno per giorno con studio e sacrifici e, al tempo stesso, osservare questi fenomeni da baraccone imperversare ovunque, beh, un po’ di sconforto lo mette.
Quasi nella stessa misura detesto i mammasantissima alla ricerca continua dell’affermazione di loro stessi, quelli che sono arrivati primi su tutto, quelli con la primogenitura facile, in continua ansia da prestazione nel dover rimarcare che loro di quel vino o quel produttore ne avevano parlato da tempo immemore. Lasciateci scoprire con calma questo mondo e fateci commettere anche i nostri bravi errori.

 

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Della stessa serie:
– Sotto a chi tocca | La gente del vino: Francesco Annibali (ovvero: della densità di parola)
– Sotto a chi tocca. La gente del vino: Giulio Bruni (uno di cui sentiremo parlare, a Roma e non solo)

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

20 Commenti

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Francesco Valli

circa 8 anni fa - Link

sarebbe interessanti fare un articolo sul famoso enologo consulente e professore universitario Alessio Fortunato, che in Cina è tra gli stranieri più apprezzati nel mondo del vino.

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Alberto Tanz

circa 8 anni fa - Link

famosissimo... la facolta' di viticoltura ed enologia di Xi'an ha scalzato Bordeaux e Davis... please... be serious...

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Denise

circa 8 anni fa - Link

Il college di enologia di Xi'an è stato il primo corso di studi a livello universitario ad essere stato creato in Asia, nel 1994. Intrattiene rapporti di collaborazione con diverse università al di fuori della Cina fra cui anche Davis!Certo non è Bordeaux ma di certo è il più importante dell'Asia!please.....

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Nic Marsél

circa 8 anni fa - Link

In natura non esistono nè il mosto nè l'aceto.

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Alessio

circa 8 anni fa - Link

Era doverosa come precisazione, molte grazie :D

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Nic Marsél

circa 8 anni fa - Link

Mettiamola così: "il mosto naturalmente non diventa aceto in quanto in natura non esiste, quindi il vino naturale esiste" ;-)

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Alessio

circa 8 anni fa - Link

Però se lasci il mosto al suo destino la natura lo rende aceto. :-D Forza forza che ci ingarelliamo su una tipica frase che avevo stigmatizzato. :-D

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Nic Marsél

circa 8 anni fa - Link

Indeed :-) non era nemmeno mia intenzione

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andrea

circa 8 anni fa - Link

Vabbè... se si da tutta questa importanza alle minoranze etniche il mondo del vino è in pericolo!!! :-) :-p Grande fratellone!!!!! Già quando non capiva un granché di vino era chiaro che ne capiva già moltissimo!!!

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Francesco Annibali

circa 8 anni fa - Link

La competenza travestita da presenzialismo o il presenzialismo travestito da competenza?

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Alessio

circa 8 anni fa - Link

In effetti... :-) Se ci sei allora sei competente, sei competente solo se ci sei.

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Alessandro Morichetti

circa 8 anni fa - Link

Non fate i distratti! Il concetto "Basta che c'ha un blog e che respira" non lo inventiamo certo noi ma risale alla notte dei tempi, quando i blog nemmeno esistevano :D Quella attuale è semplicemente una veste diversa.. però se effettivamente ha un blog e respira so' sempre sospironi, ahahahha

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Sergio

circa 8 anni fa - Link

Grande Alessio! ma com'erano buoni i bianchi di Gravner prima che diventassero arancioni? detto senza alcuna polemica, ovviamente, ma ricordo delle profondità di profumi inimitabili

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Vinogodi

circa 8 anni fa - Link

...ciao "negro" . Di Alex3b dovrei solo parlar male ma non ce la faccio ...

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Alessio

circa 8 anni fa - Link

Grande Marco! Eccone uno di quelli della palestra del Forum del Gambero. E se non se ne intende lui di palestra... :-)

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Marco

circa 8 anni fa - Link

alexer3b... dai, su Marco!

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vinogodi

circa 8 anni fa - Link

... Alessio è un grande , punto...

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Sir Panzy

circa 8 anni fa - Link

Che bella presentazione/intervista!! Non conosco questo romano bevitore ma debbo dire che quel bianco breg 91 che mi arrivò dal piano di sotto al piano di sopra fu una sveglia emotiva non da poco ;-) Ora non vedo l'ora di leggere il tuo libro e di scoprire una "nuova" terra con i tuoi occhi e papille! Forza Alex, averne di approcci come il tuo! (se mi fai una battuta sull' approccio te meno :-D )

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Alberto Tanz

circa 8 anni fa - Link

mentre all'estero le nuove leve studiano la materia ai vari WSET, Court of Master Sommeliers, Society of Wine Educators, Institute of Master of Wines.... qui gli " esperti " si formano con il forum del Gambero Rosso... mah...

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Pino Fuoco

circa 8 anni fa - Link

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